Azione Riparatoria Tardiva: la Cassazione Conferma l’Inammissibilità
L’istituto dell’azione riparatoria, previsto dall’articolo 162-ter del codice penale, rappresenta un’importante opportunità per l’imputato di ottenere l’estinzione del reato attraverso la riparazione del danno. Tuttavia, la sua efficacia è strettamente legata al rispetto di precisi limiti temporali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza che un’offerta riparatoria effettuata tardivamente, oltre il termine massimo stabilito dalla legge, non può produrre l’effetto estintivo sperato, rendendo il relativo ricorso inammissibile.
I Fatti del Caso
Il caso in esame ha origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. L’imputato lamentava la mancata declaratoria di estinzione dei reati a lui contestati, nonostante avesse provveduto a un’azione riparatoria. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva già rigettato la richiesta, rilevando come tale condotta fosse intervenuta in ritardo, ovvero ben oltre il termine massimo fissato dalla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado.
L’imputato, nel suo ricorso per cassazione, contestava la decisione sostenendo non solo una violazione dell’art. 162-ter c.p., ma anche la mancata concessione della remissione in termini. A suo dire, un legittimo impedimento del difensore avrebbe dovuto giustificare il ritardo, consentendo di considerare valida la riparazione tardiva.
La Decisione della Corte di Cassazione sull’Azione Riparatoria
La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici supremi hanno confermato la correttezza della pronuncia della Corte d’Appello, sottolineando come i termini per l’azione riparatoria siano perentori e non derogabili se non nei casi espressamente previsti dalla legge.
Il Termine per l’Azione Riparatoria
Il fulcro della decisione ruota attorno all’interpretazione del limite temporale imposto dall’art. 162-ter del codice penale. La norma stabilisce che le condotte riparatorie devono essere realizzate al più tardi entro l’apertura del dibattimento di primo grado. Questo termine è considerato un paletto invalicabile, posto a garanzia della certezza del diritto e del corretto svolgimento del processo.
La Richiesta di Remissione in Termini
Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla mancata remissione in termini, è stato giudicato infondato. La Cassazione ha osservato che, per poter beneficiare di tale istituto, è necessario che la parte interessata presenti una specifica richiesta formale durante il dibattimento, come previsto dall’art. 175 del codice di procedura penale. Nel caso di specie, non risultava che una tale richiesta fosse mai stata avanzata, rendendo la doglianza successiva del tutto priva di pregio.
Le Motivazioni della Sentenza
Le motivazioni della Corte si basano su due principi cardine del nostro ordinamento processuale. In primo luogo, la perentorietà dei termini processuali. La legge stabilisce scadenze precise per il compimento degli atti al fine di assicurare un processo celere e ordinato. L’azione riparatoria, per essere efficace, deve inserirsi in questa cornice temporale. Effettuarla tardivamente significa vanificarne lo scopo e violare le regole procedurali.
In secondo luogo, la Corte ha ribadito il principio della domanda. La remissione in termini non è un automatismo, ma un beneficio che deve essere esplicitamente richiesto dalla parte che ne ha interesse, la quale ha l’onere di dimostrare l’esistenza di un caso fortuito o di forza maggiore che le ha impedito di agire tempestivamente. L’assenza di una richiesta formale nel corso del dibattimento preclude ogni successiva lamentela sul punto.
Conclusioni
Questa ordinanza della Cassazione serve come un chiaro monito sull’importanza del rispetto dei termini processuali, in particolare per quanto riguarda l’istituto dell’azione riparatoria. La decisione sottolinea che la possibilità di estinguere il reato tramite la riparazione del danno è una concessione subordinata a condizioni rigorose. Gli imputati e i loro difensori devono agire con la massima diligenza per non perdere questa opportunità, poiché un ritardo, anche se motivato da impedimenti, non può essere sanato in assenza di una formale e tempestiva richiesta di remissione in termini. La condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende sancisce la definitività della decisione e l’inammissibilità di un percorso riparatorio intrapreso fuori tempo massimo.
Qual è il termine ultimo per effettuare un’azione riparatoria efficace ai fini dell’estinzione del reato?
Secondo la Corte, l’azione riparatoria, per essere valida ai fini dell’estinzione del reato, deve intervenire al più tardi entro la dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, come stabilito dall’art. 162-ter c.p.
L’azione riparatoria può essere considerata valida se effettuata dopo l’apertura del dibattimento?
No, la Corte ha stabilito che un’azione riparatoria intervenuta tardivamente, cioè oltre il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento, è manifestamente infondata e non può portare all’estinzione del reato.
È possibile ottenere la remissione in termini per un’azione riparatoria tardiva a causa di un legittimo impedimento del difensore?
No, non se non viene avanzata una specifica richiesta formale durante il dibattimento. La Corte ha chiarito che il riferimento al legittimo impedimento è privo di pregio se non è stata presentata in giudizio un’apposita istanza di remissione in termini ai sensi dell’art. 175 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31379 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31379 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BRONTE il 19/06/1990
avverso la sentenza del 17/01/2025 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che il primo motivo, con cui si contesta violazione di legge in relazione all’art. 162-ter cod. pen., è manifestamente infondato, poiché la Corte di appello non ha proceduto alla declaratoria di estinzione dei reati per azione riparatoria rilevando che la stessa era intervenuta tardivamente e cioè ben oltre il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado;
che, parimenti privo di pregio è anche il riferimento alla mancata remissione in termini ai sensi dell’art. 162-ter cod. pen., comma secondo, cod. pen., per legittimo impedimento del difensore dell’imputato, non risultando essere stata avanzata in dibattimento alcuna richiesta ex art. 175 cod. proc. pen.;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, il giorno 1luglio 2025