Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 8592 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 8592 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a SAN VITO CHIETINO il 23/12/1961
avverso la sentenza del 27/05/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lettertft – le conclusioni del PG COGNOME c GLYPH L.
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udito il GLYPH ensore
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 27.5.2024 la Corte di Appello di L’Aquila, in parziale riforma della pronuncia emessa in primo grado, in sede di abbreviato, nei confronti di COGNOME che lo aveva dichiarato colpevole dei reati di bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale, con esclusione del comportamento di cui al secondo capoverso del capo a) dell’imputazione, oltre che del reato di bancarotta preferenziale di cui a contestazione suppletiva, ha rideterminato la pena in anni due e mesi due di reclusione, confermando nel resto.
2.Avverso la suindicata sentenza, ricorre per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia, deducendo tre motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1.Col primo motivo deduce l’erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 581, 648 e 649 del codice di rito. Il G.u.p. del Tribunale di Lanciano espressamente escluso la responsabilità penale dell’imputato in ordine al comportamento descritto nel secondo capoverso del capo a) (distrazione di beni mobili e attrezzature alberghiere). Ciò nonostante la sentenza impugnata fa riferimento alla circostanza secondo cui non venivano trovati beni mobili nè le attrezzature alberghiere e della ristorazione che sarebbero dovuti essere presenti all’interno della struttura dell’Hot Miramare ed afferma che quindi tale distrazione di beni mobili appare evidente non essendo stata giustificata la loro mancanza in alcun modo. Innanzitutto, la Corte territoriale non poteva proprio pronunciarsi sulla distrazione dei beni mobili di cui secondo capoverso del capo a) di imputazione perché, non avendo nessuna parte processuale proposto impugnazione su quel capo e/o punto della sentenza, su di esso si era formato il giudicato.
La sentenza va quindi cassata sul punto avendo necessariamente la Corte di appello nel t -determinare la pena finale irrogata tenuto conto erroneamente anche della condotta in argomento per la quale era intervenuta sentenza di assoluzione non impugnata dal pubblico ministero. Diversamente la pena inflitta avrebbe potuto essere ragionevolmente più contenuta, scendere al di sotto degli anni due di reclusione con í benefici di legge.
2.2.Col secondo motivo deduce la mancanza e/o contraddittorietà della motivazione anche sotto il profilo del travisamento delle prove e manifesta illogicità della stessa. Sempre con riferimento al capo a) dell’imputazione, questa volta però in relazione al comportamento descritto nella prima parte (nel 2013 l’imputato avrebbe simulato un contratto di locazione quindicinale avente ad oggetto l’albergo RAGIONE_SOCIALE con la società RAGIONE_SOCIALE, il cui amministratore risultava essere la consorte del De Sancti
ed era stata emessa una fattura datata 15 gennaio 2016 che attestava il versamento anticipato dei canoni mensili 2016, 2017 e 2018 per l’importo complessivo di euro 64.448,96 di cui non si riscontravano tracce), la Corte di appello ha condiviso l conclusioni del Tribunale ritenendo provata la responsabilità del ricorrente in maniera non condivisibile. Ed invero, il contratto di affitto non era simulato perché la RAGIONE_SOCIALE ha effettivamente gestito l’Hotel Miramare dal 2013 al 2017 allorquando l’immobile è stato venduto all’asta in procedura espropriativa, acquistando e pagando l’attrezzatura alberghiera. La semplice emissione della fattura del 15 gennaio 2016 relativa al versamento anticipato dei canoni per l’importo di euro 64.448,96 non è affatto sufficiente a dare prova dell’avvenuto pagamento, essa costituisce soltanto la prova del credito vantato dalla RAGIONE_SOCIALE per i canoni di tal che non vi è stata alcuna dissimulazione. curatore avrebbe potuto reclamare dalla RAGIONE_SOCIALE il pagamento di quanto dovuto ove quest’ultima non avesse dimostrato altrimenti il pagamento. Vero è infatti che il COGNOME non ha avuto nemmeno il tempo di attivarsi giudiziariamente per ottenere il pagamento del credito nei confronti della RAGIONE_SOCIALE anche in ragione del fatto ch nel mese di dicembre 2017 interveniva la definitiva dichiarazione di fallimento della società, Sicché la mancata riscossione del credito non può configurare nel caso di specie il reato di bancarotta fraudolenta contestato e ravvisato dai giudici di merito.
2.3.Col terzo motivo deduce l’erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 219, comma 3, legge fallimentare. La Corte di appello non ha inteso riconoscere l’attenuante del danno patrimoniale tenue argomentando sul fatto che “fosse agevole rilevare come alla luce delle cifre oggetto di contestazione e risultate provate in giudi non può assolutamente ritenersi tale ipotesi lieve”, laddove la speciale tenuità del danno in argomento va valutata in relazione all’importo della distrazione e non all’entità passivo fallimentare dovendo aversi riguardo alla diminuzione patrimoniale determinata dalla condotta illecita e non a quella prodotta dal fallimento. La Corte territoriale indica quale sarebbe l’entità della diminuzione patrimoniale riferendosi a “cifre oggetto contestazione” conseguenti alle condotte del COGNOME, sicché la motivazione resa sul punto è apodittica e priva di riscontri concreti. In ogni caso l’entità della diminuz assumerebbe connotazioni di particolare tenuità anche in caso di valutazione complessiva degli atti concreti di bancarotta contestati.
Il ricorso, proposto successivamente al 30.6.2024, è stato trattato – ai sens dell’art. 611 come modificato dal d.lgs. del 30.12.2022 n. 150 – senza l’intervento del parti che hanno così concluso per iscritto:
il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
il difensore della parte civile ha chiesto rigettarsi il ricorso, allegando nota spese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1,11 ricorso è nel suo complesso infondato e deve essere rigettato.
1.1. Quanto al primo motivo, il ricorrente rappresenta genericamente la decisività della questione legata alla sottrazione dei beni mobili e attrezzature da cui l’imputato stato effettivamente assolto in primo grado. Lo stesso ricorso, pur ammettendo che l’erroneo riferimento alla distrazione dei beni mobili per i quali era interven assoluzione in primo grado è stato operato nella sentenza impugnata in maniera del tutto ultronea, avendo costituito oggetto di appello unicamente la distrazione attraverso la locazione dell’albergo Hotel Miramare per la quale era intervenuta condanna – tant’è che la Corte di appello opera solo un accenno alla distrazione dei beni mobili non rinvenuti assume poi che di tale condotta la sentenza impugnata avrebbe tenuto conto anche in sede di rideterminazione della pena. Tuttavia, nella sentenza impugnata nulla conforta l’assunto difensivo. Da essa emerge piuttosto che la pena è stata rapportata a quella stabilita dal primo giudice – ritenuta eccessiva – in relazione all’unica condotta distra per la quale è intervenuta condanna e alle altre due condotte di bancarotta preferenziale e di bancarotta fraudolenta documentale per le quali l’imputato è stato parimenti condannato.
Anzi, a ben vedere, la Corte di appello, nel giustificare la riduzione della pena, generico riferimento alle modalità della condotta tenuta – senza un benché minimo accenno alla distrazione dei beni mobili – oltre che alla personalità dell’imputato qua emergente dal fatto ascritto, e su tale punto argomentativo non vi è censura alcuna in ricorso. Indi, partendo dalla pena base minima di anni tre di reclusione, l’aumenta di sol mesi tre ai sensi dell’art. 219, comma 2, n. 1, legge fallimentare, riducendola poi per rito ad anni due e mesi due di reclusione a fronte della pena di anni due e mesi ott inflitta in primo grado.
Sicché, in definitiva, il motivo in scrutinio rimane del tutto generico quanto al ri che apoditticamente si assume che la sentenza impugnata avrebbe attribuito, ai fini della rideterminazione della pena, alla condotta per la quale è intervenuta assoluzione, a cui l Corte dì appello ha ìn realtà fatto riferimento unicamente ad altri fini e ìn un punto d motivazione del tutto distante e distinto rispetto a quello dedicato al trattame sanzionatorio.
Manca il motivo in scrutinio di indicare l’eventuale passaggio logico-argomentatívo dal quale dovrebbe desumersi – a fronte del generico richiamo della condotta e del fatto effettuato ìn sede di rideterminazìone della pena – che la Corte territoriale, ai fini rideterminazione della pena, abbia invece inteso considerare anche la condotta oggetto di
assoluzione. Né esso enuclea doglianze specifiche sul trattamento sanzionatorio, esaurendosi la censura sulla pena nella generica lamentela indicata.
1.2. Il secondo motivo è infondato, non considerando che l’impostazione emergente dalle pronunce di primo e secondo grado – che in quanto conformi costituiscono un unicum argomentativo – in punto di ricostruzione della fraudolenza dell’operazione di affitto dell’RAGIONE_SOCIALE da parte della società, poì fallita, RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE, è più ampia di quanto, esso, assume. Il ricorso si limita a contestare simulazione del contratto di affitto per avere la società affittuaria effettivamente ge l’Hotel Miramare, acquistando e pagando anche l’attrezzatura alberghiera, e ad affermare che non vi fu alcuna dissimulazione perché l’emissione della fattura di euro 64.448,96 non sarebbe stata tesa a dimostrare il pagamento. Dalla fattura emergerebbe, secondo l’ipotesi difensiva, l’esistenza di un credito per canoni da versare da parte della RAGIONE_SOCIALE in favore della società poi fallita, credito che avrebbe potuto essere riscosso da curatore, essendo poi intervenuto il fallimento della società che aveva di fatto impedito a ricorrente di procedere alla esazione.
Il ricorso omette di valutare il profilo distrattivo univocamente individuato dai giudi merito nell’aver concesso, il ricorrente, per quindici anni, la gestione dell’unico bene d società alla RAGIONE_SOCIALE, amministrata da sua moglie, senza mai incassare il credito per i canoni pattuiti – definiti peraltro incongrui nella sentenza di primo grado – i versamento, relativamente agli anni 2016, 2017 e 2018, alla stregua dello stesso tenore della fattura in argomento, del 15.1.2016 – emessa due anni prima della dichiarazione di fallimento intervenuta il 4.12.2017 ma quando erano oramai intraprese le azioni esecutive individuali – doveva ritenersi anticipato e quindi già effettuato e non, co assume la difesa, ancora da effettuare. Alcun accredito in tal senso risultava invece mai effettuato in favore della società concedente. E che il versamento della somma per complessivi euro 64.448,96 – pari all’importo complessivo dei canoni per gli anni 2016, 2017 e 2018 – non sia stato mai corrisposto è d’altra parte circostanza non contestata dallo stesso ricorso, che assume che il debito era ancora da esigere e che quindi la fattura non avrebbe avuto contenuto dissimulatori°, laddove essa, secondo la congrua ricostruzione dei giudici di merito, attesterebbe proprio il versamento anticipato di cano in realtà mai avvenuto (d’altra parte, la fattura per canoni anticipati deve anche p logica intervenire dopo il versamento, trattandosi di canoni non ancora scaduti non vi sarebbe altrimenti motivo di fatturarli, se non perché intervenuto anticipatamente il lo versamento).
Né il ricorso si confronta con l’ulteriore circostanza, ritenuta particolarmente eloquen ai finì che occupano dal giudice di primo grado, secondo cui né il custode della procedura immobiliare all’epoca gravante sull’albergo, né la Soget s.p.a., nè Equitalia Riscossione, che avevano avviato due distinte procedure di pignoramento presso terzi sugli affitti,
siano riusciti a riscuotere i canoni. Non sarebbe quindi un caso – conclude la logic ricostruzione del Tribunale – che tra la scarna documentazione acquisita vi sia proprio la fattura del 15 gennaio 2016 da ritenere quindi fittiziamente emessa dalla RAGIONE_SOCIALE in favore della RAGIONE_SOCIALE per simulare l’incasso dei ‘canoni locazione pagati in anticipo per annualità 2016 2017 2018’ pari a complessivi euro 64.000 8,96, con il chiaro intento di impedirne il pignoramento, e, nell’eventualità di certo non remota del fallimento aggiunge – la riscossione da parte della curatela (il tutto si verificava, a tacer d’al fronte di un incasso per mutuo erogato dalla BPER per complessivi euro 1.490.000, che vedeva la restituzione per soli euro 200.000, la cui destinazione, secondo quanto si precisa nella sentenza di primo grado, non era in alcun modo individuabile; mentre, di contro, si procedeva al pagamento del credito da lavoro esposto in favore della moglie del ricorrente e riconosciuto a seguito di transazione e pagato prima degli altri debiti).
In definitiva la ricostruzione del giudice di merito è in linea con la giurisprudenza questa Corte che ha già avuto modo di affermare che costituisce condotta idonea ad integrare un fatto distrattivo riconducibile all’area d’operatività dell’art. 216, c primo, n. 1, legge fall., l’affitto dei beni aziendali per un canone incongruo e mai risco che comporti la sostanziale privazione, per la società fallita, dei suoi beni strumentali ( tra tante, Sez. 5, n. 12456 del 28/11/2019, dep. 20/04/2020, Rv. 279044 – 01; Sez. 5, n. 49489 del 15/06/2018, Rv. 274370 – 01); e nel caso di specie i giudici di merito danno atto che l’inattività della società è coincisa con l’affitto di azienda in argomento.
D’altra parte, questa Corte ha anche già avuto modo di precisare che in tema di bancarotta fraudolenta, al fine di individuare la finalità distrattiva perseguita dagli ag anche l’esercizio di facoltà legittime, comprese nel contenuto di diritti riconosc dall’ordinamento (nel caso di specie nel diritto d’iniziativa economica di cui all’art Cost.), può costituire uno strumento di frode per pregiudicare o frodare le ragioni de creditori, in quanto la liceità di ogni operazione che incide sul patrimo dell’imprenditore dichiarato fallito può essere affermata solo all’esito di un accertament in concreto in relazione alle conseguenze prodotte sulle ragioni del ceto creditori (Sez. 5, n. 15803 del 27/11/2019, dep. 26/05/2020, Rv. 279089 – 01), ovvero alla stregua di quegli “indici dì fraudolenza” di cui fanno cenno diverse pronunce dì questa Corte (cfr. tra tutte Sez. 5, n. 37109 del 23/06/2022, Rv. 283582 – 01; Sez. 5, n. 3839 del 23/06/2017, Rv. 270763 – 01), della cui sussistenza nel caso di specie le sentenze di merito hanno fornito ampia motivazione.
1.3.11 terzo motivo è fuori fuoco, dal momento che entrambi i giudici di merito, hanno impostato il ragionamento posto a base della negazione dell’attenuante di speciale tenuità del danno – invocata nuovamente, genericamente, dal ricorrente – facendo riferimento, in premessa, proprio all’orientamento di questa Corte, cui allude il ricor secondo cui la speciale tenuità del danno, integrativa dell’attenuante di cui all’art.
comma 3, legge 16 marzo 1942, n. 267, va valutata in relazione all’importo della distrazione, e non invece all’entità del passivo fallimentare, dovendo aversi riguardo all diminuzione patrimoniale determinata dalla condotta illecita e non a quella prodotta dal fallimento (Sez. 5, n. 52057 del 26/11/2019, Rv. 277658 – 01) I giudici hanno poi riscontrato che alla luce delle cifre relative alle condotte ascritte all’imputato non p assolutamente ravvisarsi l’ipotesi lieve (il giudice di primo grado aveva a sua volta fa espresso riferimento all’entità della diminuzione della massa attiva conseguita all condotte del De Sanctis).
E’ evidente che anche la Corte di appello nel riferirsi alle “cifre relative alle cond abbia inteso attribuire rilievo all’entità delle diminuzioni provocate dai comportamen illeciti del ricorrente, non potendosi evidentemente ritenere foriera di danno lieve fronte dell’assenza di attivo di cui danno atto i giudici di merito – alcuna delle cond ascritte all’imputato alla stregua dell’entità dell’importo a ciascuna riconduci (ammontando addirittura ad euro 94.000,00 quello relativo alla bancarotta preferenziale).
Dalle ragioni sin qui esposte deriva il rigetto del ricorso cui consegue, ex art. 6 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. L’imputato deve essere altresì condannato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile liquidate in complessivi eu 1891, oltre accessori di legge, come richiesto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che liquida in complessivi euro 1891 oltre accessori di legge.
Così deciso il 19/12/2024.