Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2129 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2129 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a BRESCIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/11/2022 della CORTE APPELLO di BRESCIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; sentita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME
NOME, che ha chiesto l’annullamento con rinvio
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, in data 18 novembre 2022, la Corte di appello di Brescia, riconosciuta la circostanza attenuante di cui all’art. 219, comma terzo, legge fall., ha riformato solo sotto il profilo sanzionatorio la sentenza con la quale il Tribunale di Brescia aveva condannato NOME COGNOME per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale nella qualità di legale rappresentante, dal 21 marzo 2014, della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita in data 30 novembre 2015.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, articolando i motivi di seguito riassunti negli stretti limiti necessari a motivazione, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Il primo motivo è rubricato «diversa qualificazione del fatto tra la sentenza di primo grado e la sentenza della corte d’appello» e denuncia che il reato contestato nel capo di imputazione come bancarotta documentale specifica, per il quale l’imputato è stato condannato in primo grado, è stato invece interpretato dalla Corte di appello quale bancarotta documentale generica, senza una corrispondente modifica del capo di imputazione.
2.2. Il secondo motivo è rubricato «mancanza dell’elemento oggettivo del reato» e contesta la mancata prova dell’elemento materiale del reato contestato, in ragione dell’inattendibilità del teste COGNOME, come pure la mancata prova dello scopo di recare pregiudizio all’unico creditore, un lavoratore cui sarebbe stato proposto un piano di rientro.
2.3. Il terzo motivo è rubricato «mancanza dell’elemento soggettivo del reato» e contesta la mancanza della prova del dolo specifico, riconosciuta dalla stessa Corte di appello che ha infatti condannato l’imputato per bancarotta documentale generica.
Il Procuratore generale, concludendo per iscritto, ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo assorbente motivo di ricorso è fondato e comporta l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
La bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, primo comma, n. 2 legge fai!. prevede due fattispecie alternative: quella di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili; quella di tenui:a della contabil
in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita.
Le condotte riferibili alla prima ipotesi integrano gli estremi del reato di bancarotta documentale fraudolenta solo laddove sorrette da dolo specifico; solo, cioè, qualora si accerti che scopo di esse sia quello di recare pregiudizio ai creditori. Ed è proprio tale finalità a distinguere la bancarotta fraudolenta da quella semplice documentale, prevista dall’art. 217 legge fall. e punita anche a titolo di colpa, con riferimento all’omissione della tenuta delle scritture (Sez. 5, n. 18320 del 07/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279179; Sez. 5, n. 11115 del 22/01/2015, COGNOME, Rv. 262915; Sez. 5, n. 25432 del 11/04/2012, COGNOME, Rv. 252992).
Anche l’ipotesi di omessa tenuta dei libri contabili può essere ricondotta, sotto il profilo dell’elemento materiale, nell’alveo di tipicità dell’art. 216, primo comma n. 2 legge fall. (prima ipotesi), atteso che la norma incriminatrice, punendo la tenuta della contabilità in modo tale da rendere relativamente impossibile la ricostruzione dello stato patrimoniale e del volume d’affari, a fortiori ha inteso punire anche l’imprenditore che non ha istituito la suddetta contabilità, anche solo per una parte della vita dell’impresa.
Con riferimento alla linea di discrimine tra bancarotta fraudolenta documentale a dolo generico e corrispondente ipotesi a dolo specifico, la giurisprudenza ha precisato (Sez. 5, n. 15743 del 18/01/2023, Gualandri, Rv. 284677): «La norma incriminatrice di cui all’art. 216, comrna 1, n. 2, legge fallimentare, come da tempo affermato da questa Corte, tende, tra l’altro, anche a tutelare l’agevole svolgimento delle operazioni della curatela; sicché, nel caso in cui le scritture siano state tenute in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, la disposizione circoscrive nel perimetro della rilevanza penale ogni manipolazione documentale che impedisca o intralci una facile ricostruzione del patrimonio del fallito o del movimento dei suoi affari. Da tempo è stato chiarito come tale ultimo addebito si riferisca ad una condotta a forma libera che, in realtà, comprende ogni ipotesi di falsità, sia materiale che ideologica, posto che proprio l’agevole svolgimento delle operazioni della curatela non può che essere ostacolata non solo da falsità materiali dei documenti, ma anche – e soprattutto – da quelle ideologiche, che forniscono un’infedele rappresentazione del dato contabile (Sez. 5, n. 3115 del 17/12/2010, dep. 28/01/2011, COGNOME, Rv. 249267; Sez. 5, n. 3951 del 18/02/1992, COGNOME, Rv. 189812). In linea con tale linea interpretativa, va ulteriormente chiarito che la parziale omissione del dovere annotativo, che riguardi uno o più libri contabili, integra la fattispecie di bancarotta documentale a dolo generico; ciò in quanto la singola, omessa annotazione, o anche l’annotazione parziale, presuppongono, in ogni caso, l’esistenza della scrittura contabile di riferimento,
elemento imprescindibile per la configurazione della bancarotta a dolo generico; inoltre, tali condotte di falsificazione ideologica, che rendono lacunosa e/o incompleta la rappresentazione contenuta nella scrittura, concretano, in sostanza, altrettante falsificazioni per omissione, valurabili ai fini di una impossibilità difficoltà nella ricostruzione delle vicende contabili e patrirroniali dell’impres (Sez. 5, n. 3114 del 17/12/2010, dep. 28/01/2011, COGNOME, Rv. 249266)… sotto l’aspetto fenomenico deve osservarsi che, in realtà, sia la tenuta confusa, incompleta, falsificata della contabilità, che l’omessa tenuta della stessa – totale o parziale che sia -, ovvero le condotte di sottrazione, distruzione, occultamento e falsificazione, determinano tutte, indistintamente, una impossibilità ricostruttiva dell’andamento dell’azienda e delle scelte imprenditoriali, nella misura in cui queste ultime rilevano sul piano penale. Tuttavia, nei soli casi di sottrazione, distruzione, occultamento … è richiesto un elemento ulteriore, ossia il pregiudizio per i creditori (o l’ingiusto profitto che l’agente intende raggiungere, per sé o per terzi), che costituisce il fuoco dell’elemento soggettivo, integrando il dolo specifico richiesto dalla norma; le condotte di bancarotta documentale fraudolenta a dolo generico, invece, sono connotate esclusivamente da una peculiare modalità della condotta che, pur non costituendo l’evento del reato, individuano l’atteggiamento soggettivo richiesto dalla norma incriminatrice».
Ciò ricordato, la contestazione mossa al ricorrente è stata espressamente ed esclusivamente quella di bancarotta fraudolenta documentale specifica, come chiaramente si evince dal capo di imputazione, che addebitava al COGNOME una condotta di sottrazione o distruzione delle scritture contabili, sorretta dallo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori
Tale ipotesi di accusa è stata ritenuta provata all’esito del primo grado di giudizio: il Tribunale di Brescia, nella sentenza resa il 27 febbraio 2018, ha ritenuto provata la «totale mancanza di tutta la documentazione contabile e dei libri sociali» (pag. 2) ed ha affermato la sussistenza dell’elemento oggettivo del reato, consistente nella «sottrazione/distruzione» (ibidem) delle scritture. Dopodiché, è passato ad esaminare il profilo del necessario dolo specifico (pag. 3), con considerazioni che sono state oggetto di rilievo critico nell’atto di appello.
La Corte di appello ha dato atto della formulazione di un motivo di gravame avente ad oggetto l’elemento materiale del reato e di un motivo (il secondo) inerente l’elemento soggettivo del dolo specifico (pag. 3) della sentenza.
A tali rilievi la Corte ha risposto in modo eccentrico perché ha ritenuto che il reato ascritto dovesse essere considerato in realtà quale bancarotta fraudolenta documentale generiche «per avere tenuto l’imputato i libri e le scritture contabili della fallita società commerciale … in guisa da non rendere possibile una idonea
ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari» (pag. 3); con ciò ha superato i rilievi critici contenuti nel motivo di appello inerente il dolo specific osservando che, così inteso il reato, fosse sufficiente il dolo generico (pag. 4).
Quando nell’atto di appello sono formulate censure o contestazioni specifiche, introduttive di rilievi non sviluppati nel giudizio anteriore o contenenti argomenti che pongano in discussione (fondatamente o meno) le valutazioni in esso compiute, è affetta da vizio di motivazione la decisione di appello che si limiti a respingere con formule di stile o in base ad assunti meramente assertivi le deduzioni proposte (cfr. Sez. 6, n. 5224 del 02/10/2019, dep. 2020, Acampa, Rv. 278611; Sez. 6, n. 28411 del 13/11/2012, dep. 2013, Santapaola, Rv. 256435). E’ quello che è accaduto nella sentenza impugnata che, a fronte di una decisione impugnata che aveva ritenuto sottratte o distrutte, e dunque radicalmente mancanti, le scritture contabili della società, ha assertivamente affermato che si trattava di contabilità non già omessa bensì irregolarmente tenuta, senza in alcun modo giustificare la decisione: senza, cioè, precisare quali libri siano da ritenersi tenuti ed aggiornati almeno in parte, sì da giungere al mutamento di prospettiva che è stato apoditticamente affermato. Non più, dunque, una situazione di assenza di libri, ma di libri (non meglio precisati) tenuti in modo gravemente incompleto o irregolare, tanto da non consentire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.
Il non motivato mutamento di prospettiva da parte della Corte di appello ha prodotto un’ulteriore omissione di motivazione, perché le critiche mosse alla sentenza di primo grado laddove aveva ritenuto sussistente il dolo specifico sono state superate dalla Corte territoriale senza motivazione: infatti, nella nuova prospettiva da essa ritenuta preferibile, il dolo specifico non rappresentava un ostacolo con il quale confrontarsi, dal momento che il reato ritenuto sussistente non richiedeva tale elemento soggettivo.
Inevitabile dunque l’annullamento con rinvio, affinché nel nuovo giudizio la Corte di appello risponda ai motivi di appello originariamente formulati
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Brescia.
Così deciso il 04/12/2023