Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 26866 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 26866 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME a VARESE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/12/2022 della CORTE APPELLO di BRESCIA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette la requisitoria e le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto annullarsi con rinvio la sentenza impugnata;
lette le conclusioni rassegnate dall’AVV_NOTAIO, nell’interesse del ricorrente, con le quali sono stati illustrati i motivi di ricorso con richiesta accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Brescia, con la sentenza emessa il 7 dicembre 2022, riformava, riducendo la durata delle pene fallimentari accessorie, quella del Tribunale bresciano, confermando la condanna per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale specifica – consistente nella distruzione o sottrazione dei libri e delle scritture contabili – nei confronti di NOME COGNOME, liquidatore dal 27 dicembre 2013 alla data del fallimento della società RAGIONE_SOCIALE, dichiarato con sentenza del 16 aprile 2014.
Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di NOME COGNOME consta di quattro motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il primo motivo deduce violazione di legge processuale, non avendo la Corte di merito valutato i motivi di appello aggiunti, ritenendoli intempestivi oltre che proposti da un difensore non nomiNOME.
Lamenta il ricorrente la tempestività del deposito dei motivi aggiunti come anche della richiesta di trattazione orale, oltre che della nomina del difensore AVV_NOTAIO.
Il secondo e il terzo motivo deducono la mancata assunzione di prova decisiva proposta con l’istanza di rinnovazione e conseguente vizio di motivazione. La Corte di appello avrebbe omesso di acquisire la prova decisiva consistente nei verbali delle dichiarazioni rese in altro procedimento, nel corso del quale l’imputato era stato assolto per condotte analoghe e contestuali, sempre attribuitegli nella qualità di liquidatore.
Il quarto motivo lamenta vizio di motivazione in ordine alla istanza di derubricazione del delitto ritenuto in quello di bancarotta semplice, non essendo adeguatamente comprovato il dolo specifico richiesto, tratto esclusivamente dalla condotta di sottrazione o distruzione delle scritture contabili.
Il Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO, ha depositato requisitoria e conclusioni scritte – ai sensi dell’art. 23 comma 8, d.l. 127 del 2020 – con le quali ha chiesto dichiararsi inammissibili i primi motivi di ricorso, ritenendo fondato il quarto motivo per difetto di motivazione quanto al dolo specifico richiesto dalla norma incriminatrice, tanto più che l’originaria contestata di bancarotta per distrazione era stata oggetto di proscioglimento in primo grado.
Il difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO NOME COGNOME, ha depositato conclusioni, con le quali ha chiesto accogliersi i motivi di ricorso, ed in relazione al quarto motivo rappresentando anche il difetto di motivazione in ordine alla ragione di esclusione dell’ipotesi della bancarotta semplice.
Il ricorso è stato trattato senza intervento delle parti, ai sensi dell’art. 23 comma 8, d.l. n. 137 del 2020, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per
effetto dell’art. 7, comma 1, d.l. n. 105 del 2021, la cui vigenza è stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dall’articolo 94 del decreto legislativo 10 ottobre 2022 n. 150, come modificato dall’art. 5duodecies d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla I. 30 dicembre 2022, n. 199.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei termini che seguono.
2. I primi tre motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente.
A buona ragione la Procura AVV_NOTAIO evidenzia come corretta sia stata la decisione della Corte territoriale, che ha escluso la tempestività del deposito dei motivi aggiunti, in quanto effettivamente in atti non risulta alcuna prova del deposito telematico degli stessi, né il ricorrente ha allegato tale prova, limitandosi esclusivamente a riportare nel ricorso i dati del deposito: ciò non consente però a questa Corte di avere certezza in ordine alla tempestività del deposito.
Pertanto, corretta è la decisione della Corte di appello sul punto, mentre invece fondata, ma comunque non decisiva, e priva di interesse, è la doglianza quanto alla precedente nomina dell’AVV_NOTAIO COGNOME, estensore dei motivi aggiunti.
A ben vedere risulta in atti la prova del deposito tempestivo della nomina in cancelleria, tanto che lo stesso AVV_NOTAIO era presente e concludeva all’udienza tenuta «in presenza».
In tale sede, per altro – come emerge dal verbale del 7 dicembre 2022, al quale questo Collegio può accedere vertendosi in tema di errores in procedendo (Sez. U. 31 ottobre 2001, Policastro, Rv. 220092) – il difensore chiedeva la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale e la Corte di appello rigettava l’istanza, rilevandone la non necessità, trattandosi di testimonianze relative alla condotta dell’imputato per società diverse da quella oggetto del presente procedimento.
In relazione al secondo e terzo motivo, va evidenziato che l’istanza di rinnovazione appariva articolata in senso sostanzialmente esplorativo, teso alla solo possibile acquisizione di elementi favorevoli alla difesa.
E dunque, va ricordato il costante insegnamento di questa Corte per cui la mancata acquisizione di una prova può essere dedotta in sede di legittimità, a norma dell’art. 606, comma primo, lett. d) c.p.p., esclusivamente quando si tratta di una “prova decisiva”, ossia di un elemento probatorio suscettibile di determinare una decisione del tutto diversa da quella assunta, ma non quando i risultati che la parte si propone di ottenere possono condurre – confrontati con le altre ragioni
poste a sostegno della decisione – solo ad una diversa valutazione degli elementi legittimamente acquisiti nell’ambito dell’istruttoria dibattimentale (ex multis Sez. 6, n. 37173 del 11 giugno 2008, COGNOME, Rv. 241009; Sez. 2, n. 21884 del 20 marzo 2013, COGNOME, Rv. 255817). In particolare, per ritenersi decisiva, la prova deve avere ad oggetto un fatto certo nel suo accadimento e non può consistere in un mezzo di tipo dichiarativo il cui risultato è destiNOME ad essere vagliato non per elidere l’efficacia dimostrativa degli altri elementi di prova acquisiti, ma per effettuare un confronto con questi ultimi al fine di prospettare l’ipotesi di un astratto quadro storico valutativo favorevole al ricorrente. (Sez. 5, n. 9069/14 del 7 novembre 2013, Pavento, Rv. 259534). Non di meno deve ribadirsi come sia onere del ricorrente esplicitare le ragioni per cui la prova di cui lamenta la mancata assunzione possa ritenersi decisiva nel senso illustrato, non essendo a tal fine sufficiente la mera indicazione del suo oggetto – a meno che tale indicazione risulti sufficiente all’uopo per l’evidenza del suo significato – e ancor meno la sua mera menzione.
Ne consegue la natura non consentita dei primi tre motivi e la carenza di interesse per la doglianza relativa alla nomina del difensore.
3. Quanto al quarto motivo, lo stesso è invece fondato.
La Corte territoriale non offre una motivazione adeguata quanto al dolo specifico, richiesto dalla disposizione incriminatrice per il caso contestato della bancarotta fraudolenta documentale specifica.
Il dolo specifico viene tratto dalla condotta in sé, affermando che si verte in caso di «inevitabile voluta conseguenza di recare pregiudizio ai creditori» come anche si richiama l’ammontare del passivo della società fallita, pari a oltre due milioni di euro, per trarre la conseguenza che ciò configuri un danno ai creditori.
A ben vedere è noto, quanto al coefficiente soggettivo richiesto, che la bancarotta fraudolenta documentale di tipo specifico – consistente nella condotta di sottrazione, occultamento e falsificazione delle scritture contabili, nonché di omessa tenuta delle stesse (condotta assimilata dalla giurisprudenza consolidata -lane ipotesi previste dalla norma incriminatrice) – deve essere ‘sostenuta’, secondo la lettera della prima parte dell’art. 216, comma 2, n. 1, legge fall., dal dolo specifico consistente nello scopo di recare pregiudizio ai creditori o di procurare a sé o a altri un ingiusto profitto: infatti, proprio la natura specifica de dolo, è stato osservato, in ordine alla condotta di omessa tenuta, consente di distinguere fra la bancarotta fraudolenta documentale e quella analoga sotto il profilo materiale, prevista dall’art. 217 legge fall. e punita sotto il titol bancarotta semplice documentale (Sez. 5, n. 25432 del 11 aprile 2012, COGNOME Mitri e altri, Rv. 252992). Diversamente, nell’ipotesi prevista dalla seconda parte della
medesima disposizione incriminatrice dell’art. 216, comma 1, n. 2, per le condotte di infedele tenuta delle scritture contabili, caso nel quale le scritture esistono e sono rinvenute, ma sono state tenute in guisa da rendere impossibile la ricostruzione degli affari e del patrimonio sociale, è sufficiente il dolo generico (tra le altre: Sez. 5, n. 18634 del 1/2/2017, COGNOME, Rv. 269904; Sez. 5, n. 26379 del 5/3/2019, COGNOME, Rv. 276650; Sez. 5, n. 33114 del 8/10/2020, COGNOME, Rv. 279838).
Nel caso in esame, la Corte territoriale non evidenzia quali siano gli indici di fraudolenza dai quali trarre che vi fosse una volontà dell’imputato alla sottrazione delle scritture contabili – che pure con certezza erano nella propria disponibilità, come accertato e non contestato dalla sentenza di primo grado- con finalità di danno per il ceto creditorio o di profitto ingiusto per sé o altri: in tal senso riferimento al passivo fallimentare, al quale si richiama la sentenza impugnata, costituisce un unico indice generico e insufficiente a comprovare Vanimus nocendi richiesto, che deve essere tratto da ulteriori condotte poste in essere dall’imputato, dalle sue relazioni con la precedente amministratrice, oltre che da un esame delle emergenze, anche relativamente alla destinazione dei beni aziendali, che certamente non furono distratti dal COGNOME che è stato mandato assolto a riguardo.
Difatti, in tema di bancarotta fraudolenta documentale per omessa tenuta della contabilità interna, lo scopo di recare danno ai creditori impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali può essere desunto dalla complessiva ricostruzione della vicenda e dalle circostanze del fatto che ne caratterizzano la valenza fraudolenta colorando di specificità l’elemento soggettivo, che, pertanto, può essere ricostruito sull’attitudine del dato a evidenziare la finalizzazione del comportamento omissivo all’occultamento delle vicende gestionali (Sez. 5, n. 10968 del 31/01/2023, COGNOME, Rv. 284304 – 01).
Pertanto la sentenza impugnata va annullata con rinvio e la Corte di appello provvederà alle valutazioni conseguenti, alla luce dei principi di diritto richiamati.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per il giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Brescia.
Così deciso in Roma, 29/02/2024
GLYPH
Il Presidente