Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 17196 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 17196 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a BARI il 18/01/1958
avverso la sentenza del 16/04/2024 della CORTE APPELLO di TRIESTE visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
Il Procuratore Generale si riporta alla requisitoria in atti e conclude per il rigetto ricorso.
udito il difensore
L’avvocato NOME COGNOME espone i motivi di impugnazione e chiede l’accoglimento del ricorso.
IN FATTO E IN DIRITTO
1. Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Trieste confermava la sentenza con cui il tribunale di Udine, in data 3.5.2022, aveva condannato NOME NOME alle pene, principale e accessorie, ritenute di giustizia, in relazione al reato di bancarotta fraudolenta documentale, di cui al capo B), in qualità di amministratore di diritto, dal 18.11.2013 al 23.12.2015, e, successivamente, amministratore di fatto sino alla data del fallimento, della RAGIONE_SOCIALE“, dichiarata fallita dal tribunale di Udine in data 28.6.2018.
2. Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede l’annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione il COGNOME articolando undici motivi di ricorso, con cui lamenta, in generale, violazione di legge e vizio di motivazione in punto di affermazione di responsabilità dell’imputato (con i primi cinque motivi) e, poi: 1) con specifico riferimento al libro degli inventari relativo agli anni 2012 e 2013, manifesta illogicità della motivazione (sesto motivo), in quanto, premesso che come affermato dal giudice di primo grado, l’imputato è stato legale rappresentante della fallita dal 3.12.2013 al 13.4.2015, è da escludere che gli possa essere attribuita la mancata consegna del libro degli inventari in precedenza indicato, non essendo stato in alcun modo dimostrato che egli ne fosse in possesso, trattandosi di scritture contabili redatte dal commercialista NOME COGNOME della “VISIV”, che non sono mai pervenute nella sua disponibilità, come dimostrato da due documenti, quello datato 10.11.2014, con cui la “VISIV”, che, come riferito dalla teste COGNOME, ha chiuso con il bilancio 2013 ogni rapporto con la società fallita, restituì all’imputato solo la documentazione contabile relativa agli anni 2009, 2010 e 2011; l’altro, datato 24.7.2018, dunque successivo alla stessa dichiarazione di fallimento, con cui il COGNOME consegnò al curatore fallimentare COGNOME tutta la documentazione contabile relativa agli anni 2012 e 2013, sicché nessuna responsabilità può essere ascritta all’imputato in ordine a documentazione contabile relativa ad anni in cui egli non era in alcun modo amministratore e che non gli è mai stata consegnata, né ha
mai visto o compulsato; 2) con specifico riferimento all’intera contabilità degli anni 2014 e 2015, manifesta illogicità della motivazione e violazione di legge, in relazione all’art. 217, I. fall. (settimo, ottavo e nono motivo), in quanto la condotta del COGNOME, a partire dalle garanzie personali prestate insieme con i propri figli a istituti bancari per ottenere finanziamenti in favore della società fallita, confligge con l’intento di “spolpare” la società stessa, come ritenuto dalla corte di appello, apparendo comunque contraria all’intenzione di rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio sociale, senza tacere che gli esiti della consulenza tecnica di parte, alla quale sono stati allegati i libri giornali ritenuti inesistenti, la contabilità dei due anni di riferimento, i saldi dei vari anni fiscali, i bilanci e le relative note integrative, nonché le fideiussioni rilasciate dagli istituti bancari, dimostrano l’infondatezza dell’assunto accusatorio sulla impossibilità di ricostruire la contabilità della società fallita, risultando fallace il ragionamento seguito dalla corte territoriale nel ritenere inattendibile il contenuto del libro giornale nella parte in cui indicava in 22.000,00 euro il debito erariale gravante sulla società, laddove l’Agenzia delle entrate si era insinuata nel fallimento per un credito pari a oltre 100.000,00 euro, non avendo il giudice di appello considerato che gli avvisi di accertamento relativi ai circa 80.000,00 euro di differenza rispetto al libro giornale 2014-2015, erano stati notificati tutti o nell’imminenza del fallimento (il 24.4.2019) o dopo il fallimento (il 26.2.2019; il 6.5.2019 e il 25.11.2019); 3) con specifico riferimento alla contabilità relativa agli anni 2016, 2017 e 2018, la contraddittorietà della motivazione (si tratterebbe del decimo motivo ma il ricorrente non lo numera), in quanto, avendo la corte territoriale assolto il coimputato NOME COGNOME ritenendo che non esistono i presupposti fattuali del reato contestato in concorso col ricorrente, essendo la società inattiva, i bilanci degli anni dal 2016 al 2018 regolarmente depositati e la redazione della contabilità non necessaria, stante l’interruzione di qualsivoglia attività sociale, non vi è ragione per cui tale motivazione non debba valere anche per lo COGNOME; 4) violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento agli artt. 62
bis e 69, c.p., in tema di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, negate dal giudice di appello solo in ragione dei precedenti penali dell’imputato, risalenti nel tempo, non considerando gli elementi di segno contrario prospettati dalla difesa
2.1. Con requisitoria scritta, da valere come memoria essendo stata richiesta nelle more la discussione in forma orale del ricorso, il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, dott. NOME COGNOME chiede che il ricorso venga rigettato.
Con memoria del 24.12.2024, nel contestare le argomentazioni articolate dal sostituto procuratore generale nella richiamata memoria, il difensore insiste per l’accoglimento del ricorso, evidenziando, tra l’altro, la manifesta illogicità della motivazione della sentenza di appello nella parte in cui dissente dalla conclusione cui è giunto il tribunale assolvendo l’imputato dalla fattispecie di bancarotta semplice da aggravamento del dissesto, di cui al capo A), perché il fatto non sussiste, su cui, in assenza di impugnazione del pubblico ministero, si è formato il giudicato.
Il difensore segnalava anche la non definitività della sentenza dichiarativa di fallimento, pendendo sul punto ricorso per cassazione.
Il ricorso è fondato e va accolto per le seguenti ragioni
Come da tempo affermato dalla giurisprudenza di legittimità, integra il reato di bancarotta documentale fraudolenta, e non quello di bancarotta semplice, l’omessa tenuta della contabilità interna quando lo scopo dell’omissione è quello di recare pregiudizio ai creditori, impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali (cfr. Sez. 5, n. 18320 del 07/11/2019, Rv. 279179).
Del pari consolidato nella giurisprudenza della Corte di Cassazione è l’orientamento alla luce del quale è ammissibile la contestazione alternativa dei delitti di bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione, distruzione o occultamento di scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, e di fraudolenta tenuta delle stesse, che integra una ipotesi di reato a dolo generico, non determinando tale modalità alcun vizio di
indeterminatezza dell’imputazione (cfr., ex plurimis, Sez. 5, n. 8902 del 19/01/2021, Rv. 280572), come accaduto nel caso che ci occupa, in cui, a fronte di una contestazione alternativa avente a oggetto la sottrazione ovvero la distruzione dei libri e delle altre scritture contabili della società fallita ovvero la loro tenuta in guisa tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, i giudici di merito hanno ritenuto il delitto di bancarotta fraudolenta documentale generica integrato nei suoi elementi costitutivi, oggettivi e soggettivi.
Altrettanto noto è che negli ultimi anni l’evoluzione interpretativa maturata in particolare all’interno della Quinta Sezione della Corte di Cassazione ha condotto a un condivisibile approfondimento della differenza tra le due fattispecie di reato di cui si discute, sia dal punto di vista oggettivo, che soggettivo.
Si è, così, affermato che, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, lett. b), I. fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest’ultima integra un’ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi (cfr. Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Rv. 269904; Sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019, Rv. 276650; Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, Rv. 279838).
In questa prospettiva la Corte, in un caso, ha annullato con rinvio la sentenza che, a fronte della contestazione di un’ipotesi di sottrazione o distruzione della contabilità, aveva affermato la responsabilità dell’imputato per la diversa ipotesi di concorso nell’annessa regolare tenuta delle scritture contabili, dando peraltro atto nella motivazione dell’assenza della prova di una “sia pur parziale tenuta delle scritture contabili” (cfr. Sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019, Rv. 276650); in altra
occasione ha censurato la sentenza impugnata che, a fronte di una contestazione di occultamento “ovvero” di irregolare tenuta delle scritture contabili, pur ritenendo consumato il primo, ne aveva motivato la sussistenza attraverso una “fusione” con la seconda, trasformandola in evento della condotta di occultamento e sostituendo il dolo generico sufficiente ad integrare la stessa a quello specifico necessario per l’occultamento (cfr. Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Rv. 269904).
Approfondendo con la pur necessaria sintesi richiesta in questa sede il profilo dell’elemento oggettivo del reato, si segnala il condivisibile principio, secondo il quale, in tema di bancarotta documentale, la condotta di falsificazione delle scritture contabili prevista dalla prima parte dell’art. 216, comma 1 n.2, legge fall. può avere natura tanto materiale che ideologica, consistendo comunque nella manipolazione di una realtà contabile già definitivamente formata (disposizione normativa, infatti, punisce chi “ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, allo scopo specifico di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o recare pregiudizio ai creditori, i libri o le altre scritture contabili), diversamente, la bancarotta documentale “generica” prevista dalla seconda parte della norma si realizza sempre con una falsità ideologica contestuale alla tenuta della contabilità, e cioè mediante l’annotazione originaria di dati oggettivamente falsi o l’omessa annotazione di dati veri, realizzata con le ulteriori connotazioni modali descritte dalla norma incriminatrice.
Rientra, al tempo stesso, nella prima fattispecie delineata dall’art. 216, comma 1, n. 2, legge fall. e richiede il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori o di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, la nozione di omessa tenuta, anche parziale, delle scritture contabili, che comprende non solo la mancata istituzione di uno o più libri contabili, ma anche l’ipotesi della materiale esistenza dei libri “lasciati in bianco” e si differenzia dal caso, caratterizzato invece da dolo generico, dell’omessa annotazione di dati veri allorché l’omissione consista non nella totale mancanza di annotazioni, ma nell’omessa annotazione di
GLYPH
(
specifiche operazioni (cfr. Sez. 5, n. 42546 del 07/11/2024, Rv. 287175).
Sul versante dell’elemento soggettivo del reato, si è chiarito che gli elementi dai quali desumere la sussistenza del dolo specifico nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale specifica e del dolo generico nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale generica non possono coincidere con la scomparsa dei libri contabili o con la tenuta degli stessi in guisa tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, che rappresentano semplicemente gli eventi fenomenici, dal cui verificarsi dipende l’integrazione dell’elemento oggettivo del reato.
Dovendo, piuttosto, consistere in circostanze di fatto ulteriori, in grado di illuminare la ratio dei menzionati eventi alla luce della finalità di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto ovvero di recare pregiudizio ai creditori, nel caso della bancarotta fraudolenta documentale specifica; della consapevolezza che l’irregolare tenuta della documentazione contabile è in grado di arrecare pregiudizio alle ragioni del ceto creditorio, nel caso della bancarotta fraudolenta documentale generica.
Appare, pertanto, evidente che tra le suddette circostanze assume un rilievo fondamentale la condotta del fallito nel suo concreto rapporto con le vicende attinenti alla vita economica dell’impresa (cfr., in questo senso, Sez. 5, n. 2228 del 04/11/2022, Rv. 283983; Sez. 5, n. 33575 del 08/04/2022, Rv. 283659; Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, Rv. 279838).
Se, dunque, è ammissibile la contestazione alternativa dei delitti di bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione, distruzione o occultamento di scritture contabili, e di fraudolenta tenuta delle stesse, in sede decisoria di tale alternativa non deve rimanere traccia, spettando al giudice il compito di risolvere il dilemma (giuridico) dell’alternativa, affermando, con la necessaria chiarezza e sulla base dei principi di diritto richiamati nelle pagine precedenti, quale dei fatti alternativamente contestati sia in concreto configurabile in capo all’imputato (ove, naturalmente, il materiale probatorio raccolto lo
consenta), senza indulgere in ricostruzioni, per così dire “ibride”, in cui confluiscano irrazionalmente elementi di entrambe le fattispecie.
Orbene il percorso argomentativo seguito dalla corte territoriale non soddisfa gli indicati standard motivazionali, presentando profili di incompletezza e di evidente contraddittorietà.
Innanzitutto va rilevato come non sia corretta l’affermazione secondo cui la “sottrazione” “presuppone che la documentazione contabile fosse appunto esistente, ma non consegnata e messa a disposizione del curatore, occultandola alla procedura” (cfr. p. 5), posto che, come si è detto, l’occultamento delle scritture contabili può assumere anche la forma della loro omessa tenuta, che, a sua volta, può consistere nella totale mancanza di annotazioni nelle scritture contabili e nei libri rinvenuti.
Orbene la corte territoriale ha ritenuto insussistente l’ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale specifica sul presupposto che la documentazione consegnata al curatore, come indicata dal giudice di appello (alcune schede contabili degli anni 2014-2015, una semplice bozza del libro giornale con la registrazione del 31.12.2015 inerente lo smantellamento dell’impianto per 361.382,39 euro e i bilanci degli anni 2014-2015) fosse comunque di natura tale da non configurare un’omessa tenuta delle scritture contabili, ma solo un’irregolare tenuta delle stesse, tale da integrare la fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale generica (cfr. p. 5)
Senza tenere conto, tuttavia, da un lato, che la contestazione (capo B) ascrive all’imputato una condotta di sottrazione, desunta dalla mancata consegna, tra l’altro, proprio dell’intera contabilità degli anni 2014-2015, limitando, invece, l’irregolare tenuta della contabilità ai soli anni 2016, 2017 e 2018, in relazione ai quali, secondo l’ipotesi accusatoria, sarebbero “stati consegnati alla curatela unicamente il libro giornale e i mastrini contabili (privi dei dettagli che consentissero di ricostruire come si fosse formato il saldo del mastrino)”; dall’altro, che il reato di bancarotta fraudolenta documentale non può avere ad oggetto il bilancio, non rientrando quest’ultimo nella nozione di “libri” e “scritture
contabili” prevista dalla norma di cui all’art. 216, comma primo, n. 2, L.
Sez. 5, n. 42568 del 19/06/2018, Rv. 273925).
fall. (cfr., ex plurimis,
A ben vedere il “centro gravitazionale” della decisione della corte territoriale è rappresentato dalla categorica affermazione sulla tenuta
“sicuramente irregolare” della documentazione contabile, che il gfudice
3>
di secondo grado, desume, tuttavia, creando un corto-circuito motivazionale, dalla omessa tenuta delle schede contabili dei crediti
della società per gli anni 2014-2015, circostanza intorno alla quale viene modellata anche la parte della motivazione riguardante l’elemento
soggettivo del reato ricostruito in termini di dolo generico, che, ancora una volta con motivazione intrinsecamente contraddittoria e incompleta,
viene desunta della mancanza delle schede contabili relative ai debiti contratti e delle fatture di vendita (cfr. p. 6-7).
5. Alla luce di tali considerazioni, si impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della corte di appello di Trieste, che provvederà a risolvere le evidenziate aporie motivazionali, in esse assorbita ogni ulteriore doglianza, attraverso un nuovo giudizio, da svolgersi in conformità ai principi di diritto in precedenza indicati.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della corte di appello di Trieste.
Così deciso in Roma il 9.1.2025.