Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 21142 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 21142 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a BRUGHERIO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 29/05/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; preso atto che il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME, ha concluso con requisitoria scritta, rassegnata ai sensi dell’art. 23 dl. n. 137/2020 e succ. modd., chiedendo il rigetto del ricorso;
preso atto che il difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, ha rassegNOME memoria con conclusioni, insistendo per l’accoglimento del ricorso e, comunque, chiedendo la declaratoria di prescrizione del reato di bancarotta semplice;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, emessa il 28 maggio 2023, la Corte di appello di Milano giudicando NOME COGNOME in sede di rinvio – a seguito di annullamento parziale pronunciato dalla Corte di cassazione (con la sentenza di Sez. 5, n. 47385 del 25/11/2022) della sentenza resa dalla Corte di appello di Milano il 25 giugno 2021, confermativa della sentenza de 6 febbraio 2019 pronunciata in primo grado dal Tribunale di Monza, che aveva giudicato COGNOME in ordine al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, per distrazione di varie somme di denaro e di un’auto in leasing, e documentale aggravata (capo A) e di bancarotta semplice (capo B), inerenti alla RAGIONE_SOCIALE, amministrata da COGNOME e dichiarata fallita il 10 luglio 2014, lo aveva dichiarato colpevole dei reati a lui ascritti condannandolo alla pena di anni quattro di reclusione, oltre alle pene accessorie – ha parzialmente riformato la decisione di primo grado assolvendo l’imputato dal reato di distrazione della somma di euro 258.000,00, riducendo la pena principale ad anni tre, mesi otto di reclusione e rideterminando in anni tre la durata delle pene accessorie di cui all’art. 216 L.F., con conferma nel resto.
1.1. Per quanto ancora rileva, dopo il corso dei due gradi di merito, la sentenza della Corte di cassazione, decidendo sull’impugnazione proposta nell’interesse dell’imputato, aveva ritenuto inammissibile il motivo di ricorso inerente alla contestazione della qualifica soggettiva di COGNOME e aveva rigettato il terzo motivo con cui era stato prospettato il vizio della motivazione in relazione alla ritenuta sottrazione di somme, dai giudici di legittimità circoscritto al doglianze relative alla distrazione di euro 282.000,00, in relazione a cui l’assetto di dimostrativo era stato reputato non scalfito dalle doglianze del ricorrente.
Viceversa, in accoglimento del primo e del quarto motivo, con riguardo all’imputazione di bancarotta fraudolenta per distrazione della somma di euro 258.000,00 e all’imputazione di bancarotta documentale, la sentenza era stata annullata con rinvio per nuovo giudizio, essendosi dato contestualmente atto che per il reato di bancarotta semplice ogni rilevazione in ordine al tempo trascorso era preclusa dall’inammissibilità che aveva attinto la doglianza inerente al relativo capo.
1.2. I giudici del rescissorio, quanto alla distrazione di euro 258.000,00, hanno ritenuto non raggiunta la prova piena della responsabilità dell’imputato assolvendolo dalla corrispondente imputazione, mentre hanno confermato la responsabilità di COGNOME, per quanto concerne la bancarotta documentale, procedendo alla corrispondente rideterminazione della pena, senza il riconoscimento di attenuanti.
Avverso questa decisione ha proposto ricorso il difensore di NOME COGNOME chiedendone l’annullamento e articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo si denuncia, in ordine alla ritenuta bancarotta documentale, il vizio della motivazione con riguardo all’asserita sussistenza dell’elemento materiale del reato.
L’iter gnoseologico seguito dalla Corte del rescissorio è, ad avviso della difesa, erroneo, in quanto, con la sua esposizione, i giudici del rinvio hanno mostrato di avere sostanzialmente ignorato il principio fissato nella sentenza rescindente: al di là di proposizioni tautologiche, era emerso il dato processuale di decisiva importanza, costituito dall’allocazione della documentazione contabile della società presso lo studio RAGIONE_SOCIALE di Padova, senza che il Pubblico ministero e il curatore – su cui gravava il corrispondente onere – si fossero curati di recuperare questi cruciali documenti.
Di tale onere i giudici del rescissorio, secondo la difesa, non hanno tenuto conto finendo per porre illegittimamente a carico di COGNOME l’onere di questa prova, non potendo però quest’ultimo attivarsi per recuperare i documenti, quale soggetto fallito e in questa sede imputato; d’altro canto, prima della mai! di COGNOME, COGNOME nemmeno sapeva dell’allocazione della contabilità, non essendosi mai occupato di questo aspetto della vita sociale, sicché si profila necessario un ulteriore giudizio di rinvio, stavolta con rinnovazione dell’istruttor dibattimentale e la nuova audizione del curatore nonché del teste NOME COGNOME, con espresso incarico al curatore di recuperare la documentazione contabile presso lo studio RAGIONE_SOCIALE di Padova, attività necessaria, in quanto dal probabile rinvenimento della documentazione contabile mancante deriverebbe l’assoluzione dell’imputato dal reato di bancarotta documentale, assoluzione già richiesta dal Procuratore generale territoriale nella requisitoria scritta.
2.2. Con il secondo motivo si deduce la carenza, la manifesta illogicità e la contraddittorietà della motivazione in punto di mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
La giustificazione di questo persistente diniego non ha considerato, secondo la difesa, i generosi versamenti che l’imputato aveva, nel corso del procedimento, effettuati con suoi fondi personali in favore della società, a comprova della sua buona fede, così dando luogo a un risarcimento anticipato, come si era già segnalato nell’atto di appello.
Inoltre, si rimarca che la riduzione nella misura di soli quattro mesi di reclusione della precedente pena, in corrispondenza dell’assoluzione dall’accusa di bancarotta per distrazione dell’importo di euro 258.000,00, costituisce il frutto di una motivazione carente: l’eliminazione dai fatti accertati di quella rilevante
contestazione avrebbe dovuto condure a una drastica riduzione della pena.
Il Procuratore generale, nella requisitoria scritta, rassegnata ai sensi dell’art. 23 d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre del 2020, n. 176, come richiamato dall’art. 16 d.l. 30 dicembre 2021, n. 228, convertito dalla legge 25 febbraio 2022, n. 15, nonché, ulteriormente, dall’art. 94, comma 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, poi modificato dal d.l. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito dalla legge 23 febbraio 2024, n. 18, dell’art. 23 di. n. 137 del 2020 e succ. modd., ha chiesto il rigetto dell’impugnazione sottolineando che, in merito alle questioni poste sia con il primo e sia con il secondo motivo, la Corte di appello ha reso una motivazione logicamente argomentata e solidamente basata sulla congrua valutazione delle prove acquisite.
La difesa di COGNOME ha formulato, in data 2 febbraio 2024, conclusioni scritte con cui ha ribadito le richieste inserite nell’atto di impugnazione replicando alle conclusioni del Procuratore generale e, inoltre, sollecitando la declaratoria di estinzione per prescrizione del reato di bancarotta semplice.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La Corte ritiene che il ricorso sia inammissibile.
È utile precisare l’ambito che ha contrassegNOME il giudizio di rinvio, secondo il mandato fissato dalla decisione rescindente.
Si considera, al riguardo, che i giudici di legittimità avevano accolto il primo motivo con cui la difesa aveva dedotto la violazione degli artt. 327-bis e 495 cod. proc. pen. per la mancata valutazione delle prove documentali attestanti gli esborsi sostenuti dall’imputato, nella qualità, per il pagamento delle fatture dei fornitori con assegni tratti sul conto corrente della banca Monte dei Paschi: con specifico riferimento alla sola distrazione della somma di euro 258.000,00, era stata depositata nel corso del giudizio di appello una memoria difensiva in data 13.05.2021 con cui si spiegavano i movimenti relativi ai corrispondenti pagamenti sui conti della Unicredit Spa e del Monte dei Paschi di Siena, ma mentre quest’ultima banca aveva rimesso copia della documentazione giustificativa, la prima non l’aveva fatto, per cui la difesa aveva chiesto che la Corte di appello provvedesse a disporre la corrispondente acquisizione.
Non avendo la sentenza impugnata preso in considerazione quella memoria, né dato conto delle valutazioni susseguenti, la corrispondente statuizione era stata annullata, assorbite le altre censure in merito alla stessa distrazione.
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La Corte di cassazione, poi, aveva accolto il quarto motivo, con cui, in merito alla bancarotta documentale, si era dedotto il vizio di motivazione in ordine al rilievo illogicamente annesso alle dichiarazioni del commercialista NOME COGNOME.
La sentenza rescindente aveva rilevato che la decisione di appello si era rifatta alla mail del suddetto COGNOME che, dopo la testimonianza, aveva tenuto a precisare che i libri sociali erano a Padova, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE, mail richiamata dall’imputato nell’atto di appello: i giudici di secondo grado avevano registrato questo elemento, ma non l’avevano valutato.
In dipendente connessione, il quinto motivo di ricorso, con cui si era dedotta la violazione di legge in merito all’accertamento del dolo specifico alla base della bancarotta documentale, era stato dichiarato assorbito.
A fronte di tale spettro delle questioni da riesaminare, i giudici del rinvio nell’indicata sentenza hanno fornito una risposta differenziata.
3.1. Essi hanno osservato che, quanto all’imputazione di bancarotta fraudolenta per distrazione della specifica somma di euro 258.000,00, il corredo documentale acquisito non era da reputarsi tale da colmare la carenza di motivazione segnalata nella sentenza rescindente.
Pertanto, non essendo stata ritenuta sufficiente a comprovare la distrazione il mancato rinvenimento presso la società di altri documenti – in particolare degli ordini di acquisto della merce, ovvero delle bolle di consegna – atti a corroborare la causale degli assegni tratti da COGNOME, si è concluso che questi doveva essere assolto dalla corrispondente accusa.
3.2. Viceversa, quanto all’imputazione di bancarotta documentale, la Corte di appello ha considerato che l’analitica disamina delle deposizioni del curatore e del commercialista, rag. COGNOME, aveva fatto emergere la certa esclusione dell’avvenuta partecipazione alla redazione della contabilità sociale, negli anni di interesse, dello studio RAGIONE_SOCIALE di Padova, studio che si era dedicato a tale attività sino alla fine del 2012.
Tale accertamento, in relazione alle acclarate carenze di atti sociali, fra cui il libro dei cespiti e il libro degli inventari, nonché alla rilevazione della tenu irregolare della contabilità, ha indotto i giudici del rescissorio a ritenere integra la fattispecie di bancarotta documentale contestata, che si era perfezionata per il fatto che l’amministratore imputato non aveva reso possibile o, comunque, aveva reso particolarmente difficoltosa la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.
Anche il dolo di questo reato è stato ritenuto provato dalla Corte di appello, tale incompletezza della documentazione contabile essendo risultata coordinata
al chiaro fine di recare pregiudizio ai creditori, come aveva confermato il definitivo accertamento di due fattispecie distrattive, con innegabili profili d gravità, poste in essere peraltro nel periodo di emersione della crisi, poi illecitamente protratta.
I giudici del rinvio hanno, in ogni caso, specificato che, in questa precisa prospettiva finalistica, pure l’omessa tenuta di quei libri contabili risultati n istituiti, avendo determiNOME l’evidenziato effetto deleterio, è rientrata fra condotte idonee a integrare la bancarotta fraudolenta documentale, riscontrandosi il corrispondente elemento soggettivo.
3.3. Posto questo assetto quanto al residuo accertamento della responsabilità dell’imputato, la Corte di merito ha proceduto alla rideterminazione della pena che, in dipendenza dell’assoluzione indicata, è stata ritenuta da quantificarsi in anni tre, mesi otto di reclusione, senza possibilità concreta di ulteriori mitigazioni, a cagione, fra l’altro, della gravità dei fat della spregiudicatezza che aveva connotato la condotta dell’imputato.
Così precisata la progressiva dialettica procedimentale, deve anzitutto segnalarsi l’inammissibilità della sollecitazione formulata dalla difesa nelle conclusioni scritte e finalizzata anche all’ottenimento della declaratoria di prescrizione del reato di bancarotta semplice.
Oltre alla tardività della memoria rispetto al termine fissato dall’art. 23 comma 8, d.l. n. 137 del 2020, la prospettazione in ogni caso collide con l’avvenuto conseguimento del giudicato dell’accertamento della responsabilità di NOME per il reato di bancarotta semplice, stante l’avvenuto rigetto dell’unico motivo di impugnazione afferente anche a quel reato, già evidenziato dalla sentenza di legittimità (v. Sez. 5, n. 47385 del 2022, cit., pagine 8 e 9) che, per altro ambito, aveva annullato, con rinvio la decisione di secondo grado.
Per quanto concerne il primo motivo, esso, per un verso, si profila rivalutativo e anche aspecifico, in quanto non si confronta con la motivazione espressa sull’accertamento della responsabilità dell’imputato per la bancarotta fraudolenta documentale, e, per altro verso, presenta aspetti di manifesta infondatezza nella parte in cui sostiene l’inanità dimostrativa della verifica compiuta dai giudici del merito.
5.1. Come si è visto, i giudici del rescissorio hanno adeguatamente dimostrato la responsabilità dell’amministratore della fallita RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, nell’irregolare tenuta delle scritture contabili e nel mancato rinvenimento di alcuni importanti atti sociali, aventi rilevanza contabile, fra quali il libro dei cespiti, il libro giornale e il libro degli inventari.
La difesa ha insistito sulla necessità di ricercare la loro collocazione presso lo studio COGNOME, nonostante che, dall’istruttoria svolta, fosse emerso che, per il periodo successivo al 2012 (ossia per il tempo cruciale, visto che il fallimento della società era stato dichiarato il 1° luglio 2014), era escluso che le scrittur contabili fossero restate depositate presso quello studio, che aveva dismesso l’incarico di curarne la tenuta: approdo raggiunto dalla Corte territoriale sulla scorta di un’analisi dettagliata delle affermazioni del commercialista COGNOME e del Curatore, essendo risultato chiaro dalla coordinata disamina delle rispettive dichiarazioni e dalla carenza di deposito da parte di COGNOME – a cui lo studio COGNOME aveva passato le consegne della contabilità sociale nel 2012 – della massima parte delle scritture contabili e dei libri sociali, nonché dei bilanci afferenti agli anni 2013 e 2014.
Era risultato, infatti, che l’amministratore della società COGNOME aveva omesso di consegnare in modo organico le scritture contabili successive al 2012 allo stesso COGNOME, essendosi invece limitato a consegnare al commercialista la documentazione in modo saltuario, documentazione che, quanto alle fatture, contemplava esemplari privi di numerazione.
Tutti i dati emersi, pertanto, sono stati, in modo argomentato, valutati nel senso dell’avvenuta consegna al curatore di documentazione contabile assolutamente insufficiente per la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della società, con la recisa esclusione della possibilità che, al di dello studio COGNOME, certamente fuori causa, le scritture contabili mancanti potessero essere state trattenute da altro commercialista, senza che peraltro COGNOME, nel corso dell’intero procedimento, avesse esposto alcunché in merito.
5.2. A fronte di questa serrata analisi, il ricorrente ha optato per l’articolazione di deduzioni marcatamente – ma inammissibilmente – rivalutative quando ha addotto in modo del tutto astratto la sussistenza della concreta possibilità, possibilità invece motivatamente esclusa dalla Corte territoriale, di rinvenire le scritture, dall’amministratore mai depositate subito dopo la dichiarazione del fallimento della società, e, in questa eccentrica prospettiva, ha dedotto l’allocazione dell’onere della prova a carico dell’accusa della condotta di occultamento delle scritture contabili di primario rilievo, fra le quali il libro cespiti e il libro degli inventari, e di irregolare tenuta delle poche rinvenute: ci senza considerare che la prova era stata già acquisita e dalla Corte del rescissorio adeguatamente analizzata nella sentenza oggetto di impugnazione.
Il motivo si configura, poi, come aspecifico allorquando – sull’incongruo presupposto che la prova del fatto contestato non fosse emersa – ha criticato la sentenza impugnata per non avere esperito ulteriori incombenti istruttori, in particolare costituiti dall’atipica disposizione di incarico per il curato
fallimentare di recarsi presso lo studio COGNOME e recuperare la documentazione contabile della società fallita.
Oltre all’atipicità del tipo di prova prospettato, risultano ictu ocu/i la sua irrilevanza e la sua superfluità, dal momento che, contrariamente alla prospettiva da cui il ricorrente ha dato mostra di muovere, i giudici del rescissorio hanno già esaustivamente accertato l’assenza di scritture contabili riferite alla società fallita presso il suddetto studio COGNOME, che aveva dismesso l’incarico di curare la contabilità sociale nel 2012, passando le consegne e tutta la documentazione societaria posseduta al rag. COGNOME.
5.3. Acclarata l’esposta situazione di fatto e per quanto nessuna tangibile censura il ricorrente abbia articolato in ordine all’inquadramento di essa nella bancarotta fraudolenta documentale, pure in ordine al riscontro dell’elemento soggettivo, deve osservarsi che in modo ineccepibile la Corte di appello ha ribadito che è risultato accertato che l’irregolare tenuta dei libri e delle alt scritture contabili si era configurata in guisa tale da rendere impossibile o quantomeno molto difficoltosa la ricostruzione del patrimonio o del movimento di affari e che, per la parte di esse che erano state formate e non consegnate, il loro occultamento era stato attuato al precipuo fine di recare pregiudizio ai creditori, dunque con il dolo specifico richiesto dalla norma incriminatrice, come le bancarotte distrattive, consumate in epoca coeva, avevano confermato.
Né ha ricevuto critica alcuna l’argomento pure sviluppato dai giudici del rinvio quando, con riferimento alla parte di scritture contabili di cui si poteva desumere l’omessa tenuta, hanno considerato che anche tale condotta era risultata in concreto sorretta dalla finalità di recare pregiudizio al ceto creditori e, quindi, sussumibile nella contestata bancarotta documentale; ciò, in coerenza con il principio di diritto secondo cui, in tema di bancarotta fraudolenta documentale per omessa tenuta della contabilità interna, lo scopo di recare danno ai creditori impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali può essere desunto dalla complessiva ricostruzione della vicenda e dalle circostanze del fatto che ne caratterizzano la valenza fraudolenta colorando di specificità l’elemento soggettivo, che può essere desunto dall’attitudine del dato a evidenziare la finalizzazione del comportamento omissivo all’occultamento delle vicende gestionali (Sez. 5, n. 10968 del 31/01/2023, Di Pietra, Rv. 284304 – 01).
Tali considerazioni conducono, quindi, all’inammissibilità del primo motivo.
Generico, nel suo complesso, si rivela il secondo motivo.
6.1. Quanto al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, in primo luogo, deve rilevarsi che si tratta di motivo che non appare ricollegarsi a una corrispondente doglianza che fosse stata portata al vaglio della
Corte di cassazione e in quella sede dichiarata assorbita per l’esigenza del susseguente giudizio involgente il trattamento sanzioNOMErio. Né, prima ancora, la questione – dopo il diniego di tali attenuanti da parte del Tribunale – era stata specificamente dedotta nei sei motivi che avevano contrassegNOME l’appello di COGNOME avverso la sentenza di primo grado.
In ogni caso, la Corte di appello ha chiarito le ragioni per le quali nessuna mitigazione, al di là della rideterminazione della pena in dipendenza dell’assoluzione per la suddetta fattispecie di bancarotta per distrazione, poteva riconoscersi a COGNOME, in ragione dell’evenienza di una serie esplicita di indici negativi: la gravità dei fatti; la spregiudicatezza della condotta dell’agente; l sua attivazione nell’aggravamento del dissesto; la mancanza di collaborazione da parte sua, anche con la curatela fallimentare.
A fronte di tale adeguato assetto motivazionale la censura difensiva sarebbe in ogni caso rivalutativa e, quindi, inammissibile.
6.2. Per quanto concerne la rinnovata commisurazione della pena determinata dall’assoluzione dalla bancarotta fraudolenta per distrazione avente ad oggetto l’importo di euro 258.000,00, i giudici del rescissorio, nell’applicazione della continuazione fallimentare, secondo la regola di cui all’art. 219 r.d. n. 267 del 1942, in relazione a due ulteriori condotte (oltre quella più grave), anziché tre, hanno, in modo equilibrato, detratto la frazione di un terzo dal complessivo aumento, così da ridurre la pena principale da anni quattro di reclusione ad anni tre, mesi otto di reclusione, ferma restando la pena base, già attestata sul minimo edittale di anni tre di reclusione.
Si tratta di incremento di pena, ispirato all’equo riparto suindicato, attesa la comune valutazione di gravità espressa dai giudici del merito per tutti i fatti di bancarotta accertati, sicché il criterio adottato, non illogico, risulta essere l’esi del corretto dispiegamento della discrezionalità sanzioNOMEria, soltanto genericamente contestata dal ricorrente.
Va ribadito che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti e attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, è sufficiente, se si attiene a livelli di pena prossimi al minimo edittale che dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. co espressioni sintetiche, richiamanti la congruità e l’equità della pena e dell’aumento, come pure con il riferimento, che sia autoevidente, alla gravità del reato o alla capacità a delinquere del reo, occorrendo, invece, una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena si allontani sensibilmente dal minimo edittale e sia superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 271243 – 01).
7/7
7. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.
Consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorr al pagamento delle spese del procedimento e – per i profili di colpa corr all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost., sent. n. 186 del 2000) somma alla Cassa delle ammende in misura che, per il contenuto dei motivi dedotti, si fissa equamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende.
Così deciso il 6 febbraio 2024
Il Consi liere estensore
Il Presidente