Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 30619 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 30619 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 10/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PESCARA il 17/02/1967
avverso la sentenza del 21/10/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in personadel Sostituto Procuratore NOME COGNOME—- che ha concluso chieden›
Il Proc. Gen. si riporta alla requisitoria in atti e conclude per l’annullamento con rin limitatamente al reato di bancarotta fraudolenta documentale. Inammissibilità nel resto.
udito il difensore
Il difensore COGNOME NOME del foro di ROMA ,S anche in sostituzione del difensore COGNOME NOME del foro di PESCARA, si riporta alla memoria in atti e conclude per l’inammissibilità o, in subordine, il rigetto del ricorso.
Il difensore COGNOME del foro di PESCARA si riporta ai motivi di ricorso e
insiste per l’accoglimento dello stesso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 21 ottobre 2024, la Corte d’appello di L’Aquila, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Pescara del 13/07/2022, per quanto qui di interesse, ha riqualificato il fatto di bancarotta fraudolenta patrimoniale, contestato al capo a/1, in bancarotta preferenziale e ha condannato NOME COGNOME n. q. di amministratore di diritto e di fatto della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita il 16 marzo 2018, per avere distratto, a favore dell’impresa individuale RAGIONE_SOCIALE dello stesso COGNOME, beni strumentali.
Lo ha altresì condannato per avere, al fine di recare pregiudizio ai creditori e di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, «sottratto e/ distrutto i libri e le altre scritture contabili della società e, comunque, per aver tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della medesima (capo a/2) nonché per il delitto di cui all’art. 2 d.lgs n. 74 del 2000 (capo b) per avere indicato, in quanto titolare e legale rappresentante della Frigoros, al fine di evadere le imposte sui redditi e/o sul valore aggiunto, nelle dichiarazioni annuali relative all’anno d’imposta 2014, elementi passivi fittizi, avvalendosi di fatture attive (con esclusione della fattura n. 3 /2014) relative ad operazioni inesistenti e, in particolare, di fatture attiv emesse dalla RAGIONE_SOCIALE relative a cessioni e prestazioni in realtà mai avvenute ed eseguite.
Il difensore di fiducia dell’imputato, Avv.to NOME COGNOME dopo aver precisato che l’oggetto di ricorso concerne la sola condanna per il reato di bancarotta fraudolenta documentale (capo a, n. 2) e per quello di cui all’art. 2 d.lgs n. 74 del 2000 (capo b), affida il proprio ricorso per cassazione a cinque motivi tutti proposti ex art. 606, comma 1, lett e), cod. proc. pen., qui riportati a norma dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo censura la sentenza impugnata per omessa motivazione in ordine alla pretermissione della asseritamente decisiva deposizione della teste NOME COGNOME che, ascoltata in primo grado, aveva dichiarato di avere visitato i locali preso cui aveva sede la società fallita e di avere visto negli scaffali dell’ufficio «dei faldoni, della documentazione contabile, tipo libri giornale, registro iva». L’omessa valutazione, da parte della Corte territoriale, della predetta allegazione difensiva sarebbe idonea, ad avviso del ricorrente, a integrare la carenza di motivazione attesa la decisività di siffatta dichiarazione.
2.2. Con il secondo motivo lamenta il difetto di motivazione per travisamento della prova avendo la Corte territoriale fondato il proprio convincimento su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale. Rappresenta che l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata –
secondo cui «a fronte della certa istituzione dei libri contabili e della loro disponibilità in capo all’imputato», solo parte della documentazione sarebbe stata acquisita dal curatore, perché trasmessagli dal commercialista della società sarebbe inesatta in quanto omette di considerare che sarebbe stato il COGNOME stesso a consegnare spontaneamente le fatture indicate nel capo di imputazione.
2.3. Con il terzo motivo deduce l’omessa motivazione in ordine alla spontanea consegna da parte del COGNOME al curatore fallimentare, che non ne conosceva l’esistenza, delle fatture emesse dalla Tesmann nel 2014 nei confronti della Frigoros. Tale dato, del tutto pretermesso nella sentenza impugnata, ad avviso della difesa dell’imputato, varrebbe a escludere l’elemento psicologico che andrebbe individuato nella coscienza e volontà dell’irregolare tenuta delle scritture con la consapevolezza che ciò rende impossibile la ricostruzione delle vicende dell’impresa.
2.4. Con il quarto motivo lamenta la mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità dell’imputato della sottrazione e/o distruzione dei libri e delle scritture contabili. La Corte d’appello, nel ritenere sussistente l’elemento psicologico, secondo la prospettazione difensiva, avrebbe valorizzato un presunto movente (sottrarre o distruggere la documentazione per celare la bancarotta patrimoniale contestatagli al capo A 1 e i reati tributari) di per sé solo insufficiente a ritener la sussistenza del dolo. Deduce, in ogni caso, che, diversamente da quanto sostenuto in primo grado e condiviso nella sentenza di appello, non sussisterebbe a carico dell’imputato alcun onere di prova essendo, invece, la pubblica accusa onerata a provare almeno la sussistenza degli indizi della sottrazione e/o distruzione della documentazione contabile.
2.5. Con il quinto motivo, concernente la contestazione del reato di cui all’art. 2 d.lgs n. 74 del 2000, lamenta l’omessa considerazione da parte della Corte territoriale di una censura decisiva concernente la reale e remota effettuazione delle prestazioni cui si riferiscono le fatture che escluderebbe la sussistenza del reato facendo al più permanere, attesa la mancata registrazione, la violazione di un mero precetto fiscale.
Con requisitoria scritta, il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, dr. NOME COGNOME ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata con riferimento alla bancarotta fraudolent documentale e la declaratoria di inammissibilità nel resto.
Il difensore dell’imputato e quello della parte civile, con le rispe memorie, hanno insistito nelle proprie richieste.
RITENUTO IN DIRITTO
Il ricorso è nel suo complesso infondato, a tratti inammissibile, e deve essere dunque rigettato.
Sono infondati e per certi versi inammissibili il primo, il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso che possono essere trattati congiuntamente poiché presentano numerosi tratti comuni e attengono tutti alla bancarotta fraudolenta documentale.
Entrambe le sentenze di merito, conformi in parte qua e che possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale attesi i ripetuti richiami della seconda alla prima e l’adozione dei medesimi criteri nella valutazione delle prove, hanno ritenuto la certa istituzione dei libri e delle scritture contabili e la loro disponibilità in capo al solo imputato che, amministratore di diritto e per un breve periodo di fatto della società fallita, ebbe a non consegnarli al curatore che aveva potuto recuperare esclusivamente dal commercialista, NOME COGNOME il verbale relativo al mutamento dell’amministratore, quello di cessione delle quote, la copia del bilancio di verifica alla data di dicembre 2014 e copia dei registri IVA del 2013 e del 2014, copia del giornale contabile anno 2014 da pag. 1 a pag. 14 in cui non erano annotate quattro fatture, pur consegnate. Tale documentazione, da entrambi i giudici di merito, è stata ritenuta del tutto insufficiente a consentire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della fallita, eccetto che per gli anni 2013 e 2014. Nella sentenza di primo grado si dà atto (pagg. 6 e 7) della dichiarazione del curatore in ordine all’omessa consegna di atti di amministrazione riferibili a NOME COGNOME amministratore di diritto da dicembre 2014 sino al fallimento e assolto per non aver commesso il fatto dalla Corte d’appello in quanto ritenuto estraneo alle vicende relative alla RAGIONE_SOCIALE e ignaro della sua nomina ad amministratore. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
1.2. Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, la mancanza di motivazione per avere la Corte d’appello pretermesso la valutazione di una prova decisiva, ossia la deposizione della teste NOME COGNOME che avrebbe confermato, in udienza, la regolare custodia negli uffici della società, al momento della cessione della totalità delle quote della fallita al nuovo amministratore di diritto (operazione effettuata il 10 dicembre 2014 e curata dallo studio di commercialista presso cui lavorava la teste), dei libri e delle scritture contabili. Il ricorrente riporta la testuale dichiarazione della teste che in udienza aveva affermato «… andata in occasione dell’atto di cessione … E si ricorda che cosa c’era presso questa sede? ADR Era un ufficio e c’erano degli scaffali dei faldoni, della documentazione contabile, tipo libri giornali, registro IVA …».
Tale motivo è inammissibile, in quanto il ricorrente, attraverso la denuncia dell’omessa motivazione, ha contestato sostanzialmente la mancata considerazione di una prova dichiarativa senza assolvere all’onere, a suo carico, di riportarne integralmente il contenuto essendosi limitato ad estrapolarne alcuni brani, così impedendo a questo Giudice di legittimità di apprezzare compiutamente il significato probatorio delle dichiarazioni e, quindi, di valutare l’effettiva portata del vizio dedotto (così in motivazione, Sez. 5, n. 5264 del 17/12/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258881-01; Sez. 4, n. 37982 del 26/6/2008, COGNOME, Rv. 241023-01; Sez. F., n. 32362 del 19/8/ 2010, COGNOME, Rv. 248141-01).
Ad ogni buon conto deve rilevarsi che effettivamente la Corte d’appello non fa alcuna menzione alla deposizione della teste limitandosi a riportare, nell’esporre i motivi di appello (p. 2.3.), che l’imputato, nel chiedere l’assoluzione per la bancarotta documentale, aveva richiamato, tra l’altro, al fine di escludere la propria responsabilità, la dichiarazione della predetta teste che avrebbe confermato l’esistenza della documentazione all’atto della cessione delle quote.
Devesi però osservare che la dichiarazione della già menzionata teste, contrariamente a quanto assunto dal ricorrente, non può certamente intendersi rilevante e decisiva al fine di escludere la responsabilità. Ed invero, essa, al contrario, contribuisce a ritenere sussistente la materialità del fatto in quanto all’imputato è stato contestato non solo l’omessa annotazione delle fatture, ma anche di aver sottratto e/o distrutto i libri e le altre scritture contabili a cu equiparata la mancata consegna (Sez. 5, n. 47923 del 23/09/2014, COGNOME, Rv. 261040-01) e la teste, secondo la stessa versione del ricorrente, ha confermato, sia pure in modo assolutamente vago, l’esistenza di tali atti. Tale dichiarazione, dunque, in ogni caso, al più può essere utile per rafforzare la prospettazione accusatoria posto che da essa, per come riportata dal ricorrente, emergerebbe al più che la documentazione esisteva, ma non anche che essa era stata consegnata al nuovo amministratore.
1.3. Il ricorrente, con il secondo motivo, lamenta il travisamento probatorio per avere, contrariamente a quanto affermato dalla Corte d’appello, consegnato egli stesso spontaneamente al curatore le fatture della fallita e della Frigoros indicate nel capo di imputazione e afferma che siffatta omissione avrebbe riflessi poi in ordine alla sussistenza dell’elemento psicologico come meglio specificato nel terzo motivo di ricorso.
Orbene, tre sono le figure di patologia della motivazione riconducibili al vizio in esame: la mancata valutazione di una prova decisiva (travisamento per omissione); l’utilizzazione di una prova sulla base di un’erronea ricostruzione del
GLYPH
relativo GLYPH “significante” GLYPH (cd. GLYPH travisamento GLYPH delle GLYPH risultanze GLYPH probatorie); l’utilizzazione di una prova non acquisita al processo (cd. travisamento per invenzione).
Nel caso di specie, secondo la prospettazione difensiva, ricorrerebbe il travisamento per omissione, omissione che, però, per essere rilevante, deve essere decisiva (Sez. 6, n. 10795 del 16/02/2021, F., Rv. 281085 – 01). Orbene, siffatta decisività, al fine di escludere la materialità del fatto, non è minimamente riscontrabile posto che ciò che rileva, al fine della sussistenza della condotta di bancarotta documentale, è l’omesso assolvimento dell’obbligo, gravante direttamente e personalmente sull’amministratore di società, di tenere e conservare le scritture necessarie per ricostruire il patrimonio e il movimento degli affari della fallita, obbligo che, come riferito dal curatore, non risulta essere stato rispettato (cfr. pagg. 2 e 3 della sentenza qui impugnata). A nulla rileva dunque la circostanza dedotta in quanto l’eventuale consegna delle fatture da parte dell’imputato non è comunque sufficiente per poter ritenere questo esonerato dall’obbligo di consegna dell’ulteriore e necessaria documentazione. Né il ricorrente ha provato, come sarebbe stato suo onere (Sez. 5, n. 55740 del 25/09/2017, COGNOME, Rv. 271839-01), che il mancato rinvenimento delle predette scritture era dipeso da fatto a lui non imputabile. Proprio in tale prospettiva l’imputato, al fine di escludere la propria responsabilità, con il primo motivo, là dove lamenta la pretermissione della deposizione della teste COGNOME, deduce che, al momento della cessione della totalità delle quote della RAGIONE_SOCIALE al nuovo amministratore NOME COGNOME i libri e le scritture erano regolarmente custoditi e che da quel momento la responsabilità era transitata in capo esclusivamente al nuovo amministratore. Come si è visto sopra, però, tale tesi difensiva è rimasta sfornita di prova posto che la dichiarazione della teste COGNOME come riportata dal ricorrente, non scalfisce minimamente quanto ritenuto nelle sentenze di merito in quanto, anche a prescindere dalle osservazioni della Corte d’appello in ordine alla «assai relativa credibilità» della teste (cfr. pag 19), in ogni caso questa era stata presente solo alla sottoscrizione dell’atto di cessione di quote, ma non «aveva assistito al passaggio di consegne della contabilità dal vecchio al nuovo amministratore» (così, alla pag. 13 della sentenza di primo grado). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
1.4. Il denunziato difetto di motivazione in ordine alla consegna spontanea da parte dell’imputato delle fatture avrebbe dei riflessi, secondo la prospettazione difensiva, anche in relazione all’elemento psicologico.
Anche in questo caso la deduzione non scalfisce la motivazione della Corte d’appello posto che, contrariamente a quanto deduce il ricorrente, il reato di bancarotta fraudolenta documentale è stato contestato e riconosciuto sia perché
non risultavano annotate le quattro fatture – e, quindi, per una sorta di disordine contabile che richiede il dolo generico – sia perché l’imputato non ha messo a disposizione del curatore le scritture necessarie alla ricostruzione dei fatti imprenditoriali di rilievo in vista della ricostruzione del patrimonio e de soddisfacimento delle ragioni creditorie. La dedotta consegna spontanea delle fatture quindi non influisce sulla tenuta della motivazione anche in parte qua posto che la Corte d’appello ha valorizzato, anche se in modo stringato, ma sufficiente, la consapevolezza dell’imputato, quale unico soggetto interessato, «a realizzare la situazione di incertezza e di oscurità derivante dalla mancanza della documentazione contabile» ove si consideri, ha stigmatizzato ancora la Corte, che lo stesso è «sicuro autore» delle condotte di bancarotta patrimoniale e dei reati tributari. In altri termini, la Corte ha ritenuto condivisibilmente che, una volta affermata la responsabilità dell’imputato per i fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale e per reati tributari, non può non operare, sul piano probatorio, la logica presunzione per la quale l’omessa consegna e/o tenuta delle scritture contabili sia stata funzionale all’occultamento o alla dissimulazione degli atti depauperativi del patrimonio sociale. Tale motivazione è coerente con i caratteri del dolo specifico di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori richiesto per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale per omessa tenuta ovvero occultamento della documentazione contabile.
2. Il quinto motivo è inammissibile.
Esso ha riguardo alla condanna per il delitto di cui all’art. 2 d.lgs n. 74 del 2000 ( capo b) per avere l’imputato in quanto titolare e legale rappresentante della ditta individuale Frigoros, al fine di evadere le imposte sui redditi e/o sul valore aggiunto, indicato nelle dichiarazioni annuali relative all’anno d’imposta 2014 elementi passivi fittizi, avvalendosi di fatture attive (con esclusione della fattura n. 3 /2014) relative ad operazioni inesistenti e, in particolare, di fatture attive emesse dalla RAGIONE_SOCIALE, amministrata e legalmente rappresentata dallo stesso COGNOME, relative a cessioni e prestazioni in realtà mai avvenute ed eseguite, indicate nel capo di imputazione.
Il ricorrente lamenta la mancanza di motivazione per avere la Corte territoriale pretermesso la decisiva allegazione difensiva secondo cui le prestazioni a cui si riferiscono le fatture sarebbero state realmente effettuate prima del 2014. Deduce che l’omessa registrazione delle transazioni nel periodo di imposta a cui queste si riferiscono costituisce inadempimento a un mero precetto fiscale e che da essa non avrebbe potuto trarsi la conclusione dell’inesistenza delle prestazioni oggetto delle fatture.
Il motivo è inammissibile attesa l’assoluta genericità della censura posto che non vengono neanche indicati i pregressi rapporti contrattuali a cui le fatture
si riferirebbero. La censura proposta si appalesa piuttosto come uno strumento per sfuggire al confronto critico con le conformi sentenze di merito che, in modo
del tutto lineare, completo e approfondito, hanno evidenziato sia le irregolarità
formali delle fatture (anomala numerazione; mancata contabilizzazione nella contabilità della RAGIONE_SOCIALE a fronte della contabilizzazione dalla RAGIONE_SOCIALE che,
quindi, poteva scontare VIVA a credito); sia l’omesso riferimento ai rapporti contrattuali tra le due imprese; sia l’inattività e la mancanza di dipendenti
all’epoca di emissione delle fatture da parte della RAGIONE_SOCIALE
3. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa
sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che si liquidano in complessivi euro 3.500, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che liquida in complessivi euro 3.500, oltre accessori di legge.
Roma, 10 giugno 2025