Bancarotta Documentale: Quando l’Occultamento delle Scritture Contabili Rende Inammissibile il Ricorso
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul reato di bancarotta documentale, fornendo chiarimenti cruciali sulle conseguenze dell’occultamento dei libri contabili. Questa decisione ribadisce la gravità della condotta omissiva dell’imprenditore, che, non presentando la contabilità, impedisce di fatto l’accertamento del danno ai creditori e, di conseguenza, l’applicazione di circostanze attenuanti.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imprenditore, condannato in primo grado e in appello per il reato di bancarotta documentale. La Corte d’Appello aveva confermato la condanna, riqualificando il fatto ai sensi dell’art. 217, comma 2, della legge fallimentare. L’imputato ha quindi deciso di rivolgersi alla Suprema Corte, sollevando diverse questioni sulla legittimità della sentenza di condanna.
I Motivi del Ricorso e la Bancarotta Documentale
L’imprenditore ha basato il suo ricorso su cinque motivi principali:
1. Violazione del principio di correlazione: si lamentava una discrepanza tra l’accusa originaria e la qualificazione giuridica data dai giudici di merito.
2. Genericità della motivazione: il ricorrente riteneva che la sentenza d’appello non avesse spiegato in modo sufficientemente preciso l’elemento soggettivo del reato (il dolo).
3. Mancata applicazione dell’attenuante del danno di speciale tenuità: si sosteneva che il danno causato fosse minimo e che, pertanto, dovesse essere applicata la relativa attenuante prevista dall’art. 219, comma 3, della legge fallimentare.
4. Censure di fatto: il ricorso presentava contestazioni che riguardavano la ricostruzione dei fatti, materia non sindacabile in sede di legittimità.
5. Difetto di interesse: l’ultimo motivo mirava a ottenere un effetto sfavorevole, ossia lo scioglimento della continuazione tra i reati.
Il cuore della difesa verteva sulla possibilità di minimizzare la gravità della condotta, ma la Corte di Cassazione ha seguito un orientamento consolidato e rigoroso.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, smontando punto per punto le argomentazioni difensive.
Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte ha chiarito che l’oggetto della contestazione era, sin dall’inizio, il mancato rinvenimento dei libri e delle scritture contabili. Un’eventuale erronea qualificazione giuridica in primo grado non integra una violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza.
Il secondo motivo è stato giudicato generico, poiché il ricorrente non si era confrontato adeguatamente con la motivazione della sentenza d’appello, che aveva già delineato in modo preciso il titolo di imputazione soggettiva.
Di particolare rilevanza è la reiezione del terzo motivo. La Cassazione ha ribadito un principio ormai consolidato: l’occultamento delle scritture contabili rende impossibile la ricostruzione dei fatti di gestione dell’impresa fallita. Questa impossibilità impedisce di dimostrare l’esatta entità del danno causato ai creditori e, soprattutto, pregiudica la possibilità per la curatela fallimentare di esercitare le azioni revocatorie e le altre azioni a tutela della massa creditoria. Di conseguenza, non è possibile applicare l’attenuante del danno di speciale tenuità. Quando non si può quantificare il danno a causa della condotta dell’imputato, non si può neppure affermare che sia di lieve entità.
Infine, gli ultimi due motivi sono stati dichiarati inammissibili perché uno conteneva mere censure di fatto, non valutabili in Cassazione, e l’altro per difetto di interesse, in quanto mirava a un risultato peggiorativo per l’imputato.
Le Conclusioni
L’ordinanza della Corte di Cassazione conferma la linea di rigore in materia di bancarotta documentale. La corretta tenuta e la messa a disposizione delle scritture contabili non sono un mero adempimento formale, ma un obbligo fondamentale a tutela dei creditori e del corretto funzionamento del mercato. La loro omissione o occultamento viene sanzionata con fermezza, precludendo all’imprenditore la possibilità di beneficiare di attenuanti legate all’entità del danno. La decisione si conclude con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di euro 3.000,00 alla Cassa delle ammende, a testimonianza della manifesta infondatezza del suo ricorso.
Commettere bancarotta documentale significa solo nascondere i libri contabili?
No, il reato di bancarotta documentale si configura non solo con l’occultamento, ma anche con la distruzione o la falsificazione delle scritture contabili, quando tali azioni sono compiute allo scopo di recare pregiudizio ai creditori.
È possibile ottenere l’attenuante per danno di speciale tenuità se si occultano le scritture contabili?
No. L’ordinanza stabilisce che l’occultamento delle scritture contabili, rendendo impossibile la ricostruzione dei fatti di gestione, impedisce di dimostrare l’entità del danno ai creditori. Di conseguenza, non si può applicare l’attenuante del danno di speciale tenuità.
Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione in questo caso?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché manifestamente infondato e generico, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31537 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31537 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a SERIATE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/09/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che NOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte d’appello di Brescia ha confermato la sua condanna per il reato di bancarotta documentale, previa riqualificazione del fatto ai sensi dell’art. 217 comma 2 legge fall.
Considerato che il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, atteso che oggetto di contestazione è chiaramente il mancato rinvenimento da parte degli organi fallimentari dei libri e delle scritture contabili. Al giudice di primo grado era infatti a addebitabile l’erronea qualificazione della fattispecie concreta o, più correttamente, l’erronea ricostruzione del dolo necessario per la sussistenza della bancarotta documentale specifica in caso di omessa tenuta della contabilità, ma non certamente la violazione del principio di correlazione, come eccepito, e ciò a prescindere dal fatto che possa o meno ritenersi elevata in origine una imputazione alternativa.
Considerato che il secondo motivo di ricorso è invece generico, atteso che dalla motivazione della sentenza – con il cui complessivo sviluppo argomentativo il ricorrente non si confronta compiutamente – emerge in maniera sufficientemente precisa quale sia stato il titolo di imputazione soggettiva del fatto, per come riqualificato, al NOME.
Considerato che il terzo motivo è nuovamente manifestamente infondato, atteso che, secondo l’oramai consolidatosi orientamento di questa Corte, l’occultamento delle scritture contabili non consente l’applicazione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, prevista dall’art. 219, comma 3, legge fall., qualora, rendendo impossibile la ricostruzione dei fatti di gestione dell’impresa fallita, impedisca la stessa dimostrazione del danno causato alla massa creditoria in seguito all’incidenza che le condotte integranti il reato hanno avuto sulla possibilità di esercitare le azioni revocatorie e le altre azioni poste a tutela degli interessi creditori (ex multis Sez. 5, n. 25034 del 16/03/2023, Cecere, Rv. 284943).
Considerato che quelle prospettate con il quarto motivo di ricorso sono mere censure in fatto e che il quinto motivo deve ritenersi parimenti inammissibile per difetto di interesse del ricorrente, posto che la doglianza rappresentata mira ad ottenere un effetto sfavorevole all’imputato – ossia lo scioglimento della continuazione – mentre generiche e versate in fatto risultano le residue censure sulla commisurazione dell’aumento disposto ex art. 81 c.p.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16 12024