Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 29498 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 29498 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 26/06/2025
In nome del Popolo Italiano
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
– Presidente –
Sent. n. sez. 818/2025
NOME COGNOME
UP – 26/06/2025
EGLE PILLA
R.G.N. 12297/2025
NOME
– Relatore –
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
sui ricorsi proposti da: NOME nato a PALERMO il 05/04/1950 COGNOME nata a FORLí il 11/06/1968 NOME nato a RAVENNA il 01/10/1979
avverso la sentenza del 14/10/2024 della CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
udite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di annullare con rinvio la sentenza impugnata per la rideterminazione della durata delle pene accessorie; di annullarla con rinvio anche con riferimento al capo B1, limitatamente alla posizione di COGNOME Nicola; di annullarla con rinvio altres’ con riferimento ai capi B1 e B2, limitatamente alla posizione di COGNOME; di rigettare nel resto i ricorsi;
udite le conclusioni dellÕavv. NOME COGNOME per le parti civili RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE che ha chiesto di rigettare i ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME;
udite le conclusioni dellÕavv. NOME COGNOME per la parte civile RAGIONE_SOCIALE, che ha chiesto di rigettare o dichiarare inammissibili tutti i ricorsi; udite le conclusioni dellÕavv. NOME COGNOME, per COGNOME NOME, che ha chiesto accogliere il ricorso e di annullare con rinvio la sentenza impugnata; udite le conclusioni dellÕavv. NOME COGNOME, per COGNOME NOME, che ha chiesto accogliere il ricorso; udite le conclusioni dellÕavv. NOME COGNOME, per COGNOME, che ha chiesto accogliere il ricorso.
La sentenza impugnata ha ad oggetto svariate ipotesi di bancarotta fraudolenta contestate a COGNOME Giuseppe, COGNOME e COGNOME Nicola, in relazione ai fallimenti delle RAGIONE_SOCIALE (fallita il 20 dicembre 2011), RAGIONE_SOCIALE (fallita il 29 settembre 2014) e RAGIONE_SOCIALE (fallita il 3 maggio 2012).
In particolare, quanto alla ÒRomauto sRAGIONE_SOCIALEÓ, a COGNOME NOME e COGNOME (e a COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, per i quali si è proceduto separatamente) la pubblica accusa aveva contestato la distrazione di risorse del patrimonio della fallita, realizzata mediante lÕacquisto e la rivendita del complesso immobiliare sito in localitˆ Glorie-Bagnocavallo: in data 29 dicembre 2009 la ÒRomauto sRAGIONE_SOCIALEÓ (amministrata da COGNOME) acquistava dieci appartamenti per lÕimporto di euro 1.787.000 dalla societˆ RAGIONE_SOCIALE (amministrata da COGNOME); in data 18 gennaio 2011, la COGNOME (di cui era divenuto amministratore unico COGNOME NOME) vendeva nove dei dieci appartamenti alla RAGIONE_SOCIALE (di cui era amministratore unico COGNOME NOME e le cui quote erano detenute al 100% dalla RAGIONE_SOCIALE, amministrata da COGNOME NOME) per il prezzo di euro 1.080.000 (il decimo appartamento era stato giˆ venduto, in data 6 agosto 2010, a tale COGNOME NOME per il prezzo di euro 120.000), determinando cos’ una minusvalenza di euro 587.000 (capo A1).
Sempre con riferimento alla ÒRomauto RAGIONE_SOCIALEÓ, a COGNOME Giuseppe e COGNOME (e a COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, per i quali si è proceduto separatamente) la pubblica accusa aveva contestato anche la distrazione di risorse del patrimonio della fallita, realizzata mediante lÕacquisto dellÕ11,98% delle quote della societˆ ÒArcahotelsÓ: in data 29 settembre 2009 la COGNOME (amministrata da COGNOME) acquistava da RAGIONE_SOCIALE (di cui COGNOME Giuseppe era il legale
rappresentante) lÕ11,98% delle quote della societˆ ÒArcahotelsÓ (di cui COGNOME NOME era il legale rappresentante) per lÕimporto di euro 922.575, pari a circa 9,6 per quota, quando nello stesso giorno la RAGIONE_SOCIALE (riconducibile al COGNOME) aveva acquistato sempre dalla RAGIONE_SOCIALE il 4,69% di RAGIONE_SOCIALE al prezzo di euro 176.825, pari a circa 4,7 per quota e quando poi, in data 26 aprile 2011, la RAGIONE_SOCIALE avrebbe rivenduto alla RAGIONE_SOCIALE (di cui NOME NOME era amministratore di diritto e NOME NOME amministratore di fatto) lÕ11,98% delle quote della societˆ ÒArcahotelsÓ per lÕimporto di euro 497.385, prezzo in linea con quello delle quote acquistate dalla ÒSicro RAGIONE_SOCIALE e notevolmente inferiore a quello che la fallita aveva pagato per il loro acquisto, con conseguente minusvalenza. LÕacquisto da parte di COGNOME delle quote della RAGIONE_SOCIALE, a un prezzo di vendita superiore al loro reale valore, secondo la pubblica accusa, sarebbe stato funzionale allÕazzeramento del credito che Romauto vantava nei confronti di NOME, atteso che lÕacquisto, limitatamente alla somma di euro 723.223,59, era stato regolato proprio mediante compensazione del credito che Romauto vantava nei confronti di NOME (capo A2).
Entrambe le operazioni distrattive, secondo la pubblica accusa, sarebbero state estranee all’oggetto sociale della fallita e avrebbero determinato, oltre a ingenti perdite economiche in termini di minusvalenza, la revoca della concessione del marchio ÒOpelÓ da parte della RAGIONE_SOCIALE, con conseguente impossibilitˆ per la RAGIONE_SOCIALE Çdi proseguire la propria attivitˆ aziendale tipicaÈ.
Quanto alla ÒArca RAGIONE_SOCIALEÓ, a COGNOME NOME, COGNOME e COGNOME NOME (e a COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, per i quali si è proceduto separatamente) la pubblica accusa aveva contestato la distrazione o dissipazione di ingenti risorse della fallita derivanti dai canoni di locazione dellÕazienda alberghiera ÒGrand RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE): a seguito di complesse operazioni di scissione, fusione e cessione di quote di societˆ Ð meramente fittizie in quanto prive di qualsiasi giustificazione economica e finalizzate esclusivamente a caricare di debiti RAGIONE_SOCIALE, nella quale venivano concentrate le attivitˆ immobiliari risultate non remunerative, salvaguardando l’attivitˆ di gestione degli hotel RAGIONE_SOCIALE veniva sostanzialmente privata dei canoni di locazione del ÒGrand RAGIONE_SOCIALE (per gli anni dal 2011 al 2015), mediante compensazione con il debito fittizio di euro 3.946.686, gravante su RAGIONE_SOCIALE, ÒcreatoÓ mediante le suddette operazioni fittizie (capo B1).
Sempre con riferimento alla ÒArca RAGIONE_SOCIALEÓ, a COGNOME Giuseppe, COGNOME e COGNOME Nicola, la pubblica accusa aveva contestato anche la distrazione della somma di euro 3.291.000, ottenuta in mutuo dalla ÒUnicreditÓ di Ravenna, con vincolo di destinazione del denaro alla costruzione ÒGrand Hotel MatteiÓ, destinata,
invece, a fini diversi e comunque alla soddisfazione di interessi economici estranei alla fallita (capo B2).
Sempre con riferimento alla RAGIONE_SOCIALE, a COGNOME Giuseppe, COGNOME e COGNOME NOME, la pubblica accusa aveva contestato anche la distrazione delle somme di euro 1.450.000 (capo B3) e di euro 6.685.056 (capo B4).
Quanto alla RAGIONE_SOCIALE, a COGNOME NOME e COGNOME (e a COGNOME NOME e COGNOME Andrea, per i quali si era proceduto separatamente) la pubblica accusa aveva contestato la distrazione o dissipazione di ingenti risorse, mediante operazioni di svalutazione delle quote di partecipazione nelle societˆ ÒRomauto s.r.lRAGIONE_SOCIALE ÒRealcar s.r.l.Ó e ÒArcahotelsÓ (capo C1, C2, e C3).
Sempre con riferimento alla RAGIONE_SOCIALE, a COGNOME NOME e COGNOME, la pubblica accusa aveva contestato anche la distrazione della somma di euro 1.000.000, realizzata mediante la stipula e la successiva risoluzione del contratto preliminare di acquisto dellÕalbergo ÒHoliday InnÓ: le parti pattuivano il prezzo complessivo di euro 21.000.000 e il versamento di un acconto sul prezzo pari ad euro 1.000.000, in favore della RAGIONE_SOCIALE (amministrata di diritto da COGNOME NOME e di fatto da COGNOME NOMECOGNOME, promissaria venditrice; a seguito alla risoluzione del contratto, per˜, l’acconto non veniva restituito alla RAGIONE_SOCIALE L’intera operazione, secondo la pubblica accusa, sarebbe stata interamente simulata e finalizzata esclusivamente a distrarre a favore della RAGIONE_SOCIALE la somma versata in accontoÓ (capo C4).
Con sentenza del 24 settembre 2018, il Tribunale di Ravenna riteneva COGNOME NOME responsabile dei reati di cui ai capi A), B1), nei limiti della distrazione della somma di euro 2.400.000, inerente ai canoni di locazione dellÕalbergo, B2), nei limiti della somma di euro 3.091.000, e C4). LÕassolveva, invece, dai reati di cui ai capi C1), C2) e C3).
Riteneva COGNOME responsabile dei reati di cui ai capi A), B2), nei limiti della somma di euro 3.091.000, e C4). LÕassolveva, invece, dai reati di cui ai capi B1), C1), C2) e C3).
Assolveva COGNOME NOME dai reati di cui ai capi B1) e B2).
Quanto ai capi B3) e B4), il Tribunale rilevava che si trattava di autonome ipotesi distrattive, oggetto di contestazione suppletiva, operata allÕudienza del 30 maggio 2017. Ordinava, pertanto, la restituzione al pubblico ministero degli atti relativi a tali capi, atteso che si trattava di Òfatti nuoviÓ (cfr. pagina 26 della sentenza).
A seguito di impugnazione sia del Procuratore della Repubblica di Ravenna che degli imputati COGNOME NOME e COGNOME, la Corte di appello di Bologna,
con sentenza del 12 aprile 2021, dichiarava inammissibile lÕappello proposto dalla parte pubblica e dichiarava la nullitˆ del decreto di giudizio immediato con conseguente restituzione degli atti al pubblico ministero.
Con sentenza del 9 settembre 2022, questa Corte, a seguito di ricorso del Procuratore generale presso la Corte di appello di Bologna, annullava la sentenza di secondo grado, con rinvio per nuovo giudizio.
Con sentenza emessa il 14 ottobre 2024, la Corte di appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato COGNOME responsabile del reato di cui al capo B1) e del reato di cui al capo B2), anche con riferimento alla terza e alla quarta tranche di erogazione del mutuo (in relazione alle somme erogate con il mutuo Unicredit, lÕimputata, in primo grado, era stata condanna nei limiti della somma di euro 3.091.000), e ha rideterminato il trattamento sanzionatorio. Ha, inoltre, dichiarato COGNOME NOME responsabile del reato di cui al capo B1), condannandolo alla pena di anni tre di reclusione. Ha, infine, ridotto la pena inflitta a COGNOME NOME.
Avverso la sentenza della Corte di appello, tutti e tre gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione a mezzo dei loro difensori di fiducia.
Il ricorso di NOME NOME si compone di quindici motivi.
5.1. Con un primo motivo, deduce i vizi di motivazione e di inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 8, 12 e 16 cod. proc. pen.
Contesta la competenza territoriale del Tribunale di Ravenna a giudicare in ordine ai reati di cui ai capi B1) e B2), sostenendo che la competenza dovrebbe spettare al Tribunale di Roma, atteso che il fallimento della RAGIONE_SOCIALE era stato dichiarato a Roma. NŽ si potrebbe far ricorso, come ritenuto dai giudici di merito, al criterio per la competenza per connessione con i reati di cui ai capi A) e C), relativi ai fallimenti dichiarati in Ravenna, atteso che, come segnalato tempestivamente dalla difesa nel corso del giudizio, mancava il requisito dellÕidentitˆ soggettiva, visto che il reato di cui al capo B) era contestato anche a un indagato, COGNOME NOME, al quale non erano contestati i reati di cui ai capi A) e C). Rispetto a tale circostanza, in conformitˆ alla giurisprudenza di legittimitˆ, non si potrebbe dare rilievo al fatto che nei confronti di tale indagato si era proceduto separatamente, non essendo egli sottoposto a misura cautelare. Invero, la scelta discrezionale del pubblico ministero Çdi optare per il giudizio immediato custodiale nei confronti degli imputati detenuti, separando la loro posizione da quella degli altri coimputati non sottoposti a custodia (tra cui il COGNOME NOME), nonÈ avrebbe Çalcuna incidenza sulla operativitˆ e ricorrenza o meno del requisito
essenziale della identitˆ soggettiva, pacificamente insussistente nel caso di specieÈ.
5.2. Con un secondo motivo, deduce i vizi di motivazione e di inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 521 e 522 cod. proc. pen.
Sostiene che, sebbene al capo B1) dellÕimputazione fosse stata specificamente contestata la distrazione dell’azienda alberghiera denominata RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, il giudice di primo grado avrebbe condannato gli imputati per il diverso fatto, costituito dalla distrazione della somma di euro 2.400.000, relativa ai canoni di locazione spettanti ad RAGIONE_SOCIALE per l’affitto del suddetto albergo.
Palese pertanto sarebbe la violazione del principio di correlazione della sentenza con l’imputazione, risultando evidente che la distrazione di un’azienda alberghiera costituisca una realtˆ ontologicamente diversa dalla distrazione di una somma di danaro per il mancato pagamento di canoni di locazione. Proprio facendo affidamento sullÕoggetto della contestazione, la difesa aveva opposto, alla tesi della distrazione del complesso alberghiero, lÕinsuperabile argomentazione che l’azienda distratta non era di proprietˆ della RAGIONE_SOCIALE E neppure si potrebbe ritenere, come sostenuto dalla Corte territoriale, che il mancato pagamento dei canoni sarebbe comunque desumibile dalla complessa vicenda ricostruita nell’imputazione, atteso che al capo B1 si farebbe riferimento non specificamente ai canoni di locazione, ma a precedenti e successive operazioni di scissione e fusione, definite meramente fittizie e destinate a creare in capo alla RAGIONE_SOCIALE un fittizio debito.
5.3. Con un terzo motivo, deduce i vizi di motivazione e di inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 521 e 522 cod. proc. pen.
Sostiene che il giudice di primo grado avrebbe violato il principio di correlazione tra sentenza e imputazione, sempre con un riferimento al reato di cui al capo B1), anche sotto un diverso profilo. In particolare, il Tribunale, mentre nel dispositivo della sentenza avrebbe condannato gli imputati per la distrazione dei canoni di locazione, nella motivazione avrebbe ritenuto che l’atto distrattivo sarebbe costituito Çdalla operazione di scissione di RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE, ritenuta É priva di giustificazioni imprenditoriale, in uno all’acquisto delle quote di RAGIONE_SOCIALE e alla successiva fusione, la quale generava un rilevante debito a carico della fallita ritenuto di carattere illecito in quanto tale da danneggiare la societˆ RAGIONE_SOCIALE
In ordine a tale questione, che era stata posta in rilievo con i motivi di impugnazione e con apposita memoria difensiva, la Corte di appello non avrebbe motivato.
La stessa Corte di appello, d’altronde, avrebbe Çsolo lambito il tema del mancato pagamento dei canoniÈ, spostando Çil focus motivazionaleÈ sulle vicende
relative alla RAGIONE_SOCIALE. Entrambi i giudici di merito, in sostanza, avrebbero ritenuto che sarebbe stato il riacquisto delle quote di RAGIONE_SOCIALE a causare il depauperamento del patrimonio della RAGIONE_SOCIALE
5.4. Con un quarto motivo, deduce i vizi di motivazione e di inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 521 e 522 cod. proc. pen.
Rappresenta che: al capo B2) è contestata la distrazione della somma complessiva di euro 3.291.000; lÕimputazione si articola in vari ÇsottocapiÈ, nei quali vengono dettagliatamente descritte le dieci operazioni mediante le quali sarebbe stata realizzata tale distrazione, conseguente all’erogazione delle risorse provenienti dai contratti di mutuo stipulati con Unicredit, che dovevano essere destinate alla realizzazione dell’albergo Grand Hotel Mattei, ma che, secondo lÕaccusa, sarebbero state distratte e destinate a fini diversi; al termine dell’udienza dibattimentale del 30 maggio 2017, il pubblico ministero procedeva Çad alcune modifiche formali dei capi d’imputazione e anche a due nuove contestazioni nell’ambito del capo B di imputazione relativo al fallimento RAGIONE_SOCIALE; in sostanza, si trattava di due contestazioni suppletive che il pubblico ministero, in un primo momento, aveva ritenuto di non potere operare in sede di richiesta di giudizio immediato, atteso che per i due nuovi episodi non vi era titolo cautelare; le due nuove contestazioni venivano originariamente riportate ai capi B3) e B4); il Tribunale, all’udienza del 24 settembre 2023, nel pronunciare sentenza per tutte le altre imputazioni, disponeva la restituzione al pubblico ministero degli atti relativi ai capi B3) e B4), prendendo atto della decisione della Terza Sezione della Corte di cassazione, che, a seguito di ricorso presentato dallÕimputato, aveva ritenuto illegittima la contestazione dei due nuovi episodi di bancarotta, trattandosi di fatti nuovi, rispetto ai quali la difesa non aveva prestato consenso.
Tanto premesso, il ricorrente sostiene che i segmenti nn. 1, 6, 7, 8 e 9 del capo B2) sarebbero stati completamente assorbiti dalle contestazioni dei ÒnuoviÓ capi B3) e B4). Quei ÇsegmentiÈ contestati nel capo B2 farebbero ormai parte dei più ampi fatti contestati ai nuovi capi B3) e B4), in ordine ai quali, essendovi stata restituzione degli atti al pubblico ministero, il Tribunale non avrebbe potuto più pronunciarsi.
Tale questione sarebbe stata inutilmente posta, prima, al Tribunale e, poi, con lÕatto di impugnazione e con due memorie difensive, alla Corte di appello, la quale non solo avrebbe omesso di pronunciarsi sul punto, ma, per affermare la responsabilitˆ dellÕimputato in ordine ai suddetti segmenti del capo B2), avrebbe pure Çapprezzato e valutatoÈ i capi B3) e B4). La condanna emessa per tali segmenti del capo B2), pertanto, risulterebbe nulla, in quanto pronunciata per fatti non più oggetto del presente procedimento.
5.5. Con un quinto motivo, deduce i vizi di motivazione e di inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 216 e 223 legge fall.
5.5.1. Il ricorrente sostiene che i giudici di merito si sarebbero soffermati solo a valutare la liceitˆ o la correttezza delle singole operazioni imprenditoriali, Çsenza tuttavia minimamente tenere conto di quelli che erano stati gli antecedenti causali che, specificamente collocabili in un momento temporale anch’esso antecedente all’ingresso del COGNOME nella societˆ, nel caso di specie COGNOME, avevano determinato lÕassunzione di una specifica decisione che aveva poi formato oggetto di contestazioneÈ.
Con particolare riferimento al capo A, il ricorrente sostiene che sussisterebbe una stretta connessione tra l’acquisto e la successiva rivendita delle dieci unitˆ immobiliari del complesso di Bagnacavallo con l’acquisto e la rivendita del terreno di INDIRIZZO con la concessione di un mutuo ipotecario da Unicredit di € 1.700.000, trattandosi Çdi operazioni che rivestivano un ruolo fondamentale per apprezzare gli effetti depauperativi prodotti dalla gestione Valente sulle condizioni economico-finanziarie di RomautoÈ.
La vendita del terreno da parte di COGNOME (rappresentata da COGNOME NOME) alla societˆ RAGIONE_SOCIALE (rappresentata da COGNOME NOME), con previsione di un corrispettivo di tre milioni di euro, peraltro, aveva determinato il sorgere del credito che COGNOME, l’anno successivo, avrebbe utilizzato, in quota parte, per corrispondere il dovuto a RAGIONE_SOCIALE per l’acquisto delle dieci unitˆ immobiliari di Bagnacavallo. Le contestazioni difensive Çlegate a tale antecedente logico causale, il quale produceva effetti depauperativi sulle condizioni economico finanziarie di Romauto, tenuto conto della evidente e documentata sproporzione del prezzo di vendita di quel terreno operata tra Romauto (amministrata da soggetti diversi dal ricorrente) e RAGIONE_SOCIALE, erano a loro volta supportate da una pluralitˆ di prove documentali e dichiarative che venivano di volta in volta richiamate ed accluse nell’atto di impugnazioneÈ.
Il ricorrente sostiene che Çqueste lunghe e puntuali deduzioni nonÈ avrebbero Çtrovato minima risposta nella motivazione dell’impugnata sentenzaÈ.
5.5.2. Il ricorrente sostiene che la condotta distrattiva descritta nel capo di imputazione riguardava la sola fase di rivendita delle unitˆ immobiliari, esulando dalla contestazione ogni altra condotta e, in particolare, lÕacquisto degli immobili. Tanto premesso, il ricorrente sostiene che la Corte di appello, nell’affrontare la tematica relativa alla congruitˆ o meno del prezzo di vendita di nove dei dieci appartamenti, si sarebbe appiattita sulla giˆ critica decisione di primo grado, analizzando in modo illogico tutti gli elementi fattuali e giuridici di segno contrario che la Difesa aveva evidenziato nel proprio atto di impugnazione.
In primo luogo, la Corte territoriale non avrebbe adeguatamente confrontato il prezzo dellÕappartamento venduto alla sig.ra COGNOME NOME con quello delle vendite in favore di RAGIONE_SOCIALE. Invero, il prezzo della prima vendita era quello di euro 120.000, ritenuto pienamente congruo rispetto al suo effettivo valore economico. Tale prezzo, per˜, sarebbe sovrapponibile a quello applicato per la vendita dei restanti nove appartamenti ad RAGIONE_SOCIALE. Non si comprenderebbe, pertanto, perchŽ, con riferimento a queste ultime cessioni, si contesti la congruitˆ del prezzo.
La Corte di appello sul punto si sarebbe limitata a sostenere che, dalla testimonianza del maresciallo COGNOME, sarebbe emerso che le unitˆ immobiliari in questione sarebbero state acquistate al grezzo e vendute rifinite.
Tale affermazione sarebbe, tuttavia, manifestamente illogica, risultando contraddetta da una pluralitˆ di emergenze istruttorie, che sarebbero state del tutto trascurate. Innanzitutto, sarebbe stato documentalmente dimostrato, che le unitˆ immobiliari ancorchŽ descritte “in costruzione”, fossero in realtˆ finite giˆ al momento dell’acquisto compiuto da RAGIONE_SOCIALE. La decisione di qualificarle in costruzione sarebbe stata in realtˆ assunta al solo scopo di assoggettare l’atto al regime IVA anzichŽ all’imposta di registro, prevista per il 10% per le abitazioni civili. La tesi difensiva sarebbe confermata da svariati elementi, tra i quali: le modalitˆ di accatastamento delle singole unitˆ (che riportavano la specifica indicazione del relativo subalterno); le annotazioni riportate in bilancio; le dichiarazioni rese dal curatore fallimentare di Romauto; le dichiarazioni rese dallÕagente immobiliare COGNOME NOME; la valutazione che l’Agenzia delle entrate aveva assegnato a tali appartamenti; la procedura di accertamento aperta dalla Agenzia delle entrate di Lugo, che aveva inteso approfondire la congruitˆ del prezzo di vendita dei nove appartamenti.
In ogni caso, anche si volesse ritenere che la vendita avesse effettivamente prodotto una minusvalenza, ci˜ non avrebbe potuto comunque comportare automaticamente la rilevanza penale dei fatti.
La giurisprudenza di legittimitˆ, invero, avrebbe affermato che la vendita di un bene sottocosto, specie quando è imprenditorialmente motivata da esigenze finanziarie della societˆ, non integrerebbe la bancarotta fraudolenta. Ebbene, nel caso di specie, la vendita trovava ragione in specifici scopi funzionali all’attivitˆ della societˆ. Come evidenziato dalla difesa nellÕatto di appello, a seguito di questa operazione di vendita, la societˆ RAGIONE_SOCIALE si era liberata del mutuo di € 596.860 gravante sugli immobili e soprattutto aveva ricevuto liquiditˆ per 494.000 euro circa. Liquiditˆ che in quel momento storico era indispensabile per l’operativitˆ della concessionaria, la quale aveva subito, a decorrere dal marzo 2011, la revoca del mandato da parte di General Motors. Nei mesi in questione, dunque, Romauto
aveva la necessitˆ di fronteggiare l’immatricolazione di autovetture giˆ vendute senza poter contare sulla vendita di nuove, Çdi talchŽ la discrasia temporale fra vendita, riscossione del prezzo e consegna del veicolo non poteva più essere fronteggiata con le nuove vendite, ma solo con nuova liquiditˆÈ.
5.6. Con un sesto motivo, deduce il vizio di inosservanza di norme processuali, in relazione allÕart. 603 cod. proc. pen.
Il ricorrente lamenta la mancata rinnovazione dell’istruttoria di dibattimentale, per lo svolgimento di una perizia avente ad oggetto il valore degli immobili di Bagnacavallo. L’espletamento di tale atto istruttorio, secondo il ricorrente, sarebbe stato necessario, atteso che la natura distrattiva della vendita degli immobili in questione sarebbe stata correlata proprio al fatto che essi sarebbero stati alienati a un prezzo inferiore al loro effettivo valore.
5.7. Con un settimo motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 216 e 223 legge fall.
Con particolare riferimento al reato contestato al capo A2), relativo alla distrazione di risorse del patrimonio della fallita, realizzata mediante lÕacquisto dellÕ11,98% delle quote della societˆ ÒArcahotelsÓ, il ricorrente sostiene che la Corte territoriale si sarebbe limitata a confermare la pronuncia di condanna, aderendo alla decisione del giudice di primo grado e omettendo la necessaria valutazione Çdella genesi e delle modalitˆ di formazione dei crediti intercompany utilizzati per compiere l’operazioneÈ. Una motivazione completa, a parere del ricorrente, avrebbe imposto, tenuto conto della complessitˆ della vicenda, Çun’iniziale analisi volta a comprendere se le espressioni numerarie dei crediti fossero reali e non derivassero invece da artifizi contabili posti in essere dai precedenti amministratoriÈ.
La Corte di appello, inoltre, non avrebbe spiegato con quali modalitˆ aveva stabilito la congruitˆ del prezzo di acquisto delle quote in questione, limitandosi a prendere in considerazione un unico parametro, costituito dal raffronto tra il prezzo di acquisto e quello di rivendita, senza effettuare alcuna indagine per stabilire il valore effettivo delle quote. Non avrebbe, inoltre, tenuto adeguatamente conto del parametro oggettivo indicato dalla difesa, che aveva evidenziato che il valore delle quote di RAGIONE_SOCIALE non poteva prescindere dal patrimonio netto della societˆ, che ammontava ad euro 8.034.253, come risultava dal bilancio al 31 dicembre 2008. Se avesse utilizzato il parametro indicato dalla difesa, la Corte territoriale avrebbe concluso che Romauto, acquistando lÕ11,98% della RAGIONE_SOCIALE al prezzo di euro 922.575, avrebbe risparmiato quasi 40.000 euro, atteso chelÕ11,98% del patrimonio netto della societˆ corrispondeva ad euro 962.144.
La Corte territoriale non avrebbe neppure tenuto conto del fatto che l’acquisto delle quote non aveva comportato per la fallita alcun esborso di denaro, atteso
che il prezzo era stato pagato mediante compensazione con un credito che rischiava di essere inesigibile.
La motivazione sarebbe insufficiente anche con riferimento all’elemento soggettivo del reato. La Corte di appello, infatti, non avrebbe considerato che, contestualmente all’acquisto delle quote in questione, Çla societˆ RAGIONE_SOCIALE, facente capo all’imputato COGNOME, aveva sottoscritto É un aumento di capitale di RAGIONE_SOCIALE, immettendo nel patrimonio della stessa liquiditˆ per una somma totale di euro 448.000È.
5.8. Con un ottavo motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 216 e 223 legge fall.
Con riferimento al reato di cui al capo B1), relativo alla contestata distrazione o dissipazione dei canoni di locazione dellÕazienda alberghiera ÒGrand RAGIONE_SOCIALE, il ricorrente sostiene che la Corte di appello avrebbe operato una ricostruzione meramente parziale della complessa vicenda, basata sui seguenti eventi: la locazione dell’albergo concessa da Arca ad Arcahotels; la scissione, con costituzione di una nuova societˆ, Arcadue, a cui veniva attribuita una parte del patrimonio di Arca, compresi i contratti di leasing tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE; la scrittura privata tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, con cui quest’ultima rinunciava ai canoni di locazione; la cessione delle quote di RAGIONE_SOCIALE, in esito alla quale RAGIONE_SOCIALE diveniva socio unico di RAGIONE_SOCIALE, riacquistando le quote di partecipazione di quest’ultima ad un prezzo superiore a quello originariamente pagato.
Sulla base di tale parziale ricostruzione, la Corte di appello avrebbe definito Çl’operazione RAGIONE_SOCIALE É del tutto scriteriataÈ.
Tanto premesso, il ricorrente contesta tale ricostruzione, perchŽ la Corte di appello non avrebbe tenuto conto di circostanze essenziali e non avrebbe valutato una serie di questioni che la difesa aveva specificamente dedotto.
Quanto al primo profilo, il ricorrente sostiene che la Corte di appello non avrebbe tenuto conto del fatto che l’operazione di originale scissione traeva origine da una delibera del consiglio di amministrazione, avente ad oggetto la cessione degli asset alberghieri ad RAGIONE_SOCIALE, nella quale erano menzionati le ragioni imprenditoriali sottese a tale scelta. A seguito di tale delibera, era stata redatta una scrittura privata con la quale RAGIONE_SOCIALE prometteva di acquistare Çi contratti di leasing Locat relativi agli immobili di Ragusa e FolignoÈ, corrispondendo alla controparte l’importo di euro 150.000. La Locat, per˜, inspiegabilmente, non aveva dato seguito alla richiesta di RAGIONE_SOCIALE di subentrare nei contratti di leasing. E solo tale inspiegabile comportamento della Locat aveva spinto RAGIONE_SOCIALE allÕoperazione di scissione. Sarebbe, dunque, Çdimostrato che lÕoriginario destino di RAGIONE_SOCIALE non fosse il rientro in RAGIONE_SOCIALE, bens’ quello di essere incorporata da RAGIONE_SOCIALE.
Quanto al valore commerciale delle quote di RAGIONE_SOCIALE cedute ad Arca, il ricorrente rappresenta che la difesa, con apposita memoria, aveva rilevato che Çnon era il valore delle quote al momento del riacquisto ad essere stato gonfiato, bens’ esattamente il contrario: ad essere ridotto rispetto al valore reale era il patrimonio assegnato ad ArcadueÈ. A Çdifferenza di quanto affermato dal teste COGNOME e acriticamente recepito dalla Corte di appello, per la valutazione dei contratti di leasing sulla base del metodo finanziario, non pu˜ prescindersi da unÕanalisi del bilancio di RAGIONE_SOCIALE, immediatamente antecedente all’atto di scissione del 2008, dal quale risultavano plusvalenze latenti emerse dalla valutazione dei contratti di leasing, che ammontano ad euro 2.114.353, di talchŽ il patrimonio netto di scissione conferito da RAGIONE_SOCIALE ad RAGIONE_SOCIALE sarebbe stato non giˆ dell’indicato importo di euro 4.659.935, bens’ quello di euro 6.774.282È.
Il ricorrente, inoltre, sostiene che si dovrebbe considerare che, nella valutazione delle quote al momento del riacquisto, l’immobile dellÕHotel Mediterraneo Palace di Ragusa era stato valutato ben 11 milioni di euro e lÕHotel Villa Pigna di Folignano euro 4.800.000, Çdi talchŽ in tempi non sospetti il primo dei due immobili aveva visto lievitare il suo valore commerciale, sicchŽ anche il valore patrimoniale netto dello stesso era cresciuto, con ulteriore incremento rispetto al valore ricalcolato col mero metodo finanziarioÈ. Da ci˜, conseguirebbe che, come evidenziato nella predetta memoria completamente trascurata dalla Corte di appello, Çil valore patrimoniale netto dei quattro contratti di leasing assegnati da RAGIONE_SOCIALE ad Arcadue, sulla base del valore reale di mercato, passava da euro 6.764.281 ad euro 7.928.674, di talchŽ la determinazione delle quote di riacquisto di RAGIONE_SOCIALE in euro 7.450.000 non fu affatto gonfiata ma al contrario risulta essere stata oltremodo prudenzialeÈ.
5.9. Con un nono motivo, deduce il vizio di motivazione.
Sempre con riferimento al reato di cui al capo B1), il ricorrente sostiene che la compensazione del credito con i canoni dovuti ad Arca sarebbe avvenuta quando quest’ultima societˆ non era più amministrata dall’imputato.
Tanto emergerebbe da una serie di risultanze probatorie: la comunicazione di notizia di reato del 14 marzo 2014 della Guardia di finanza, nella quale si rappresenta che COGNOME NOME aveva collocato alcuni amministratori di propria fiducia presso la societˆ Arca; il verbale di sommarie informazioni rese dal COGNOME, dal quale emergeva che quest’ultimo era stato legale rappresentante di Arca e aveva ricevuto lÕincarico in questione dal COGNOME; le dichiarazioni rese dal teste COGNOME che aveva riferito di avere assunto l’incarico di sindaco di Eos su proposta del COGNOME e del COGNOME; le dichiarazioni rese dal teste COGNOME che aveva riferito di aver trattato l’acquisto dell’albergo, incontrando sempre il COGNOME, in qualitˆ di referente di Arca; le dichiarazioni rese dal teste COGNOME
che aveva riferito che l’accordo era stato importante perchŽ aveva segnato il passaggio della gestione dal COGNOME al COGNOME; il messaggio di posta elettronica del 3 novembre 2010, inviato dal COGNOME, che riassumeva i termini dell’accordo, che, in sintesi, prevedeva il passaggio di Arca dal COGNOME al COGNOME, attraverso l’intestazione fiduciaria di RAGIONE_SOCIALE, a condizione che il COGNOME e il COGNOME operassero in linea con gli impegni assunti dal Musca con Unicredit.
A fronte di tale significative risultanze istruttorie, che ricondurrebbero al COGNOME e al COGNOME l’amministrazione di Arca, la Corte di appello avrebbe richiamato un messaggio di posta elettronica inviato dal COGNOME al COGNOME e altri messaggi inviati dal COGNOME al COGNOME. Il messaggio di posta elettronica inviato dal COGNOME al COGNOME, tuttavia, assumerebbe scarsa rilevanza, atteso che, con esso, il COGNOME si era limitato a segnalare la sua volontˆ di dimettersi, essendo entrato in contrasto con il COGNOME. La Corte territoriale, inoltre, non avrebbe tenuto conto Çche, come specificatamente contestato dalla difesa nel proprio atto di impugnazione, a tale mail non solo il COGNOME non diede alcun riscontro, ma agli atti non risulta presente neppure una minima forma di interlocuzione bilaterale tra il COGNOME e il COGNOME.
5.10. Con un decimo motivo, deduce il vizio di motivazione.
Rappresenta che, con riferimento al reato di cui al capo B2), relativo alla distrazione della somma di euro 3.291.000 ricevuta da Unicredit a titolo di mutuo, la difesa, con l’atto d’appello, aveva specificatamente contestato le singole ÇsottoimputazioniÈ, nelle quali lÕimputazione si articolava.
Tanto premesso, il ricorrente sostiene che la Corte di appello avrebbe fornito a tali deduzioni, una risposta assolutamente carente e Çconnotata da continui e intollerabili sconfinamenti nelle contestazioni sub B3) e B4), trasmigrate innanzi ad altro giudiceÈ. La sentenza impugnata, inoltre, non avrebbe fornito alcuna risposta al motivo di appello n. 15, con il quale la difesa aveva lamentato il fatto che il giudice di primo grado, sebbene avesse ritenuto insussistente una delle distrazioni contestate al capo B2), ossia Çla numero 10È, non aveva pronunciato lÕassoluzione rispetto a tale fatto. La Corte d’appello non avrebbe neppure risolto un’altra lacuna della sentenza di primo grado, evidenziata sempre con il motivo di appello numero 15, relativa alla limitazione della pronuncia di condanna per il capo B2) al solo importo di euro 3.091.000. Dalla lettura della sentenza del Tribunale, invero, non emergerebbe perchŽ l’importo della somma distratta sarebbe stata limitata nei termini indicati.
5.11. Con un undicesimo motivo, deduce il vizio di motivazione, in relazione agli artt. 216 e 223 legge fall.
Il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe illogica, nella parte in cui ha ritenuto sussistente la natura distrattiva delle operazioni contestate Çai
numeri 2, 3, 4 e 5È del capo B2), che riguardano il pagamento del prezzo di acquisto di un terreno adiacente al Grand Hotel Mattei, che ammontava ad euro 2.400.000 e che era stato corrisposto, in parte, con denaro proveniente dal mutuo contratto con Unicredit.
Il ricorrente sostiene che si dovrebbe escludere che quelle operazioni possano avere determinato un depauperamento del patrimonio della fallita, atteso che, a fronte dell’esborso del denaro, era conseguito un incremento del patrimonio della fallita con lÕacquisto di un immobile di pari valore, essendo indiscussa la congruitˆ del prezzo pagato per l’acquisto del terreno.
Anche se si volesse dar rilievo agli eventi successivi, si dovrebbe rilevare che il terreno era stato rivenduto l’anno successivo al medesimo prezzo. Si dovrebbe, pertanto, escludere che, per effetto delle operazioni in questione, vi sia stato il depauperamento del patrimonio della fallita.
5.12. Con un dodicesimo motivo, deduce il vizio di motivazione, in relazione agli artt. 216 e 223 legge fall.
Il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe illogica, nella parte in cui ha ritenuto sussistente la natura distrattiva dellÕoperazione contestata al Çnumero 1È del capo B2), che riguarda ÇlÕoperazione di acquisto delle quote di RAGIONE_SOCIALE, effettuato da RAGIONE_SOCIALE, sempre con denaro proveniente dal mutuo contratto con Unicredit.
Il ricorrente sostiene che si dovrebbe escludere che quellÕoperazione possa avere determinato un depauperamento del patrimonio della fallita, atteso che, Çdopo quasi due anni dal suo acquisto, la predetta partecipazione in RAGIONE_SOCIALE, il successivo 23 aprile 2009, veniva ceduta a RAGIONE_SOCIALE, vendita dalla quale RAGIONE_SOCIALE percepiva come provento il 27% delle quote della RAGIONE_SOCIALE e acquisiva inoltre un credito verso la RAGIONE_SOCIALE. LÕoperazione, dunque, non poteva essere qualificata come distrattiva poichŽ RAGIONE_SOCIALE Çera una societˆ in bonisÈ. Inoltre, Çla successiva rivendita di tali quote a un valore economico perfettamente sovrapponibile a quello di acquistoÈ renderebbe Çl’operazione economicamente neutra e dunque irrilevante sotto il profilo della tutela creditoriaÈ.
5.13. Con un tredicesimo motivo, deduce il vizio di motivazione, in relazione agli artt. 216 e 223 legge fall.
Il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe illogica, nella parte in cui ha ritenuto sussistente la natura distrattiva dellÕoperazione contestata ai Çnumeri 6, 7 e 8È del capo B2), che riguarda lÕacquisto da Gefim s.p.aRAGIONE_SOCIALE delle quote di RAGIONE_SOCIALE nonchŽ di un credito vantato dalla Gefim.
La Corte di appello avrebbe ritenuto tale operazione distrattiva, in quanto le quote sarebbero state acquistate ad un prezzo superiore al loro valore reale. La Corte territoriale, tuttavia, non avrebbe indicato sulla base di quale dato probatorio
avrebbe basato tale valutazione, limitandosi a sostenere che la non convenienza di tale operazione sarebbe dimostrata dalla successiva inesigibilitˆ del credito.
Il ricorrente, per˜, sostiene che la valutazione del giudice di secondo grado sarebbe stata errata, poichŽ la convenienza di un’operazione imprenditoriale dovrebbe essere giudicata al momento in cui questa viene ad essere realizzata.
Sotto altro profilo, il ricorrente evidenzia che la difesa aveva rappresentato che la stessa RAGIONE_SOCIALE, successivamente, aveva immesso liquiditˆ nel patrimonio di RAGIONE_SOCIALE per l’importo di euro 470.000, Çrinunciando infine ad esigere un finanziamento infruttuoso di euro 1.539.787È. La Corte di appello, tuttavia, aveva escluso che potesse ritenersi integrata la bancarotta riparata, in considerazione degli importi complessivamente sborsati da RAGIONE_SOCIALE, anche successivamente all’incorporazione di RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE, senza alcuna reale giustificazione economica. Tale assunto, per˜, a parere del ricorrente sarebbe meramente assertivo e giuridicamente erroneo. La bancarotta riparata, infatti, andrebbe verificata rapportando l’immissione di liquiditˆ Çnon giˆ all’intera vita societariaÈ, ma solo rispetto Çallo specifico É capitale che si assume distrattoÈ.
5.14. Con un quattordicesimo motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 216 e 223 legge fall.
Il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe illogica, nella parte in cui ha ritenuto sussistente la natura distrattiva dellÕoperazione contestata al capo C4), che riguardava la presunta distrazione della somma di euro 1.000.000, realizzata mediante la stipula e la successiva risoluzione del contratto preliminare di acquisto dellÕalbergo ÒHoliday InnÓ.
La Corte di appello avrebbe basato il proprio giudizio sulle dichiarazioni rese da NOME COGNOME che aveva riferito che l’imputato Çconoscesse le condizioni della societˆ, giacchŽ ne disponeva dal 2009È. Tali dichiarazioni, per˜, sarebbero condizionate dal coinvolgimento nella vicenda del NOME, soggetto originariamente coimputato, e, in ogni caso, sarebbero smentite da una pluralitˆ di elementi di segno contrario.
In primo luogo, sia la cessione delle quote che l’acquisto dell’hotel erano state deliberate il 7 maggio 2009, nell’ambito di un piano industriale finalizzato alla cessione Çdi asset, mantenendo ferma la gestione del futuro albergo, da sovvenzionare proprio con i proventi di tali cessioniÈ. Quel piano industriale, peraltro, era stato varato con il voto decisivo di NOME NOME. Ed era stato proprio il COGNOME ad aver sottoscritto il preliminare di acquisto in contestazione giacchŽ egli, in quel momento, non solo deteneva una quota di maggioranza della societˆ, ma rivestiva anche il ruolo di amministratore delegato della gestione del settore immobiliare.
Sotto altro profilo, il ricorrente sostiene che ASA era una societˆ capitalizzata, in grado di realizzare l’operazione immobiliare in questione, come emergeva anche dalle dichiarazioni rese dalla teste COGNOME NOMECOGNOME
Quanto alla mancata trascrizione del contratto preliminare, il ricorrente sostiene che tale circostanza trovava spiegazione nel fatto che NOME aveva una Çtrattativa parallelaÈ con Ecis/CMR.
Il ricorrente, infine, sostiene che la sottoscrizione del preliminare non avrebbe provocato una dissipazione pari all’importo indicato, giacchŽ, Çcon delibera del 2 novembre 2009, É fu previsto il pagamento di una penale di 400.000 euro in favore di RAGIONE_SOCIALE, a fronte della risoluzione del contratto con restituzione dellÕacconto prezzo originariamente corrispostoÈ. I Çrestanti 600.000 euro di credito che NOME vantava verso RAGIONE_SOCIALE sarebbero comunque rientrati nel patrimonio di NOME, mediante la compensazione di un credito che NOME NOME avrebbe avuto verso la societˆ.
5.15. Con un quindicesimo motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 216, 217 e 224 legge fall.
Lamenta la mancata risposta al dodicesimo motivo di appello, con il quale la difesa aveva chiesto, in via subordinata, di riqualificare il fatto contestato al capo C4) in bancarotta semplice, ipotizzando che Çil versamento di un acconto ad un promesso venditore senza alcuna garanzia sulla restituzione, nel caso di inutile decorso del termine di efficacia del contratto, potesse integrare la fattispecie di cui allÕart. 217, comma 1, n. 2 legge fall.È, con la conseguente applicazione del meno grave trattamento sanzionatorio.
COGNOME ha presentato due separati ricorsi.
Il ricorso dellÕavv. NOME COGNOME nellÕinteresse di COGNOME, si compone di dodici motivi.
7.1. Con un primo motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 110 cod. pen. e 216 e 223 legge fall.
La ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe illogica, nella parte in cui ha ritenuto sussistente la natura distrattiva dellÕoperazione contestata al capo A1). La Corte di appello, invero, sarebbe caduta in evidente errore nel ritenere che la bancarotta distrattiva potesse essere integrata per il mero dato contabile della generazione della minusvalenza, non considerando che esso altro non esprime se non la differenza tra i valori di acquisto e di vendita dei beni. Operando in tal modo, la Corte di appello avrebbe omesso di individuare i singoli elementi costitutivi del reato contestato, non consentendo neppure di ricostruire il
ragionamento posto a base dell’affermazione di responsabilitˆ a carico dell’imputata.
La ricorrente sostiene che la Corte d’appello non avrebbe adeguatamente valutato le dichiarazioni del curatore relative agli atti riferibili specificamente all’imputata. Le operazioni potrebbero configurarsi come distrattive solo in relazione alla successiva fase di rivendita delle partecipazioni, in ragione del minor prezzo praticato. In realtˆ, lamenta la ricorrente, la Corte di appello non avrebbe neppure individuato in concreto l’atto distrattivo, non chiarendo se la distrazione fosse consistita Çnell’aver comprato ad un prezzo troppo alto per azioni di RAGIONE_SOCIALE oppure Çnell’aver rivenduto le stesse un prezzo troppo bassoÈ. La questione, con riferimento alla posizione dell’imputata, sarebbe di massima rilevanza, atteso che, al momento dell’acquisto, la societˆ era amministrata dall’imputata e da NOME NOME, mentre, invece, al momento della rivendita l’imputata non rivestiva più alcuna carica nella societˆ fallita.
7.2. Con un secondo motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 40, 43 e 110 cod. pen. e 216 e 223 legge fall.
La ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe illogica, nella parte in cui ha ritenuto sussistente lÕelemento soggettivo del reato contestato al capo A2). Il Çcontributo fattivo della COGNOME, invero, non potrebbe essere Çidentificato con la partecipazione all’operazione, avvenuta circa due anni dopo fra societˆ a lei non riferibiliÈ. Sarebbe evidente come la minusvalenza si sarebbe Çcreata nel successivo momento della rivenditaÈ, operazione a cui lÕimputata non avrebbe fornito alcun Çapporto concorsuale, materiale o moraleÈ. Nessun atto, invero, sarebbe stato realizzato dall’imputata Çnella successiva fase di vendita delle partecipazioni RAGIONE_SOCIALE.
7.3. Con un terzo motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 214, 216, 217 e 224 legge fall.
La ricorrente contesta la sentenza impugnata, nella parte in cui la Corte di appello ha ritenuto infondata la richiesta avanzata dallÕappellante di riqualificare il reato di cui al capo A2) in bancarotta semplice. Secondo la ricorrente, invero, sarebbe stato corretto ritenere l’operazione in questione solo imprudente, atteso che il prezzo corrisposto dall’imputata non si discosterebbe molto dall’effettivo valore delle partecipazioni acquistate, che sarebbe di circa euro 850.000.
7.4. Con il quarto e il quinto motivo Ð che vengono esposti unitariamente, essendo tra loro strettamente correlati Ð, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 516, 518, 521 e 522 cod.
proc. pen., sostenendo che i giudici di merito avrebbero violato il principio di correlazione tra sentenza e imputazione.
La ricorrente rappresenta che: in primo grado, l’imputata era stata assolta dal reato di cui al capo B1), in ordine al quale il Tribunale aveva anche operato una riqualificazione del fatto, dando rilievo alla distrazione dei canoni di locazione; il coimputato COGNOME COGNOME che era stato condannato, con l’atto di appello, aveva contestato la riqualificazione operata dal Tribunale, sostenendo che il giudice di primo grado, nel dar rilievo alla distrazione dei canoni di locazione, avrebbe violato il principio di correlazione tra contestazione e decisione; la Corte di appello aveva ritenuto infondata la questione posta dal COGNOME e aveva anche ribaltato la decisione di primo grado, condannando pure la COGNOME per il reato in questione.
Tanto premesso, la ricorrente censura la sentenza impugnata, nella parte in cui la Corte d’appello aveva ritenuto infondata la questione posta dal coimputato COGNOME Secondo la ricorrente, infatti, il giudice di primo grado non si sarebbe limitato ad una semplice riqualificazione giuridica del fatto, ma avrebbe dato rilievo a una diversa e autonoma condotta distrattiva, avente ad oggetto non più la struttura alberghiera, ma i canoni di locazione.
La ricorrente, inoltre, sostiene che, considerato che lÕimputata aveva partecipato alle sole operazioni di scissione e fusione, la Corte di appello, per affermare la sua responsabilitˆ in ordine al reato di cui al capo B1), sarebbe stata costretta a Çun salto motivazionale di evidente illogicitˆÈ, affermando che la COGNOME sarebbe stata Çben consapevole della natura e delle finalitˆ distrattive dei canoni di locazioneÈ, in quanto Çpienamente compartecipe delle decisioni relative alla scelta dapprima di scissione e quindi di reincorporazioneÈ.
In tal modo, la Corte di appello avrebbe finito per condannare l’imputata per un fatto diverso da quello oggetto di imputazione, atteso che l’operazione di scissione e quella relativa ai canoni di locazione, in realtˆ, sarebbero fatti ben distinti. Palese, pertanto, sarebbe la violazione del principio di correlazione tra sentenza e imputazione.
7.5. Con un sesto motivo, deduce i vizi di motivazione, di erronea applicazione della legge penale e di inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 216 legge fall., 110 cod. pen. e 533 cod. proc. pen.
La ricorrente sostiene che l’imputata non avrebbe avuto alcun ruolo negli accordi compensativi, avendo ricoperto, in relazione alla complessa operazione contestata al capo B1), unicamente la carica di amministratore della societˆ beneficiaria della scissione di RAGIONE_SOCIALE, le cui sorti avevano generato il credito poi posto in compensazione con i canoni di locazione.
La ricorrente censura la motivazione della sentenza impugnata, sostenendo che la Corte di appello avrebbe attribuito all’imputata la responsabilitˆ concorsuale
per la distrazione dei canoni, senza avere indicato in maniera dettagliata il contributo, sotto il profilo materiale e sotto quello morale, fornito dall’imputata Ð in qualitˆ di estranea Ð nel reato proprio commesso da altri. Omissione che, nel caso in esame, sarebbe ancor più rilevante, atteso che la Corte di appello, avendo ribaltato la pronuncia di assoluzione del Tribunale, avrebbe dovuto fornire una motivazione rafforzata.
La ricorrente contesta la motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui la Corte territoriale ha affermato che la prova della consapevolezza dell’operazione distrattiva in capo allÕimputata risiederebbe nella formale temporanea dismissione dalla carica di amministratore unico di Arcadue, che sarebbe stata funzionale a non disvelare il conflitto di interesse che vi era con il marito, NOME NOME.
Al riguardo, la ricorrente evidenzia che: la maggior parte delle vicende oggetto del processo originavano da atti realizzati da computati in situazioni di conflitto di interessi; non si pu˜ pensare seriamente che l’imputata, per evitare di essere coinvolta nelle vicende in esame, ritenesse sufficienti le dimissioni, per due mesi, dalla carica di amministratore unico di Arcadue; Çi predetti atti non avevano ad oggetto la compensazione dei canoni di locazioneÈ.
La Corte d’appello, in sostanza, avrebbe fatto discendere la responsabilitˆ concorsuale dell’imputata da atti e vicende del tutto distinti dall’operazione di distrazione dei canoni di locazione.
L’unico atto che coinvolgeva l’imputata era la scissione, ma il credito ritenuto fittizio si era generato non attraverso l’operazione di scissione in sŽ considerata, ma attraverso le operazioni intervenute sulle quote sociali di RAGIONE_SOCIALE Gli accordi tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE per la compensazione dei canoni, poi, erano stati stipulati a dicembre 2010, quando l’imputata non rivestiva più alcuna carica.
7.6. Con un settimo motivo, deduce i vizi di motivazione, di erronea applicazione della legge penale e di inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 216 legge fall., 110 cod. pen. e 533 cod. proc. pen.
La ricorrente contesta la motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui la Corte di appello, ribaltando la pronuncia di assoluzione in primo grado, ha ritenuto sussistente la responsabilitˆ dell’imputata, in relazione al capo B2), anche con riferimento alle risorse provenienti dalla terza e dalla quarta tranche del mutuo.
Il ribaltamento della pronuncia di primo grado sarebbe avvenuto in Çassenza di qualsivoglia confrontoÈ con la decisione del Tribunale, in palese violazione dellÕobbligo di motivazione rafforzata.
La ricorrente sostiene che il giudizio di responsabilitˆ della Corte territoriale sarebbe del tutto insufficiente, basandosi sulla carica rivestita dall’imputata nella
NOME, sul suo titolo di commercialista e sul fatto che detenesse le scritture contabili delle societˆ coinvolte nelle operazioni in questione.
7.7. Con un ottavo motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 216, 219 e 223 legge fall. e 42 e 43 cod. pen.
La ricorrente sostiene che i giudici di merito avrebbero fondato la responsabilitˆ dell’imputata, in ordine al reato di cui al capo B2), solo sulla base delle sue competenze professionali, inferendo da tale elemento la piena consapevolezza da parte della stessa della natura distrattiva delle operazioni. La prova dell’elemento soggettivo del reato sarebbe stata Çdedotta, in via meramente congetturale, É sulla base del É principio del non poteva sapereÈ.
7.8. Con un nono motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 216 legge fall. e 40, 43 e 110 cod. pen.
La ricorrente sostiene che la Corte di appello avrebbe ritenuto l’imputata responsabile del reato contestato al capo C4), in quanto aveva partecipato al consiglio di amministrazione che aveva deliberato l’operazione in questione, a quello che aveva approvato il bilancio ed anche quello del 24 giugno 2009, in Çcui Asa dava atto del secondo preliminare di vendita dello stesso immobileÈ.
Tali deduzioni, secondo la ricorrente, sarebbero errate e avrebbero determinato Çun’erronea applicazione della legge penale sotto il profilo della configurabilitˆ dell’elemento soggettivo del reatoÈ. Il Çcontributo fattivoÈ alla commissione del reato, invero, non potrebbe essere rinvenuto nella mera partecipazione ai consigli di amministrazione.
La ricorrente, inoltre, sostiene che l’operazione contestata costituiva il tentativo di investire risorse in un progetto che avrebbe potuto dare Çnuova linfa vitaleÈ alla societˆ. E dalle dichiarazioni del curatore emergerebbe che l’operazione in questione non sarebbe stata impossibile da realizzare, sebbene la somma di 21 milioni di euro, pattuita come corrispettivo per l’albergo, fosse certamente rilevante.
La ricorrente, infine, contesta la rilevanza che i giudici di merito avrebbero dato al fatto che lÕimputata era la moglie di COGNOME NOME. Il rapporto coniugale, invero, nulla proverebbe in ordine alla partecipazione dell’imputata alle complesse operazioni realizzate dal marito e alla consapevolezza della loro natura distrattiva.
7.9. Con un decimo motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione allÕart. 114 cod. pen.
Contesta il mancato riconoscimento dell’aggravante di cui allÕart. 114 cod. pen., sostenendo che la Corte di appello non avrebbe valutato il contributo del tutto marginale fornito dall’imputata alla realizzazione delle operazioni distrattive
contestate al capo B1). L’imputata, invero, non aveva compiuto alcun atto materiale e, al momento del fatto, non rivestiva alcuna carica nŽ nella societˆ fallita nŽ nella societˆ beneficiaria della distrazione.
7.10. Con un undicesimo motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione allÕart. 62-bis cod. pen.
Lamenta il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, con specifico riferimento al reato di cui al capo B1), sostenendo che la Corte di appello, a seguito del ribaltamento della sentenza di primo grado, avrebbe dovuto effettuare una nuova valutazione Çin ordine alla sussistenza delle generiche proprio rispetto al nuovo specifico fatto di bancarotta ascritto alla ricorrenteÈ.
7.11. Con un dodicesimo motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione allÕart. 216 legge fall.
Contesta l’applicazione delle pene accessorie dell’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e dell’incapacitˆ a esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per la durata di dieci anni, sostenendo che la Corte di appello non avrebbe reso una motivazione adeguata all’applicazione di una pena accessoria nella misura del massimo edittale.
Sotto altro profilo, sostiene che la pena accessoria applicata all’imputata sarebbe palesemente sproporzionata, atteso che sarebbe di durata pari a quella applicata a COGNOME NOME, che aveva fornito un maggior contributo alla realizzazione dei reati. Proprio il diverso contributo fornito dal COGNOME alla commissione dei reati, NOME, aveva giustificato l’applicazione a quest’ultimo di una pena principale di durata superiore a quella inflitta alla moglie.
Il ricorso dellÕavv. NOME COGNOME nellÕinteresse di COGNOME, si compone di otto motivi.
8.1. Con un primo motivo, deduce i vizi di motivazione e di inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 8, 12 e 16 cod. proc. pen.
Contesta la competenza territoriale del Tribunale di Ravenna a giudicare in ordine ai reati di cui ai capi B1) e B2), sostenendo che la competenza dovrebbe spettare al Tribunale di Roma, atteso che il fallimento della RAGIONE_SOCIALE era stato dichiarato a Roma. NŽ si potrebbe far ricorso, come ritenuto dai giudici di merito, al criterio per la competenza per connessione con i reati di cui ai capi A) e C), di competenza della Tribunale di Ravenna, atteso che, come segnalato tempestivamente dalla difesa nel corso del giudizio, mancava il requisito dellÕidentitˆ soggettiva, visto che a uno degli indagati, COGNOME Nicola, era contestato il solo reato di cui al capo B) e non anche quelli di cui ai capi A) e C). Rispetto a tale circostanza, non si potrebbe dare rilievo al fatto che nei confronti di COGNOME NOME si era proceduto separatamente anche per il reato di cui al capo A), atteso
che, al momento dellÕemissione del decreto che ha disposto il giudizio immediato per il presente processo (il 30 dicembre 2016), lÕazione penale per il reato di cui al capo A), nei confronti di COGNOME NicolaCOGNOME non era stata ancora esercitata. Al riguardo, il ricorrente evidenzia che, per la giurisprudenza di legittimitˆ, la competenza per connessione deve essere valutata al momento in cui viene esercitata l’azione penale.
La Corte di appello, inoltre, non avrebbe tenuto conto neppure del fatto che mancava il requisito dellÕidentitˆ soggettiva anche con riferimento a COGNOME NOME, originario coindagato, per il quale si era proceduto separatamente, che rispondeva del solo reato di cui al capo B).
8.2. Con un secondo motivo, deduce i vizi di motivazione e di inosservanza di norme processuali, in relazione allÕart. 603 cod. proc. pen.
La ricorrente rappresenta che: in primo grado, l’imputata era stata assolta dai reati di cui ai capi B1) e B2), limitatamente alla distrazione della terza e della quarta trance delle somme ricevute dall’erogazione del mutuo; in secondo grado, la Corte di appello aveva ribaltato la pronuncia di assoluzione, condannando l’imputata anche per tali reati; la Corte d’appello aveva ritenuto di non rinnovare l’istruttoria, atteso che il diverso giudizio di responsabilitˆ si fonderebbe non su una diversa valutazione della prova dichiarativa, ma sulla mera rivalutazione dei meri ruoli formali rivestiti dall’imputata.
Tanto premesso la ricorrente contesta la decisione della Corte di appello di ribaltare la pronuncia di assoluzione, senza previamente provvedere alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale. Il diverso giudizio di responsabilitˆ, infatti, contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale, si fonderebbe anche su una diversa valutazione delle prove dichiarative assunte in primo grado e, in particolare, delle testimonianze rese dal COGNOME, dallo COGNOME, dal COGNOME e dal COGNOME.
8.3. Con un terzo motivo, deduce i vizi di motivazione e di inosservanza di norme processuali, in relazione allÕart. 533 cod. proc. pen.
Sempre con riferimento alla condanna pronunciata in appello in ordine ai reati di cui ai capi B1) e B2), limitatamente alla distrazione della terza e della quarta trance delle somme ricevute dall’erogazione del mutuo, la ricorrente sostiene che la Corte territoriale avrebbe violato anche l’obbligo di rendere una motivazione rafforzata, atteso che avrebbe ribaltato la pronuncia di assoluzione, senza neppure indicare quale sarebbe stato l’apporto fornito dall’imputata alla realizzazione dei reati, limitandosi, in sostanza, ad affermare che, in considerazione dei ruoli rivestiti nelle varie societˆ coinvolte nella vicenda, Çnon poteva non sapereÈ.
8.4. Con un quarto motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 216 e 223 legge fall.
La ricorrente contesta la sentenza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto sussistente la natura distrattiva dellÕoperazione contestata al capo A1). La Corte di appello, invero, sarebbe caduta in evidente errore nel ritenere che la bancarotta distrattiva potesse essere integrata per il mero dato contabile della generazione della minusvalenza. L’indagine Çsulla concretizzazione del pericolo, richiesta dalla norma per la sussistenza della delitto di bancarottaÈ, invece, Çdoveva essere fatta solo analizzando la correttezza dei valori di vendita dei beni rispetto all’effettivo valore e non considerando, in via tautologica, come fa la sentenza, il mero dato obiettivo della minusvalenzaÈ. E con riferimento al valore dei beni oggetto di vendita, la Corte d’appello avrebbe dovuto considerare che Çad essere incongruo era il valore di acquisto e non quello di cessioneÈ.
La ricorrente, inoltre, sostiene che dovrebbe ritenersi Çcongrua anche una cessione avvenuta ai valori minimi, posto che gli immobili si trovavano a Glorie, frazione rurale di BagnacavalloÈ. Il prezzo al quale erano stati venduti altri immobili siti nella medesima frazione di Bagnacavallo, dÕaltronde, era simile al prezzo della vendita oggetto di contestazione.
Sotto altro profilo, la ricorrente sostiene che la Corte di appello, Çnella quantificazione della minusvalenzaÈ, sarebbe caduta in evidente vizio logico, ricomprendendo anche il minor valore della cessione derivante dalla vendita del singolo immobile alla Scocco, che non era oggetto di contestazione.
Proprio con riferimento alla vendita dell’immobile alla Scocco, la ricorrente pone in rilievo che il prezzo previsto per questa cessione, ritenuta legittima, era lo stesso di quello delle altre vendite, oggetto di contestazione.
La ricorrente, infine, sostiene che i giudici di merito non avrebbero considerato il beneficio finanziario ottenuto dalla fallita con tale operazione. La Romauto, infatti, con la vendita in questione non solo aveva eliminato Çposte debitori per circa euro 596.660,94È, ma aveva anche Çintroitato liquiditˆ per euro 483.139,06È.
8.5. Con un quinto motivo, deduce i vizi di motivazione e di inosservanza di norme processuali, in relazione allÕart. 603 cod. proc. pen.
La ricorrente lamenta la mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, per l’espletamento di una perizia per stabilire lÕeffettivo valore degli immobili oggetto della vicenda contestata al capo A1).
La perizia sarebbe stata necessaria per emendare il travisamento della prova, nel quale sarebbe incorsa la Corte di appello nell’individuare il valore degli immobili in questione.
La Corte territoriale, infatti, avrebbe fatto riferimento alle indicazioni fornite dal consulente tecnico del pubblico ministero, che, nellÕindicare il valore degli immobili, non avrebbe tenuto conto del fatto che le unitˆ immobiliari oggetto di
contestazione si trovavano in Glorie, frazione rurale di Bagnacavallo, e che il valore degli immobili siti in tale frazione sarebbe inferiore a quello degli immobili siti nelle altre zone di Bagnacavallo.
8.6. Con un sesto motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 216 e 223 legge fall.
La ricorrente sostiene che la sentenza impugnata Ð nella parte in cui ha ritenuto sussistente la natura distrattiva dellÕoperazione contestata al capo C4), che riguardava la presunta distrazione della somma di euro 1.000.000, realizzata mediante la stipula e la successiva risoluzione del contratto preliminare di acquisto dellÕalbergo ÒHoliday InnÓ Ð sarebbe palesemente viziata, atteso che la Corte di appello si sarebbe limitata ad analizzare solo la parte iniziale della vicenda e non l’intera operazione.
La Corte di appello, in particolare, non avrebbe considerato che il contratto non prevedeva alcuna caparra o clausola penale, ma semplicemente che venisse versato, a titolo di acconto, la somma di euro 1.000.000, da ripetere nel caso in cui non si fosse addivenuti alla stipula del contratto definitivo.
La Corte territoriale avrebbe poi ritenuto Çaddirittura irrilevante il contratto novativo di COGNOME, concluso fra l’altro con COGNOME considerato mero prestanome di COGNOME. Tale valutazione sarebbe del tutto illogica atteso che il COGNOME, al momento della stipula del preliminare, Çpossedeva la maggioranza in Asa, era consigliere delegato agli affari immobiliari della societˆ, aveva sottoscritto il preliminare con RAGIONE_SOCIALE, ne aveva rinegoziato le condizioni, stornando poi il credito a favore di sŽ stesso, per effetto di una compensazione con il credito da lui vantato a titolo di finanziamento dei soci, e da ultimo avrebbe distratto, dopo l’uscita del COGNOME e della COGNOME, ulteriori sommeÈ.
Secondo la ricorrente, sebbene oggetto del processo non fossero le condotte tenute dal COGNOME, sarebbe stato necessario per la Corte di appello confrontarsi con il contributo da questi fornito allÕintera operazione e con il fatto che gli originari accordi erano stati da lui rinegoziati, senza alcun tentativo di adempimento.
La motivazione della sentenza impugnata sarebbe irrimediabilmente viziata, atteso che l’accertamento della sussistenza del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale non potrebbe Çprescindere dall’analisi dell’operazione societaria compiuta nella sua interezzaÈ.
Tale vizio sarebbe reso ancor più evidente del fatto che la Corte di appello avrebbe sostanzialmente riconosciuto natura dissipativa all’operazione in questione. La Çsussunzione delle condotte nell’ipotesi dissipativaÈ, infatti, avrebbe reso necessaria la valutazione dell’operazione nella sua interezza, Çsenza indebite partizioniÈ. Operazione che sarebbe stata Çpensata nellÕambito di un più complesso piano industriale, teso a trasformare Asa da holding di partecipazione
a immobiliareÈ. La soliditˆ della societˆ non era in discussione e poteva giustificare l’ambiziosa operazione, come sarebbe desumibile anche dalle dichiarazioni rese dal curatore e dalla teste COGNOME.
8.7. Con un settimo motivo, deduce i vizi di motivazione, di erronea applicazione della legge penale e di inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 216, 217 e 224 legge fall. e 125 cod. proc. pen.
Lamenta la mancata risposta allo specifico motivo di appello, con il quale la difesa aveva chiesto di riqualificare il fatto contestato al capo C4) in bancarotta semplice. Al riguardo, il ricorrente sostiene che lÕoperazione contestata, sebbene ÇimpegnativaÈ, era stata comunque realizzata nellÕinteresse della societˆ, che era solida e patrimonializzata.
8.8. Con un ottavo motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 597 e 620 cod. proc. pen.
Sostiene che: il giudice di primo grado, pur avendo affermato la responsabilitˆ dell’imputata anche in ordine al reato di cui al capo C4), non avrebbe applicato alcuna pena in relazione a tale reato; la Corte territoriale, sebbene il pubblico ministero non avesse interposto appello sul punto, nel determinare il trattamento sanzionatorio, avrebbe applicato la pena di mesi sei di reclusione per il reato in questione.
Tanto premesso, la ricorrente sostiene che vi sarebbe stata una palese violazione del divieto di , atteso che, in assenza di appello del pubblico ministero sul punto, la Corte territoriale avrebbe riformato in senso peggiorativo il trattamento sanzionato. A nulla rileverebbe la circostanza che la Corte di appello avrebbe inflitto una pena complessivamente meno grave di quella applicata dal giudice di primo grado, atteso che, per la giurisprudenza di legittimitˆ, la valutazione in ordine al rispetto del divieto di dovrebbe essere effettuata con riferimento non solo all’entitˆ della pena complessiva, ma anche a tutti gli elementi autonomi che concorrono alla sua determinazione.
Il ricorso di NOME si compone di otto motivi.
9.1. Con un primo motivo, deduce i vizi di motivazione, di erronea applicazione della legge penale e di inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 603 cod. proc. pen., 6 CEDU e 111 Cost.
Contesta la sentenza impugnata, nella parte in cui la Corte di appello, riformando la pronuncia di assoluzione in primo grado, ha condannato l’imputato per il reato di cui al capo B1), relativo alla contestata distrazione dei canoni di locazione dellÕazienda alberghiera ÒGrand RAGIONE_SOCIALE.
Il ricorrente sostiene che la Corte di appello non si sarebbe confrontata Çcon i granitici argomentiÈ posti dal Tribunale a fondamento della sentenza di assoluzione. In particolare, non avrebbe tenuto conto dei seguenti elementi: le dichiarazioni, rese in sede di esame, dagli imputati COGNOME NOME e COGNOME Nicola; l’estraneitˆ di COGNOME NOME a qualsiasi atto distrattivo, Çconstatata dal Tribunale sulla base dei ruoli formali e sostanziali dallo stesso rivestiti, al momento del compimento di ogni singolo atto dispositivo contestatoÈ; le prove orali e documentali assunte nell’istruttoria, dalle quali era emerso che tutte le decisioni imprenditoriali oggetto di contestazione erano riconducibili a COGNOME NOME; l’intervenuta irrevocabilitˆ della sentenza di assoluzione di COGNOME NOME in ordine al reato di cui al capo B2), che trovava origine nella medesima Çcausalitˆ distrattivaÈ del reato di cui al capo B1), costituita dalla scissione RAGIONE_SOCIALE/RAGIONE_SOCIALE.
Il ricorrente sostiene che, nella ricostruzione di entrambi i giudici di merito, le operazioni contestate ai capi B1) e B2) sarebbero fondate su Çtre atti cardineÈ: la scissione RAGIONE_SOCIALE/RAGIONE_SOCIALE; il riacquisto delle quote di RAGIONE_SOCIALE da parte di RAGIONE_SOCIALE; la fusione di RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE. Ebbene, la sentenza di primo grado aveva escluso la responsabilitˆ dell’imputato, in quanto egli non aveva fornito alcun contributo causale alla commissione di essi e non aveva rivestito alcuna carica nelle societˆ direttamente coinvolte negli atti in questione. La Corte di appello avrebbe ribaltato la sentenza di primo grado, senza confrontarsi con tali argomentazioni e omettendo ogni riferimento alle prove orali, limitandosi Ça una rivalutazione dei meri ruoli formaliÈ rivestiti dall’imputato e in particolare di quello di procuratore di RAGIONE_SOCIALE, di socio unico di RAGIONE_SOCIALE e di socio di maggioranza, nel periodo in cui erano avvenute le cessioni delle partecipazioni RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE.
Il ricorrente, tuttavia, sostiene che la Corte di appello avrebbe errato nell’attribuzione dei suddetti ruoli all’imputato e non avrebbe tenuto conto del fatto che gli unici atti che NOME avrebbe compiuto quale procuratore speciale di Arcahotels, su disposizione del padre NOME, sarebbero quelli relativi alle cessioni di quote avvenute il 21 ottobre 2009, il 16 novembre 2009 il 13 gennaio 2010.
La Corte di appello non avrebbe neppure spiegato perchŽ l’imputato dovrebbe essere considerato consapevole della natura distrattiva di atti che, di per sŽ, sarebbero leciti.
9.2. Con un secondo motivo, deduce i vizi di motivazione, di erronea applicazione della legge penale e di inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 192 e 533 cod. proc. pen., 6 CEDU e 111 Cost.
Sostiene che la sentenza impugnata sarebbe priva di motivazione rafforzata, resa necessaria dal ribaltamento della sentenza di assoluzione pronunciata in primo grado. La Corte di appello non avrebbe specificamente confutato gli
argomenti posti dal Tribunale a fondamento del giudizio di responsabilitˆ e non si sarebbe confrontata con l’istruttoria dibattimentale, nel corso della quale alcun teste avrebbe indicato l’imputato quale ideatore o autore delle operazioni in contestazione, nŽ con le prove documentali, dalle quali emergerebbe che lÕimputato non aveva realizzato nessuno degli atti in cui si era concretizzata l’ipotesi distrattiva.
Dall’istruttoria era emerso che l’imputato aveva svolto esclusivamente il ruolo di gestione materiale delle aziende alberghiere, senza partecipare alle scelte imprenditoriali sottese alle operazioni contestate. Tanto emergerebbe non solo dalle dichiarazioni rese dagli imputati, ma anche da quelle rese dalla teste COGNOME NOMECOGNOME contabile che aveva seguito tutte le operazioni delle societˆ coinvolte nelle vicende oggetto del presente procedimento, che aveva riferito che tutte le indicazioni relative alle operazioni di scissione e di fusione in questione erano state fornite da COGNOME Giuseppe e da COGNOME.
Il ricorrente, inoltre, sostiene che la definitiva assoluzione di COGNOME Nicola, in ordine al reato di cui al Capo B2), per insussistenza dell’elemento psicologico, creerebbe Çuna fratturaÈ che vizierebbe Çl’intero apparato argomentativo dell’impugnata sentenzaÈ, atteso che le due imputazioni sarebbero strettamente correlate.
9.3. Con un terzo motivo, deduce i vizi di motivazione, di erronea applicazione della legge penale e di inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 603 cod. proc. pen., 6 CEDU e 111 Cost.
Contesta la decisione della Corte di appello di ribaltare la pronuncia di assoluzione, senza previamente provvedere alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale e, in particolare, al nuovo esame di COGNOME NOME e COGNOME Nicola, alla nuova escussione dei consulenti COGNOME e COGNOME e dei testi COGNOME COGNOME e COGNOME.
Contrariamente a quanto affermato dalla Corte di appello, il diverso giudizio di responsabilitˆ si fonderebbe su una diversa valutazione delle prove dichiarative assunte in primo grado, alcune delle quali richiamate nella sentenza di secondo grado e nellÕatto di impugnazione del pubblico ministero.
9.4. Con un quarto motivo, deduce i vizi di motivazione, di erronea applicazione della legge penale, di inosservanza di norme processuali e di mancata assunzione di una prova decisiva, in relazione agli artt. 216, 219 e 223 legge fall.
Sostiene che la Corte di appello, nel ribaltare il giudizio di assoluzione pronunciato in primo grado, avrebbe valorizzato il fatto che l’imputato fosse amministratore delle societˆ che gestivano le aziende alberghiere che si erano avvantaggiate della compensazione dei canoni. La circostanza, tuttavia, a parere del ricorrente, non sarebbe sufficiente per configurare la responsabilitˆ di COGNOME
NOME, neppure a titolo di concorrente estraneo, nel reato di bancarotta fraudolenta. Tale forma di responsabilitˆ, invero, avrebbe richiesto la dimostrazione del fatto che lÕimputato non solo avesse fornito un contributo causale allÕoperazione contestata, ma avesse avuto pure la consapevolezza del fatto che le operazioni di compensazione e di riduzione dei canoni fossero degli atti, di per sŽ, illeciti, che avrebbero potuto determinare un depauperamento del patrimonio sociale, in danno dei creditori. Dall’istruttoria, peraltro, era emerso che, in quel periodo, il settore alberghiero attraversava un periodo di crisi, che avrebbe potuto pure giustificare una riduzione dei canoni di fitto delle strutture in questione.
Il ricorrente sostiene che la Corte di appello avrebbe riconosciuto particolare rilievo al fatto che, fin dall’assemblea del 10 dicembre 2009, fosse stato deliberato sia l’acquisto del 53% delle quote di RAGIONE_SOCIALE, per euro 3.946.686, sia l’incorporazione di RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE Da tali circostanze si dovrebbe desumere che la distrazione sarebbe stata programmata fin dall’inizio, sulla base di un ben delineato piano criminoso.
Ebbene, il ricorrente evidenzia che COGNOME NOME non aveva partecipato a tale assemblea, non aveva titolo per parteciparvi e non era socio nŽ amministratore di Arca.
Il ricorrente sostiene che la Corte d’appello avrebbe desunto la consapevolezza dell’imputato della finalitˆ distrattiva dell’operazione dalla circostanza che la societˆ ÒGHMÓ di NOME Nicola (affittuaria dell’azienda alberghiera e non dell’immobile) avesse la ÇcapacitˆÈ di corrispondere un canone di locazione di euro 600.000 a Ravenna RAGIONE_SOCIALE. L’argomentazione, a parere del ricorrente, oltre a essere incomprensibile, sarebbe basata su un errore, atteso che la Corte di appello avrebbe confuso l’importo dovuto per la locazione dell’immobile (di proprietˆ di Arca) con l’importo dovuto per la locazione dell’azienda alberghiera (di titolaritˆ di Ravenna RAGIONE_SOCIALE).
9.5. Con un quinto motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 42 e 43 cod. pen. e 216, 219 e 223 legge fall.
Sostiene che la Corte di appello non avrebbe indicato gli elementi probatori da cui desumere Çsia il momento rappresentativo doloso, consistente nella piena consapevolezza ex ante della condotta distrattiva É, sia il momento positivo doloso, ossia la diretta volontˆ É di partecipare attivamente e finalisticamente al fatto criminosoÈ.
Il ricorrente sostiene che mancherebbe la motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato, evidenziando che: Çi sindaci, i revisori e gli altri amministratori erano rimasti silentiÈ; COGNOME Nicola non aveva
compiuto Çatti gestori strategiciÈ; i singoli atti erano perfettamente leciti; Arca, Çal momento dei tre atti cardine, non era in stato di dissestoÈ; gli atti contestati non erano in sŽ avulsi dalle finalitˆ d’impresa nŽ erano immediatamente produttivi di effetti depurativi del patrimonio della societˆ; i creditori di Arca nulla avevano opposto agli atti di scissione e di fusione.
9.6. Con un sesto motivo, deduce il vizio di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 516, 521 e 522 cod. proc. pen.
Sostiene che, sebbene al capo B1) dellÕimputazione fosse stata specificamente contestata la distrazione dell’azienda alberghiera denominata RAGIONE_SOCIALE, il giudice di primo grado avrebbe condannato gli imputati per un diverso fatto, costituito dalla distrazione della somma di euro 2.400.000, relativa ai canoni di locazione spettanti ad RAGIONE_SOCIALE per l’affitto del suddetto albergo.
Palese pertanto sarebbe la violazione del principio di correlazione della sentenza con l’imputazione, risultando evidente che la distrazione di un’azienda alberghiera costituisca una realtˆ ontologicamente diversa dalla distrazione di una somma di danaro relativa al pagamento di canoni di locazione.
9.7. Con un settimo motivo, deduce il vizio di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 216, 219, 223 e 232 legge fall.
Il ricorrente sostiene che, anche se si volesse dare per buona la ricostruzione della Corte di appello e si ritenesse che l’imputato fosse consapevole dello stato di dissesto di Arca e si fosse consapevolmente avvantaggiato, nella qualitˆ di gestore di RAGIONE_SOCIALE, di ingiustificate compensazioni e riduzioni di canone, al massimo, si potrebbe ritenere integrata la diversa fattispecie della Çricettazione fallimentareÈ, prevista dallÕart. 232 legge fall.
9.8. Con un ottavo motivo, deduce i vizi di erronea applicazione della legge penale e di inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 8, 12 e 16 cod. proc. pen.
Contesta la competenza territoriale del Tribunale di Ravenna a giudicare in ordine ai reati di cui ai capi B1) e B2), sostenendo che la competenza dovrebbe spettare al Tribunale di Roma, atteso che il fallimento della RAGIONE_SOCIALE era stato dichiarato a Roma. NŽ si potrebbe far ricorso, come ritenuto dai giudici di merito, al criterio della competenza per connessione con i reati di cui ai capi A), relativi al fallimento dichiarato in Ravenna, atteso che mancherebbe non solo il requisito del medesimo disegno criminoso, che sarebbe stato strumentalmente configurato dal pubblico ministero nell’imputazione al solo fine di determinare la competenza del Tribunale di Ravenna, ma anche quello dellÕidentitˆ soggettiva.
Con riferimento a questÕultimo requisito, il ricorrente evidenzia che i reati di cui al capo B) erano contestati anche a un indagato, COGNOME NOME, nei cui confronti si era proceduto separatamente, a cui non erano contestati i reati di cui
ai capi A) e C). Analogamente, i reati di cui al capo C) erano contestati anche a NOME NOMECOGNOME altro indagato nei cui confronti si era proceduto separatamente, al quale non erano contestati i reati di cui al capo A).
Il ricorrente, infine, evidenzia che, con riferimento ai reati di cui ai capi B3) e B4), in relazione ai quali vi era stata la restituzione degli atti al pubblico ministero, nel ÒnuovoÓ processo il Tribunale di Ravenna, accogliendo l’eccezione della difesa di COGNOME GiuseppeCOGNOME ha ritenuto sussistente la competenza territoriale del Tribunale di Roma.
LÕavv. NOME COGNOME nellÕinteresse di COGNOME NOME, ha presentato motivi nuovi.
10.1. Con un primo motivo deduce la violazione degli artt. 28, 30 e 649 cod. proc. pen.
Il ricorrente, richiamando il quarto motivo dellÕoriginario ricorso, ribadisce che i segmenti nn. 1, 6, 7, 8 e 9 del capo B2) sarebbero stati completamente assorbiti dalle contestazioni dei ÒnuoviÓ capi B3) e B4). Quei ÇsegmentiÈ contestati nel capo B2 farebbero ormai parte dei più ampi fatti contestati ai nuovi capi B3) e B4), in ordine ai quali, essendovi stata restituzione degli atti al pubblico ministero, il Tribunale non avrebbe potuto più pronunciarsi.
Contesta quanto affermato dalla Corte di appello a pagina 76 della sentenza impugnata e, cioè, di non sapere lÕaltro procedimento in quale fase si trovasse e davanti a quale autoritˆ giudiziaria pendesse. La difesa, invero, in data 20 novembre 2023, aveva depositato una memoria a sostegno dellÕeccezione di incompetenza territoriale, con la quale aveva Çpuntualmente informatoÈ la Corte territoriale Çdel nuovo esercizio dellÕazione penale per i capi B3) e B4)È e della successiva trasmissione degli atti alla Procura di Roma.
Dalle deduzioni difensive, la Corte di appello avrebbe dovuto desumere lÕesistenza di un conflitto positivo di competenza, sebbene la difesa non lÕavesse Çformalmente denunciato É ai sensi dellÕart. 28, comma 2È.
10.2. Con un secondo motivo deduce la violazione dellÕart. 593 cod. proc. pen. Rappresenta che: il giudice di primo grado aveva fissato in mesi sei di reclusione lÕaumento di pena previsto per la continuazione con il reato di cui al capo C4); la Corte di appello, pur in assenza dellÕappello del pubblico ministero, ha determinato in mesi nove lÕaumento per la continuazione con il reato di cui al capo C4).
Palese, pertanto, sarebbe la violazione dellÕart. 597, comma 3, cod. proc. pen. A nulla rileverebbe la circostanza che la Corte di appello avrebbe inflitto una pena complessivamente meno grave di quella applicata dal giudice di primo grado, atteso che, per la giurisprudenza di legittimitˆ, la valutazione in ordine al rispetto
del divieto di dovrebbe essere effettuata con riferimento non solo all’entitˆ della pena complessiva, ma anche a tutti gli elementi autonomi che concorrono alla sua determinazione.
Il ricorso originario di COGNOME NOME deve essere rigettato, essendo basato su alcuni motivi infondati e su altri inammissibili.
Quanto ai motivi nuovi, il primo deve essere rigettato, in quanto infondato, mentre il secondo deve essere accolto, con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME, limitatamente alla pena in aumento inflitta in relazione al reato di cui al capo C4.
Sempre con riferimento alla posizione di COGNOME Giuseppe, deve essere rilevata dÕufficio lÕillegalitˆ delle pene accessorie fallimentari inflitte, con conseguente annullamento della sentenza impugnata, limitatamente a tale punto, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Bologna.
Il ricorso di COGNOME deve essere parzialmente accolto, essendo fondati il sesto motivo, il settimo e lÕottavo motivo dellÕatto redatto dallÕavv. Caliendi e il secondo e il terzo motivo dellÕatto redatto dallÕavv. Lembro. La sentenza impugnata, nei confronti di COGNOME, limitatamente al reato di cui al capo B1 e a quello di cui al capo B2, con riferimento alla terza e quarta tranche di erogazione del mutuo Unicredit, deve essere, conseguentemente, annullata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Bologna.
Il ricorso di COGNOME Nicola deve essere accolto, essendo fondati i primi cinque motivi, con conseguente annullamento della sentenza impugnata, nei confronti di COGNOME Nicola, limitatamente al reato di cui al capo B1, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Bologna.
Il ricorso originario di COGNOME NOME deve essere rigettato, essendo basato su alcuni motivi infondati e su altri inammissibili. Quanto ai motivi nuovi, il primo deve essere rigettato, in quanto infondato, mentre il secondo deve essere accolto.
2.1. Il primo motivo del ricorso di COGNOME Giuseppe, lÕottavo motivo di COGNOME Nicola e il primo motivo del ricorso di COGNOME redatto dallÕavv. Lembro Ð che possono essere trattati congiuntamente, ponendo analoghe questioni Ð sono infondati.
I ricorrenti sostengono che il Tribunale di Ravenna sarebbe stato territorialmente incompetente a decidere sui reati di cui ai capi B1) e B2).
I due reati sono relativi al fallimento di RAGIONE_SOCIALE, dichiarato in Roma. I giudici di merito, tuttavia, hanno ritenuto di essere competenti a decidere su di essi, attesa la connessione Ð ex art. 12, lett. b, cod. proc. pen. Ð con i reati relativi agli altri due fallimenti, dichiarati in Ravenna (connessione desumibile in maniera evidente dallÕimputazione e sulla quale i giudici di merito si sono ampiamente soffermati).
La questione è posta da COGNOME NOME (primo motivo), da COGNOME NOME (ottavo motivo) e da COGNOME (ricorso avv. COGNOME, primo motivo).
La questione, in sostanza, viene posta con riferimento alla posizione del coimputato nel presente processo COGNOME NOME e con riferimento alla posizione del correo COGNOME NOME e a quella analoga di COGNOME Andrea, per i quali si è proceduto separatamente. In relazione a tali posizioni, si sostiene che mancherebbe il requisito dellÕidentitˆ soggettiva.
2.1.1. Con riferimento alla posizione del COGNOME e a quella analoga del COGNOME, i ricorrenti evidenziano che tali indagati, in separato processo, rispondono solo di alcuni reati e, precisamente, il COGNOME risponde solo dei reati di cui al capo B) e non anche di quelli contestati ai capi A) e C), mentre il COGNOME risponde del reato di cui al capo A) e non di quello di cui al capo C).
La questione è infondata.
é vero che la giurisprudenza afferma che l’identitˆ del disegno criminoso perseguito è idonea a determinare lo spostamento della competenza per connessione solo se l’episodio o gli episodi in continuazione riguardino lo stesso o Ð se sono più di uno Ð gli stessi imputati, ma è altrettanto vero che è concorde nel ritenere che il requisito dell’identitˆ soggettiva è legato alla necessitˆ di evitare che uno dei coimputati venga sottratto al suo giudice naturale, per il solo interesse di altro coimputato alla trattazione unitaria dei fatti in continuazione (cfr. Sez. 2, n. 57927 del 20/11/2018, Bianco, Rv. 275519). Il requisito dellÕidentitˆ soggettiva è stato elaborato dalla giurisprudenza per evitare che uno dei coimputati venga sottratto al suo giudice naturale. In coerenza con tale finalitˆ, la sussistenza di esso deve essere valutata con riferimento solo ai correi imputati nel medesimo processo, rispetto ai quali occorre evitare il rischio che vengano sottratti al loro giudice naturale per il solo interesse di un singolo coimputato alla trattazione unitaria dei fatti in continuazione.
Ebbene, con riferimento alle posizioni di COGNOME NOME e COGNOME NOME, un problema di rispetto del requisito dellÕidentitˆ soggettiva non si pone, atteso che in questo processo non sono imputati e quindi neppure si pone il problema di una loro sottrazione al giudice naturale.
2.1.2. Con riferimento alla posizione di COGNOME Nicola, in astratto, un problema di spostamento dal giudice naturale si potrebbe porre, atteso che egli, nel presente processo, risponde solo dei reati di cui al capo B (relativi al fallimento dichiarato
in Roma) e non anche di quelli contestati ai capi A e C (relativi ai fallimenti dichiarati in Ravenna).
Il Tribunale di Ravenna e la Corte di appello hanno risolto la questione, rilevando che COGNOME NOME, seppure in separato processo, rispondeva anche dei reati contestati al capo A: visto che COGNOME NOME risponde anche dei reati di cui al capo A di competenza del Tribunale di Ravenna, sebbene in separato processo, il requisito dellÕidentitˆ soggettiva sussiste e non si pone un problema di sottrazione dellÕimputato al suo giudice naturale.
La ricorrente COGNOME per˜, rispetto a COGNOME, pone anche un ulteriore problema: secondo la giurisprudenza, il giudice deve valutare la competenza al momento del rinvio al giudizio e, nel caso in esame, al momento del rinvio a giudizio relativo al presente procedimento, COGNOME non era ancora imputato per reati di cui al capo A, atteso che il procedimento relativo a tali reati sarebbe sfociato nel rinvio a giudizio di COGNOME solo tre anni dopo. Per la ricorrente, in sostanza, il giudice, al momento dell’emissione del decreto di giudizio immediato, avrebbe dovuto prendere atto che COGNOME NicolaCOGNOME nŽ in questo processo nŽ in altri processi, risultava essere imputato per i reati contestati al capo A e, dunque, prendere atto dell’incompetenza per territorio, con valutazione non più sindacabile, per il principio della .
Con riferimento a quest’ultimo profilo, per˜, deve essere ricordato quanto affermato da Sezioni Unite Taricco: Çle regole sulla competenza derivante dalla connessione di procedimenti non sono subordinate alla pendenza dei procedimenti nello stesso stato e grado, essendo anche quello basato sulla connessione un criterio originario e autonomo di attribuzione della competenzaÈ.
Sezioni Unite Taricco hanno precisato che, proprio perchŽ si tratta di un criterio originario e autonomo di attribuzione della competenza, la competenza per connessione opera a prescindere dalla pendenza dei procedimenti nello stesso stato e grado e anche quando la riunione dei processi non è concretamente possibile (fatte salve le uniche eccezioni costituite dal fatto che il reato che determina lo spostamento di competenza sia stato giˆ definito con sentenza passata in giudicato o sia stato archiviato): la competenza per connessione Çopera su un piano nettamente distinto rispetto alla riunione; ci˜ significa che la praticabilitˆ o meno di quest’ultima non condiziona l’operativitˆ della connessioneÈ.
Applicando i principi di Sezioni Unite Taricco al caso in esame, risulta evidente che il giudice di merito, nel momento dellÕemissione del decreto di giudizio immediato, doveva valutare Ð in base ai reati commessi da COGNOME NOME e connessi per il vincolo della continuazione Ð quale fosse la competenza territoriale, a prescindere dal fatto che il procedimento relativo a uno dei reati si trovasse in
una diversa fase procedimentale e a prescindere dalla concreta possibilitˆ di riunione dei procedimenti. La valutazione dei giudici di merito, che hanno dato rilievo al fatto che COGNOME NOME, in altro procedimento, rispondeva dei reati di cui al capo A, pertanto, risulta corretta, nonostante lÕaltro procedimento, al momento dellÕemissione del giudizio immediato, si trovasse in altra fase procedimentale.
E, come affermato sempre da Sezioni Unite Taricco, una volta stabilita detta competenza, in ossequio al principio della , essa si radica in via definitiva, rimanendo Çindifferente agli epiloghi processuali delle singole regiudicande in qualunque stato del processoÈ.
2.2. Il secondo motivo del ricorso di COGNOME Giuseppe Ð con il quale il ricorrente deduce, con riferimento ai fatti contestati al capo B1, la violazione del principio di correlazione tra imputazione e sentenza Ð è infondato.
Per comprendere l’operazione distrattiva contestata al capo B1, appare opportuno riassumere le vicende delle societˆ coinvolte in tale operazione, come ricostruite dai giudici di merito.
In origine, vi era la RAGIONE_SOCIALE, che svolgeva attivitˆ alberghiera e immobiliare. Quest’ultima attivitˆ, tuttavia, non era risultata remunerativa e risultava gravata anche da ingenti debiti conseguenti alla costruzione del ÒGrand Hotel MatteiÓ: gli imputati, pertanto, decidevano di salvaguardare la gestione dell’attivitˆ alberghiera, separandola dall’attivitˆ immobiliare, sulla quale caricare di tutti i debiti verso il sistema bancario.
L’operazione distrattiva dei canoni si inseriva in quel più ampio disegno criminoso, che, nelle linee essenziali, è stato ricostruito anche nel capo di imputazione, nel quale, per˜, è stata contestata anche la specifica operazione distrattiva, relativa ai canoni di locazione che RAGIONE_SOCIALE e le successive societˆ affittuarie dell’albergo avrebbero dovuto pagare ad RAGIONE_SOCIALE
L’operazione distrattiva dei canoni Ð che si inseriva in quel più ampio disegno criminoso Ð era stata realizzata attraverso una complessa serie di operazioni di scissione e di acquisto di quote societarie.
Il 13 ottobre 2006, l’originaria RAGIONE_SOCIALE era stata scissa in due societˆ: una prima, che manteneva l’identica denominazione RAGIONE_SOCIALE (acquisendo solo un diverso codice fiscale), alla quale erano state attribuite le attivitˆ di gestione degli alberghi, le cui strutture erano state ottenute in locazione (cos’ da determinare il debito per il pagamento dei canoni); la seconda, denominata RAGIONE_SOCIALE alla quale erano rimaste le attivitˆ immobiliari, con i suoi ÒpesiÓ, e che poco dopo muterˆ denominazione in RAGIONE_SOCIALE
Il 25 settembre 2008, era stata realizzata una scissione parziale di RAGIONE_SOCIALE con la creazione di una nuova societˆ, denominata RAGIONE_SOCIALE, le cui quote erano state interamente acquisite RAGIONE_SOCIALE
Nel giro di poco più di un anno, quelle stesse quote di RAGIONE_SOCIALE erano state riacquistate dalla stessa RAGIONE_SOCIALE, ma a un prezzo notevolmente superiore a quello di scissione, venendosi cos’ a creare in capo ad RAGIONE_SOCIALE un rilevante debito nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, che era stato utilizzato per compensare il pagamento dei canoni dovuti ad RAGIONE_SOCIALE
I giudici di merito hanno evidenziato che la costituzione, mediante scissione parziale, di RAGIONE_SOCIALE risultava del tutto priva di giustificazione economica e finalizzata esclusivamente a realizzare la distrazione dei canoni di locazione, che si inseriva nel più ampio disegno criminoso descritto (cfr. pagine 24, 27 e ss. della sentenza di primo grado e pagina 63 sentenza impugnata).
Venendo alla questione specificamente posta con il motivo di ricorso, va rilevato che, al capo B1), vengono descritte tutte le complesse operazioni di scissione e di cessione di quote di societˆ, che erano state prodromiche alla specifica operazione distrattiva dei canoni, che, in ogni caso, viene precisamente contestata: i canoni di locazione, Çpur giˆ fraudolentemente ridotti, non venivano tuttavia mai corrisposti, in quanto lÕArca conveniva con le societˆ che si sono succedute nella gestione dell’azienda alberghiera (tutte riconducibili al gruppo RAGIONE_SOCIALE) di compensare i canoni dovuti per gli anni dal 2011 al 2015, con il credito fittizio pari ad euro 3.946.686, gravante sulla societˆ RAGIONE_SOCIALE, in seguito alle operazioni fraudolente innanzi indicateÈ. Deve essere, pertanto, esclusa qualsiasi violazione del principio di correlazione tra sentenza e imputazione, atteso che la condanna è intervenuta per uno fatto specificatamente contestato nell’imputazione, nellÕambito di un’ampia descrizione di tutte le complesse vicende che avevano portato alla distrazione.
2.3. Il terzo motivo è manifestamente infondato, atteso che il Tribunale, nella parte della motivazione contestata dal ricorrente, ha solo ricostruito le complesse vicende che avevano portato alla distrazione dei canoni di locazione. Vicende, peraltro, sinteticamente riportate anche nel capo di imputazione.
2.4. Il quarto motivo del ricorso originario e il primo motivo aggiunto Ð che possono essere trattati congiuntamente, essendo strettamente correlati Ð sono infondati.
Il Tribunale, invero, di fronte a imputazioni regolarmente contestate, doveva necessariamente pronunciarsi, andando altrimenti incontro a vizio di omessa pronuncia. Anche se fosse vero quanto sostenuto dal ricorrente (ossia che i ÇsegmentiÈ nn. 1, 6, 7, 8 e 9 del capo B2 farebbero ormai parte dei più ampi fatti contestati ai nuovi capi B3 e B4, in ordine ai quali vi è stata la restituzione degli atti al pubblico ministero), risulta evidente che il Tribunale doveva pronunciarsi su quei ÇsegmentiÈ che facevano parte dellÕoriginaria imputazione e che erano rimasti contestati; spettando, poi, al pubblico ministero riformulare i capi B3 e B4,
tenendo conto dei ÇsegmentiÈ giˆ oggetto di giudizio, eventualmente chiedendo una parziale archiviazione. La sentenza di primo grado, su tale punto, pertanto, risultava del tutto esente da vizi, nŽ eventuali successive vicende relative allÕaltro procedimento potevano ÒretroattivamenteÓ incidere sulla sentenza emessa anni prima. Appaiono, poi, poco chiare e comunque infondate le deduzioni con le quali il ricorrente sostiene che la Corte di appello avrebbe dovuto desumere lÕesistenza di un conflitto positivo di competenza. Il ricorrente, invero, sovrappone, in maniera poco lineare, la questione della competenza territoriale con quella di una presunta pronuncia su un fatto che non sarebbe stato più oggetto della cognizione del Tribunale di Ravenna. Al riguardo, deve essere osservato che si tratta di questioni differenti: la prima, come detto analizzando il primo motivo di ricorso, risulta correttamente risolta dai giudici di merito; la seconda risulta infondata, atteso che il Tribunale doveva pronunciarsi su quei ÇsegmentiÈ che facevano parte dellÕoriginaria imputazione e che erano rimasti contestati.
2.5. Il quinto motivo del ricorso di COGNOME Giuseppe e il quarto motivo del ricorso redatto dallÕavv. Lembro nellÕinteresse di COGNOME – in tutte le censure nelle quali si articolano Ð sono inammissibili, in quanto generici e versati in fatto.
Generica e versata in fatto è la censura con la quale il ricorrente COGNOME sostiene che l’operazione contestata al capo A andrebbe valutata unitamente all’acquisto e alla rivendita di un terreno in INDIRIZZO La censura si presenta pure priva di specificitˆ estrinseca, atteso che le relazioni sussistenti tra lÕoperazione contestata e quella relativa al terreno di INDIRIZZO sono state ampiamente e adeguatamente valutate dalla Corte di appello e dal Tribunale (cfr. pagine 47-50 sentenza impugnata e pagine 5, 6 e soprattutto 43 e ss. della sentenza primo grado). Il Tribunale, tra lÕaltro, ha evidenziato come il fatto che, con l’operazione di acquisto degli immobili di Bagnacavallo, si fosse pure compensato il credito relativo alla vendita del terreno di INDIRIZZO, in ogni caso, non assumesse rilievo determinante rispetto all’operazione distrattiva complessivamente considerata, atteso che lÕeffetto distrattivo dellÕarticolata operazione realizzata dagli imputati si era concretizzato con la successiva rivendita degli immobili a un prezzo notevolmente inferiore a quello di acquisto e al valore effettivo degli immobili, che nel frattempo era pure ulteriormente aumentato, in quanto questi dallo stato grezzo erano stati portati a rifinitura. La Corte di appello, peraltro, ha evidenziato che, dallÕistruttoria, era emerso che la RAGIONE_SOCIALE non aveva bisogno di concludere lÕacquisto degli immobili per recuperare il credito derivante dallÕoperazione relativa al terreno di INDIRIZZO, atteso che la parte debitrice (RAGIONE_SOCIALE aveva disponibilitˆ di denaro per pagare quanto dovuto e che il creditore, in ogni caso, poteva anche recuperare il cespite venduto nel caso di inadempimento del debitore.
Generiche, assertive, versate in fatto e manifestamente infondate sono le restanti censure.
La censura con la quale la parte sostiene che si dovrebbe guardare solo alla fase di rivendita, esulando dalla contestazione la parte relativa all’acquisto degli immobili, risulta pure in contraddizione con quanto in precedenza affermato dallo stesso ricorrente. In ogni caso, va rilevato che, nell’imputazione, sebbene venga contestata la distrazione realizzata con la successiva rivendita degli immobili, viene descritta la complessiva operazione, comprensiva anche della fase di acquisto dei medesimi.
Quanto alla questione ÒminusvalenzaÓ, va rilevato che è vero che nell’imputazione si rappresenta che l’operazione aveva determinato una minusvalenza, ma è altrettanto vero che, nell’imputazione, viene descritta la complessa operazione, ponendosi in rilievo come essa avesse avuto un chiaro effetto distrattivo in danno della fallita.
Quanto al raffronto con il prezzo di vendita dell’immobile ceduto a COGNOME Maria, va rilevato che si tratta di unÕargomentazione generica, basata su deduzioni di fatto e poco conferente, atteso che i ricorrenti non dimostrano che il prezzo di tale vendita fosse stato congruo, nŽ si pu˜ dare per pacifica tale circostanza, come sembrerebbero fare i ricorrenti. Al riguardo, va rilevato che, nella ricostruzione accusatoria, si evidenzia il fatto che la complessiva operazione di acquisto e rivendita dei dieci immobili aveva determinato una minusvalenza di euro 587.000, che è proprio pari alla differenza tra il prezzo di acquisto (euro 1.787.000) e il prezzo di vendita di tutti e dieci gli appartamenti (euro 1.080.000 per i nove appartamenti ceduti ad RAGIONE_SOCIALE più euro 120.000 per lÕappartamento ceduto a Scocco Maria).
2.6. Il sesto motivo del ricorso di COGNOME NOME e il quinto motivo del ricorso redatto dallÕavv. Lembro nellÕinteresse di COGNOME, con i quali i ricorrenti lamentano la mancata rinnovazione dell’istruttoria di dibattimentale, per lo svolgimento di una perizia avente a oggetto il valore degli immobili di Bagnacavallo, sono inammissibili.
Va ribadito che la rinnovazione dell’istruttoria nel giudizio di appello, attesa la presunzione di completezza dell’istruttoria espletata in primo grado, è un istituto di carattere eccezionale, al quale pu˜ farsi ricorso esclusivamente allorchŽ il giudice ritenga, nella sua discrezionalitˆ, di non poter decidere allo stato degli atti (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, COGNOME, Rv. 266820).
La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che, in ragione della natura eccezionale del rimedio previsto dallÕart. 603 cod. proc. pen., la mancata rinnovazione in appello dell’istruttoria dibattimentale, in cassazione, pu˜ essere censurata solo qualora si dimostri lÕoggettiva necessitˆ dellÕincombente istruttorio
e, di conseguenza, l’esistenza, nell’apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicitˆ, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, che sarebbero state presumibilmente evitate se si fosse provveduto all’assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello (Sez. 5, n. 32379 del 12/04/2018, COGNOME, Rv. 273577; Sez. 6, n. 1256 del 28/11/2013, COGNOME, Rv. 258236). Oggettiva necessitˆ che, nel caso in esame, non è stata provata, non avendo i ricorrenti dimostrato l’esistenza, nella motivazione della sentenza impugnata, di lacune o manifeste illogicitˆ, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento, che sarebbero state presumibilmente evitate se si fosse provveduto all’espletamento della perizia.
Va, peraltro, rilevato che la perizia è un mezzo di prova “neutro”, sottratto alla disponibilitˆ delle parti e rimesso alla discrezionalitˆ del giudice (cfr. Sez. U, n. 39746 del 23/03/2017, A., Rv. 270936), e che le deduzioni della ricorrente COGNOME sono versate in fatto, atteso che essa, in sostanza, chiede a questa Corte una valutazione di merito in ordine al valore degli immobili venduti. Deve escludersi, poi, qualsiasi travisamento della prova, che sarebbe stato riscontrabile se la parte avesse dedotto e dimostrato che la Corte di appello avesse travisato le dichiarazioni rese dal consulente tecnico del pubblico ministero, mentre invece la ricorrente contesta le valutazioni della Corte territoriale sul valore degli immobili venduti, basate sulle dichiarazioni del consulente, rappresentando dei termini di paragone, costituiti dal presunto valore medio degli immobili siti nella frazione rurale di Glorie-Bagnacavallo. In tal modo, chiedendo a questa Corte una valutazione di merito, non consentita in sede di legittimitˆ.
2.7. Il settimo motivo, con il quale il ricorrente contesta lÕoperazione distrattiva di cui al capo A2, è inammissibile.
Il motivo, invero, oltre a essere generico e assertivo, è completamente versato in fatto. Con esso, invero, il ricorrente ha articolato alcune censure che, pur essendo state da lui riferite alle categorie dei vizi di motivazione e di violazione di legge, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., non evidenziano alcuna effettiva violazione di legge nŽ travisamenti di prova o vizi di manifesta logicitˆ emergenti dal testo della sentenza, ma sono, invece, dirette a ottenere una non consentita rivalutazione delle fonti probatorie e un inammissibile sindacato sulla ricostruzione dei fatti operata dalla Corte di appello (cfr. Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944; Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano).
Va rilevato, in ogni caso, che il valore spropositato del prezzo di acquisto delle quote appare indiscutibilmente dimostrato dalle seguenti circostanze: quello stesso giorno, le quote di quella stessa societˆ venivano vendute ad altra societˆ ad un prezzo notevolmente inferiore (euro 4,7, per quota, anzichŽ euro 9,6, per
quota); quelle stesse quote saranno poi vendute a quasi la metˆ del prezzo che erano state pagate. LÕacquisto da parte di COGNOME delle quote della RAGIONE_SOCIALE, a un prezzo di vendita superiore al loro reale valore, nella coerente ricostruzione dei giudici di merito, era stato funzionale allÕazzeramento del credito che COGNOME vantava nei confronti di NOME, atteso che lÕacquisto, limitatamente alla somma di euro 723.223,59, era stato regolato proprio mediante compensazione del credito che COGNOME vantava nei confronti di NOME
2.8. LÕottavo motivo è inammissibile.
Anche tale motivo, oltre a essere generico e assertivo, è completamente versato in fatto. Il ricorrente, invero, non deduce alcuna effettiva violazione di legge nŽ travisamenti di prova o vizi di manifesta logicitˆ emergenti dal testo della sentenza, ma si limita a formulare delle generiche asserzioni, contestando la minuziosa ricostruzione dei giudici di merito (fondata sulle dichiarazioni dei testi e del consulente tecnico del pubblico ministero, dott. COGNOME e giˆ esposta analizzando il secondo motivo di ricorso) e riproponendo questioni (come quella del mancato consenso della ÒLocatÓ al subentro di RAGIONE_SOCIALE nei contratti di leasing) giˆ affrontate in maniera adeguata e coerente dai giudici di merito (cfr. pagine 24, 27 e ss. e 48 e ss. della sentenza di primo grado e pagine 62 e ss. della sentenza impugnata). Sotto tale profilo, il motivo si presenta anche privo della necessaria specificitˆ estrinseca, non essendosi il ricorrente effettivamente confrontato con le argomentazioni, congrue in fatto e corrette in diritto, spese dai giudici di merito.
2.9. Il nono motivo è inammissibile, essendo completamente versato in fatto.
Il ricorrente, in realtˆ, non deduce alcuna violazione di legge, alcun travisamento della prova o una manifesta illogicitˆ della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato, ma offre al giudice di legittimitˆ frammenti probatori o indiziari che tendono a sollecitare unÕinammissibile rivalutazione dei fatti. Al riguardo, deve essere ribadito che esula Çdai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimitˆ la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processualiÈ (Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, COGNOME).
Va rilevato, in ogni caso, i giudici di merito hanno ampiamente dimostrato come, al di lˆ delle cariche formali, il delle principali societˆ coinvolte fosse COGNOME Giuseppe, al quale erano riconducibili tutte le operazioni contestate, che facevano parte un disegno criminoso da lui deliberato (cfr., in particolare, pagine 65 e ss. e 73 e s. della sentenza impugnata).
2.10. Il decimo motivo è inammissibile.
La censura con la quale il ricorrente sostiene che la Corte territoriale, per rispondere ai motivi di appello, avrebbe effettuato Çcontinui e intollerabili sconfinamenti nelle contestazioni sub B3) e B4) è inammissibile per plurime convergenti ragioni.
In primo luogo, risulta generica, non avendo il ricorrente specificato in cosa sarebbero consistiti i presunti ÇsconfinamentiÈ.
Sotto altro profilo, nei termini generici in cui è posta, risulta anche manifestamente infondata.
La motivazione della sentenza impugnata, infatti, risulterebbe viziata solo se la Corte di appello si fosse formalmente pronunciata sulla fondatezza di imputazioni non più oggetto della sua cognizione e non se, nellÕargomentare sulla sussistenza dei fatti oggetto di imputazione, avesse fatto riferimento anche vicende più ampie di quelle specificamente contestate.
Sono manifestamente infondate anche le censure con le quali il ricorrente lamenta che il giudice di primo grado non avrebbe chiarito perchŽ avrebbe limitato la pronuncia di condanna per il capo B2) al solo importo di euro 3.091.000 e perchŽ, sebbene avesse ritenuto insussistente una delle distrazioni contestate al capo B2), ossia la Çnumero 10È, non aveva pronunciato specifica assoluzione rispetto a tale fatto.
Al riguardo, va precisato che al capo B2) viene contestata in maniera unitaria la distrazione della somma di euro 3.291.000, ottenuta in mutuo dalla ÒUnicreditÓ di Ravenna, con vincolo di destinazione del denaro alla costruzione ÒGrand Hotel MatteiÓ, ÒdirottataÓ, invece, a fini diversi e comunque alla soddisfazione di interessi economici estranei alla fallita. NellÕimputazione, caratterizzata da particolare analiticitˆ, vengono poi descritte le specifiche operazioni con le quali tale somma era stata deviata dal suo fine e destinata interessi economici estranei alla fallita. Va evidenziato che, in realtˆ, nel capo di imputazione non viene indicata una distrazione Çnumero 10È (atteso che lÕimputazione è unitaria e non vi è alcuna numerazione allÕinterno del capo B2) e, al più, pu˜ parlarsi della decima delle operazioni descritte, realizzate per distrarre dal suo fine la somma ottenuta a mutuo.
Ebbene, a fronte di tale imputazione, il giudice di primo grado ha ritenuto provata lÕeffettiva distrazione solo di una parte di tale somma, pari a euro 3.091.000, provvedendo, in maniera analitica, a ricostruire la destinazione di tutte le somme che erano state ottenute in mutuo, distinguendo le singole tranche dellÕerogazione del mutuo e spiegando per quali di esse risultava dimostrata la distrazione e per quali no (cfr. pagine 54 e ss. della sentenza di primo grado). Sommando le tranche per le quali il giudice di primo grado ha ritenuto dimostrata la distrazione si arriva alla somma complessiva di euro 3.091.000. Attesa la
descritta unitarietˆ dellÕimputazione in questione, risulta evidente che lÕimputato, rispetto alla mancanza di una formale assoluzione per le somme per le quali non era stata dimostrata la distrazione, risulta privo di un concreto interesse a impugnare, essendo indiscutibile Ð sia leggendo il solo dispositivo sia guardando anche alla motivazione Ð che egli, rispetto al fatto contestatogli, è stato dichiarato responsabile della distrazione, limitatamente allÕimporto di euro 3.091.000. In ordine alle residue somme, non potrebbe per lui configurarsi alcun tipo di pregiudizio, essendo indiscutibile che egli, in relazione alla distrazione di quelle somme, è stato ritenuto non responsabile.
Al riguardo, va ricordato che, Çin tema di ricorso per cassazione, ai fini della sussistenza del necessario interesse ad impugnare, non è sufficiente la mera pretesa preordinata all’astratta osservanza della legge e alla correttezza giuridica della decisione, essendo invece necessario che sia comunque dedotto un pregiudizio concreto e suscettibile di essere eliminato dalla riforma o dall’annullamento della decisione impugnataÈ (Sez. 3, n. 30547 del 06/03/2019, Rv. 276274). Il mezzo di impugnazione deve invero perseguire un risultato non solo teoricamente corretto, ma anche praticamente favorevole (Sez. 4, n. 16029 del 28/02/2019, Rv. 27565101).
2.11. LÕundicesimo motivo è inammissibile.
Il ricorrente, infatti, con tale motivo, si limita a contestare la valutazione dei giudici di merito, in ordine alla natura distrattiva dellÕoperazione di destinazione di una parte della somma ricevuta a titolo di mutuo (euro 2.400.000) allÕacquisto di un terreno, sulla base di generiche asserzioni.
Va, in ogni caso, rilevato che il Tribunale ha chiarito, in maniera precisa e coerente, come la complessiva operazione realizzata con la destinazione del denaro in questione allÕacquisto del terreno si fosse risolta in un mero impoverimento del patrimonio della fallita. Quanto al fatto che il terreno, dopo un anno, fosse stato venduto al medesimo prezzo di acquisto, il Tribunale ha posto in rilievo che, in realtˆ, la fallita, a titolo di corrispettivo, non aveva ricevuto una somma di denaro pari a quella che aveva in precedenza pagato, ma la partecipazione in RAGIONE_SOCIALE (27%) e il credito verso RAGIONE_SOCIALE; corrispettivo che, in considerazione delle più ampie operazioni poste in essere da COGNOME NOME con le varie societˆ a lui riconducibili, aveva finito per assumere scarsa rilevanza economica e per rendere evidente lÕeffetto pregiudizievole per la fallita della complessiva operazione in questione (cfr. pagine 56 e 57 della sentenza di primo grado, richiamata dalla sentenza di appello).
2.12. Il dodicesimo motivo è inammissibile.
Anche con tale motivo, il ricorrente si limita a contestare le valutazioni dei giudici di merito Ð nello specifico quelle relative alla natura distrattiva
dellÕoperazione di destinazione alla RAGIONE_SOCIALE (amministrata da COGNOME NOME) di una parte della somma ricevuta a titolo di mutuo Ð sulla base di generiche asserzioni.
Anche con riferimento alla destinazione di tale somma, in ogni caso, va rilevato che il Tribunale ha chiarito, in maniera precisa e coerente, come la complessiva operazione avesse determinato effetti depauperatori per RAGIONE_SOCIALE, traducendosi in un’uscita di denaro (euro 600.000), alla quale non era conseguita l’acquisizione di apprezzabili vantaggi economici. Il Tribunale, in particolare, ha chiarito che tale somma, trasferita a Eos, di fatto, era stata utilizzata per acquistare una partecipazione pari al 19,33% della RAGIONE_SOCIALE. L’operazione risultava non solo completamente estranea l’oggetto sociale della fallita, ma anche priva di un apprezzabile vantaggio economico, atteso che il corrispettivo per il finanziamento prestato era consistito nella creazione di un credito che aveva consentito ad RAGIONE_SOCIALE di acquistare una partecipazione minoritaria nella RAGIONE_SOCIALE. Detta partecipazione era stata poi ceduta a RAGIONE_SOCIALE in cambio del 27% di RAGIONE_SOCIALE e di un credito di euro 1.800.000. La diseconomicitˆ della complessiva operazione risultava evidente dal valore attribuito alla partecipazione in RAGIONE_SOCIALE e soprattutto dal fatto che il credito di euro 1.800.000 nei confronti di RAGIONE_SOCIALE era stato subito dopo integralmente svalutato (cfr. pagine 54 e 55 della sentenza di primo grado, richiamata dalla sentenza di appello).
2.13. Il tredicesimo motivo è inammissibile.
Anche con tale motivo, il ricorrente si limita a contestare le valutazioni dei giudici di merito Ð nello specifico quelle relative alla natura distrattiva della destinazione di una parte della somma ricevuta a titolo di mutuo allÕacquisto da Gefim s.p.a. delle quote di RAGIONE_SOCIALE nonchŽ di un credito vantato dalla Gefim Ð sulla base di generiche asserzioni.
Anche con riferimento alla destinazione di tale somma, in ogni caso, va rilevato che il Tribunale ha chiarito, in maniera precisa e coerente, la natura distrattiva della complessiva operazione (cfr. pagine 59 e 60 della sentenza di primo grado, richiamata dalla sentenza di appello). Con particolare riferimento alle deduzioni del ricorrente, va rilevato che il Tribunale ha basato le proprie valutazioni anche sulla base della consistenza patrimoniale delle societˆ coinvolte, nel momento in cui lÕoperazione era stata realizzata. Ha, poi, senza incorrere in alcun vizio logico, riscontrato la non convenienza di tale operazione verificandone le concrete conseguenze che ne erano poi derivate per la fallita.
Quanto alla bancarotta riparata, va rilevato che la Corte di appello ha risposto correttamente alle deduzioni difensive, evidenziando che la configurabilitˆ della bancarotta riparata risultava esclusa dagli importi complessivamente erogati da RAGIONE_SOCIALE e ricordando che, dalle stesse dichiarazioni rese dall’imputato, emergeva che il risultato complessivo dell’operazione era stato negativo per RAGIONE_SOCIALE.
Va rilevato che si tratta di una decisione perfettamente in linea con la giurisprudenza di legittimitˆ.
Va ricordato in proposito che, secondo il costante indirizzo di questa Corte, Çil reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale prefallimentare è un reato di pericolo concreto, in cui l’atto di depauperamento deve risultare idoneo ad esporre a pericolo l’entitˆ del patrimonio della societˆ, in relazione alla massa dei creditori, e deve permanere tale fino all’epoca che precede l’apertura della procedura fallimentareÈ (Sez. 5, n. 17819 del 24/03/2017, Palitta, Rv. 269562; Sez. 5, n. 50081 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 271437).
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In coerenza con la natura riconosciuta al reato in questione, questa Corte ritiene che la bancarotta ÒriparataÓ costituisca una manifestazione del giudizio di pericolo concreto che determina l’insussistenza dell’elemento materiale del reato, a seguito dell’attivitˆ restitutoria posta in essere dall’imprenditore o dall’amministratore della societˆ (prima della soglia cronologica della dichiarazione di fallimento), volta a ricostituire il patrimonio dell’impresa, nella sua effettivitˆ e integralitˆ , precedentemente pregiudicato dagli indebiti prelievi, a nulla rilevando restituzioni parziali, inidonee a elidere totalmente le conseguenze pregiudizievoli per la massa creditoria, nŽ versamenti fatti dall’amministratore ad altro titolo. Non pu˜ , infatti, integrare fatto punibile come bancarotta per distrazione un comportamento, pure doloso o assertivamente fraudolento, la cui portata pregiudizievole risulti annullata per effetto di un atto o di un’attivitˆ di segno inverso, capace di reintegrare il patrimonio della fallita, prima della soglia cronologica costituita dall’apertura della procedura, impedendo l’insorgenza di alcun effettivo pregiudizio per i creditori (Sez. 5, n. 3622 del 19/12/2006, Morrˆ, Rv. 236051; Sez. 5, n. 8402 del 03/02/2011, Cannavale, Rv. 249721).
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é proprio al permanere o meno di tale pregiudizio per la massa creditoria, costituente sotto tale profilo l’offesa tipica dei reati di bancarotta, che deve essere riferita la valutazione sulla sussistenza di un’azione restitutoria idonea a rimuovere gli effetti distrattivi della precedente condotta.
La ÒriparazioneÓ, dunque, deve essere integrale e valutata con riferimento a tutti gli effetti determinati dalla precedente operazione: solo se presenta tali requisiti, risulta idonea ad annullare la portata pregiudizievole della precedente condotta distrattiva.
Ebbene, la Corte di appello, sulla base delle argomentazioni richiamate, ha escluso che, nel caso in esame, vi fosse stata una riparazione integrale, idonea ad annullare la portata pregiudizievole per i creditori della fallita della precedente condotta distrattiva, correttamente valutando tutti gli effetti pregiudizievoli determinati dalla precedente operazione e non solo quelli ÒimmediatiÓ.
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2.14. Il quattordicesimo motivo del ricorso di COGNOME Giuseppe e il sesto motivo del ricorso redatto dallÕavv. Lembro per COGNOME Ð che possono essere trattati congiuntamente, proponendo analoghe questioni Ð sono inammissibili.
I ricorrenti, infatti, con tali motivi, si limitano a contestare la valutazione dei giudici di merito, in ordine alla natura distrattiva dellÕoperazione contestata al capo C4), sulla base di mere asserzioni, generiche e versate in fatto.
Va, in ogni caso, rilevato che entrambi i giudici di merito hanno ricostruito, in maniera precisa e coerente, l’intera vicenda come configurata fin dall’inizio al solo fine di determinare la distrazione della somma di euro 1.000.000, come dimostrato dal fatto che Asa non aveva la capacitˆ per effettuare l’operazione prevista dal preliminare (circostanza resa palese dallÕevidente risultato negativo riportato in bilancio); dal fatto che il preliminare non era stato mai trascritto; dal fatto che contestualmente era stato stipulato con altro soggetto altro preliminare regolarmente trascritto; dal fatto che il denaro versato era stato fatto confluire su un conto corrente aperto a tale specifico scopo e chiuso subito dopo la ricezione del denaro; dal fatto che l’operazione era stata posta in essere Çda parti correlateÈ (all’atto della stipulazione del preliminare, COGNOME Giuseppe era non solo il presidente del consiglio di amministrazione di Asa, consiglio di cui faceva parte anche COGNOME, ma anche amministratore di RAGIONE_SOCIALE, per il tramite di COGNOME Antonio). Le vicende successive erano state messe in atto solo al fine di ÒcoprireÓ l’avvenuta distrazione, realizzata con la stipula del preliminare, e non avevano determinato alcun effettivo reintegro delle somme versate dalla fallita (cfr. pagine 21 e ss. e 64 e s. della sentenza di primo grado e 57 e ss. della sentenza di appello).
2.15. Il quindicesimo motivo del ricorso di COGNOME Giuseppe e il settimo motivo del ricorso redatto dallÕavv. Lembro per COGNOME Ð che possono essere trattati congiuntamente, proponendo la medesima questione Ð sono infondati.
I giudici di merito, invero, come detto, hanno dimostrato che lÕoperazione contestata al capo C4 era stata, fin dall’origine, preordinata alla distrazione della somma di euro 1.000.000, sulla base di una ricostruzione rigorosa, che risulta del tutto incompatibile con la bancarotta semplice. Al riguardo, deve essere ribadito che, Çnella motivazione della sentenza, il giudice del gravame non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione globale, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo, sicchŽ debbono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottataÈ (Sez. 6, n. 34532 del
22/06/2021, COGNOME, Rv. 281935; cfr. anche Sez. 2, n. 46261 del 18/09/2019, COGNOME, Rv. 277593).
2.16. Con riferimento ai motivi nuovi presentati da COGNOME Giuseppe, deve essere rilevato che il primo motivo risulta infondato, per le ragioni esposte nellÕanalizzare anche il quarto motivo del ricorso originario.
Risulta, invece, fondato il secondo motivo aggiunto, con il quale il ricorrente aveva dedotto che la Corte di appello, nel determinare lÕaumento di pena previsto per la continuazione con il reato di cui al capo C4), pur in assenza dellÕappello del pubblico ministero, aveva fissato la pena di mesi nove di reclusione, superiore a quella inflitta in primo grado.
Va, invero, rilevato che il Tribunale, effettivamente, in relazione al reato C4), aveva applicato la pena di mesi sei di reclusione e la Corte di appello, in assenza di impugnazione del pubblico ministero sul punto, ha applicato per il reato in questione la pena di mesi nove di reclusione.
Va evidenziato che non è rilevante che la Corte di appello abbia irrogato una pena complessivamente inferiore a quella comminata dal Tribunale.
Sezioni Unite Morales, invero, hanno affermato che il divieto di si riferisce non solo alla pena complessiva, ma anche ai singoli elementi che la compongono (Sez. U, n. 40910 del 27/09/2005, Rv. 232066).
La sentenza impugnata, pertanto, nei confronti di COGNOME Giuseppe, limitatamente alla pena in aumento inflitta in relazione al reato di cui al capo C4), deve essere annullata.
̀
Alla rideterminazione della pena, sulla base delle statuizioni del giudice di merito, pu˜ procedere direttamente questa Corte, ai sensi dell’art. 620, comma primo, lett. l, cod. proc. pen. Essendo stata inflitta dalla Corte di appello la pena di mesi nove di reclusione per il reato di cui al capo C4 (superiore di tre mesi a quella inflitta in primo grado) ed essendo stata inflitta la pena complessiva della reclusione di anni sei e mesi sei, la durata della pena principale della reclusione deve essere rideterminata in anni sei e mesi tre di reclusione.
2.17. La sentenza, inoltre, deve essere annullata, pur in assenza di motivo di ricorso sul punto, anche con riferimento alle pene accessorie fallimentari.
Deve essere, invero, rilevata d’ufficio lÕillegalitˆ delle pene accessorie fallimentari inflitte in primo grado e confermate in appello, la cui durata è stata fissata in dieci anni.
̀
La sentenza n. 222 del 2018 della Corte costituzionale, invero, ha dichiarato l’illegittimitˆ costituzionale dell’art. 216, ultimo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo e della liquidazione coatta amministrativa), nella parte in cui dispone: Çla condanna per uno dei fatti previsti dal presente articolo importa per la durata di dieci anni
̀
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̀
l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacitˆ per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresaÈ, anzichŽ : Çla condanna per uno dei fatti previsti dal presente articolo importa l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacitˆ ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a dieci anniÈ.
Si verte in ipotesi di pena illegale rilevabile d’ufficio dal giudice di legittimitˆ, in quanto, indipendentemente dal fatto che le pene concretamente irrogate rientrino nella cornice edittale della norma cos’ come manipolata dal giudice delle leggi, il procedimento di commisurazione si è basato su una norma dichiarata incostituzionale (cfr. Sez. U, n. 33040 del 26/02/2015, COGNOME, Rv. 264205; Sez. U, n. 37107 del 26/02/2015, COGNOME, Rv. 264857).
Dopo la pronuncia della Corte costituzionale, sono intervenute a chiarirne la portata le Sezioni Unite, che hanno affermato il principio in forza del quale Çla durata delle pene accessorie per le quali la legge stabilisce, in misura non fissa, un limite di durata minimo ed uno massimo, ovvero uno soltanto di essi, deve essere determinata in concreto dal giudice in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen.È (Sez. U., n. 28910 del 28/02/2019, COGNOME, Rv. 276286).
Pertanto, limitatamente alla determinazione della durata delle pene accessorie fallimentari Ð fatta meramente conseguire dal Tribunale allÕapplicazione della pena principale e confermata dalla Corte territoriale Ð, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Bologna.
Il ricorso di COGNOME deve essere parzialmente accolto, essendo fondati il sesto motivo, il settimo e lÕottavo motivo dellÕatto redatto dallÕavv. Caliendi e il secondo e il terzo motivo dellÕatto redatto dallÕavv. Lembro. La sentenza impugnata, nei confronti di COGNOME, limitatamente al reato di cui al capo B1 e a quello di cui al capo B2, con riferimento alla terza e quarta tranche di erogazione del mutuo Unicredit, deve essere, conseguentemente, annullata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Bologna.
Il ricorso redatto dallÕavv. COGNOME, nellÕinteresse di COGNOME, è fondato, limitatamente al quinto, al sesto motivo, al settimo e allÕottavo motivo.
4.1. Il primo motivo è inammissibile.
Con tale motivo, la ricorrente si limita a contestare le valutazioni dei giudici di merito Ð in ordine alla natura distrattiva dellÕoperazione contestata al capo A1) e alla sua partecipazione a essa Ð sulla base di generiche asserzioni.
Va rilevato, in ogni caso, che il Tribunale ha chiarito, in maniera precisa e coerente, la natura distrattiva della complessiva operazione realizzata dagli
imputati (cfr. pagine 4 e ss. e 42 e ss. della sentenza di primo grado e pagine 44 e ss. della sentenza di appello).
Va posto in rilievo che, nell’imputazione, viene descritta lÕintera operazione, comprensiva anche della fase di acquisto degli immobili. I giudici di merito hanno ritenuto fondata lÕipotesi accusatoria, ritenendo che lÕeffetto distrattivo, sebbene si fosse concretizzato con la rivendita degli immobili, fosse comunque la conseguenza del più ampio disegno criminoso predisposto dagli imputati. La Corte di appello, poi, si è ampiamente soffermata sul fondamentale contributo offerto dalla COGNOME alla realizzazione dellÕoperazione in questione, sia nella fase di acquisto che di rivendita degli immobili in questione (cfr. pagine 52 e 53 della sentenza impugnata). Sotto tale profilo, il ricorso si presenta pure privo della necessaria specificitˆ estrinseca, non essendosi la ricorrente effettivamente confrontata con le precise e coerenti argomentazioni spese dalla Corte territoriale.
Quanto alla questione ÒminusvalenzaÓ, va rilevato che è vero che nell’imputazione si rappresenta che l’operazione aveva determinato una minusvalenza, ma è altrettanto vero che, nell’imputazione, viene descritta la complessa operazione, ponendosi in rilievo come essa avesse avuto un chiaro effetto distrattivo in danno della fallita.
4.2. Il secondo e il terzo motivo Ð che possono essere trattati congiuntamente, essendo strettamente correlati Ð sono inammissibili.
La ricorrente, invero, si limita a contestare le valutazioni dei giudici di merito Ð in ordine alla natura fraudolenta della distrazione contestata al capo A2) e alla sua partecipazione a tale operazione Ð sulla base di generiche asserzioni.
Va rilevato, in ogni caso, che i giudici di merito hanno ricostruito in maniera precisa e analitica lÕoperazione distrattiva contestata al capo A2), ponendo in rilievo il valore spropositato del prezzo di acquisto delle quote, indiscutibilmente dimostrato dal fatto che, quello stesso giorno, le quote di quella stessa societˆ erano state vendute ad altra societˆ ad un prezzo notevolmente inferiore (euro 4,7, per quota, anzichŽ euro 9,6, per quota). Hanno, poi, evidenziato che il valore eccessivo attribuito alle quote era confermato dal fatto che quelle stesse quote erano state successivamente vendute a quasi la metˆ del prezzo che erano state pagate.
La Corte di appello ha posto in rilievo come lÕoperazione fosse stata predisposta e realizzata dagli imputati, al preciso fine di distrarre risorse dalla Romauto (Çsaccheggiata dei cespiti economici detenutiÈ) per destinarle ad altre societˆ riconducibili a COGNOME NOME. Risultava, pertanto, completamente infondata la richiesta di riqualificare il fatto nella meno grave fattispecie della bancarotta semplice.
La Corte territoriale, poi, si è ampiamente soffermata sul fondamentale contributo offerto dalla COGNOME alla realizzazione dellÕoperazione in questione, sia nella fase di acquisto che in quella di rivendita degli immobili in questione (cfr. pagina 57 della sentenza impugnata).
Il ricorso, pertanto, si presenta pure privo della necessaria specificitˆ estrinseca, non essendosi la ricorrente effettivamente confrontata con le precise e coerenti argomentazioni spese dalla Corte di appello.
4.3. Il quarto e il quinto motivo Ð con i quali la ricorrente deduce, con specifico riferimento al reato di cui al capo B1, la violazione del principio di correlazione tra sentenza e imputazione Ð risultano assorbiti dallÕaccoglimento del sesto motivo, che determina lÕannullamento con rinvio della sentenza impugnata, proprio con riferimento al reato in questione, limitatamente alla posizione della COGNOME.
4.4. Il sesto motivo del ricorso redatto dallÕavv. Caliendi e il secondo e il terzo motivo del ricorso redatto dallÕavv. Lembro (nelle parti relative al reato di cui al capo B1) Ð che possono essere trattati congiuntamente, essendo strettamente correlati Ð sono fondati.
Va rilevato che il giudice di primo grado aveva assolto COGNOME dal reato di cui al capo B1), rilevando che l’imputata, sia nel momento in cui era stata deliberata la scissione di RAGIONE_SOCIALE sia quando RAGIONE_SOCIALE aveva acquistato le quote di RAGIONE_SOCIALE non rivestiva alcuna carica sociale nella fallita, nŽ dall’istruttoria era emerso che avesse avuto il benchŽ minimo ruolo attivo nelle due operazioni.
Ebbene, a fronte di una pronuncia di assoluzione, adeguatamente motivata, la Corte di appello ha ÒribaltatoÓ la sentenza di primo grado, limitandosi a elencare i ruoli che lÕimputata avrebbe rivestito in alcune delle altre societˆ coinvolte nell’operazione, senza specificare il contributo concreto fornito dall’imputata alla realizzazione della distrazione e senza sottoporre a rigorosa e analitica critica la sentenza di primo grado e gli elementi posti dal Tribunale a base della decisione di assoluzione.
Al riguardo, deve essere ricordato che, in caso di riforma della sentenza assolutoria di primo grado, la giurisprudenza di legittimitˆ ha da tempo affermato lÕobbligo per il giudice dellÕappello di fornire una Òmotivazione rafforzataÓ. In assenza di elementi sopravvenuti, non basta una diversa valutazione del materiale probatorio acquisito in primo grado, che sia caratterizzata da pari plausibilitˆ rispetto a quella operata dal primo giudice, occorrendo invece una motivazione dotata di forza persuasiva superiore, tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio (cfr. Sez. 5, n. 54300 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 272082 Sez. 6, n. 51898 del 11/07/2019, P., Rv. 278056).
La motivazione deve tenere conto non solo degli argomenti esposti nell’atto di impugnazione, ma anche di quelli contenuti nella prima decisione, dovendo il
giudice di appello offrire una motivazione puntuale e adeguata che giustifichi in modo razionale la difforme conclusione adottata. Grava sul giudice di appello la dimostrazione dell’incompletezza o della non correttezza ovvero dell’incoerenza delle argomentazioni poste dal giudice di primo grado a base del suo convincimento, seguita dallÕesposizione delle ragioni della diversa decisione e del privilegio accordato a elementi di prova diversi o diversamente valutati.
Nel caso in esame, invece, la Corte di appello si è sinteticamente limitata alla mera elencazione dei ruoli rivestiti dall’imputata in alcune delle societˆ coinvolte nell’operazione, senza sottoporre ad alcun vaglio critico la sentenza di primo grado, dimostrandone l’incompletezza, la non correttezza ovvero l’incoerenza.
La sentenza impugnata, nei confronti di COGNOME, limitatamente al reato di cui al capo B1), deve essere, dunque, annullata con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Bologna.
4.5. Il settimo e lÕottavo motivo del ricorso redatto dallÕavv. Caliendi e il secondo e il terzo motivo del ricorso redatto dallÕavv. Lembro (nelle parti relative al reato di cui al capo B2) Ð che possono essere trattati congiuntamente, essendo strettamente correlati Ð sono fondati.
Anche con riferimento alla distrazione delle risorse provenienti dalla terza e dalla quarta tranche del mutuo (facente parte dellÕimputazione di cui al capo B2), la Corte di appello ha ÒribaltatoÓ la pronuncia di assoluzione, senza fornire una Òmotivazione rafforzataÓ.
Il Tribunale aveva ritenuto che lÕimputata non fosse responsabile della distrazione della terza e quarta tranche dellÕerogazione del mutuo, atteso che era stata presidente del consiglio di amministrazione di Arca solo dallÕ11 dicembre 2007 allÕ8 settembre 2008 e la distrazione di tali tranche non era avvenuta in tale periodo.
La Corte di appello ha ribaltato la pronuncia di primo grado, ritenendola responsabile anche in relazione alla distrazione della terza tranche: ci˜ sulla base del ruolo di Çconsigliere delegatoÈ della societˆ EOS, alla quale era stata trasferita la relativa somma di denaro. Quanto alla quarta tranche, la Corte territoriale ha evidenziato che lÕimputata Ð oltre a detenere le scritture contabili di RAGIONE_SOCIALE, di RAGIONE_SOCIALE, di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE aveva ceduto le proprie quote della societˆ a Costa Antonio lo stesso giorno dellÕerogazione.
Si tratta di elementi di rilievo, ma è mancato qualsiasi sforzo argomentativo per dimostrare che, da questi elementi, si potesse desumere che lÕimputata avesse fornito un concreto e consapevole contributo allÕoperazione distrattiva. é mancata, inoltre, la dimostrazione dell’incompletezza o della non correttezza ovvero dell’incoerenza delle argomentazioni poste dal giudice di primo grado a base del
suo convincimento, seguita dallÕesposizione delle ragioni del privilegio accordato agli elementi a sostegno dellÕaccusa ritenuti decisivi.
La sentenza impugnata, nei confronti di COGNOME, limitatamente al reato di cui al capo B2), con riferimento alla terza e quarta tranche di erogazione del mutuo Unicredit, deve essere, dunque, annullata con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Bologna.
4.6. Il nono motivo è inammissibile.
Il motivo, invero, oltre a essere generico e assertivo, è completamente versato in fatto. Con esso, invero, la ricorrente ha articolato alcune censure che, pur essendo state da lei riferite alle categorie dei vizi di motivazione e di violazione di legge, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., non evidenziano alcuna effettiva violazione di legge nŽ travisamenti di prova o vizi di manifesta logicitˆ emergenti dal testo della sentenza, ma sono, invece, dirette a ottenere una non consentita rivalutazione delle fonti probatorie e un inammissibile sindacato sulla ricostruzione dei fatti operata dalla Corte di appello (cfr. Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944; Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano).
Va rilevato, in ogni caso, che i giudici di merito hanno fornito una motivazione adeguata e coerente in ordine al consapevole contributo fornito dalla COGNOME alla realizzazione del reato di cui al capo C4 (cfr. pagina 62 della sentenza di appello e pagina 65 della sentenza di primo grado).
4.7. Il decimo e lÕundicesimo motivo Ð con i quali la ricorrente invoca, con specifico riferimento al reato di cui al capo B1), il riconoscimento delle generiche e dellÕattenuante di cui allÕart. 114 cod. pen. Ð risultano assorbiti dallÕaccoglimento del sesto motivo di ricorso, con il conseguente annullamento della sentenza nei confronti di COGNOME, limitatamente al reato di cui al capo B1).
4.8. Anche il dodicesimo motivo Ð con il quale la ricorrente contesta l’applicazione delle pene accessorie dell’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e dell’incapacitˆ a esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa Ð risulta assorbito dallÕaccoglimento del sesto, del settimo e dellÕottavo motivo di ricorso, con il conseguente annullamento con rinvio della sentenza nei confronti di COGNOME, limitatamente al reato di cui al capo B1) e a quello di cui al capo B2), con riferimento alla terza e quarta tranche di erogazione del mutuo Unicredit. La determinazione dellÕintero trattamento sanzionatorio, infatti, finirˆ per dipendere dalle valutazioni che il giudice del rinvio effettuerˆ in ordine alla sussistenza dei reati per i quali è intervenuto lÕannullamento.
Il ricorso redatto dallÕavv. COGNOME, nellÕinteresse di COGNOME, è fondato, limitatamente al secondo e al terzo motivo.
5.1. Il primo motivo Ð con il quale la ricorrente contesta la competenza territoriale del Tribunale di Ravenna Ð è infondato per le ragioni esposte analizzando il primo motivo del ricorso di COGNOME Giuseppe.
5.2. Il secondo e il terzo motivo del ricorso redatto dallÕavv. Lembro (con i quali si contesta il giudizio di responsabilitˆ dellÕimputata in ordine ai reati di cui al capo B1 e al capo B2, con riferimento alla terza e quarta tranche di erogazione del mutuo Unicredit) sono fondati per le ragioni esposte analizzando il quinto, il sesto, il settimo e lÕottavo motivo del ricorso redatto dallÕavv. Caliendi, nellÕinteresse della medesima imputata.
5.3. Il quarto motivo Ð con il quale la ricorrente contesta il reato di cui al capo A1 Ð è inammissibile per le ragioni esposte analizzando il quinto motivo del ricorso di COGNOME Giuseppe.
5.4. Il quinto motivo Ð con il quale la ricorrente lamenta la mancata rinnovazione dellÕistruttoria dibattimentale Ð è inammissibile per le ragioni esposte analizzando il sesto motivo del ricorso di COGNOME Giuseppe.
5.5. Il sesto motivo Ð con il quale la ricorrente contesta il reato di cui al capo C4 Ð è inammissibile per le ragioni esposte analizzando il quattordicesimo motivo del ricorso di COGNOME Giuseppe.
5.6. Il settimo motivo Ð con il quale la ricorrente contesta la mancata riqualificazione giuridica del reato di cui al capo C4 Ð è infondato per le ragioni esposte analizzando il quindicesimo motivo del ricorso di COGNOME Giuseppe.
5.7. LÕottavo motivo, con il quale la ricorrente lamenta la riforma in senso peggiorativo della pena determinata dalla Corte di appello, per il reato di cui al capo C4, risulta assorbito dallÕaccoglimento dei motivi di ricorso attinenti al reato di cui al capo B1 e a quello di cui al capo B2 (con riferimento alla terza e quarta tranche di erogazione del mutuo Unicredit), con il conseguente annullamento con rinvio della sentenza nei confronti di COGNOME, limitatamente ai reati in questione. La determinazione dellÕintero trattamento sanzionatorio, infatti, dipenderˆ dalle valutazioni che verranno effettuate, con riferimento ai reati di cui ai capi B1 e B2, dal giudice del rinvio, che valuterˆ anche la circostanza che il giudice di primo grado non aveva concretamente inflitto alcuna pena in relazione al reato di cui al capo C4.
Il ricorso di COGNOME Nicola deve essere accolto, essendo fondati i primi cinque motivi, con conseguente annullamento della sentenza impugnata, nei confronti di COGNOME Nicola, limitatamente al reato di cui al capo B1, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Bologna.
6.1. I primi cinque motivi di ricorso Ð con i quali il ricorrente contesta, sotto vari profili, il giudizio di responsabilitˆ pronunciato dalla Corte territoriale nei confronti dell’imputato, in ordine al reato di cui al capo B1 Ð sono fondati.
Va rilevato che il giudice di primo grado aveva assolto COGNOME Nicola dal reato di cui al capo B1), rilevando che l’imputato, sia nel momento in cui era stata deliberata la scissione di RAGIONE_SOCIALE sia quando RAGIONE_SOCIALE aveva acquistato le quote di RAGIONE_SOCIALE non rivestiva alcuna carica sociale nella fallita, nŽ dall’istruttoria era emerso che avesse avuto il benchŽ minimo ruolo attivo nelle due operazioni.
La Corte di appello ha ÒribaltatoÓ la pronuncia di assoluzione, valorizzando i ruoli rivestiti dallÕimputato nelle altre societˆ coinvolte nella vicenda e, soprattutto, il fatto che COGNOME NOME era amministratore delle societˆ che gestivano le aziende alberghiere che si erano avvantaggiate della compensazione dei canoni.
Si tratta di elementi di rilievo, ma è mancato qualsiasi sforzo argomentativo per dimostrare che, da questi elementi, si potesse desumere che lÕimputato avesse fornito un concreto e consapevole contributo alla complessa operazione distrattiva. é mancata, soprattutto, la dimostrazione dell’incompletezza o della non correttezza ovvero dell’incoerenza delle argomentazioni poste dal giudice di primo grado a base del suo convincimento, seguita dallÕesposizione delle ragioni del privilegio accordato agli elementi a carico dellÕimputato.
Anche con riferimento alla posizione di COGNOME COGNOME la sentenza impugnata, nella parte in cui ribalta lÕassoluzione pronunciata dal Tribunale in ordine al reato di cui al capo B1, appare priva di Òmotivazione rafforzataÓ, manifestando gli stessi limiti giˆ rappresentati con riferimento alla posizione di COGNOME in relazione al medesimo reato.
La sentenza impugnata, pertanto, nei confronti di COGNOME COGNOME limitatamente al reato di cui al capo B1, deve essere annullata con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Bologna.
6.2. Il sesto e il settimo motivo Ð con i quali il ricorrente deduce la violazione del principio di correlazione tra sentenza e imputazione, con riferimento al reato di cui al capo B1, e sostiene che tale reato andrebbe riqualificato nella meno grave fattispecie prevista dallÕart. 232, comma 3, n. 2, legge fall. Ð risultano assorbiti dallÕaccoglimento dei primi cinque motivi di ricorso e dal conseguente annullamento con rinvio della sentenza impugnata, proprio con riferimento al reato di cui al capo B1.
6.3. LÕottavo motivo, con il quale il ricorrente deduce lÕincompetenza territoriale del Tribunale di Ravenna, è infondato per le ragioni esposte analizzando il primo motivo del ricorso di COGNOME GiuseppeCOGNOME
7. La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata senza rinvio, nei confronti di COGNOME Giuseppe, limitatamente alla pena in aumento inflitta in relazione al reato di cui al capo C4), con conseguente rideterminazione della pena principale in complessivi anni sei e mesi tre di reclusione. Sempre nei confronti di COGNOME Giuseppe, la sentenza deve essere annullata, limitatamente alle pene accessorie fallimentari, con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Bologna. Nel resto, il ricorso di COGNOME Giuseppe deve essere rigettato.
La sentenza impugnata deve essere annullata anche nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME, limitatamente al reato di cui al capo B1), nonchŽ nei confronti della COGNOME limitatamente al reato di cui al capo B2), con riferimento alla terza e quarta tranche di erogazione del mutuo Unicredit, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Bologna. Nel resto, il ricorso di COGNOME deve essere rigettato.
Il ricorrente COGNOME NOME è tenuto alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente grado di giudizio dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE, che devono essere liquidate in complessivi euro 3.600,00, oltre accessori di legge. COGNOME NOME e COGNOME, in solido tra loro, inoltre, sono tenuti alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente grado di giudizio dalle parti civili RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, che devono essere liquidate in complessivi euro 4.000,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME Giuseppe, limitatamente alla pena in aumento inflitta in relazione al reato di cui al capo C4), e, per l’effetto, ridetermina la pena principale complessiva in anni sei e mesi tre di reclusione. Annulla la medesima sentenza nei confronti di COGNOME Giuseppe, limitatamente alla pena accessoria di cui all’art. 216, ultimo comma, legge fallimentare, con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Bologna. Rigetta nel resto il ricorso di COGNOME NOME. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME, limitatamente al reato di cui al capo B1), nonchŽ nei confronti della COGNOME limitatamente al reato di cui al capo B2), con riferimento alla terza e quarta tranche di erogazione del mutuo Unicredit, con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Bologna. Rigetta nel resto il ricorso di COGNOME.
Condanna il ricorrente COGNOME Giuseppe alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile
RAGIONE_SOCIALE, che liquida in complessivi euro 3.600,00, oltre accessori di legge. Condanna, altres’, i ricorrenti COGNOME Giuseppe e COGNOME, in solido tra loro, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, che liquida in complessivi euro 4.000,00, oltre accessori di legge.
Cos’ deciso, il 26 giugno 2025
Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME