Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 11093 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 11093 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 22/02/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udite le conclusioni del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto di rigettare il ricorso; udite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, per l’imputato, che ha chiesto di accogliere il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La sentenza impugnata è stata pronunziata il 22 febbraio 2023 dalla Corte di appello di Brescia, che – per quanto qui di interesse – ha confermato la sentenza del Tribunale di Bergamo, che aveva ritenuto NOME responsabile del
delitto di bancarotta fraudolenta documentale, in relazione alla società “RAGIONE_SOCIALE“, fallita il 21 gennaio 2013.
Secondo l’ipotesi accusatoria, ritenuta fondata dai giudici di merito, l’imputato – nella qualità di socio, di presidente del consiglio di amministrazione (sino al 27 giugno 2021) e di amministratore unico (dal 27 giugno 2021 alla data del fallimento) – avrebbe tenuto «i libri e le altre scritture contabili in guisa da n rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento d’affari della società relativamente all’anno 2012».
Avverso la sentenza della Corte di appello, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore di fiducia.
2.1. Con un primo motivo, deduce il vizio di inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 516 e ss. cod. proc. pen.
Rappresenta che all’imputato era stato contestato di avere tenuto i libri e le altre scritture contabili in modo tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento d’affari della società.
Tanto premesso, sostiene che la Corte di appello avrebbe confermato la sentenza di condanna, in quanto l’imputato avrebbe «falsificato le scritture contabili tanto da renderle inaffidabili, così pronunciando il giudizio d responsabilità per un reato diverso, seppur comminato sotto la medesima rubrica, proprio di chi abbia falsificato … le scritture contabili».
Palese sarebbe la violazione del principio di correlazione tra sentenza e imputazione fissato dagli art. 516 e ss. cod. proc. pen., atteso che la Corte di appello avrebbe ritenuto integrata la fattispecie di bancarotta documentale specifica, quando, invece, all’imputato era stata contestata quella generica.
2.2. Con un secondo motivo, deduce il vizio di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 216 e 223 legge fall.
Sostiene che la Corte di appello avrebbe ritenuto integrata la fattispecie di bancarotta documentale realizzata con la falsificazione delle scritture contabili, «pur in assenza del dolo specifico richiesto dalla norma incriminatrice».
2.3. Con un terzo motivo, deduce il vizio di motivazione, in relazione agli artt. 216 e 223 legge fall.
Sostiene che la motivazione del provvedimento impugnato sarebbe illogica, atteso che la Corte di appello avrebbe ritenuto integrata la fattispecie di bancarotta documentale realizzata con la falsificazione delle scritture contabili, «descrivendo», però, «l’elemento soggettivo non nei termini del dolo specifico richiesto» da tale fattispecie, «quanto piuttosto nei termini del dolo generico, richiesto per la diversa fattispecie dell’omessa o irregolare tenuta delle scritture contabili».
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere rigettato.
1.1. I tre motivi di ricorso – che possono essere trattati congiuntamente, essendo strettamente correlati tra loro – sono infondati.
Va precisato che: all’imputato è stato contestato il reato di fraudolenta documentale c.d. “generica” (descritta nella seconda parte della norma incriminatrice), per avere tenuto «i libri e le altre scritture contabili in guisa da n rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento d’affari della società relativamente all’anno 2012»; la Corte di appello ha ritenuto provato tale reato, atteso che era rimasta dimostrata l’esistenza di svariate «mancanze» e «discrasie» nelle scritture contabili dell’anno 2012, che avevano reso di fatto impossibile la ricostruzione delle posizioni creditorie, «tanto che il curatore, non riuscendo a determinarle sulla base delle sole scritture contabili, aveva avuto la necessità di interessare i creditori». La Corte territoriale non ha ritenuto che l’imputato avesse manipolato i dati contabili già annotati, ma ha ritenuto che egli avesse consapevolmente omesso di annotare dati rilevanti e avesse apposto annotazioni non corrispondenti alla realtà.
Tanto premesso, appare evidente che non sussiste alcuna difformità tra il reato ritenuto in sentenza e quello contestato all’imputato.
Va evidenziato che, differentemente da quanto sembra ritenere il ricorrente, la fattispecie di bancarotta documentale generica può essere integrata anche per effetto di annotazioni false. Al riguardo, va precisato che «la condotta di falsificazione delle scritture contabili integrante la fattispecie di bancarot documentale prevista dalla prima parte della norma … può avere natura tanto materiale che ideologica, ma consiste comunque in un intervento manipolativo su una realtà contabile già definitivamente formata». La condotta integrante la fattispecie di bancarotta documentale “generica” «si realizza sempre, invece, con un falso ideologico, che si caratterizza per la contestualità alla tenuta della contabilità». In altri termini, «l’annotazione originaria di dati oggettivamente fals nella contabilità (ovvero l’omessa annotazione di dati veri), sempre che la condotta presenti le ulteriori connotazioni modali descritte dalla norma incriminatrice, integra sempre e comunque la seconda ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale descritta dall’art. 216, comma 1, n. 2) legge fall.» (Sez. 5, n. 5081 del 13/01/2020, Montanari, Rv. 278321).
La Corte di appello, dunque, ha correttamente qualificato come bancarotta documentale generica il fatto in esame, relativo a omesse annotazioni e ad
annotazioni “originarie” false e in assenza di contestazioni relative a interventi manipolativi su una “realtà contabile già definitivamente formata”.
Tali precisazioni rendono evidente l’infondatezza anche del terzo motivo di ricorso, atteso che la Corte di appello ha ritenuto integratola seconda ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale descritta dall’art. 216, comma 1, n. 2) legge fall., che richiede la sussistenza del dolo generico.
Al rigetto del ricorso, consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 12 dicembre 2023.