Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34399 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34399 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SUCCIVO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/12/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Roma che ne ha confermato la condanna per bancarotta fraudolenta documentale;
considerato che:
il primo motivo – che denuncia la violazione dell’art. 216 legge fall. e il v motivazione, in particolare con riguardo alla sussistenza del dolo specifico – e il secondo mot – che assume la violazione della legge penale in ragione dell’erronea qualificazione giuridica fatto – hanno irritualmente perorato un’alternativa ricostruzione e una diversa valutazione compendio in atti, indicando elementi di prova ed offrendone la lettura ritenuta preferibile, s denunciare il travisamento della prova; e sono manifestamente infondati, atteso che la Corte distrettuale ha reso una motivazione congrua e non manifestamente illogica (attribuendo rilievo al riguardo, alla nomina in sua sostituzione di un amministratore solo formale, che svolgev l’attività di fruttivendolo, al rinvenimento del relativo verbale assembleare privo di sottoscr e al disconoscimento pure della firma, sul verbale di consegna della documentazione, da parte del medesimo soggetto che sarebbe subentrato al ricorrente che, invece, è risultato disporre della documentazione sociale la propria abitazione, rinvenuta invece all’esito di perquisizione sostegno della qualificazione della condotta e della sussistenza del prescritto element soggettivo;
il terzo motivo – che deduce il vizio di motivazione in ordine alla mancata concession delle circostanze attenuanti generiche – è manifestamente infondato, in quanto la Corte distrettuale ha dato conto in maniera congrua e logica degli elementi rientranti nel novero quelli previsti dall’art. 133 cod. pen. che ha considerato preponderanti nell’esercizio del po discrezionale ad essa riservato (cfr. Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, COGNOME, Rv. 279549 02; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269 – 01) – non limitandosi ad escluder la sussistenza di elementi favorevoli da valorizzare, bensì dando conto del precedente penale a carico dell’imputato e negando rilievo alla collaborazione al momento della perquisizion domiciliare alla luce della complessiva gravità del fatto;
– il quarto motivo – che deduce la violazione della legge con riguardo alla determinazione, in dieci anni, della durata delle pene accessorie fallimentari- è inedito e «non possono esse dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttame omesso di pronunciare siccome non devolute con la dovuta specificità alla sua cognizione, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giudizio o che non stato possibile dedurre in precedenza» (Sez. 5, n. 37875 del 04/07/2019, COGNOME, Rv. 277637 01, che – quanto alla violazione di legge – richiama il disposto dell’art. 606, comma 3, cod. p pen.; e con specifico riferimento al vizio di motivazione richiama Sez. 2, n. 29707 d 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, COGNOME, Rv. 269745 – 01; Sez. 2, n. 22362 del 19/04/2013, COGNOME; con riferimento alla violazione di legge cfr. Sez U, n. 40275 del 15/07/2021, COGNOME, Rv. Rv. 282095 – 01, non nnassimata sul punto, che richiama l’art. 606, comma 3, cit.), bastando aggiungere che le pene in discorso non sono illegal
il quinto motivo- che denuncia la violazione del principio di correlazione tra accus sentenza – è manifestamente infondato in quanto l’editto accusatorio ha espressamente attribuisce al ricorrente, ratione temporis, sia come amministratore di diritto sia come amministratore di fatto, il che esime dall’immorare oltre, anche per rilevare la generi dell’allegazione difensiva;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui conseg ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna deg ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazi (cfr. Corte cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, 267585 – 01) – al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna da ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 10/09/2025.