Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 20384 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 20384 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/04/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME NOME nato a CARACAS (VENEZUELA) il 14/01/1971 NOME COGNOME NOME nato a BOGOTA’ (COLOMBIA) il 23/05/1939
avverso la sentenza del 27/05/2024 della Corte d’appello di Lecce Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi; udito il difensore degli imputati, avv. COGNOME COGNOME COGNOME che ha insistito nell’accoglimento dei ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata, la Corte di Appello di Lecce ha confermato la sentenza del Tribunale di Taranto che aveva condannato NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME NOME alla pena di giustizia perché ritenuti responsabili del reato di cui agli artt. 110,216, comma 1, n. 2) e 219, comma, 223 legge fall.
Il Tribunale ha condannato a pena di giustizia NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME NOME NOME per il reato di bancarotta documentale fraudolenta in relazione al fallimento della società società RAGIONE_SOCIALE, il primo nella qualità di presidente del CdA fino al settembre 2004 ed il secondo nella qualità di amministratore unico fino all’ottobre 2008 e, successivamente, nella qualità di liquidatore fino al 7 ottobre 2009 (data di .fallimento della società), ritenendo integrato il reato di bancarotta documentale nella sua materialità, oltre che dal punto di vista dell’ elemento soggettivo, ricondotto al dolo generico. In particolare, sulla scorta delle dichiarazioni del curatore fallimentare, ha evidenziato che, a causa delle incompletezze delle scritture contabili e fiscali della società fallita, non era stato possibile quantificare l’eventuale disavanzo non giustificato sottolineando che, a fronte di un’attività iniziata nel 1995, erano state rinvenute scritture contabili esclusivamente a partire dal 2006; che, in relazione agli anni dal 2004 al 2008, mancava il libro giornale; che i verbali dei soci mancavano fin dal 1998, l’elenco dei creditori era totalmente carente e il libro dei beni ammortizzabili era aggiornato al 1999.
1.1. La Corte d’Appello, pronunciandosi sull’impugnazione avanzata dalla difesa degli imputati, con ordinanza emessa ai sensi dell’art. 521 cod.proc.pen., ravvisando una diversità del fatto rispetto a quello contestato ab origine, e ritenuto in primo grado, ha disposto la trasmissione degli atti alla locale Procura della Repubblica per le determinazioni di competenza.
Ha sostenuto la Corte che il fatto ascritto agli imputati, per come risultante dalle dichiarazioni del curatore fallimentare e del consulente del pubblico ministero, dovesse essere ricondotto alla previsione di cui alla prima parte dell’art. 216 n.2 Legge fall. (relativa alla GLYPH falsificazione o distruzione delle scritture contabili al fine di recare pregiudizio ai creditori) non contemplata nel capo di imputazione.
1.2. A seguito di ricorso del Procuratore Repubblica presso il Tribunale di Taranto, fondato sulla censura dell’abnormità funzionale e strutturale dell’ordinanza impugnata, questa Corte, con sentenza della Quinta Sezione n. 43666 del 20 settembre 2022, ha ritenuto il ricorso fondato in quanto la Corte di appello non aveva annullato la sentenza di primo grado, limitandosi a
restituire gli atti al pubblico ministero competente.
1.3. La sentenza impugnata ha confermato la sentenza di primo grado, dopo avere escluso che la contestazione riguardasse un’ipotesi di imputazione alternativa, pervenendo alla conclusione che dovesse intendersi compiutamente contestata la sola bancarotta documentale a dolo generico.
Gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione con un unico atto, per il tramite del loro difensore, avv. NOME COGNOME
2.1. Con primo motivo denunciano violazione di norma processuale, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) in relazione all’art. 125 cod. proc. pen., deducendo la totale omessa motivazione in violazione del combinato disposto degli artt. 521 e 522 cod. proc.pen in quanto la Corte di appello non avrebbe motivato in ordine alla dedotta nullità per immutatio facti, ritenendo contestata “la sola bancarotta documentale a dolo generico”.
2.2. Con secondo motivo denunciano violazione di legge, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 521 e 522 cod.proc.pen., e vizio di motivazione per illogicità manifesta. Deducono che: la Corte d’appello con la prima ordinanza impugnata dal Procuratore della Repubblica, aveva ritenuto che il fatto storico addebitato in sentenza concretizzasse la fattispecie di sottrazione delle scritture contabili e non quella di tenuta irregolare delle stesse; la sentenza impugnata non avrebbe affrontato l’argomento, limitandosi ad escludere che la condotta di dolosa sottrazione potesse essere oggetto di una contestazione alternativa; tuttavia, il Tribunale (pagina 7) aveva affermato sussistere la “fattispecie di fraudolenta tenuta delle scritture contabili” non suscettibile di essere configurata come un “minus”, assorbibile nella fattispecie di sottrazione, distruzione e falsificazione delle stesse, di cui alla seconda parte del n.2 dell’arrt.216 legge fall.) delle stesse, ma come un “quid alli”; si sarebbe determinata, pertanto, una violazione del combinato disposto degli artt.521 et 522 cod.proc.pen.
2.3. Con terzo motivo denunciano violazione dell’art.216 comma 1 n.2 legge fallimentare sotto il profilo oggettivo, sostenendo la “sufficienza della tenuta della documentazione contabile ai fini della ricostruzione patrimoniale”.
2.4.Con quarto motivo denunciano violazione di legge ex art.606 comma I lettera “h” in relazione agli artt.42 e 43 cod.pen.
2.5.Con quinto motivo denunciano violazione di legge ex art.606, comma 1, lettera “e” in relazione all’art. 125 cod.proc.pen. Deducono: vizio di motivazione in ordine alla conclusione che l’omessa tenuta delle scritture contabili avrebbe reso “non possibile” la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari; che la sentenza di primo grado aveva omesso di considerare la consulenza
tecnica di parte prodotta dalla difesa; che la società dal 2005 e fino alla richiesta di concordato preventivo ( nel dicembre 2008) era rimasta inattiva; che dal 2006 in poi le scritture contabili erano state rinvenute; che, su istanza della medesima società, il Tribunale aveva aperto la procedura di concordato preventivo, con parere favorevole del curatore fallimentare; che lo stesso consulente della difesa aveva indicato che i libri consegnati al curatore sarebbero stati più che sufficienti per la ricostruzione del patrimonio. Sottolineano, in particolare, la decisività del fatto che, proprio su istanza della società fallita, il Tribunale aveva aperto la procedura di concordato preventivo ex art. 161 legge fall., la cui ammissione è subordinata ad una verifica dello stato analitico delle attività e dei creditori eseguita sulla base di una relazione redatta da esperto indipendente.
2.6.Con sesto motivo denunciano violazione di legge in relazione all’art. 216, comma 1, n. 2, legge fallimentare, sotto il profilo soggettivo, deducendo l’erroneità delle indicazioni fornite dalla Corte di appello in quanto: le scritture contabili sono state rinvenute dal 2006; la società ha cessato di essere operativa dal 2005; nel 2008, data di apertura della procedura di ammissione al concordato, esisteva la documentazione, idonea a rappresentare lo stato della società.
La Corte di appello avrebbe potuto ritenere sussistente, al più, l’ipotesi di bancarotta semplice ai sensi dell’art. 217, comma 2, legge fall., con ogni conseguenza in tema di prescrizione.
2.7.Con settimo motivo, limitatamente alla posizione di NOME COGNOME NOME, denunciano violazione di legge in relazione all’art. 216 legge fall. e agli artt. 42-43 cod.pen. per assenza di prova dell’elemento psicologico. La Corte di appello avrebbe dovuto considerare che: COGNOME “padre» aveva ricoperto la carica di “presidente del consiglio di amministrazione” dal 1995 al 2004; il figlio, NOME COGNOME NOME (classe 1971) era stato amministratore delegato dal 15.02.2002 al 16.6.2007; dal 2002 al 2004 il padre era stato presidente del CdA, mentre il figlio Amministratore delegato e vi era da chiedersi in capo a chi dovesse essere attribuita la condotta.
2.8. Con ottavo motivo denunciano violazione di legge in relazione agli artt. 62 bis e 133 cod. pen.
2.9. Con nono motivo denunciano, in merito alla mancata concessione delle stesse circostanze attenuati vizio di motivazione rilevando che l’erroneità del richiamo ad un sussistente precedente, in quanto riferibile ad uno solo degli imputati, e la mancata contestazione, peraltro, della recidiva.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi. Il difensore degli imputati ha insistito nell’accoglimento dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono fondati.
1.Sono manifestamente infondati il primo e secondo motivo di ricorso, con i quali la difesa, premessa una ricostruzione delle vicende processuali che hanno scandito il procedimento in esame, si duole della nullità della sentenza per violazione degli artt. 521, 522 cod.proc. pen. deducendo anche vizio di motivazione per illogicità manifesta della sentenza sulla medesima questione.
La censura, in ordine alla mutata qualificazione giuridica della condotta, collegata alla presunta violazione del principio di correlazione fra imputazione contestata e sentenza, non si confronta con la motivazione resa sul punto dalla Corte di appello che ha ricondotto l’imputazione entro i binari della bancarotta fraudolenta generica alla luce del tenore letterale della stessa imputazione che ha individuato il focus della contestazione nella “tenuta delle scritture contabili in guisa da non consentire la ricostruzione del patrimonio e/o del movimento degli affari”.
Il tema sollecitato dalla difesa è stato oggetto di attenta disamina da parte della Corte territoriale- tanto più a seguito della precedente ordinanza emessa da diversa sezione che aveva disposto la trasmissione degli atti al pubblico ministero ritenendo che dalle emergenze investigasse dovesse intendersi “realizzata la prima fattispecie di cui al n. 2 dell’art. 216 legge fall.” – ed è stat sul punto considerato, con motivazione logica ed immune da vizi, che l’imputazione abbia fatto riferimento alla sola ipotesi di bancarotta documentale a dolo generico e non anche, neppure in via alternativa, all’ipotesi di omessa tenuta delle medesime scritture contabili, venendo valorizzato in tale direzione l’univoco tenore letterale del capo di imputazione.
È evidente, pertanto, che nella fattispecie in esame non è configurabile alcun profilo di nullità della sentenza per la violazione delle norme sopraindicate.
1.1.Sotto altro profilo deve, inoltre, considerarsi che non appare configurabile neppure un vizio motivazionale. La sentenza impugnata – pure evidenziando che, fino al 2006, avrebbe assunto rilievo centrale una condotta di omessa tenuta delle scritture contabili, secondo quanto desumibile anche dalla consulenza tecnica del pubblico ministero che ha consentito di accertare l’omesso deposito in cancelleria, ed omessa consegna al curatore di qualsiasi documentazione fino al 2006- ha tuttavia, in maniera logica e al di fuori di ogni possibilità di equivoci, radicato il giudizio di colpevolezza degli imputati s condotta successiva a tale data, quando sarebbe emersa una tenuta irregolare della stessa contabilità tanto da rendere impossibile l’accertamento di condot
distrattive e difficoltosa la ricostruzione dei movimenti di affari e del patrimonio della società fallita.
Anche la sentenza di primo grado ha sottolineato che, secondo quanto desumibile dalla consulenza del pubblico ministero, “l’indisponibilità in particolare del libro giornale degli esercizi precedenti al 2006 e della relativa documentazione di supporto, dei mastrini, dei verbali delle riunioni del collegio sindacale e dei verbali delle assemblee dei soci ha gravemente pregiudicato la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della società in quanto l’erosione del patrimonio, il declino economico e il dissesto finanziario che ha generato lo stato di insolvenza erano imponenti già nel 2005″ (pag.6 della sentenza di primo grado) aggiungendo che ” a causa delle inconnpletezze delle scritture contabili e fiscali della fallita non è stato possibile quantificare disavanzo non giustificato” essendo “le scritture del libro giornale disponibili solo dal 2.1.2006 quando la continuità aziendale era compromessa” ( pag.7).
2.Appaiono, invece, fondate le doglianze difensive con cui si deduce una carenza argomentativa della sentenza impugnata in ordine all’elemento soggettivo del reato.
Invero, la sentenza impugnata, dopo avere proceduto ad una corretta individuazione dell’elemento soggettivo configurabile nell’ipotesi di bancarotta documentale generica, in termini di dolo generico, ponendosi sul solco del consolidato insegnamento di questa Corte sul punto (Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 279838; Sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019, COGNOME, Rv. 276650; Sez. 5, n. 43966 del 28/06/2017, COGNOME, Rv. 271611; Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Autunno, Rv. 269904), patisce, tuttavia, un’obiettiva difficoltà ricostruttiva in quanto non risultano indicati quali specifici indici di fraudolenza, desumibili normalmente attraverso la condotta del fallito nel suo concreto rapporto con le vicende attinenti alla vita economica dell’impresa, siano stati considerati nel percorso logico-inferenziale seguito. In tal modo, risulta immotivata la conclusione della Corte territoriale di ritenere sussistente l’elemento della frode che deve distinguere le figure delittuose di bancarotta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, legge fall. dalle ipotesi, che ne sono prive, di bancarotta semplice, previste dal successivo art. 217, il cui comma 2 (Sez. 5, n. 2900 del 02/10/2018, dep. 2019, Pisano, Rv. 274630-01). Nell’ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale cd. generica, il correlato dolo generico deve essere desunto, con metodo logico-inferenziale, dalle modalità della condotta contestata, e non dal solo fatto che lo stato delle scritture sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, fatto che costituisce l’elemento materiale del reato ed è
comune alla diversa e meno grave fattispecie di bancarotta semplice, incriminata dall’art. 217, comma secondo, legge fall.
(Sez.
5, n. 2228
del 04/11/2022, dep. 2023, Rv. 283983 – 01, in motivazione). Occorre, peraltro, un accertamento ancor più rigoroso quando manchi, come nel caso di
specie, una concorrente imputazione di bancarotta fraudolenta patrimoniale, non potendo, in tal caso, la prova giovarsi della presunzione per la quale
l’irregolare tenuta delle scritture contabili è di regola funzionale all’occultamento o alla dissimulazione di atti depauperativi del patrimonio sociale (Sez. 5, ; Sez.
5, n. 26613 del 22/02/2019, Rv. 276910 – 01).
3.In conclusione, la sentenza deve essere annullata, in accoglimento del quarto motivo, con assorbimento dei successivi, per un nuovo esame
sull’elemento soggettivo del reato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Lecce – sezione distaccata di Taranto. Così deciso il 01/04/2025.