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Bancarotta documentale generica: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un amministratore per bancarotta documentale generica. La sentenza chiarisce che l’omissione o l’annotazione originaria di dati falsi, che rendono impossibile la ricostruzione del patrimonio, integra questa specifica fattispecie di reato, per la quale è sufficiente il dolo generico e non quello specifico di voler ingannare i creditori. Viene così rigettata la tesi difensiva che lamentava una violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Documentale Generica: La Cassazione Chiarisce la Differenza con la Falsificazione

La corretta tenuta delle scritture contabili è un pilastro fondamentale per la trasparenza e la legalità nella gestione di un’impresa. Quando questa viene a mancare, soprattutto in prossimità di una crisi aziendale, le conseguenze possono essere gravi, sfociando in reati come la bancarotta documentale generica. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 11093/2024) offre importanti chiarimenti sulla linea di demarcazione tra le diverse forme di questo reato e sull’elemento psicologico necessario per la sua configurazione.

I Fatti del Caso: Una Contabilità Inattendibile

Il caso riguarda l’amministratore di una S.r.l., dichiarata fallita nel gennaio 2013. Secondo l’accusa, confermata nei primi due gradi di giudizio, l’imputato aveva tenuto i libri e le altre scritture contabili in modo tale da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento d’affari della società, in particolare per l’anno 2012.

La Corte d’Appello di Brescia aveva evidenziato la presenza di numerose “mancanze” e “discrasie” nei registri contabili. Queste irregolarità erano così significative da costringere il curatore fallimentare, impossibilitato a ricostruire le posizioni creditorie basandosi solo sulla documentazione aziendale, a contattare direttamente i creditori per avere un quadro della situazione debitoria.

L’Impugnazione in Cassazione: I Tre Motivi di Ricorso

L’amministratore ha proposto ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:

1. Violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza: La difesa sosteneva che l’imputato era stato accusato di bancarotta documentale “generica” (aver reso impossibile la ricostruzione del patrimonio), ma di fatto condannato per bancarotta documentale “specifica” (aver falsificato le scritture), un reato diverso sebbene previsto dalla stessa norma.
2. Erronea applicazione della legge penale: Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello aveva ravvisato una fattispecie di falsificazione senza però accertare la presenza del dolo specifico (l’intento di recare pregiudizio ai creditori), che la difesa riteneva necessario.
3. Motivazione illogica: Il ricorso lamentava una contraddizione nella motivazione della sentenza d’appello, la quale avrebbe descritto l’elemento soggettivo nei termini del dolo generico, tipico della bancarotta “generica”, pur ritenendo integrata una condotta di falsificazione.

La Decisione della Cassazione sulla Bancarotta Documentale Generica

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendo infondati tutti i motivi di doglianza e fornendo una chiara interpretazione della norma incriminatrice.

La Distinzione tra Bancarotta Documentale “Specifica” e “Generica”

Il cuore della decisione risiede nella distinzione, operata dai giudici, tra le due ipotesi previste dall’art. 216, co. 1, n. 2 della Legge Fallimentare. La Corte ha precisato che:

* La bancarotta documentale “specifica” (prima parte della norma) si realizza con un intervento manipolativo su una realtà contabile già formata. Si tratta di sottrarre, distruggere o falsificare materialmente o ideologicamente documenti già esistenti.
La bancarotta documentale generica (seconda parte della norma) si concretizza, invece, con un falso ideologico che è contestuale* alla tenuta della contabilità. Questo avviene quando, fin dall’origine, si omette di annotare dati veri o si annotano dati falsi, con il risultato di rendere impossibile la ricostruzione patrimoniale.

Nel caso di specie, la condotta dell’imputato – consistita nell’omettere consapevolmente dati rilevanti e nell’apporre annotazioni non veritiere – rientrava pienamente in questa seconda ipotesi. Non vi era quindi alcuna violazione del principio di correlazione, poiché il fatto contestato e quello per cui è intervenuta condanna erano identici.

L’Elemento Soggettivo: Basta il Dolo Generico

Di conseguenza, la Cassazione ha smontato anche le censure relative all’elemento psicologico del reato. Poiché il fatto è stato correttamente qualificato come bancarotta documentale generica, la Corte ha ribadito che per la sua integrazione è sufficiente il dolo generico. Questo consiste nella coscienza e volontà di tenere le scritture in modo incompleto o non veritiero, così da impedire la trasparenza contabile, senza che sia necessario provare il fine specifico di ingannare i creditori o di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte Suprema si fondano su un’interpretazione rigorosa e sistematica della norma. I giudici hanno chiarito che la condotta di chi appone “annotazioni originarie false” o omette annotazioni dovute, in assenza di una manipolazione successiva di una contabilità già formata, integra perfettamente la fattispecie di bancarotta documentale generica. Questa condotta, per sua natura, impedisce la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari. La Corte ha ritenuto, pertanto, che la qualificazione giuridica data dai giudici di merito fosse corretta e che, di conseguenza, fosse corretta anche l’individuazione del dolo generico come elemento soggettivo sufficiente a sostenere la responsabilità penale dell’imputato. La decisione si allinea a un orientamento giurisprudenziale consolidato, citando un precedente specifico (Cass. n. 5081/2020) che aveva già tracciato questa distinzione.

Le Conclusioni

La sentenza in commento rappresenta un importante monito per amministratori e imprenditori sull’obbligo di una tenuta rigorosa e veritiera della contabilità. Viene confermato che non solo la distruzione o la falsificazione materiale dei documenti contabili, ma anche la loro tenuta ab origine irregolare, omissiva o non veritiera, può integrare un grave reato fallimentare. La pronuncia ribadisce con forza che, per la configurazione della bancarotta documentale generica, è sufficiente la consapevolezza di rendere opaca la gestione aziendale attraverso una contabilità inattendibile, a prescindere da quale fosse lo scopo ultimo perseguito dall’agente.

Quando si configura la bancarotta documentale generica?
Si configura quando i libri e le altre scritture contabili sono tenuti in modo tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari dell’impresa, ad esempio tramite omissioni di dati rilevanti o l’annotazione di dati falsi.

L’annotazione di dati falsi può integrare la bancarotta documentale generica?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’annotazione originaria di dati oggettivamente falsi (un falso ideologico contestuale alla tenuta della contabilità) integra l’ipotesi di bancarotta documentale generica, e non necessariamente quella “specifica” di falsificazione.

Per la bancarotta documentale generica è richiesto il dolo specifico di ingannare i creditori?
No. La sentenza conferma che per integrare la fattispecie di bancarotta documentale generica è sufficiente il dolo generico, ovvero la consapevolezza di tenere le scritture in modo irregolare, omissivo o falso, rendendo di fatto impossibile la ricostruzione patrimoniale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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