Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 5965 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 5965 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOMENOME nato a Trapani il DATA_NASCITA, avverso la sentenza della Corte di appello ch Palermo in data 21/03/2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta presentata ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, con cui il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
letta la memoria presentata ai sensi dell’art. 23, comma 8, dl. 28 ottobre 2020, n. 137, dall’AVV_NOTAIO, difensore di fiducia di NOME, il quale ha ulteriormente illustrato i due motivi di ricorso, chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 21 marzo 2023, la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale di Trapani in data 23 febbraio 2021 con la quale NOME COGNOME era stato condannato alla pena di 3 anni e 6 mesi di reclusione in quanto riconosciuto colpevole, con le attenuanti generiche, dei reati, unificati dalla continuazione, previsti dagli artt. 216, comma 1, n. 1, comma 2, n. 1, 223,
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commi 1 e 2, r.d. n. 267 del 1942 (capo A); 223, comma 2, n. 2, r.d. n. 267 del 1942 (capo B), entrambi commessi il 25 agosto 2016; e di cui agli artt. 367 e 61, n. 2, cod. pen., commesso in data 1 aprile 2014 (capo C).
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione lo stesso COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, deducendo due distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 603 cod. proc. pen. per la mancata assunzione di una prova decisiva costituita dall’audizione del AVV_NOTAIO NOME COGNOME sull’attività espletata in nome e pe- conto dell’imputato e della società coinvolta, che avrebbe potuto smentire le sommarie informazioni della AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME. La Corte territoriale non avrebbe sufficientemente motivato il rigetto della richiesta, non menzionando le argomentazioni difensive circa il perdurare del rapporto professionale con lo RAGIONE_SOCIALE fino alla data della morte del titolare e oltre.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 367 cod. pen., 216 e 223, r.d. n. 267 del 1942, 603 e 530 cod. proc. pen., nonché la manifesta illogicità della motivazione in relazione alla qualificazione giuridica del fatto e il travisamento della prova quanto alla sottrazione, distruzione o falsificazione delle scritture contabili.
Secondo la Corte di appello, dalle dichiarazioni di NOME COGNOME emergerebbe che NOME non fosse più cliente dello studio del padre da diverso tempo prima della sua morte, non avendo ella mai rinvenuto, dopo essergli subentrata nella gestione dei clienti, alcuna documentazione relativa alla società. Inoltre, il AVV_NOTAIO COGNOME avrebbe smentito di avere assistito NOME dopo la morte di COGNOME.
In realtà, il AVV_NOTAIO COGNOME, in sede di sommarie informazioni, avrebbe dichiarato espressamente «di aver proceduto al riallineamento dei saldi per l’anno 2011» per conto di RAGIONE_SOCIALE. Detta attività avrebbe potuto essere effettuata soltanto a partire dal marzo dell’anno successivo, momento in cui il cliente poteva, per la prima volta, acquisire la documentazione necessaria a riallineamento per l’anno di imposta precedente, il cui termine per la presentazione scade ad aprile, pur potendo essere effettuato tardivamente con dichiarazione integrativa. Dunque, NOME sarebbe stato in possesso della relativa documentazione successivamente al decesso del dominus dello studio, avvenuto nel gennaio 2012, sicché errerebbe la sentenza nel ritenere che l’imputato non fosse più assistito da COGNOME da diverso tempo prima del decesso.
Ora, se l’azienda di RAGIONE_SOCIALE era ancora seguita dallo studio di consulenza RAGIONE_SOCIALE nel 2012, non si spiegherebbe per quale motivo la Guardia di Finanza non abbia provveduto all’acquisizione del libro giornale e delle altre scritture contabili elettroniche, che secondo RAGIONE_SOCIALE si sarebbero trovate presso lo studio del consulente. Ma soprattutto la deduzione della Corte di appello, secondo cui già in epoca antecedente al 2011 l’imputato avrebbe scientemente emesso di conservare e di tenere i libri contabili obbligatori della società, sarebbe palesemente errata. E totalmente ininfluenti sarebbero le dichiarazioni di NOME COGNOME, secondo cui, alla morte del padre, ella non avrebbe proseguito l’attività del suo studio.
Quanto alla denuncia di furto, il Tribunale avrebbe ritenuto non credibili le dichiarazioni dell’imputato perché non erano stati sottratti beni di valore, ma solo la documentazione contabile e il furto non aveva riguardato «macchinari e attrezzature». In realtà, nella querela l’imputato avrebbe riferito della sottrazione di parte dell’impianto di vigilanza, sicché la denuncia di furto non avrebbe riguardato la documentazione contabile, rispetto alla quale egli si sarebbe limitato a dire di non averla rinvenuta, specificando, in occasione della integrazione della querela, che essa era stata ritrovata. Quanto al mancato trafugamento dei macchinari e delle attrezzature, essi non sarebbero stati asportati in ragione del peso e delle dimensioni.
Quanto, infine, alla circostanza per cui la società avrebbe operato nei cinque anni successivi al 2011 senza che fosse stata tenuta alcuna documentazione capace di attestarne i movimenti finanziari, il ricorso evidenzia che essa, nel 2012, aveva affrontato un momento critico, in conseguenza del quale l’attività aziendale era stata di fatto interrotta, con il progressivo licenziamento di tutti i dipendenti limitandosi a incassare alcune somme per prestazioni degli anni precedenti.
3. In data 18 dicembre 2023 è pervenuta una memoria difensiva, con la quale, in relazione al primo motivo ha evidenziato come il rigetto della richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale da parte della Corte territoriale si sia basata sulla dichiarazione di generica assenza dei presupposti di legge, senza considerare la possibilità di eliminare le incertezze relative agli elementi acquisiti. In relazione, al secondo motivo si osserva che nel caso di specie entrambi i Giudici del merito sarebbero incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie, non avendo il contenuto della denuncia di furto riguardato documentazione contabile di cui sarebbe stata esclusivamente comunicata la difficoltà nel rinvenirla.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Con il primo motivo la difesa deduce la violazione dell’art. 603, comma 1, lett. d), cod. proc. pen. per non avere la Corte di appello prcceduto all’esame del AVV_NOTAIO COGNOMECOGNOME attraverso il quale sarebbe stato possibile dimostrare, come meglio argomentato nel secondo motivo, che il rapporto professionale tra la società di RAGIONE_SOCIALE e lo RAGIONE_SOCIALE si sarebbe protratto sino alla data della morte del titolare in data 8 gennaio 2012, avendo il consulente dichiarato «di aver proceduto al riallineamento dei saldi per l’anno 2011», che avrebbe potuto essere effettuato soltanto a partire dal marzo dell’anno successivo; e che, dunque, non sarebbe corretto affermare, come invece riportato in sentenza, che già prima del 2011, l’imputato avesse scientemente omesso di conservare e tenere i libri contabili obbligatori della società. E soprattutto che la Guardia di Finanza avrebbe potuto acquisire il libro giornale e le altre scritture contabili elettroniche presso studio del consulente.
2.1. Va premesso che la mancata rinnovazione in appello dell’istruttoria dibattimentale può essere censurata qualora si dimostri l’esistenza di lacune o manifeste illogicità dell’apparato motivazionale concernenti punti di decisiva rilevanza (cfr. Sez. 5, n. 32379 del 12/04/2018, Impellizzari, Rv. 273577 – 01).
2.2. Tuttavia, nel caso di specie, il ricorso non argomenta affatto sulle ragioni per le quali la prova richiesta avrebbe presentato il richiesto connotato di decisività. E anzi, dal complessivo apparato giustificativo della decisione essa deve essere risolutamente esclusa.
Le due sentenze di merito, infatti, hanno puntualmente ricostruito la vicenda per cui è processo, sottolineando come sulla base dell’analisi compiuta dal curatore, qui non contestata, già negli anni 2008-2010, la società si fosse trovata in una situazione di sofferenza economica, avendo conseguito, nel 2008 e 2009, utili soltanto per 21.640,00 euro e per 5.847,00 euro, con una perdita, nell’esercizio 2010, di 22.264,00 euro; e avendo fatto registrare debiti societari che, dagli 491.422,00 euro del 2008, avevano superato i 600.000,00 euro nel 2010. Quanto ai ricavi, dopo avere raggiunto la soglia di circa 800.000,00 euro di media negli anni 2008-2009 e 2010, erano scesi a 497.488,77 euro nel 2012, a 305.394,21 euro nel 2013, per poi ridursi drasticamente a 54.000,00 euro nel 2014 e 2015. A ciò si era accompagnata la crescita progressiva dei debiti societari, che dopo avere raggiunto, nel 2010, l’importo di 602.378,00 euro, avevano registrato, negli anni successivi, un ulteriore incremento, attestandosi, alla data del fallimento, alla soglia dei 2.700.000,00 euro, per come ricostruito dalla Guardia RAGIONE_SOCIALE Finanza.
A partire da tali emergenze, le sentenze di merito hanno concluso che, già dall’esercizio 2010, non vi · fossero le condizioni affinché la società potesse continuare la propria attività, considerato che, proprio in quell’anno, essa aveva
riportato una perdita di esercizio, indicativa di una situazione di squilibrio economico-finanziario tale da non permettere la prosecuzione dell’attività.
In quel contesto, l’imputato, che dal 2011 era divenuto socio unico della RAGIONE_SOCIALE dopo la cessione della proprio quota da parte di NOME COGNOME, diventando quest’ultimo socio unico, aveva partecipato alla costituzione della RAGIONE_SOCIALE, intestata al figlio NOME, che aveva di fatto proseguito, attraverso una nuova denominazione, l’attività della società, dichiarata fallita dal Tribunale di Trapani con sentenza n. 14 del 25 agosto 2016.
2.2. La sequenza di accadimenti descritta è stata valorizzata, con puntuale incedere logico-argomentativo, al fine di affermare il carattere doloso della omessa tenuta delle scritture contabili in epoca successiva al 2011, chiaramente preordinata a rendere impossibile la ricostruzione della situazione economica della società, ormai avviata a una crisi che, nel tempo, si sarebbe rivelata irrisolvibile. In questa prospettiva, l’argomentazione difensiva sottesa ai due motivi di ricorso, secondo cui le sentenze di merito avrebbero errato nell’affermare che l’imputato avrebbe omesso tale tenuta sino al 2011 in quanto, ancora nel 2012, lo studio del commercialista, deceduto all’inizio di quell’anno, ne aveva la disponibilità, finisce per incentrarsi su un profilo che, nondimeno, si rivela tutt’altro che decisivo. Costituisce circostanza non controversa che COGNOME non abbia consegnato alla curatela le scritture contabili successive al 2010; e anche a voler ipotizzare, sulla scorta delle dichiarazioni del AVV_NOTAIO. NOME COGNOME, che le stesse fossero state nella disponibilità dello RAGIONE_SOCIALE all’inizio del 2012, in tal modo consentendo allo stesso consulente di effettuare il «riallineamento dei saldi per l’anno 2011», è altrettanto pacifico che esse non siano mai state recuperate dall’imputato e messe a disposizione del curatore e, successivamente, della Guardia di finanza. E ciò in violazione dell’obbligo incombente sull’imprenditore, costartemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, di conservare i libri e le scril:ture anche nel caso di tenuta della contabilità mediante il sistema informatico. E in tale contesto si colloca la manovra agita dall’imputato al fine di accreditare l’avvenuta sottrazione della documentazione contabile attraverso la falsa denuncia di furto, che sarebbe avvenuto, con coincidenza temporale logicamente ritenuta inverosimile, proprio il giorno prima della sua convocazione presso Ila Guardia di finanza. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.3. Appare dunque evidente come non possa affatto ritenersi decisivo l’accertamento della circostanza oggetto della richiesta audizione del consulente. E ciò in quanto non appare determinante verificare se COGNOME avesse omesso di tenere le scritture contabili nei primi mesi del 2011 o alla fine di quell’anno, a fronte di un quadro probatorio che orienta risolutamente verso l’affermazione della responsabilità dell’imputato per avere sottratto le scritture contabili relative al periodo 2011-2016 allo scopo di recare pregiudizio ai creditori ovvero per averle tenute, in quel medesimo arco temporale, in modo da non consentire la
ricostruzione della situazione economica della società: conAVV_NOTAIOe agite per lungo tempo e sino al momento del fallimento, dichiarato a distanza di sei anni dalla data dell’ultima documentazione rinvenuta dalla curatela.
Quanto, poi, alla parte del secondo motivo di censura con cui il ricorso lamenta il travisamento dei contenuti della denuncia di furto, le argomentazioni difensive si rivelano inammissibili.
Sotto un primo profilo, deve condividersi il rilievo svolto dal Procuratore generale in sede di requisitoria scritta in ordine al fatto che avendo la Corte di appello confermato la sentenza di primo grado alla stregua dei medesimi elementi probatori scrutinati dal Tribunale e condividendone pienamente la valutazione, tale circostanza preclude la deducibilità della censura in esame. Ciò in quanto, secondo il constante insegnamento della giurisprudenza di legittimità (ex plurimis Sez. 3, n. 45537 del 28/09/2022, M., Rv. 283777 – 01), nel caso di cd. doppia conforme, il vizio del travisamento della prova, per utilizzazione di un’informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, può essere deAVV_NOTAIOo solo nel caso in cui il ricorrente deduca specificamente che il dato probatorio travisato era stato introAVV_NOTAIOo come oggetto di valutazione, per la prima volta, nel provvedimento di secondo grado.
3.1. Sotto altro profilo, va comunque osservato che le doglianze si connotano come aspecifiche. La presenza di una doppia conforme fa sì che le due motivazioni si integrino reciprocamente, a comporre un unico tessuto argomentativo idoneo a definire il fondamento giustificativo della decisione. Da tale complessivo apparato logico-valutativo si evince che la natura simulata dell’episodio oggetto di denuncia è stata affermata a partire da una serie di elementi di univoco significato indiziario: la circostanza che il furto denunciato fosse avvenuto il giorno prima della convocazione presso la Guardia di finanza; la mancata sottrazione di beni di ben maggiore valore, custoditi presso un locale adiacente; la condanna per una analoga violazione, commessa lo stesso giorno; la rettifica avvenuta il 31 aprile 2014, allorché l’imputato aveva dichiarato che la documentazione contabile non era stata sottratta, con ciò implicitamente riconoscendo che, in una prima fase, era stato quantomeno possibile ipotizzare che essa potesse essere stata asportata; il comportamento successivo, ovvero la mancata ostensione della documentazione nemmeno dopo il suo asserito rinvenimento. Elementi indiziari che sono stati sottoposti a lettura globale e unitaria giungendo alla conclusione, pienamente logica, che la denuncia si fosse inserita all’interno di una strategia volta a sottrarsi alla richiesta da parte della Guardia di finanza di esibire la documentazione contabile, facendo credere agli organi inquirenti di non poter adempiere alla richiesta in ragione del furto compiuto nei locali dell’azienda. [n tale prospettiva, l’affermazione secondo cui egli non avrebbe denunciato che la documentazione in
parola era stata sottratta, quanto che non era nelle condizioni di sapere se ciò fosse avvenuto, non segnala, ancora una volta, un profilo decisivo ai fini della esclusione della responsabilità dell’imputato, non riuscendo a disarticolare il fulcro del ragionamento probatorio posto alla base della decisione: ovvero che egli abbia falsamente denunciato di essere rimasto vittima di un furto in modo da non dover adempiere alla richiesta della Guardia di finanza di esibire la documentazione di cui trattasi.
Sulla base delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della cassa delle ammende, equitativamente fissata in 3.000,00 euro.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 19 dicembre 2023
Il Consigliere estensore
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Il Presidente