Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 7364 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 7364 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 16/11/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a CASALVECCHIO SICULO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a SIGNA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/11/2021 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto dei ricorsi
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 5 novembre 2021, la Corte di appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Grosseto, esclusa la circostanza aggravante di cui all’art. 219, comma 1, legge fall. e ritenute le circostanze attenuanti generiche equivalenti all’aggravante della pluralità dei fatti di bancarotta, rideterminava le pene inflitte a NOME COGNOME e ad NOME COGNOME in anni 2 di reclusione ciascuno, riducendo a tale misura anche la durata delle pene accessorie fallimentari.
I due erano accusati dei delitti di cui agli artt. 216, cornma 1 n. 2, e 217, comma 1 n. 4, per avere, quali amministratori pro tempore (COGNOME dal 14 febbraio 2011 al 17 dicembre 2012, COGNOME dal 1 ottobre 2009 al 14 febbraio 2011) della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita il 26 maggio 2014:
tenuto i libri e le scritture contabili in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari;
aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la declaratoria del fallimento della società amministrata (in irreversibile crisi economico-finanziaria a far data, almeno, dagli anni 2007/2008).
1.1. In risposta ai dedotti motivi di appello, la Corte territoriale osservava quanto segue.
La fallita operava nel settore delle pulizie e delle bonifiche di ambienti ma, negli ultimi anni (a partire dal 2008), aveva visto un rapido succedersi di amministratori ed il continuo mutamento della sede.
Non si erano rinvenute scritture contabili o altra documentazione, l’ultimo bilancio riguardava, appunto, l’esercizio 2007 e l’ultima dichiarazione dei redditi era stata presentata nel 2008 (quando pare che la società avesse ancora in carico venti operai).
Nessun bene era stato reperito.
Tutti gli amministratori, succedutisi dopo la fine del 2007, avevano accettato la carica pur in assenza della contabilità, senza, a loro volta, tenerla o ripristinarla, ben consapevoli dello stato di decozione della società, posto che, nell’ultimo bilancio, relativo, come si è detto, all’esercizio del 2007, le perdite erano pari a 500.000 euro (e mai erano state sanate, anche considerando l’avvenuta cessazione dell’attività).
Gli odierni imputati dovevano pertanto rispondere, come amministratori pro tempore della fallita (nel periodo successivo al sostanziale dissesto di fine 2007), dei reati loro contestati, perché gli stessi erano stati perfettamente consapevoli che, quanto alla bancarotta fraudolenta documentale, l’omessa tenuta della
contabilità avrebbe, ulteriormente, impedito di ricostruirne il patrimonio ed il movimento degli affari e, quanto alla bancarotta semplice, che la mancata istanza di fallimento in proprio avrebbe determinato l’aumento del debito complessivo, aggravando così il dissesto.
Considerata la superficialità della condotta degli imputati si riteneva non fosse concedibile il beneficio della non menzione della condanna.
Hanno proposto ricorso entrambi gli imputati, ciascuno a mezzo del proprio difensore.
2.1. L’AVV_NOTAIO, per NOME COGNOME, articola tre motivi.
2.1.1. Con il primo deduce la violazione di legge ed il Vi2:i0 di motivazione in relazione alla condanna del prevenuto per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale e, in subordine, alla mancata derubricazione del fatto nell’ipotesi di bancarotta documentale semplice.
L’imputato aveva ricoperto la carica di ‘amministratore per pochissimo tempo e non era riuscito a farsi consegnare le scritture contabili.
Era pertanto del tutto carente la prova sia dell’elemento oggettivo del delitto (l’omessa tenuta delle scritture) sia del suo elemento soggettivo, nel caso di specie il dolo specifico, secondo gli approdi raggiunti dalla giurisprudenza di legittimità.
Sulla prospettata derubricazione, la Corte non aveva speso alcuna motivazione.
2.1.2. Con il secondo motivo lamenta il difetto di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità del prevenuto per il delitto contestatogli ai sensi dell’art 217, comma 1 n. 4, legge fall..
Sul punto la motivazione della Corte era stata meramente apparente, posto che si era limitata a rinviare a quanto argomentato dal Tribunale, non affrontando così alcuna delle doglianze avanzate con l’atto di appello, fra le quali l’esigibilità della condotta e l’effettivo aggravamento del dissesto.
2.1.3. Con il terzo motivo denuncia il vizio di motivazione in ordine al diniego della circostanza attenuante prevista dall’art. 219, ult. comma, legge fall., l’avere provocato un danno lieve.
Nonostante lo specifico motivo di appello, nulla la Corte aveva motivato sul punto.
Si doveva, invece, considerare a tal fine, oltre al continuo succedersi nel tempo degli amministratori, la mancata operatività della fallita per molti anni (e
comunque durante l’amministrazione del prevenuto) ed I breve periodo di assunzione della carica da parte del ricorrente.
2.2. L’AVV_NOTAIO, per NOME COGNOME, articola tre motivi di ricorso.
2.2.1. Con il primo deduce il vizio di motivazione in relazione alla mancata confutazione dei motivi di appello.
Si era posto in luce il limitato periodo di tempo nel quale l’imputato aveva assunto la carica di amministratore (un mese e mezzo circa, formalmente dal 20 ottobre 2010, ma invero dal 20 dicembre 2010, al 14 febDraio 2011, periodo correttamente individuato anche dal curatore e non retrodata bile al 2009, quando il precedente amministratore aveva dato le dimissioni) e non si era accertato il dolo del reato, la volontà dell’imputato di agire in pregiudizio delle ragioni dei creditori.
2.2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge in riferimento alla ritenuta responsabilità dell’imputato per il delitto di bancarotta documentale.
Nulla si era motivato in ordine al contributo causale che il prevenuto avrebbe fornito alle complessive condotte, né sull’elemento soggettivo del reato, il fine di recare pregiudizio ai creditori.
Del resto, si era affermato che i libri contabili erano scomparsi fin dal 2008. Nel breve periodo di tempo della sua amministrazione, il prevenuto non si era potuto rendere conto dello stato della contabilità né aveva potuto attivarsi per regolarizzarla.
2.2.3. Con il terzo motivo denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione avendo la Corte solo apparentemente motivato il diniego della sospensione condizionale della pena e non avendo affatto argomentato la mancata concessione del beneficio della non menzione della condanna,
Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, nella persona del sostituto NOME COGNOME, ha inviato nota scritta con la quale ha concluso per il rigetto dei ricorsi.
Il difensore del ricorrente COGNOME ha inviato memoria con la quale ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi presentati nell’interesse di COGNOME e COGNOME meritano di essere accolti nei limiti e per le ragioni che si preciseranno.
La Corte territoriale, infatti, ha omesso di motivare in ordine ad alcune delle censure proposte negli atti d’appello degli odierni ricorrenti di appello, ed in particolare a quelli relativi:
quanto al COGNOME, alla invocata configurabilità della circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità prevista dall’art. 219, ult. comma, legge fall. (in relazione ad entrambi i reati contestati) e alla riqualificazione del condotta di bancarotta fraudolenta documentale nell’ipotesi punita dall’art. 217, comma 2, legge fall., la bancarotta documentale semplice;
quanto al COGNOME, all’invocata concessione del beneficio previsto dall’art. 175 cod. pen., la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale.
Né i relativi motivi di appello possono essere definiti, ora per allora, generici, talchè la Corte distrettuale potesse non darvi risposta (si è anche da ultimo affermato, con sentenza Sez. 5, n. 44201 del 29/09/2022, Testa, Rv. 283808, che il difetto di motivazione della sentenza di appello in ordine a motivi generici, proposti in concorso con altri motivi specifici, non può formare oggetto di ricorso per cassazione, poiché i motivi generici restano viziati da inammissibilità originaria, quand’anche il giudice dell’impugnazione non abbia pronunciato in concreto tale sanzione), posto che, nei rispettivi atti di gravame, gli stessi risultano essere stati adeguatamente argomentati.
Né si può dedurre, dalla complessiva motivazione della Corte fiorentina, una motivazione implicita su tali punti (da ultimo, Sez. 4, n. 5396 del 15/11/2022, dep. 2023, Lakrafy, Rv. 284096 secondo cui non è censurabile, in sede di legittimità, la sentenza che non motivi espressamente in relazione a una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando il suo rigetto risulti dalla complessiva struttura argomentativa della sentenza), non essendosi, in alcun passaggio della sentenza impugnata, trattato:
per l’attenuante di cui all’art. 219, ult. comma legge fall., del danno provocato ai creditori dalla specifica (anche in considerazione della durata della carica di amministratore) condotta del COGNOME (avendo la Certe solo preso atto dell’avvenuta esclusione, in primo grado, della opposta aggravante, del danno rilevante, peraltro proprio in considerazione della breve permanenza degli imputati nella carica);
per l’elemento soggettivo del delitto di bancarotta documentale, della concreta sussistenza del richiesto dolo specifico, piuttosto che quello della mera colpa che avrebbe potuto determinare la riqualificazione nella gradata ipotesi della bancarotta documentale semplice;
per il diniego del beneficio della non menzione della condanna, se lo stesso potesse essere giustificato da quella laconica “superficialità” dei prevenuti nel commettere i reati loro ascritti che aveva determinato la mancata concessione dell’ulteriore beneficio della sospensione condizionale della pena.
Ciò comporta, per entrambi i ricorrenti, l’annullamento della sentenza impugnata quantomeno in riferimento alle ricordate censure, che, proposte in appello, non avevano trovato alcuna confutazione nella sentenza della Corte fiorentina.
L’accoglimento di tali doglianze comporta, però, anche l’utile decorso del termine di prescrizione dei due reati ascritti ai ricorrenti fino all’odierna pronuncia e, quindi, per l’imputazione contestata ai sensi dell’art. 217, comma 1 n. 4, legge fall., la presa d’atto della sua intervenuta estinzione, per tale causa.
La sentenza impugnata, però, appare carente, anche sotto il profilo (anche più sopra evocato) della corretta verifica dell’elemento soggettivo del residuo reato, la bancarotta fraudolenta documentale.
Nell’imputazione riportata in rubrica, infatti, ai due imputati risulta essere stata ascritta la condotta (riportata al n. 1) di avere, nelle qualità già ricordate ( amministratori pro tempore, ed in tempi diversi, della srl fallita), “tenuto i libri e le altre scritture contabili in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari”.
Si era così, nell’accusa originaria, contestata la ricorrenza della seconda ipotesi prevista dall’art. 216, comma 1 n. 2, legge, fall..
Ipotesi che, lo si ricorda, si distingue dalla prima – l’avere “sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contab quanto all’elemento soggettivo del reato, perché richiede il solo dolo generico (quando, invece, risulta evidente, dalla stessa lettera della norma, che la testè citata prima ipotesi richiede il dolo specifico, di profitto o di danno).
E, difatti, si è affermato che (ex plurimis Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 279838; Sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019, COGNOME, Rv. 276650), in tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla
disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, lett. b), legge fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture quanto quest’ultima integra un’ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi.
4. Considerando, però, che la condotta concreta consumata dai prevenuti non era quella di avere fraudolentemente tenuto le scritture contabili ma di non averle, invece, affatto tenute (a partire dal 2008 e quindi anche nei periodi di assunzione della carica di amministratore da parte dei due ricorrenti), già il Tribunale aveva osservato come dovesse concludersi per la sussistenza della prima ipotesi piuttosto che della contestata seconda ipotesi, dell’art. 216, cDrinma 1 n. 2, legge fall. (tenendo così conto di quanto affermato dalla già citate sentenze, di questa Corte, COGNOME e COGNOME, nelle quali, appunto, si era ricondotta l’omessa tenuta delle scritture contabili, all’ipotesi punita a titolo di dolo specifico).
Il Tribunale poi argomentava le ragioni per le quali riteneva sussistere tale forma di dolo, e, nel contempo, ne escludeva la colpa, così da negare la richiesta riqualificazione nell’ipotesi della bancarotta semplice.
Argomenti che, non genericamente, gli appellanti avevano contestato.
In ordine ai quali, la Corte territoriale aveva motivato in termini contraddittori rispetto a quanto si era osservato (da parte del Tribunale ancor prima che nei motivi di appello), affermando che i due imputati dovevano comunque rispondere dell’omessa tenuta dei libri e dele scritture contabili per la sola “effettiva e concreta consapevolezza del loro stato, tale da impedire la ricostruzione del movimento degli affari”, così però richiamando il solo dolo generico relativo alla, esclusa, prima ipotesi, dell’art. 216, comma 1 n. 2 legge fall., piuttosto che il dolo specifico della, invece ritenuta, seconda ipotesi.
Ne deriva l’annullamento della sentenza impugnata anche in riferimento alla bancarotta fraudolenta documentale, con rinvio, in questo caso (anche per l’eventuale rideterminazione del trattamento sanzionatorio, dovendo colmare, il giudice del rinvio, pure le lacune motivazionali rilevate in ordine alle mancate risposte alle censure relative alla derubricazione della condotta, alla invocata attenuante del danno di speciale tenuità ed al beneficio della non menzione della condanna) a diversa sezione della medesima Corte di appello.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al reato di bancarotta semplice perché è estinto per prescrizione.
Annulla la stessa sentenza in relazione al reato di bancarotta fraudolenta documentale e per la eventuale rideterminazione della pena, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze.
Così deciso, in Roma il 16 novembre 2023.