Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 9800 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 9800 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Casarano il 08/06/1974
avverso la sentenza del 18/04/2024 della Corte d’appello di Trieste udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore, Dottor NOME COGNOME che, con requisitoria in data 10 febbraio 2025, ha concluso per la dichiarazione
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; d’inammissibilità del ricorso .
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte d ‘ appello di Trieste, in parziale riforma della sentenza di condanna pronunciata nei confronti di NOME COGNOME per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale di cui agli artt. 216, comma 1, n. 2, 223 e 237 L.F., commesso, nella qualità di amministrat ore unico della ‘RAGIONE_SOCIALE, dichiarata insolvente in data 1 ottobre 2015, ha rideterminato la pena inflittagli.
Ha proposto ricorso per cassazione il difensore d ell’imputato, affidando l’impugnativa a tre motivi.
2.1. Il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 525, comma 2, cod. proc. pen..
È dedotto che il Collegio, che aveva emesso la sentenza di condanna, era diversamente composto rispetto a quelli dinanzi ai quali aveva avuto luogo l’attività istruttoria, di modo che si era verificata la nullità assoluta comminata dalla disposizione evocata, come tale non sanata dalla mancata richiesta da parte della difesa di rinnovazione istruttoria.
2.2. Il secondo motivo denuncia vizio di motivazione, apparente o carente, in ordine alla mancata indicazione degli elementi di fatto attestanti la consapevolezza dell’imputato, pacificamente amministratore ‘RAGIONE_SOCIALE‘ della cooperativa dichiarata insolven te, circa lo stato di irregolare tenuta delle scritture contabili.
2.3. Il terzo motivo denuncia vizio di motivazione da omessa risposta al motivo di gravame con il quale si era sollecitata la derubricazione della bancarotta documentale da fraudolenta a semplice.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1. Il primo motivo è manifestamente infondato.
I giudici di merito di entrambi i gradi si sono fedelmente attenuti all’insegnamento impartito dal diritto vivente, secondo cui «L’intervenuto mutamento della composizione del giudice attribuisce alle parti il diritto di chiedere sia prove nuove sia, indicandone specificamente le ragioni, la rinnovazione di quelle già assunte dal giudice di originaria composizione, fermi restando i poteri di valutazione del giudice di cui agli artt. 190 e 495 cod. proc. pen. anche con riguardo alla non manifesta superfluità della rinnovazione stessa», di modo che «La facoltà per le parti di richiedere, in caso di mutamento del giudice, la rinnovazione degli esami testimoniali presuppone la necessaria previa indicazione, da parte delle stesse, dei soggetti da riesaminare nella lista ritualmente depositata di cui all’art. 468 cod. proc. pen.» (Sez. U, n. 41736 del 30/05/2019, COGNOME, Rv. 276754).
Oneri, questi, cui la difesa dell’imputato non ha adempiuto, tanto escludendo la nullità della sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti.
2. Il secondo motivo è infondato.
2.1. Questa Corte ha da sempre affermato che l’assunzione solo formale della carica di amministratore di una società, poi dichiarata fallita, n on comporta l’automatica esenzione del soggetto che l’abbia rivestita da responsabilità per i reati di bancarotta documentale, fraudolenta o semplice, atteso che l’amministratore è il diretto destinatario dell’obbligo derivante dall’art. 2932 cod. civ. rel ativo alla regolare tenuta e conservazione dei libri
contabili (Sez. 5, n. 43977 del 14/07/2017, Rv. 271754). Da qui il corollario per cui, qualora l’amministratore solo formale deleghi ad altri in concreto la tenuta della contabilità o comunque consenta che altri assumano di fatto la gestione della società, egli non è esonerato dal dovere di vigilare sull’operato dei delegati o degli amministratori di fatto e, conseguentemente, dalla responsabilità penale, eventualmente in forza del disposto di cui all’art. 40, comma 2, cod. pen., se viene meno a tale dovere (Sez. 5, n. 36870 del 30/11/2020, Rv. 280133).
Se non sussiste alcuna automatica esenzione di responsabilità per l’amministratore solo “formale”, nemmeno può, però, altrettanto automaticamente affermarsi la sua responsabilità dolosa per le condotte incriminate dalla legge fallimentare sulla base della mera carica ricoperta e dell’integrazione dell’elemento materiale del reato: in ossequio al principio di personalità della responsabilità penale ex art. 27, comma 1, Cost., intesa come responsabilità per il fatto proprio e colpevole, è, infatti, necessaria la dimostrazione, non solo astratta e presunta, ma effettiva e concreta della consapevolezza dello stato delle scritture, tale da impedire la ricostruzione del movimento degli affari o, per le ipotesi con dolo specifico, di procurare un ingiusto profitto a taluno (Sez. 5, n. 44666 del 04/11/2021, Rv. 282280).
2.2. Con riguardo alla fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale c.d. “generica” di cui alla seconda parte dell’art. 216, comma 1, n. 2), L.F. – che è quella ritenuta nella sentenza impugnata (cfr. pag. 11, punto 2.2.3.) – per la sussistenza del dolo – che è quello generico – non è, dunque, necessario che l’amministratore formale si sia rappresentato ed abbia voluto gli specifici interventi da altri realizzati sulla contabilità.
È, piuttosto, necessario che l’amministratore ‘testa di legno’ abbia abdicato ai propri obblighi pur essendosi rappresentato la significativa possibilità che i gestori di fatto della società ne alterassero fraudolentemente la contabilità, impedendo o rendendo più difficile agli organi fallimentari la ricostruzione del patrimonio e del volume d’affari della fallita, e, ciononostante, abbia deciso di non esercitare i suoi poteri-doveri di vigilanza e controllo onde evitare che ciò accadesse. Adesione volontaristica, nei termini anzidetti, all’eventualità di una tenuta fraudolenta della contabilità sociale da parti di altri di cui l’assunzione formale della carica costituisce un importante indizio, suscettibile di trasformarsi in prova diretta dell’elemento psicologico tipico del detto reato, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso concreto.
2.3. Di tanto dato atto, è indubbio che a tali condivisi principi la sentenza impugnata si sia attenuta, avendo ancorato il riconoscimento del dolo generico del delitto di bancarotta fraudolenta documentale ‘generica’ di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, seconda parte, L.F. ad evidenze decisive: ossia, all’essersi l’imputato, sin dall’inizio del suo mandato, consapevolmente e volontariamente disinteressato della gestione tout court della cooperativa poi dichiarata insolvente, essendo stati gli amministratori di fatto a proporgli di assumere formalmente la carica di amministratore dietro pagamento di una
retribuzione. Donde, egli non solo si è chiaramente rappresentato la significativa possibilità di una tenuta delle scritture contabili in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio, ma, ciononostante, si è determinato ad agire comunque, anche a costo di causare l’evento lesivo, aderendo ad esso, ove lo stesso si fosse poi effettivamente verificato (in tal senso depone la lezione ermeneutica impartita dal diritto vivente con la sentenza Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, COGNOME, Rv. 261104).
3. Il terzo motivo è infondato.
Con riguardo alla configurabilità del diverso reato di bancarotta documentale semplice, la prospettazione difensiva sul punto è stata implicitamente e coerentemente disattesa dalla Corte territoriale in quanto incompatibile con la ricostruzione della complessiva condotta dell’imputato, come ricostruita nel punto 2.3. che precede, cui si fa integrale e recettizio rinvio: tanto supera le censure del ricorrente sull’omessa risposta al relativo motivo di gravame. Nel delitto di bancarotta fraudolenta documental e cd. ‘generica’, infatti, l’elemento psicologico si atteggia in concreto quale volontà del soggetto agente, nell’omettere l’adempimento dell’obbligo di contabilizzazione, di impedire la ricostruzione dei fatti gestionali (Sez. 5, n. 11115 del 22/01/2015, Rv. 262915; Sez. 5, n. 25432 del 11/04/2012, Rv. 252992; Sez. 5, n. 32173 del 11/06/2009, Rv. 244494); come tale è diverso dal l’elemento soggettivo (il dolo o la colpa) che anima la condotta di irregolare tenuta delle scritture contabili di cui all’art. 21 7, comma 2, L.F., che consiste nella sola coscienza e volontà di tenere in maniera irregolare le scritture contabili (Sez. 5, n. 2900 del 02/10/2018, dep. 2019, Rv. 274630) ovvero nel mantenerle in tale stato per negligenza o per imperizia.
S’impone, pertanto, il rigetto del ricorso, cui consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 04/03/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME