Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 44254 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 44254 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a DAVOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/04/2024 della CORTE APPELLO di BRESCIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 16 aprile 2024 la Corte di appello di Brescia, quale giudice del rinvio a seguito della pronuncia della Corte di Cassazione 13 dicembre 2023, n. 2134, che ha annullato la sentenza della Corte di appello di Brescia del 22 novembre 2022, ha condannato NOME COGNOME per il reato di bancarotta documentale per avere, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, omesso di tenere le scritture contabili della RAGIONE_SOCIALE.
La Corte di appello, quale giudice del rinvio, ha osservato che la società fallita era nata nel segno dell’opacità perché era seguita al fallimento della società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, con cui operava in precedenza COGNOME, e che le quote della
RAGIONE_SOCIALE erano intestate alla sua convivente, per cui la società è stata di fatto lo strumento attraverso cui NOME, dopo il fallimento della RAGIONE_SOCIALE ha potuto proseguire nella sua attività.
La Corte di appello ha anche osservato che fin dal 2013 la ditta aveva subito protesti, e che l’interruzione della tenuta della scritture contabili (i libri omessi sono il libro degli inventari, il libro dei cespiti ammortizzabili e il libro giornale, non tenuti fin dal 2012) era stata funzionale a impedire la ricostruzione della vita aziendale e del suo patrimonio, in modo da poter sottrarre i cespiti residui alla massa fallimentare, e che l’ultima fattura è stata emessa il 31 marzo 2014.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso l’imputato, per il tramite del difensore, con unico motivo in cui deduce violazione di legge, perché non vi era stata volontà di agire in danno dei creditori; la mancata tenuta dei libri contabili era avvenuta, infatti, in un periodo in cui l’attività aziendale andava esaurendosi a causa dell’impossibilità oggettiva di proseguire nell’attività, e che COGNOME aveva fin da subito ammesso i fatti.
Con requisitoria scritta il Procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è inammissibile.
Il ricorso deduce che nella sentenza impugnata sarebbe stata ricavata in modo illogico la esistenza dell’elemento soggettivo del reato perché da un certo momento in poi la contabilità aziendale non è stata tenuta soltanto perché l’attività della società andava esaurendosi.
Il motivo è inammissibile, perché non si confronta con il percorso logico della sentenza impugnata che ha evidenziato che, in realtà, le scritture contabili non sono state tenute a partire dal 2012, ovvero da un periodo in cui la società era ancora pienamente operativa, in quanto l’ultima fattura è stata emessa il 31 marzo 2014, e gli stessi protesti iniziano soltanto nel 2013.
Il motivo, inoltre, non si confronta con il percorso logico della sentenza impugnata anche nella parte in cui questa evidenzia che, in realtà, le scritture contabili, di cui è stata omessa la tenuta, sono selettive, perché non sono stati tenuti il libro giornale, il che ha impedito di avere contezza del flusso di cassa della società, ed il libro degli inventari ed il libro dei cespiti ammortizzabili, il che ha impedito di avere contezza del patrimonio della società; nello stesso periodo di tempo, però, la società continuava ad emettere fatture. Le omissioni contabili,
pertanto, sono state selettive, circostanza che non illogicamente è stata ritenuta essere funzionale a perpetrare una frode ai creditori.
Il ricorso deduce anche che l’imputato avrebbe ammesso i fatti, ma anche questo argomento è inammissibile, perché privo di correlazione con il percorso logico della sentenza impugnata.
Il ricorso deve, pertanto, essere ritenuto inammissibile per violazione dell’obbligo di specificità dei motivi di impugnazione (Sez. 2, Sentenza n. 17281 del 08/01/2019, COGNOME, Rv. 276916, nonché, in motivazione, Sez. U, Sentenza n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268823).
I motivi di ricorso per cassazione sono, infatti, inammissibili quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni, di fatto o di diritto, poste a fondamento del provvedimento impugnato (Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, COGNOME, Rv. 255568). Le ragioni di tale necessaria correlazione tra la decisione censurata e l’atto di impugnazione risiedono nel fatto che quest’ultimo non può ignorare le ragioni del provvedimento censurato (così in motivazione Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, COGNOME, Rv. 268822) in quanto la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce che si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), debbono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.
Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16 ottobre 2024.