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Bancarotta fraudolenta amministratore: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un amministratore condannato per bancarotta fraudolenta. La difesa, basata sul ruolo di mero ‘prestanome’, è stata respinta in quanto le censure miravano a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. La sentenza conferma che la responsabilità del bancarotta fraudolenta amministratore di diritto non viene meno facilmente e la prova della distrazione può essere desunta dalla sua condotta omissiva.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Fraudolenta Amministratore: Essere un ‘Prestanome’ Non Esclude la Responsabilità

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 26888 del 2024, offre importanti chiarimenti sulla figura del bancarotta fraudolenta amministratore, specificando i confini della responsabilità penale per chi, pur ricoprendo formalmente una carica sociale, sostiene di essere un semplice ‘prestanome’. Il caso analizza la condanna di un legale rappresentante per distrazione di beni e irregolarità contabili, confermando un principio fondamentale: la carica formale comporta doveri e responsabilità da cui non è facile sottrarsi.

I Fatti del Processo

Il legale rappresentante di una società a responsabilità limitata, fallita nel maggio 2017, veniva condannato in primo e secondo grado per i reati di bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale. Secondo l’accusa, confermata dai giudici di merito, l’imputato aveva distratto attrezzature societarie per un valore storico di oltre 115.000 euro e aveva tenuto le scritture contabili in modo tale da impedire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della società.

La Linea Difensiva: l’Amministratore come ‘Prestanome’

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo di essere stato, a partire dal 2011 (anno di cessione delle quote), un mero amministratore di diritto, un ‘prestanome’, mentre la gestione di fatto della società era stata assunta da uno dei nuovi soci. La difesa contestava la decisione della Corte d’Appello, accusandola di aver fondato la condanna esclusivamente sulle dichiarazioni del curatore fallimentare, senza un adeguato vaglio di attendibilità e senza considerare le testimonianze a discarico. Inoltre, veniva contestata l’entità del valore dei beni distratti e l’applicazione di un’aggravante specifica, ritenuta non pertinente.

L’assenza dell’Elemento Psicologico

Un punto centrale della difesa era la presunta assenza dell’elemento psicologico del reato (il dolo). Essendo un semplice ‘prestanome’, l’imputato sosteneva di non aver avuto alcuna volontà di distrarre i beni o di occultare le scritture contabili, attribuendo ogni responsabilità all’amministratore di fatto.

La Decisione della Cassazione sulla bancarotta fraudolenta amministratore

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza dell’imputato, ma si concentra sulla correttezza giuridica del percorso seguito dai giudici di merito e sulla natura delle censure sollevate dal ricorrente.

La Corte ha stabilito che i motivi del ricorso erano ‘completamente versati in fatto’, ovvero miravano a ottenere una nuova valutazione delle prove e una diversa ricostruzione dei fatti. Questo tipo di riesame è precluso in sede di legittimità, dove la Cassazione può solo verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.

Le motivazioni

La Corte ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello ‘coerente e ampia’. I giudici di merito avevano adeguatamente valutato tutte le prove, comprese le testimonianze, concludendo che non era emersa la prova che la gestione effettiva fosse stata svolta da un’altra persona. Le dichiarazioni dei testi della difesa non erano state ritenute sufficienti a dimostrare che l’amministratore di fatto avesse tenuto i rapporti con banche e fornitori o impartito direttive al personale.

Inoltre, la Cassazione ha ribadito alcuni principi chiave in materia di bancarotta fraudolenta amministratore:

1. Prova della Distrazione: La prova della distrazione dei beni può essere legittimamente desunta dalla condotta dell’amministratore che non fornisce al curatore fallimentare alcuna indicazione sull’esistenza, la destinazione o l’ubicazione dei beni aziendali.
2. Aggravante: L’aggravante di aver commesso più fatti di bancarotta non richiede la commissione di fattispecie diverse (es. una distrattiva e una documentale), ma si applica anche in caso di reiterazione di condotte dello stesso tipo.
3. Elemento Soggettivo: Le deduzioni sulla mancanza di volontà di commettere il reato sono state giudicate generiche e assertive, non supportate da elementi concreti.

Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso: chi accetta la carica di amministratore si assume precisi doveri di vigilanza e corretta gestione che non possono essere elusi semplicemente sostenendo di essere un ‘prestanome’. La responsabilità penale per bancarotta fraudolenta amministratore rimane saldamente ancorata alla figura che formalmente rappresenta la società. Il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti; il suo perimetro è limitato alla verifica della legittimità della decisione, non alla sua giustizia sostanziale. La condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria sancisce la definitività della sua responsabilità.

Un amministratore può essere condannato per bancarotta fraudolenta anche se sostiene di essere solo un ‘prestanome’?
Sì. Secondo la sentenza, la carica formale di amministratore comporta responsabilità precise. La difesa basata sul ruolo di ‘prestanome’ non è sufficiente a escludere la colpevolezza se non viene adeguatamente provato che la gestione di fatto era interamente ed esclusivamente in capo a un altro soggetto e che l’amministratore di diritto non aveva alcuna possibilità di controllo.

Come si può provare la distrazione di beni aziendali se questi non vengono trovati?
La prova della distrazione può essere desunta in via indiretta dalla condotta dell’amministratore. Se l’amministratore, che ha l’obbligo di custodire i beni sociali, non è in grado di indicare al curatore fallimentare dove si trovino i beni, tale omissione può essere considerata una prova sufficiente della loro avvenuta distrazione o occultamento.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le testimonianze o le prove del processo?
No. Il ricorso in Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. La Corte non può rivalutare le prove o le testimonianze per fornire una nuova ricostruzione dei fatti. Il suo compito è verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e non contraddittorio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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