Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14905 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14905 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/06/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
udito il difensore
RITENUTO IN FATTO
E’ proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Roma in data 23 giugno 2023, che, in parziale riforma della sentenza di condanna pronunciata dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Roma nei confronti di COGNOME NOME per il deli di bancarotta fraudolenta documentale, commesso in Roma il 27 febbraio 2019, riqualificato il fatto alla stregua del delitto di bancarotta semplice documentale, ha rideterminato la pena principale in otto mesi di reclusione e le pene accessorie nella durata di anni due.
Il ricorso per cassazione nell’interesse dell’imputata consta di due motivi, enunciati ne limiti stabiliti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen..
Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 125, comma 3, e 546, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. e dell’art. 219, comma 3, L.F. e il vizio di motivazione apparente in punto diniego della circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità.
E’ addotto a sostegno che la Corte territoriale aveva respinto la richiesta di concessione dell’attenuante di cui all’art. 219, comma 3, L.F. senza prendere in considerazione ciascuna delle specifiche deduzioni difensive spiegate a suffragio e che, comunque, non si era attenuta al principio di diritto – sia pure affermato con riferimento alla bancarotta fraudolenta documental – secondo il quale, quando il danno patrimoniale arrecato ai creditori sociali non sussista o no sia dimostrato (come nel caso di specie), l’attenuante deve essere applicata. Beneficio del quale la ricorrente sarebbe stata senz’altro meritevole se solo fossero stati valorizzati i suoi tenta infruttuosi, di rintracciare i detentori delle quote sociali e il commercialista tenutari scritture contabili, delle quali ella non era venuta in possesso in quanto amministrator meramente formale.
Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 125, comma 3, e 546, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. e degli artt. 133 e 37 cod. pen. e 217, comma 3, L.F. e il vizio di ome motivazione in ordine ai criteri adottati nell’esercizio del potere discrezionale pe determinazione della durata delle pene accessorie, stabilita nella massima estensione (in anni due), non potendosi ritenere appagante l’anodino riferimento alle ragioni che avevano giustificato la determinazione della pena principale in mesi otto di reclusione.
Il Procuratore generale presso questa Corte, in persona del Sostituto, Dottor NOME COGNOME, con memoria in data 29 novembre 2023, ha anticipato le proprie conclusioni chiedendo il rigetto del ricorso.
Il ricorso è stato discusso in camera di consiglio non partecipata, non essendo pervenuta tempestivamente richiesta di sua trattazione orale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1
Il primo motivo di ricorso deve essere rigettato.
1.1. Privo di fondamento è il rilievo secondo il quale la Corte territoriale avrebbe disatt la richiesta di riconoscimento all’imputata della circostanza attenuante di cui all’art. 219, co 3, L.F. senza fornire compiuta risposta a tutte le deduzioni difensive articolate a sostegno.
Invero, va, piuttosto, ribadito che il giudice di appello non ha l’obbligo di controba ogni esercitazione dialettica difensiva e di confutare, una per una, tutte le argomentazioni e t le doglianze che sono state proposte con i motivi di impugnazione, in quanto l’obbligo d motivazione può considerarsi adempiuto allorché il giudice di secondo grado, senza diffondersi nella confutazione particolareggiata di un motivo di gravame, involgente la critica di un elemen di prova, dimostri, mediante l’enunciazione delle ragioni che hanno determinato la sua decisione, di aver tenuto conto di tutte le principali e decisive risultanze acquisite nel processo (Sez. 24 del 24/11/1999, Rv. 214794; Sez. 2, n. 1612 del 08/06/1976 – dep. 29/01/1977, Rv. 135181), come nel caso di specie.
1.2. Infondata è, comunque, la doglianza di erronea applicazione della norma di cui all’art 219, comma 3, L.F..
La Corte di merito, in effetti, evidenziando come della circostanza attenuante invocata non sussistessero i presupposti, poiché la condotta dell’imputata – che non aveva messo a disposizione del curatore fallimentare alcuna documentazione societaria, né fornito informazioni utili al suo reperimento (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata) – aveva reso assolutamente impossibile la ricostruzione della situazione contabile della società fallita, e con essa la possi di esercitare azioni a tutela dell’unica creditrice insinuatasi al passivo, rimasta total insoddisfatta per un importo tutt’altro che lieve – per la somma di Euro 119.000,00 circa -, dimostrato di essersi fedelmente attenuta al principio di diritto – correttamente richiamat sentenza – secondo cui, in tema di reati fallimentari, il danno di speciale tenuità di cu circostanza attenuante prevista dall’art. 219, comma 3, L.F., è quello cagionato dal fatto di re globalmente considerato e non quello derivante dal passivo fallimentare, talché, in ipotesi bancarotta semplice documentale, detto danno deve valutarsi sia in relazione all’impossibilità d ricostruire totalmente o parzialmente la situazione contabile dell’impresa fallita o di esercit azioni revocatorie o altre azioni a tutela dei creditori, sia in relazione alla diminuzio l’omessa tenuta dei libri contabili abbia determinato nella quota di attivo oggetto di riparto creditori (Sez. 5, n. 11725 del 10/12/2019 – dep. 2020, Rv. 279098). D’altro canto, è qu sufficiente aggiungere, per disattendere la deduzione difensiva secondo cui l’attenuante di cu all’art. 219, comma 3, L.F. andrebbe senz’altro applicata «tutte le volte non sia dimostrat danno cagionato alla massa creditoria in seguito all’incidenza che le condotte integranti il rea hanno avuto sulla possibilità di esercitare le azioni a tutela del ceto creditorio», c mancanza delle scritture non può essere utilizzata per presumere circostanze favorevoli
all’imputato, salvo che le contenute dimensioni dell’impresa non rendano plausibile la determinazione di un danno particolarmente ridotto>> (Sez. 5, n. 7888 del 03/12/2018 – dep. 2019, Rv. 275345; conf. Sez. 5, n. 36399 10/03/2023, non massimata), ipotesi quest’ultima neppure prospettata in ricorso.
2. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
La motivazione rassegnata a sostegno della determinazione in anni due della durata delle pene accessorie di cui all’art. 217, comma 3, L.F., applicate all’imputata, ancorché sintetic perché sviluppata tramite il rinvio alle ragioni poste a fondamento della determinazione dell pena principale (la gravità della condotta totalmente omissiva tenuta dalla COGNOME; l’assenza d qualsiasi manifestazione di volontà collaborativa o riparatoria; l’allarmante personali dell’imputata, gravata da plurimi precedenti penali, alcuni dei quali specifici), è, tuttavia, co ed esaustiva, perché ancorata ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., come prescritto dal d vivente (Sez. U, n. 28910 del 28/02/2019, Rv. 276286). Consegue che non è sindacabile in sede di legittimità il provvedimento del giudice del merito che, avvalendosi del proprio pot discrezionale, determini, in base ai criteri di cui agli artt. 132 e 133 cod. pen., con speci adeguata motivazione, le pene accessorie fallimentari nella misura massima prevista dalla legge, senza rapportarle automaticamente alla durata della pena principale (Sez. 5, n. 7034 del 24/01/2020, Rv. 278856).
3. Il rigetto del ricorso comporta la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso 11 18/01/2024.