Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 17324 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 17324 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 28/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MAGENTA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/06/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME, il quale, riportandosi alla requisitoria depositata, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udito, per il ricorrente, l’AVV_NOTAIO, che, anche riportandosi alla memoria a firma dello stesso depositata dopo la nomina, ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Milano confermava la pronuncia di condanna di primo grado del RAGIONE_SOCIALE per condotte di bancarotta fraudolenta documentale e distrattiva per dissipazione del patrimonio sociale, commesse nella veste di liquidatore, dalla data del 14 gennaio 2015 al fallimento, della società RAGIONE_SOCIALE
Avverso la richiamata sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, a firma del difensore di fiducia AVV_NOTAIO, articolando tre motivi di impugnazione, di seguito ripercorsi nei limiti previsti dall’art. 173 disp att. cod.proc.pen.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione rispetto alla mancata derubricazione del reato contestato di bancarotta fraudolenta documentale in quello di bancarotta semplice di cui all’art. 217, secondo comma, I.fall.
A fondamento della censura espone che, quando aveva assunto la qualifica di liquidatore della società, la stessa era inattiva da anni, sicché aveva ritenuto, per mera colpa, di non essere obbligato alla tenuta delle scritture contabili.
D’altra parte, la Corte territoriale non aveva argomento circa la sua volontà, con detta condotta omissiva, di pregiudicare in concreto le ragioni dei creditori.
2.2. Mediante il secondo motivo di ric:orso il NOME deduce ancora vizio di motivazione, ex art. 606, comma 1, lett. e), cod.proc.pen., con riferimento alla bancarotta dissipatoria che non potrebbe ritenersi integrata per la circostanza che gli immobili di proprietà della società erano stati occupati da soggetti terzi, stante il contesto logistico e sociale di grande precarietà e la mancanza di risorse della fallita utili allo svolgimento di un’efficace attività di vigilanza.
Peraltro, non vi sarebbe stata prova della sottrazione di beni mobili (costituiti da caloriferi, piastrelle e altri materiali) dagli appartamenti, pacificamente non erano stati completati.
2.3. Con il terzo motivo l’imputato lamenta il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, pur avendo egli tenuto una condotta collaborativa nel corso del processo.
Deduce inoltre che, pur avendo egli proposto a tal fine un specifico motivo di appello, non sarebbe stato spiegato come sarebbe stata calcolata la continuazione per il delitto di bancarotta meno grave in sei mesi di reclusione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo è fondato per le ragioni di conseguito indicate.
Corretto è l’assunto della Corte territoriale laddove ha ritenuto che l’inattività della società non può giustificare la mancata tenuta delle scritture contabili, stante il consolidato principio per il quale l’obbligo di tenere le scrittu contabili, la cui violazione integra il reato, viene meno solo quando la cessazione dell’attività commerciale sia formalizzata con la cancellazione dal registro delle imprese (cfr., ex aliis, Sez. 5, n. 15516 del 11/02/2011, Di Nlambro, Rv. 250086 – 01).
Parimenti corretta è la statuizione in ordine alla sussistenza anche in capo al liquidatore dell’obbligo di tenuta delle scritture contabili stante la responsabilità attribuita allo stesso dall’art. 223 I.fall. (cfr. Sez. 5, n. 36435 del 14/06/2011 Scuoppo, Rv. 250939 – 01).
Senonché la decisione impugnata, pur essendo pacifico che il RAGIONE_SOCIALE ha completamente omesso di tenere le scritture contabili della società nel periodo di riferimento, ha trascurato di motivare sul necessario dolo specifico di arrecare così pregiudizio ai creditori a tal fine richiesto, fondando le proprie valutazioni, come espressamente precisato, sulla ritenuta sussistenza del dolo generico del soggetto agente.
A riguardo, occorre considerare che, anche nell’atto di appello, la difesa del ricorrente aveva dedotto, sul piano dell’elemento soggettivo’ che, in assenza di una prova del richiesto dolo specifico di arrecare un pregiudizio ai creditori, la condotta di omessa tenuta delle scritture contabili avrebbe dovuto essere ricondotta, essendo fondata solo sulla colpa, alla bancarotta semplice di cui all’art. 217 I.fall.
La pronuncia censurata ha quindi violato, assumendo espressamente la sufficienza del dolo generico per l’ascrizione della condotta, il principio, ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità, in forza del quale, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, lett. b), legge fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quan quest’ultima integra un’ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un
accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi (v., tra le altre, Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 279838 – 01; Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Autunno, Rv. 269904 – 01).
2. Il secondo motivo non è invece fondato.
Da lungo tempo, infatti, è stato chiarito che il liquidatore è penalmente responsabile delle condotte di tutti coloro che abbiano agito – in via di diritto o di fatto – per conto di un ente successivamente fallito in tutti i casi nei quali, pu essendone inconsapevole, non abbia fatto tutto quanto in sua possibilità per attuare una efficace vigilanza ed un rigoroso controllo, ovvero non si sia dato un’organizzazione idonea non soltanto al raggiungimento degli scopi sociali, ma anche ad impedire che vengano posti in essere atti pregiudzievoli nei confronti dei soci, dei creditori e dei terzi (Sez. 5, n. 8260 del 08/11/2007, dep. 2008, Pirro, Rv. 241749 – 01).
E’ stato puntualizzato, a riguardo, che, invero, la responsabilità del liquidatore deriva non solo dall’art. 223 I.fall. ma anche dall’art. 2489 cod. civ., che rinvia alle norme in tema di responsabilità degli amministratori e, quindi, anche all’art. 2932, il quale fissa un principio di ordine generale – per il quale l’amministratore deve vigilare sulla gestione ed impedire il compimento di atti pregiudizievoli, oltre che attenuarne le conseguenze dannose – di guisa che sussiste anche per i liquidatori una posizione di garanzia del bene giuridico penalmente tutelato, con conseguente ineludibile responsabilità, ex art. 40 cpv. cod. pen., ove i detti obblighi siano disattesi (Sez. 5, n. 36435 del 14/06/2011, Scuoppo, Rv. 250939 – 01).
Al lume di tali principi, la decisione impugnata ha correttamente ritenuto configurato il delitto di bancarotta fraudolenta distrattiva per dissipazione poiché, pur avendo la società fallita, gravata da una considerevole esposizione debitoria, un patrimonio immobiliare ancora ingente quando il LUB1AN ne è divenuto liquidatore, questi – sul mero assunto dell’incapacità patrimoniale della società ha declinato sostanzialmente gli obblighi di garanzia gravanti su di sé idonei alla conservazione del patrimonio sociale in favore dei creditori, omettendo le cautele che, proprio il contesto degradato nel quale si trovava la palazzina ove erano situati i beni facenti parte del patrimonio, avrebbero reso vieppiù necessarie onde evitare il depauperamento della garanzia patrimoniale dei creditori a fronte di condotte di occupazione e sottrazione da parte di soggetti terzi.
Pertanto, assorbito il terzo motivo sul trattamento sanzionatorio, la decisione impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Milano limitatamente all’accertamento della responsabilità penale del
ricorrente per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, restando assorbite le censure afferenti il trattamento sanzionatorio.
P.Q.”
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla bancarotta fraudolenta documentale e rinvia per nuovo giudizio sul capo ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano,
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma il 28 marzo 2024
Il Consigliere Estensore
Il Presidente