Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 34044 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 34044 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/09/2025
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo RAGIONE_SOCIALE
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da
COGNOME
– Presidente –
Sent. n. sez. 1321/2025
NOME COGNOME COGNOME
CC – 19/09/2025
NOME COGNOME
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME COGNOME
– Relatore –
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/01/2025 della Corte d’appello di Palermo. Su accordo delle parti si dà per esposta la relazione del consigliere relatore, NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso per l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio al merito; sentito il difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che nel riportarsi ai motivi di ricorso, ne ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 30.1.2025, la Corte di Appello di Palermo, all’esito di trattazione scritta, in parziale riforma della pronuncia emessa in primo grado nei confronti di COGNOME NOME, che l’aveva dichiarato colpevole del reato di cui all’art. 216 comma 1 n. 2 l. f. – bancarotta fraudolenta documentale per omessa tenuta delle scritture contabili nei tre anni antecedenti al fallimento della RAGIONE_SOCIALE – ha ritenuto la continuazione con i reati giudicati con la sentenza emessa dal G.u.p. del Tribunale di Palermo in data 08/04/2021, e, considerato più
grave il reato oggetto del presente processo, ha rideterminato la pena complessiva in anni quattro e mesi quattro di reclusione, confermando nel resto la decisione del primo giudice.
2.Avverso la suindicata sentenza, ricorre per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia, deducendo tre motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1.Col primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 216, comma 1, n. 2, l. f. e 217 l. f. La pronuncia impugnata merita censura con riferimento all’erronea ricostruzione dell’elemento soggettivo del reato in contestazione e alla mancata sussunzione della condotta nei termini della bancarotta semplice di cui all’articolo 217. A fronte del generico capo di imputazione che fa riferimento indifferentemente alla condotta di sottrazione, distruzione o falsificazione dei libri e delle scritture contabili e di tenuta in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, nella parte motiva di entrambe le sentenze di merito emerge, in realtà, come la condotta concretamente ascritta all’imputato attenga esclusivamente alla mancata consegna al curatore fallimentare delle scritture contabili della RAGIONE_SOCIALE relativi alle tre annualità antecedenti al fallimento. Entrambe le motivazioni appaiono assolutamente ondivaghe sul punto, avendo i giudici di merito sostenuto entrambe le ricostruzioni in punto di fatto seppur tra loro intrinsecamente incompatibili, soffermandosi, da un lato, sulle ragioni della mancata consegna delle scritture contabili al curatore, e, dall’altro, affermando la mancata tenuta delle scritture contabili in relazione agli ultimi tre anni antecedenti al fallimento, desunta in buona sostanza dalla mancata consegna delle stesse al curatore, così nella sentenza di primo grado. Si evidenzia ulteriormente che l’imputato avrebbe ammesso che non aveva più provveduto a tenere le scritture contabili obbligatorie e i bilanci a far data dal 2013, anni in cui la fallita entrava in crisi, così sempre nella sentenza di primo grado. In analoghi termini, si esprime la pronuncia della Corte territoriale che sostiene la totale mancanza delle scritture contabili oltre che dei documenti extracontabili, mancanza che avrebbe reso impossibile o quantomeno ostacolato la ricostruzione del patrimonio e del volume degli affari della società fallita.
Il dato di rilievo che rappresenta il vizio della pronuncia impugnata è quello di avere sovrapposto dal punto di vista dell’elemento soggettivo l’ipotesi di sottrazione/mancata tenuta delle scritture contabili di cui all’articolo 216, comma 1, n. 2, prima parte, alla fattispecie prevista dalla seconda parte della medesima
disposizione, ossia l’irregolare tenuta delle scritture contabili in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.
Entrambe le pronunce di merito errano nell’affermare che l’elemento soggettivo del dolo generico richiesto dalla contestata fattispecie risulta configurato dal momento che la totale mancanza delle scritture contabili ‘ha reso impossibile, quantomeno ostacolato, la ricostruzione del patrimonio e del volume degli affari della società fallita’ (così nella sentenza di appello) e ‘l’imputato doveva prefigurarsi che l’integrale mancanza delle scritture contabili e dei bilanci avrebbe reso impossibile la ricostruzione della situazione economico patrimoniale della fallita’ (così nella pronuncia di primo grado).
Ad ulteriore conferma della confusione in cui sono incorsi i giudici di merito si evidenzia che la sentenza di secondo grado precisa, poi, che sotto il profilo dell’elemento soggettivo relativo ‘all’omessa tenuta, come nel caso in esame, delle scritture contabili così da rendere impossibile ovvero ostacolare la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari dell’impresa, l’elemento psicologico va individuato esclusivamente nel dolo generico costituito dalla coscienza e volontà in ordine alla irregolare tenuta delle scritture contabili con la consapevolezza che ciò renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio del fallito’.
Una volta individuata la condotta nell’omessa tenuta delle scritture contabili, equiparata dalla giurisprudenza a quella della sottrazione delle scritture contabili, rientrante quindi nella fattispecie di cui alla prima parte della disposizione contemplata dall’art. 216 comma 1 n. 2 l. f. si sarebbe dovuto fare riferimento al dolo specifico, ed argomentare in relazione alla sua sussistenza essendo pacifico che il dolo richiesto ai fini dell’integrazione di tale forma di reato di bancarotta fraudolenta documentale è il dolo specifico, come emerge, d’altronde, chiaramente dal dettato normativo, che fa riferimento allo ‘scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori’.
S’imponeva, dunque, la necessità di ragionare in termini di dolo specifico e ciò a maggior ragione nel caso di specie versandosi nell’ipotesi di omessa tenuta delle scritture contabili nei tre anni antecedenti al fallimento, condotta che sotto il profilo oggettivo coincide con la fattispecie di bancarotta semplice di cui all’art. 217 l. f. E l’accertamento sul punto avrebbe meritato particolare approfondimento tenuto anche conto che nel caso di specie non è contestata la bancarotta fraudolenta patrimoniale sicché maggiormente si sarebbe imposta l’individuazione di specifici elementi concreti atti a dimostrare la sussistenza del particolare dolo richiesto.
2.2.Col secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 81 cpv. cod. pen. in ordine alla valutazione del reato più grave ai
fini della determinazione della pena per l’applicazione della disciplina della continuazione.
2.3.Col terzo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 133, 81 cpv., cod. pen. e 219 L.F. La sentenza impugnata merita censura anche con riferimento alle concrete modalità di calcolo della pena finale da irrogare all’imputato a seguito del riconoscimento della continuazione con i reati di cui alla sentenza di applicazione della pena, irrevocabile, emessa dal G.u.p. presso il Tribunale di Palermo.
Il ricorso, proposto successivamente al 30.6.2024, è stato trattato – ai sensi dell’art. 611 come modificato dal d.lgs. del 10.10.2022 n. 150 e successive integrazioni – su richiesta, con l’intervento delle parti che hanno rassegnato le conclusioni indicate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati.
1.Ed invero, a fronte del capo di imputazione che fa riferimento, evidentemente in via alternativa, alla condotta di sottrazione, distruzione o falsificazione dei libri e delle scritture contabili e di tenuta degli stessi in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, nella parte motiva di entrambe le sentenze di merito emerge come la condotta concretamente ascritta all’imputato attenga alla mancata consegna al curatore fallimentare delle scritture contabili della RAGIONE_SOCIALE, ovvero alla mancata tenuta delle scritture contabili relative alle tre annualità antecedenti al fallimento.
Tuttavia, i giudici di merito, come giustamente si sottolinea in ricorso, nel giungere alla conclusione raggiunta finiscono con l’intersecare entrambe le fattispecie oggetto d’imputazione, seppur tra loro intrinsecamente incompatibili, soffermandosi, da un lato, sulle contingenti ragioni della mancata consegna delle scritture contabili al curatore, e, dall’altro, affermando la mancata tenuta delle scritture contabili in relazione, in particolare, agli ultimi tre anni antecedenti al fallimento, desunta anche dalla mancata consegna delle stesse al curatore.
Evidenziano, ulteriormente, i giudici di merito che l’imputato avrebbe ammesso che non aveva più provveduto a tenere le scritture contabili obbligatorie e i bilanci a far data dal 2013, anni in cui la fallita entrava in crisi.
Indi, la Corte territoriale, pur concludendo per la totale mancanza delle scritture contabili, oltre che dei documenti extracontabili, assume che il reato di bancarotta fraudolenta documentale debba ritenersi integrato perché tale mancanza avrebbe reso impossibile o quantomeno ostacolato la ricostruzione del patrimonio e del volume degli affari della società fallita, fermandosi alla valutazione che pertiene alla diversa fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale cd. generica (relativa, appunto, alla tenuta irregolare delle scritture contabili che presuppone che queste siano state tenute e consegnate al curatore).
È il caso innanzitutto di precisare che è ammissibile la contestazione alternativa dei delitti di bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione, distruzione o occultamento di scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, e di fraudolenta tenuta delle stesse, che integra una ipotesi di reato a dolo generico, non determinando tale modalità alcun vizio di indeterminatezza dell’imputazione (Sez. 5, Sentenza n. 8902 del 19/01/2021, Rv. 280572 – 01; cfr. altresì Sez. 5, Sentenza n. 21860 del 12/03/2024, Rv. 286503 – 01 sulla legittimità dell’imputazione alternativa). Tuttavia, a fronte di un’imputazione alternativa – ravvisabile nel caso di specie – il giudice deve poi individuare la fattispecie concreta e sussumerla in una delle due ipotesi oggetto d’imputazione, che rimangono distinte sotto il profilo strutturale oggettivo e soggettivo.
Il dato di rilievo che rappresenta il vizio della pronuncia impugnata è, invero, quello di avere sovrapposto – come efficacemente si evidenzia in ricorso – dal punto di vista dell’elemento soggettivo l’ipotesi di sottrazione/mancata tenuta delle scritture contabili di cui all’articolo 216, comma 1, n. 2, prima parte, alla fattispecie prevista dalla seconda parte della medesima disposizione, ossia l’irregolare tenuta delle scritture contabili in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.
I giudici di merito, in particolare, hanno erroneamente affermato che l’elemento soggettivo del dolo generico richiesto dalla contestata fattispecie risulta configurato dal momento che la totale mancanza delle scritture contabili ‘ha reso impossibile, quantomeno ostacolato, la ricostruzione del patrimonio e del volume degli affari della società fallita’ (così nella sentenza di appello) e ‘l’imputato doveva prefigurarsi che l’integrale mancanza delle scritture contabili e dei bilanci avrebbe reso impossibile la ricostruzione della situazione economico patrimoniale della fallita’ (così nella pronuncia di primo grado confermata in toto da quella di appello).
Ad ulteriore conferma della confusione in cui sono incorsi i giudici di merito, la sentenza impugnata, come si evidenzia in ricorso, afferma che sotto il profilo dell’elemento soggettivo relativo ‘all’omessa tenuta, come nel caso in esame, delle
scritture contabili così da rendere impossibile ovvero ostacolare la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari dell’impresa, l’elemento psicologico va individuato esclusivamente nel dolo generico costituito dalla coscienza e volontà in ordine alla irregolare tenuta delle scritture contabili con la consapevolezza che ciò renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio del fallito’.
Ebbene, appare evidente che, una volta individuata la condotta nell’omessa tenuta delle scritture contabili, equiparata dalla giurisprudenza a quella della sottrazione delle scritture contabili, rientrante quindi nella fattispecie di cui alla prima parte della disposizione contemplata dall’art. 216 comma 1 n. 2 l. f., si sarebbe dovuto fare riferimento al dolo specifico, ed argomentare in relazione alla sua sussistenza, essendo pacifico che il dolo richiesto ai fini dell’integrazione di tale forma di bancarotta fraudolenta documentale è, appunto, quello specifico, e non quello generico a cui hanno fatto riferimento i giudici di merito nel caso in esame, come emerge, d’altronde, chiaramente dal dettato normativo, che indica lo ‘scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori’.
In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, n. 2), legge fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture che, invece, integra un’ipotesi di reato a dolo generico e presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi (Sez. 5, Sentenza n. 33114 del 08/10/2020, Rv. 279838 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 26379 del 05/03/2019, Rv. 276650 – 01).
S’imponeva, dunque, la necessità di ragionare in termini di dolo specifico e ciò a maggior ragione nel caso di specie in cui i giudici di secondo grado, nel condividere appieno l’impostazione della pronuncia di primo grado, hanno ricondotto la condotta omissiva all’ipotesi di omessa tenuta delle scritture contabili nei tre anni antecedenti al fallimento, condotta che sotto il profilo oggettivo coincide con la fattispecie di bancarotta semplice di cui all’art. 217 l. f.
Con la conseguenza che l’accertamento in punto di elemento soggettivo avrebbe meritato particolare approfondimento – e non il fugace accenno al consistente debito con l’Erario che ben può risolversi in un elemento idoneo a delineare il contesto in cui si inserisce la condotta omissiva in argomento, ma che per assumere rilievo ai fini della ricostruzione dell’elemento psicologico del reato deve essere ben circostanziato e posto in relazione ad altri elementi che ne facciano emergere la specifica pregnanza ai fini che occupano (cfr. S ez. 5, Sentenza n.
10968 del 31/01/2023, Rv. 284304 – 01 secondo cui lo scopo dell’omissione può anche essere quello di recare pregiudizio ai creditori impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali). Ciò, tenuto anche conto che nel caso di specie non è contestata la bancarotta fraudolenta patrimoniale, sicché maggiormente si sarebbe imposta l’individuazione di specifici elementi concreti atti a dimostrare la sussistenza del