Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 23157 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 23157 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 16/04/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato a MOIANO il 12/07/1956 COGNOME nato a CITTANOVA il 04/10/1954
avverso la sentenza del 06/02/2024 della CORTE D’APPELLO DI FIRENZE
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi; udito l’avv. NOME COGNOME che insiste nell’accoglimento del ricorso; udito l’avv. NOME COGNOME che insiste nell’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con sentenza in data 6 febbraio 2024, la Corte d’appello di Firenze confermando la decisione del Tribunale di Pistoia, ha ritenuto NOME COGNOME e NOME COGNOME responsabili del reato di bancarotta fraudolenta documentale contestato al capo a) dell’imputazione, in relazione al fallimento della soci RAGIONE_SOCIALE condannandoli alla pena di giustizia.
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Entrambi gli imputati avevano ricoperto la carica di amministratore di detta società, dichiarata fallita in data 28 aprile 2014 e, specificamente, il Fera dal luglio 2009 al 4 ottobre 2013 e il Buonanno dal 4 ottobre 2013 alla data del fallimento.
A quel COGNOME momento il curatore fallimentare COGNOME non aveva ricevuto dall’amministratore in carica i libri e le scritture contabili obbligatorie, né gli erano stati rinvenuti presso i locali di proprietà di altra società, sottopo sequestro nel 2012 nell’ambito di altro procedimento penale, ove il COGNOME aveva affermato che si trovavano. La curatela aveva pertanto ricostruito l’attività della società sulla sola base dei bilanci depositati dal 2002 al 2005, allorché e stata revocata la prima dichiarazione di fallimento.
Sulla base di tali elementi, la Corte d’appello aveva ritenuto integrato ne confronti di entrambi gli imputati il reato di cui all’art. 216, comma 1, n. 2 leg fa Il.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione articolando tre motivi di censura, di seguito sintetizzati nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Il primo motivo denuncia vizio di motivazione in relazione alla affermata responsabilità per la condotta di occultamento o distruzione delle scritture contabil della società fallita. Il ricorrente rileva innanzitutto di essere entrato in poss della documentazione contabile nel 2009, dopo che era stato revocato il primo fallimento. Al momento in cui il COGNOME era divenuto amministratore, il COGNOME non aveva disponibilità della documentazione della fallita, in quanto essa si trovava all’interno di un immobile che era stato sottoposto a sequestro, sicché il passaggio di consegne tra i due amministratori non era stato formalizzato. La difesa rileva, inoltre, che l’unica contabilità della RAGIONE_SOCIALE era quella risalente al momento d primo fallimento e già verificata dall’autorità giudiziaria, mentre, dopo che l società era tornata in bonis, essa non aveva svolto alcuna attività, sicché la contabilità non era stata più aggiornata. Pertanto, in modo irragionevole la Corte territoriale aveva ritenuto sussistente la volontà del ricorrente di distruggere de documentazione. Inoltre, la sentenza impugnata avrebbe omesso di indicare le ragioni per cui il COGNOME doveva ritenersi obbligato alla consegna delle scrittur contabili, posto che da tempo non ricopriva più la carica di amministratore della società.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al ritenuto fine fraudolento di danneggiare i creditori perseguit dall’imputato, non avendo la Corte territoriale individuato specifiche circostanze da cui emergerebbe tale volontà. Al più sarebbe imputabile al ricorrente una scarsa diligenza per non avere curato la puntuale conservazione delle scritture contabili,
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come peraltro evidenziato dallo stesso curatore fallimentare nella propria relazione.
Il terzo motivo denuncia violazione di legge e contraddittorietà della motivazione con riguardo alla mancata concessione delle attenuanti generiche. La Corte territoriale avrebbe omesso di considerare il positivo comportamento processuale dell’imputato, nonché l’intervenuta assoluzione da tutte le altr imputazioni contestate nel procedimento, limitandosi a valorizzare i precedenti penali del Fera.
Il ricorso, a firma dell’avv. NOME COGNOME, proposto da NOME COGNOME prospetta due motivi di censura.
3.1. Il primo motivo deduce vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dell’elemento oggettivo del reato. È contestata al ricorrente l’ipote di bancarotta documentale specifica in relazione alla condotta di sottrazione, distruzione e falsificazione della documentazione contabile, desunta dalla sentenza impugnata dalla mancata consegna della medesima. Tuttavia, in modo illogico la Corte territoriale avrebbe ritenuto che il Buonanno fosse consapevole che presso l’immobile sottoposto a sequestro, di proprietà della società NOME di cui egli era legale rappresentante, non vi fosse la documentazione relativa alla fallita, atte che in tale immobile si trovava la contabilità di numerose società. Inoltre, del tut illogicamente aveva ravvisato un interesse dell’imputato ad occultare le scrittur contabili al fine di non consentire la ricostruzione dell’attività della società momento che egli era divenuto amministratore meno di un anno prima del suo fallimento e non aveva alcun vantaggio nel coprire eventuali condotte di cattiva gestione commesse da altri in anni precedenti. La sentenza impugnata sarebbe affetta da illogicità anche nella parte in cui ha ritenuto sussistente un accordo COGNOME e COGNOME per l’occultamento della contabilità, pur in assenza di elementi da cui desumerne la sussistenza.
3.2. Il secondo motivo denuncia vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato. La Corte territoriale avrebbe de tutto omesso la motivazione in ordine alla sussistenza del dolo specifico, non essendo peraltro ravvisabile alcun interesse concreto all’occultamento della documentazione contabile di una società inattiva dal 2005, in attesa di riscuotere ingenti crediti da parte di enti pubblici debitori.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, ribadite i udienza, chiedendo il rigetto dei ricorsi.
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Considerato in diritto
I ricorsi sono fondati nei termini di seguito specificati.
Il primo motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME e il primo motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME sono infondati.
Occorre osservare che, in caso di avvicendamento nella gestione di una società, il nuovo amministratore ha l’obbligo di verificare l’effettiva e corret tenuta delle scritture contabili da parte del predecessore, nonché di ricostruire documentazione eventualmente mancante o inidonea, di ripristinare i libri e le scritture contabili mancanti e di regolarizzare le scritture erronee, lacunose o fals Ciò, tuttavia, non esclude che sull’amministratore cessato permane comunque la responsabilità per la tenuta della contabilità nel periodo in cui ha ricoperto la cari e per l’eventuale occultamento, in tutto o in parte, della documentazione al momento del passaggio di consegne (Sez. 5, n. 39160 del 04/10/2024, COGNOME, Rv. 287061 – 01; Sez. 5, n. 15988 del 11/03/2019, non massimata).
Inoltre, l’obbligo di tenere le scritture contabili che grava sull’amministrator non viene meno se l’azienda non abbia formalmente cessato l’attività, anche se manchino passività insolute, ma viene meno solo quando la cessazione dell’attività commerciale sia formalizzata con la cancellazione dal registro delle imprese (Sez. 5, n. 20911 del 19/04/2011, Rv. 250407 – 01). Invero, secondo il pacifico orientamento della giurisprudenza di legittimità, l’obbligo di tenere le scrittu contabili è finalizzato a scongiurare il potenziale rischio che la mancanza delle scritture e degli elementi contabili prescritti per legge arreca alla esa conoscenza della consistenza patrimoniale sulla quale i creditori possono soddisfarsi, a prescindere da qualsiasi profilo di effettiva realizzazione di t rischio o pericolo, e dal concreto pregiudizio per le ragioni creditorie (Sez. 5, 20514 del 22/01/2019, Martino, Rv. 275261 – 01).
Il secondo motivo proposto da entrambi i ricorsi, il quale si incentra sull’elemento soggettivo del reato, è fondato.
3.1. La condotta ascritta agli imputati attiene alla distruzione o sottrazion delle scritture contabili, la quale è da ricondurre alla prima delle due ipote previste dall’art. 216, comma 1, n. 2), legge fall., per la cui configurazione richiesto il dolo specifico, consistente nello scopo di arrecare a sé o ad altri ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori. A tale ipotesi, secondo giurisprudenza di questa Corte regolatrice, può essere ricondotta anche la condotta di omessa tenuta dei libri contabili, essendo tuttavia necessario che l condotta omissiva sia sorretta (al pari delle altre ipotesi) da dolo specifico, perc altrimenti risulterebbe impossibile distinguere tale fattispecie da quella – analog sotto il profilo materiale – di bancarotta semplice documentale prevista dall’art (t
217 legge fall. (Sez. 5, n. 25432 del 11 aprile 2012, COGNOME, Rv. 252992; Sez. 5, n. 11115 del 22/01/2015, COGNOME, Rv. 262915; Sez. 5, n. 18320 del 07/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279179).
L’accertamento del dolo specifico risulta pregiudiziale ai fini della qualificazione della condotta in termini di bancarotta fraudolenta documentale, atteso che l’elemento della frode costituisce il discrimine tra tale reato e le fig delittuose di bancarotta semplice – che ne sono prive – previste dall’art. 217, cui comma 2 incrimina, parimenti, l’omessa o irregolare tenuta dei libri contabili, sia essa volontaria o dovuta a mera negligenza. Invero, secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, l’omessa tenuta della contabilità interna integr gli estremi del reato di bancarotta documentale fraudolenta, e non di quello di bancarotta semplice, se lo scopo dell’omissione è quello di recare pregiudizio ai creditori (Sez. 5, n. 18320 del 07/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279179 – 01; Sez. 5, n. 11115 del 22/01/2015, COGNOME, Rv. 262915 – 01).
Tale scopo ben può essere desunto dalla complessiva ricostruzione della vicenda, dalle circostanze del fatto che ne caratterizzano la valenza fraudolenta, colorando di specificità l’elemento soggettivo, il quale può pertanto essere ricostruito sull’attitudine del dato a evidenziare la finalizzazione comportamento omissivo all’occultamento delle vicende gestionali (Sez. 5, n. 10968 del 31/01/2023, COGNOME, Rv. 284304 – 01).
3.2. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha sostanzialmente ravvisato la sussistenza del dolo specifico nella violazione dell’obbligo di tenuta e consegna delle scritture contabili, omettendo di accertare che tale condotta fosse finalizzat a recare pregiudizio ai creditori; verifica, questa, di cui i giudici del mer dovevano puntualmente dare conto in motivazione e la quale si rendeva tanto più necessaria a fronte dell’esistenza di elementi di segno contrario, costituiti dal prolungata inattività della società, dalla assenza di condotte distrattive, dal sussistenza di un rilevante credito che la fallita vantava nei confronti di ter nonché dalla differenti versioni rese dai due imputati in ordine alla consegna delle scritture contabili e alla conservazione delle stesse.
Il difetto di motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato comporta l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Firenze per uno nuovo esame sul punto.
Restano assorbiti gli ulteriori profili di censura.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Firenze.
Così è deciso, 16/04/2025
Il Consigliere estensore
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