Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 26114 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 26114 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/03/2024
SENTENZA
COGNOME NOME, nato a Carate Brianza il DATA_NASCITA, avverso la sentenza della Corte di appello di Milano in data 9/05/2023; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria con cui il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso chiedendo la declaratoria sul ricorso proposto da di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del Tribunale di Monza in data 8 luglio 2021, NOME COGNOME fu condannato, con le attenuanti generiche, alla pena di 2 anni e 2 mesi di reclusione in quanto riconosciuto colpevole dei reati, unificati dalla continuazione, previsti dagli artt. 216, comma 1, n. 2, legge Fall., perché, nella sua qualità di amministratore della società fallita RAGIONE_SOCIALE, teneva i libri e le scritture contabili in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari (capo A), nonché dall’art. 216, comma 3, legge fall., perché, nella qualità predetta, adempiva i debiti verso gli istituti d /,/
credito a scapito di quelli verso l’Erario, così eseguendo pagamenti preferenziali (capo B); in Monza il 16 dicembre 2014.
Con sentenza in data 9 maggio 2023, la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarò non doversi procedere nei confronti dello stesso COGNOME in relazione al reato di bancarotta preferenziale, essendo i fatti ormai estinti per prescrizione, per l’effetto rideterminando la pena in 2 anni di reclusione in relazione al reato di bancarotta fraudolenta documentale.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione lo stesso COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, deducendo due distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
3.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 216, comma 1, n. 2, legge fall. per carenza dell’elemento materiale del reato. La sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto provato che la contabilità fosse stata tenuta in modo da impedire la ricostruzione del patrimonio sociale e del relativo movimento di affari, nonostante le dichiarazioni del commercialista COGNOME, che ha asserito di avere redatto tutti i bilanci, di avere tenuto i lib contabili, che veniva effettuata la registrazione delle ricevute bancarie quando venivano emessi i crediti corrispondenti e che egli riportava in bilancio le esposizioni, suggerendo all’imputato di incassare il più possibile dei crediti. Tale testimonianza, del tutto obliterata, avrebbe dimostrato che non vi era alcuna coscienza e volontà di tenere le scritture contabili in modo da impedire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, come apoditticamente affermato in sentenza, essendosi l’imputato sempre affidato alle capacità professionali del proprio commercialista.
3.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. b) , cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 216, comma 1, n. 2, legge fall. per carenza dell’elemento soggettivo del reato. Le medesime ragioni illustrate in relazione al primo motivo fonderebbero, nella prospettazione difensiva, l’insussistenza del dolo generico ritenuto dai Giudici di merito in relazione all’ipotesi di bancarotta documentale contestata.
Con memoria in data 2 marzo 2024, la difesa dell’imputato ha ulteriormente ribadito gli argomenti già dedotti in ricorso a sostegno della richiesta di annullamento della sentenza impugnata.
Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati.
Va premesso che secondo quanto accertato in sede di merito, in particolare attraverso la escussione del curatore fallimentare e la relazione predisposta ai sensi dell’art. 33 legge fall., è emersa l’incompletezza della documentazione contabile fornita, essendo stata, in particolare, riscontrata nei bilanci la presenza di gravi omissioni, quali: la mancata sottoscrizione del libro dei verbali di assemblea e le carenti modalità di tenuta; la tenuta irregolare del libro degli inventari; la mancanza dei dettagli degli effetti in portafoglio; la mancanza dei prospetti di collegamento tra la situazione contabile di riferimento per la trasformazione; la mancata valutazione dei crediti iscritti in bilancio.
Nell’atto di appello e per l’intero giudizio di merito, la difesa ha dedotto la circostanza, reiteratamente ribadita anche nell’odierno ricorso, che secondo quanto dichiarato dal commercialista COGNOME, egli avrebbe regolarmente redatto i bilanci e avrebbe tenuto i libri inventari, seguendo i criteri per la tenuta dell contabilità, non risultando omissioni o erronee applicazioni dei medesimi da cui evincere una qualche irregolarità nella tenuta della contabilità ovvero l’inattendibilità della medesima. Tale prospettazione è stata, però, confutata a partire dalle attestazioni del curatore fallimentare, il quale ha riscontrato che i libr sociali erano stati compilati disordinatamente, anche nei loro aspetti formali, e risultavano incompleti in molte annotazioni essenziali; e che la contabilità è risultata mancante di molti riferimenti necessari a chiarire gli aspetti sia della trasformazione della fallita da società in accomandita semplice in RAGIONE_SOCIALE e della valutazione del valore aziendale in vista di tale evento, sia dell’effettiva esigibilit dei crediti iscritti nei bilanci. Su tali premesse, la Corte di merito ha motivatamente ritenuto di ravvisare l’elemento materiale della bancarotta documentale, che ricorre non soltanto quando la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari del fallito si renda impossibile per il modo in cui le scritture contabili son state tenute, ma anche quando gli accertamenti, da parte degli organi fallimentari, siano stati ostacolati da difficoltà superabili solo con particolare diligenza. Ciò che la sentenza impugnata ha ritenuto di ravvisare nel caso in esame, rilevando come l’incompleta e disordinata tenuta delle scritture sia stata la causa principale dell’impossibilità di stabilire in modo dirimente la situazione creditoria, l’esistenza e la sorte di eventuali beni residui nel patrimonio della fallita, le reali cause del dissesto e, in ultima analisi, la fondatezza dell’ipotesi di bancarotta impropria sub b). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Per quanto, invece, concerne l’elemento soggettivo, va premesso che correttamente la sentenza impugnata ha rilevato come la parziale omissione del
dovere annotativo, integrante la fattispecie di cui alla seconda ipotesi dell’art. 216, comma 1, n. 2, legge fall., sia punita a titolo di dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà della irregolare tenuta delle scritture con la consapevolezza che ciò renda difficoltosa o impossibile la ricostruzione delle vicende patrimoniali dell’impresa (così, da ultimo, Sez. 5, n. 15743 del 18/01/2023, Gualandri, Rv. 284677 – 02). Tale specifico atteggiarsi dell’elemento soggettivo non può essere desunto dal solo fatto, costituente l’elemento materiale del reato, che lo stato delle scritture sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, essendo necessario chiarire la ragione e gli elementi sulla base dei quali l’imputato abbia avuto coscienza e volontà di realizzare detta oggettiva impossibilità e non, invece, di trascurare semplic:emente la regolare tenuta delle scritture, senza valutare le conseguenze di tale condotta, atteso che, in quest’ultimo caso, si integra l’atteggiamento psicologico del diverso e meno grave reato di bancarotta semplice (Sez. 5, n. 26613 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276910 – 01; Sez. 5, n. 23251 del 29/04/2014, COGNOME, Rv. 262384 – 01; Sez. 5, n. 172 del 7/06/2006, dep. 2007, Vianello, Rv. 236032 – 01).
3.1. A tale esigenza di approfondimento valutativo e di specifica motivazione non si è attenuta la sentenza impugnata, la quale, nonostante i rilievi difensivi svolti in sede di impugnazione, ha laconicarnente affermato che la condotta fosse «funzionale a impedire il compiuto accertamento delle vicende e della consistenza della fallita», rivelando, per tale ragione, «la sussistenza di indicatori d fraudolenza sufficientemente convincenti da integrare il dolo generico» richiesto per la fattispecie contestata. Una siffatta motivazione presenta evidenti tratti di circolarità, muovendo da una premessa, costituita dalla circostanza che la irregolare tenuta delle scritture contabili fosse strumentale a impedire un accertamento della situazione societaria, che avrebbe dovuto essere dimostrata, giungendo, del tutto apoditticamente, ad affermare l’esistenza di indicatori di fraudolenza che avrebbero dovuto essere, anch’essi, oggetto dello specifico accertamento demandato al giudice di merito. E ciò tanto più dinnanzi alla prospettazione dell’attività prestata dal commercialista nella gestione della documentazione contabile, che avrebbe imposto una più chiara enunciazione degli specifici elementi di fatto dai quali trarre il convincimento di una piena consapevolezza, in capo all’imputato, della situazione di irregolarità delle scritture contabili e del connotato di fraudolenza che caratterizza la fattispecie in contestazione. Ciò che, conclusivamente, rende necessario sollecitare un nuovo vaglio da parte del Giudice di merito attraverso il quale chiarire, sul piano motivazionale, il profilo appena illustrato.
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Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto, sicché la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio, per nuovo esame, ad altra Sezione della Corte di appello di Milano.
PER QUESTI MOTIVI
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Milano.
Così deciso in data 7 marzo 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente