Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 35392 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 35392 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BENEVENTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/12/2024 della Corte d’appello di Napoli Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore dr.ssa NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata in accoglimento del primo motivo di ricorso;
udito il difensore, l’avvocato COGNOME NOME, nella qualità di sostituto processuale dell’avvocato COGNOME NOME, che si riporta ai motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento.
Ritenuto in fatto
1.COGNOME NOME ha promosso ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli del 6 dicembre 2024, che ne ha confermato l’affermazione di reità, statuit in primo grado nel rito abbreviato, in relazione al delitto di cui agli artt. 110 cod. pen prima parte n. 2, 223 r.d. n. 267/42, commesso, in concorso con COGNOME NOME
(liquidatore), COGNOME in qualità di amministratore prima e preposto poi – dopo la messa in liquidazione – della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, dichiarata fallita il 7 novembre 2016.
2.L’atto di impugnazione si è affidato a tre motivi, qui enunciati nei limiti stretta necessari di cui all’art. 173 comma 1 disp. att. cod. proc. pen..
2.1.11 primo motivo, fondato sul richiamo del vizio di inosservanza della legge penale e del vizio di motivazione, ha esposto che il primo giudice avrebbe individuato nel dolo generico l’elemento soggettivo necessario a perfezionare il reato contestato, mentre la imputazione che pure creerebbe confusione per la “sovrapposizione” tra le diverse ipotesi di bancarotta documentale fraudolenta – riguarda il delitto di bancarotta fraudolenta documentale per la mancata consegna della contabilità al curatore del fallimento, che esige la prova del dolo specifico. La sentenza impugnata avrebbe vanamente tentato di rimediare all’errore, spostando le valutazioni sulla necessità della prova del dolo specifico, senza però riuscire a forn giustificazione appagante della sua esistenza.
2.2. Il secondo motivo ha dedotto analoghi motivi con riferimento alla prova della omessa consegna della contabilità, in quanto addebitabile esclusivamente al nuovo amministratoreliquidatore della società, subentrato a COGNOME, cessato dalla carica il 30 luglio 2014. fratello dell’imputato avrebbe riferito, deponendo come testimone, che tutta la contabilità er stata ritirata dal liquidatore COGNOME, riscontrato dalle dichiarazioni dell’ex commercialis fiducia della società. Né risulterebbe, dalla motivazione, che il ricorrente avesse assunto veste di amministratore di fatto anche dopo la messa in liquidazione.
2.3. Il terzo motivo ha denunciato i vizi di cui all’art. 606 comma 1 lett. c) ed e) cod. pen. per la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza sotto due aspetti: un lato, l’indicazione nel capo d’imputazione del ricorrente in qualità di preposto con poteri rappresentanza, che è altro rispetto all’amministratore, mentre le sentenze di merito lo hanno condannato come amministratore; dall’altro, la riscontrata “fusione”, nel capo d’accusa, delle condotte punite come bancarotta fraudolenta documentale, a dolo specifico e dolo generico, con la conseguente incertezza sull’oggetto dell’addebito.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato, per quanto di ragione.
1.E’ stato dedotto, con il terzo motivo, un error in procedendo, che è necessario affrontare per primo per il suo carattere potenzialmente assorbente rispetto alle residue ragioni di censura. 1.1. Il motivo non coglie nel segno, perché il preposto con funzioni di rappresentanza corrisponde, giuridicamente e nella sostanza, all’institore, di cui all’art. 2204 cod. civ., ab
a compiere tutti gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa a cui è preposto, salve le limi contenute nella procura, ove mai esistenti, figura anche formalmente annoverata tra i responsabili dei reati fallimentari dall’art. 227 del R.D. n. 267 del 1942 e tito eventualmente insieme all’amministratore, della posizione di garanzia in ambito societario (cfr. sez.5, n. 33243 del 09/02/2015, Bosco, Rv. 264952). Del resto, dall’incedere delle decisioni in rassegna, che hanno ripercorso le vicende fattuali di interesse, si evince con chiarezza che i COGNOME fosse, quantomeno sino alla messa in liquidazione, il gestore di fatto della società fallita con ampi poteri, come può ben competere ad un institore che sia dotato della rappresentanza legale dell’ente. Deve essere allora richiamato il principio stabile del giurisprudenza di legittimità, secondo il quale, in tema di correlazione tra imputazio contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astr prevista dalla legge, in modo che si configuri un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cu scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l’indagine volta accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è insussistente quando l’imputato, attraverso l'”iter” del processo, venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazio (per tutte, Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, COGNOME, Rv. 248051; Sez. U, n. 16 de 19/06/1996, COGNOME, Rv. 205619).
In altre parole, la diversità del fatto che rende doverosa la modifica del capo di imputazion da parte dell’organo dell’accusa e preclude al giudice di pronunciarsi, imponendogli di restitui gli atti al pubblico ministero, è solo quella che determina una effettiva lesione del diri contraddittorio e del conseguente diritto di difesa; e non è diverso il fatto che pres connotati materiali difformi da quelli descritti nella contestazione originaria, laddo differente condotta realizzativa sia emersa dalle risultanze probatorie portate a conoscenza dell’imputato, di modo che anche rispetto ad essa egli abbia avuto modo di esercitare le proprie prerogative difensive (Sez. 6, n. 38061 del 17/04/2019, COGNOME, Rv. 277365; sez. 6, n. 21094 del 25/02/2004, COGNOME, Rv. 229021).
Quanto, in particolare, alla formulazione dell’imputazione di bancarotta fraudolent documentale, occorre osservare che la descrizione del fatto non tradisce tanto una “fusione” tra fattispecie, quanto piuttosto enuncia una contestazione alternativa (come si desume dall’inciso “…o comunque tenevano…”) e questa Corte di legittimità ha già avuto modo d chiarire che è ammissibile la contestazione alternativa dei delitti di bancarotta fraudole documentale per sottrazione, distruzione o occultamento di scritture contabili, per la c sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, e di fraudole tenuta delle stesse, che integra una ipotesi di reato a dolo generico, non determinando tale modalità alcun vizio di indeterminatezza dell’imputazione (sez.5, n. 8902 del 19/01/2021, Tecchiati, Rv. 280572). La lettura degli elaborati decisori permette in ogni caso di rilev
come l’attuale ricorrente abbia costantemente interloquito sui temi dell’apicalità della s figura in ambito societario e della riferibilità della condotta oggetto del rimprover bancarotta fraudolenta documentale, esercitando il diritto al contraddittorio sui fatti di accu per lui intellegibili sin dalla formulazione dell’iniziale editto imputativo.
2.E’ fondato il primo motivo di ricorso.
2.1.Va ricordato che oggetto dell’imputazione è la mancata ostensione dell’intero impianto contabile agli organi fallimentari, e che costituisce orientamento ormai consolidato di questa Corte quello secondo il quale “in tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiud ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli o fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, lett. b), legge fall. – rispetto alla fraud tenuta di tali scritture, in quanto quest’ultima integra un’ipotesi di reato a dolo generico, presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai citati organi” (sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, COGNOME, Rv.279838; sez. 5, n.18320 del 07/11/2019, COGNOME, Rv.279179). L’indirizzo in esame ha superato quello risalente, che tendeva ad equiparare – a riguardo delle condotte riconducibili alla fattispecie di bancarot fraudolenta documentale nella duplice declinazione, specifica e generica – l’omissione della tenuta della contabilità alla sua conservazione irregolare od incompleta; l -omissione” connota l'”inesistenza” degli adempimenti contabili, ritenuta equivalente alla sottrazione all’occultamento di scritture esistenti e non consegnate al curatore, purchè accompagnata dalla prova dello scopo di trarne un ingiusto profitto o di recare nocumento alla massa creditizia; invece, la cura irregolare o incompleta di un impianto contabile messo a disposizione della curatela, per assurgere all’integrazione del più grave delitto di bancarotta fraudolent documentale nella forma di cui all’art. 216 comma primo n. 2, seconda ipotesi, R.D. n. 267 del 1942 rispetto a quello di bancarotta semplice di cui all’art. 217 comma 2 del R.D. n. 267 del 1942, deve essere caratterizzata – quanto all’elemento soggettivo – dal dolo generico di “fraudolenza”, inteso quantomeno come compiuta rappresentazione che le scritture consegnate alla curatela del fallimento non renderanno possibile la puntuale ricostruzione del patrimonio o dell’andamento degli affari (cfr. Sez. 5, n. 18634 del 1/2/2017, Autunno, Rv. 269904; Sez. 5, n. 26379 del 5/3/2019, COGNOME, Rv. 276650). Pertanto, l’ipotesi di omessa tenuta dei libr contabili può rientrare – in questi termini – nell’alveo della bancarotta fraudolenta documental di cui all’art. 216 comma 1 n. 2, prima ipotesi, del R.D. n. 267 del 1942, ma solo qualora si accerti (e si dia conto) che scopo dell’omissione sia stato quello di recare pregiudizio creditori, atteso che altrimenti risulterebbe impossibile distinguere tale fattispecie da que analoga sotto il profilo materiale, prevista dall’art. 217 L. Fall. (per quanto riferita al contabilità obbligatoria: Sez. 5, n. 44886 del 23/09/2015, Rv. 265508), punita sotto il tito della bancarotta semplice documentale (Sez. 5, n. 25432 del 11 aprile 2012, COGNOME e altri, Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Rv. 252992). Sugli indicatori della prova del dolo specifico si sono soffermati i diversi arr giurisprudenziali che hanno sottolineato la necessità di privilegiare una chiave di lettura c esalti la specularità di talune emergenze probatorie – come la dimostrazione dell’esistenza di risorse finanziarie o di un patrimonio positivo resi inaccessibili agli organi fallimentar sproporzione tra l’entità del passivo e l’inesistenza di attivo – che orientino sull’intenzional ostacolarne il tracciamento attraverso la mancata consegna delle scritturazioni (cfr. sez. 5, n 10968 del 31/01/2023, COGNOME, Rv.284304, che si è soffermata per esempio sull’ingentissima esposizione debitoria per crediti privilegiati e chirografari); si è ancora recentemente osservat che lo scopo di recare pregiudizio ai creditori può essere desunto anche dall’irreperibilità dell’amministratore, a condizione tuttavia che ad essa si accompagnin ulteriori indici di fraudolenza, quali il passivo rilevante e la distrazione dei beni aziendali ( n. 2228 del 04/11/2022, COGNOME, Rv. 283983); così, appare significativo menzionare il principio di diritto che ha puntualizzato la necessità di un approfondimento della motivazione che affermi la responsabilità per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale nei casi in c non sia stata contestualmente riconosciuta quella per bancarotta fraudolenta patrimoniale (sez.5, n. 26613 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276910).
1.1. La sentenza impugnata, per contrastare il motivo di gravame che ha confutato l’emersione della prova dell’elemento soggettivo del reato, ha dato evidenza dell’impossibilità, per il curatore, di rielaborazione degli accadimenti aziendali a cagione dell’indisponibilità d scritture contabili, nella sua pacifica oggettività; ha illustrato, poi, che dai bilanci di e 2011, 2012 e 2013 risulta “un debito di euro 800.000 pur in presenza di un attivo di esercizio”. Ed è proprio a tale ultimo proposito che la sentenza impugnata presta il fianco ad una critica di intrinseca e significativa illogicità espositiva, perché, una volta stigmatizzato il comportamen nella sua materialità ed in assenza di specifici addebiti di bancarotta fraudolenta patrimoniale non sono stati in alcun modo individuati i dati sintomatici della volontà di ricavare, con omissioni compilative o il nascondimento della contabilità, un ingiusto profitto o di occultare, pregiudizio dei creditori, l’evoluzione delle vicende aziendali.
Sono stati citati i bilanci di esercizio, di cui non è dato conoscere le voci attive né la entità, potenzialmente idonee a rappresentare disponibilità economiche sottratte alla massa; non è stata chiarita la natura del debito di 800.000 euro, né sono state indicate l’entità e tipologia delle passività insinuate nella procedura concorsuale. Si tratta di indicatori rilevan fini della prova dei dolo specifico e, dunque, di un elemento essenziale richiesto dal paradigma della norma incriminatrice contestata.
3. E’ fondato anche il secondo motivo di ricorso.
3.1.E’ certo vero che, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, è onere dell’amministratore cessato, nei confronti del quale sia provata la condotta di omessa tenuta delle scritture contabili relative al periodo in cui rivestiva l’incarico, dimostrare l’av consegna delle scritture contabili al nuovo amministratore subentrante (sez.5, n. 55740 del
25/09/20, COGNOME, Rv. 271839) ed occuparsi del passaggio di consegne (sez.5, n. 39160 del 04/10/2024, COGNOME, Rv. 287061).
La lettura delle sentenze di merito consente tuttavia di apprezzare come l’originario coimputato COGNOME NOME, nominato liquidatore, separatamente giudicato con il rito del patteggiamento, abbia dichiarato di aver avuto effettivamente la disponibilità dell’impiant contabile e di non ricordarne il luogo di deposito (pag.4 primo grado). La decisione del primo giudice non si è curata di stimarne l’inattendibilità e la Corte d’appello ha totalme pretermesso di vagliarne il contributo. L’emergenza probatoria assume rilievo per una compiuta ricostruzione dei fatti, perché in qualche modo convalida l’apporto testimoniale del fratello del prevenuto, che ha riferito della avvenuta consegna al liquidatore del documentazione contabile, anche in considerazione del fatto che la violazione dell’obbligo di cui all’art. 2487-bis terzo comma cod. civ. può comportare l’insorgenza di una responsabilità civile dell’amministratore per i danni eventualmente provocati alla società o ai terzi e può anche rappresentare un indizio di artificiosità delle operazioni relative al “passaggio di consegne”, m non esclude la necessità dell’apprezzamento di prove aliunde assicurate al processo.
Ed opaco rimane il quadro motivazionale anche con riferimento all’eventuale attribuibilità della veste di amministratore di fatto al ricorrente nel segmento successivo alla messa in liquidazione, perché la sentenza impugnata afferma che la sua “preposizione gestoria”, accompagnata dall’esercizio dei poteri della rappresentanza legale, sarebbe proseguita anche nel corso della fase liquidatoria (pag. 3), mentre quella di primo grado ne colloca l’interruzio al 30 luglio 2014, con la designazione del liquidatore NOME (pag.4); ed entrambe le pronunce ne individuano inopinatamente la fonte di conoscenza nella “visura camerale in atti”. Né sono stati precisati gli indicatori altrimenti sintomatici di un’attività gestionale de facto che il ricorrente avrebbe proseguito nel periodo post-liquidatorio.
4.In conclusione, la fondatezza del ricorso proposto dall’imputato impone l’annullamento della impugnata sentenza, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello perché provveda a riesaminare la res iudícanda per le ragioni indicate.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli.
Così deciso in Roma, 09/10/2025