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Bancarotta distrattiva: la congruità del prezzo è chiave

La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio una condanna per bancarotta distrattiva, stabilendo che la semplice cessione di un ramo d’azienda non è sufficiente a configurare il reato. È necessario dimostrare la natura distrattiva dell’operazione, verificando l’incongruità del prezzo di cessione. Nella stessa sentenza, la Corte ha dichiarato estinto per prescrizione il reato di bancarotta preferenziale contestato agli stessi imputati.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Distrattiva: Non Basta Cedere un Bene per Essere Condannati

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 7265/2025) ha fornito un chiarimento fondamentale in materia di bancarotta distrattiva, stabilendo un principio di garanzia per gli imprenditori. La semplice vendita o affitto di un ramo d’azienda, anche in prossimità del fallimento, non costituisce automaticamente reato. È onere dell’accusa dimostrare che l’operazione ha effettivamente impoverito il patrimonio sociale a danno dei creditori, provando in particolare la non congruità del prezzo pattuito. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I fatti del processo

Il caso riguarda l’amministratore e liquidatore di una società, successivamente fallita, e un suo familiare, accusati in concorso di bancarotta fraudolenta distrattiva e preferenziale. Secondo l’accusa, gli imputati avevano prima affittato e poi ceduto un ramo d’azienda della società, svuotandola del suo unico asset produttivo. I giudici di primo e secondo grado avevano condannato entrambi gli imputati, ritenendo che tale operazione avesse natura distrattiva, finalizzata a sottrarre beni alla garanzia dei creditori.

L’analisi della Corte di Cassazione sulla bancarotta distrattiva

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo, tra le altre cose, che i giudici di merito non avessero adeguatamente motivato sulla natura distrattiva dell’operazione. In particolare, si contestava la mancata verifica della congruità del canone di affitto e del prezzo di cessione. La Corte di Cassazione ha accolto questa tesi, definendo la motivazione della sentenza d’appello ‘manifestamente illogica’ ed ‘errata in diritto’.

I giudici supremi hanno sottolineato che, stando a quanto emerso pacificamente nel processo, i proventi derivanti dalla cessione erano stati interamente utilizzati per pagare debiti preesistenti della società, in particolare gli stipendi dei dipendenti. Un’operazione del genere, se realizzata a un prezzo di mercato equo, è patrimonialmente neutra e non può essere considerata distrattiva. Svuotare la società di un bene per estinguere un debito equivalente non riduce il patrimonio netto e non danneggia la massa dei creditori nel suo complesso.

La decisione sulla bancarotta preferenziale e la prescrizione

Per quanto riguarda l’accusa di bancarotta preferenziale (per aver pagato alcuni creditori, i dipendenti, a preferenza di altri), la Corte di Cassazione ha rilevato che il reato era ormai estinto per intervenuta prescrizione. Poiché i motivi di ricorso non erano manifestamente infondati, la Corte ha potuto dichiarare l’estinzione del reato, annullando la sentenza su questo punto senza disporre un nuovo processo.

Le motivazioni

La motivazione della Cassazione sul reato di bancarotta distrattiva è il cuore della sentenza. La Corte ha ribadito che per integrare tale delitto non è sufficiente la mera dismissione di un bene aziendale. È indispensabile provare l’effettivo depauperamento del patrimonio sociale. La Corte d’Appello aveva erroneamente ritenuto irrilevante la congruità del prezzo, concentrandosi solo sull’effetto di ‘svuotamento’ della società. Questo approccio è stato censurato dalla Cassazione. Se un bene viene venduto al suo giusto valore e il ricavato viene usato per pagare debiti sociali, l’operazione è lecita. Diventa illecita e assume carattere distrattivo solo se il prezzo è ‘incongruo ovvero sottostimato’, poiché in tal caso si verifica una perdita netta per il patrimonio aziendale e, di conseguenza, per i creditori. La Corte ha quindi rinviato il caso a un’altra sezione della Corte d’Appello, che dovrà riesaminare i fatti e verificare se il prezzo di affitto e cessione fosse effettivamente inadeguato e tale da generare un danno economico apprezzabile per i creditori.

Le conclusioni

Questa pronuncia rafforza un importante principio di diritto fallimentare: la colpevolezza per bancarotta distrattiva deve essere provata attraverso elementi concreti che dimostrino un’effettiva diminuzione patrimoniale ingiustificata. Non è ammissibile una condanna basata sulla mera presunzione che ogni atto di disposizione compiuto prima del fallimento sia fraudolento. La sentenza impone ai giudici di merito un’analisi più rigorosa, che tenga conto della realtà economica dell’operazione contestata, a partire dalla congruità del corrispettivo. Si tratta di una tutela fondamentale per gli imprenditori che, in situazioni di crisi, possono trovarsi a compiere operazioni di cessione non per frodare i creditori, ma come estremo tentativo di saldare i debiti e salvare il salvabile.

La vendita di un ramo d’azienda prima del fallimento è sempre bancarotta distrattiva?
No, non automaticamente. Secondo la sentenza, un’operazione di cessione è patrimonialmente neutra e non costituisce reato se il prezzo è congruo e il ricavato viene utilizzato per pagare debiti della società. Diventa distrattiva solo se il prezzo è sottostimato, causando un danno al patrimonio sociale.

Cosa deve provare l’accusa per dimostrare la bancarotta distrattiva in caso di cessione di beni?
L’accusa deve dimostrare che l’operazione ha causato un effettivo depauperamento del patrimonio aziendale. Un elemento fondamentale di questa prova è l’incongruità del prezzo di cessione, ovvero dimostrare che il bene è stato venduto a un valore inferiore a quello di mercato, generando un danno per i creditori.

Perché il reato di bancarotta preferenziale è stato dichiarato estinto?
La Corte di Cassazione ha dichiarato il reato di bancarotta preferenziale estinto per intervenuta prescrizione. Poiché i motivi del ricorso degli imputati non erano manifestamente infondati, si è instaurato un valido rapporto processuale che ha permesso alla Corte di rilevare il decorso del tempo necessario a estinguere il reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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