Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 6566 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 6566 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMENOME nato a Catania il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 29/6/2023 del Tribunale del riesame di Catania; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 29/6/2023, il Tribunale del riesame di Catania annullava – limitatamente a 5 apparecchi – il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del locale Tribunale il 19/6/2023 nei confronti di NOME COGNOME, indagato per il reato di cui agli artt. 193, r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, e 2, comma 3, lett. b), decreto dell’Assessore alla salute della Regione Siciliana n. 724 del 2022; confermava nel resto la misura cautelare.
Propone ricorso per cassazione il COGNOME, a mezzo del proprio difensore, deducendo – con unico motivo – la violazione degli artt. 325 e 606, lett. b), cod.
proc. pen., in relazione alle norme contestate, in riferimento all’art. 321 cod. proc. pen. Richiamati i dati normativi testuali e la differenza tra i concetti di ambulatorio e di studio medico, si afferma che la volontà del legislatore risulterebbe quella di circoscrivere i margini del regime autorizzatorio delle attività sanitarie esercitate dallo studio medico alle sole prestazioni invasive che comportino un rischio per la sicurezza del paziente, come peraltro legiferato già da numerose Regioni. Tanto premesso, il Tribunale avrebbe errato nel riconoscere il fumus del reato contestato (anche per come integrato dalla disciplina regionale), che troverebbe applicazione soltanto per gli ambulatori in cui operano più professionisti e non nei casi in cui ve ne sia uno solo, come accertato nel caso di specie. Sotto altro profilo, poi, l’ordinanza avrebbe riconosciuto le iniezioni di filler e ‘botulino come rischiose per il paziente senza alcuna motivazione, contrariamente a quanto affermato dalla giurisprudenza amministrativa; l’asserita pericolosità di queste pratiche estetiche, inoltre, sarebbe smentita da chiare evidenze scientifiche, dalle quali risulterebbe esser sufficiente la somministrazione da parte di un medico – come l’indagato – in grado di fronteggiare eventuali “inconvenienti”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso risulta manifestamente infondato.
Il Tribunale del riesame ha accolto in parte l’istanza di cui all’art. 324 cod. proc. pen., non riscontrando nel caso di specie l’esistenza di un ambulatorio, come richiamato nell’art. 193, comma 1, r.d. n. 1265 del 1934 tra le strutture che necessitano dell’autorizzazione; in particolare, e facendo corretta applicazione della costante giurisprudenza di legittimità, l’ordinanza ha sottolineato che la struttura gestita dal ricorrente non presentava un carattere organizzativo complesso di tipo imprenditoriale, stante la presenza di un solo professionista (il COGNOME, medico dietologo), le modeste dimensioni dell’immobile e l’assenza di personale di supporto, come una segreteria. In ragione di ciò, il provvedimento ha quindi annullato il decreto di sequestro preventivo – non ravvisandosi il fumus del reato – limitatamente a cinque “apparecchi elettromedicali” (specificati a pag. 2), che consentivano trattamenti suscettibili di essere praticati anche presso centri estetici o saloni di bellezza, non comportando pratiche invasive.
4.1. Il Collegio del riesame, invece, ha mantenuto il sequestro con riguardo all’immobile, ai farmaci e a tutti gli ulteriori beni, in quanto utilizzati per iniezi di filler e botulino, ritenute pratiche invasive che comportano rischi e “possibili effetti collaterali per il paziente, come reazioni allergiche, infezioni, edemi, paralisi facciali, inestetismi cutanei, dovendo quindi essere praticate in ambito ambulatoriale”.
La motivazione dell’ordinanza non merita censura.
Il provvedimento impugnato, infatti, ha correttamente riconosciuto il fumus del reato sul presupposto che – con riguardo all’attività medica da ultimo richiamata – il ricorrente avrebbe avuto la necessità di una struttura ambulatoriale regolarmente autorizzata, non risultando sufficiente un mero studio medico; non può essere condivisa, dunque, l’affermazione del ricorso (pag. 7) secondo cui il Tribunale avrebbe applicato al COGNOME una norma invero non contestata.
6.1. In particolare, il ricorrente sostiene che la rubrica provvisoria riguarderebbe (oltre al citato r.d. n. 1265/1934) l’art. 3, lett. b), D.A. n. 724/2022, che, nel richiamare le strutture per le quali è necessaria l’autorizzazione da parte dell’RAGIONE_SOCIALE, non citerebbe l’art. 8-ter, d. Igs. 30 dicembre 1992, n. 502 (menzionato, invece, all’art. 2, comma 2, dello stesso decreto dell’assessorato siciliano) e, in particolare, il suo comma 2: a mente di questo, “l’autorizzazione all’esercizio di attività sanitarie è, altresì, richiesta per gli st odontoiatrici, medici e di altre professioni sanitarie, ove attrezzati per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportino un rischio per la sicurezza del paziente (come riconosciuto dal Tribunale, n.d.e.), individuati ai sensi del comma 4, nonché per le strutture esclusivamente dedicate ad attività diagnostiche, svolte anche a favore di soggetti terzi e per l’erogazione di cure domiciliari”. Ne seguirebbe, dunque, che l’attività contestata al RAGIONE_SOCIALE, quanto ad iniezioni di filler e botulino, non richiederebbe alcuna autorizzazione.
6.2. Questa tesi non può essere condivisa.
6.3. Se è vero, infatti, che l’art. 2, comma 3, lett. b), D.A. n. 724 del 2022 non richiama espressamente l’art. 8-ter sopra citato, a differenza del comma precedente, è altresì evidente che lo stesso richiamo deve ritenersi implicito: infatti, come, per un verso, il comma 2 dell’art. 2 in esame indica quali strutture sono tenute a presentare istanza di concessione dell’autorizzazione RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 8-ter in questione (strutture di nuova costruzione; strutture esistenti per le quali sono realizzate opere di adattamento; strutture esistenti che sono destinate ad un diverso utilizzo, sono ampliate o trasformate; strutture esistenti che sono trasferite in altra sede), così, per altro verso, il comma seguente individua quali autorità – regionale, RAGIONE_SOCIALE, comunale – sono deputate al rilascio “dell’autorizzazione all’esercizio di attività sanitarie”, con riguardo ad una pluralità di strutture, compresi ambulatori e studi medici privati. Le due disposizioni, dunque, si integrano, si completano, specificando, rispettivamente, chi deve chiedere l’autorizzazione e chi deve rilasciarla; con l’effetto che l’art. 8ter, comma 2, appena richiamato, si applica anche alle strutture sanitarie
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menzionate all’art. 2, comma 3, lett. b), e dunque anche a quella per la quale è contestata al RAGIONE_SOCIALE la mancanza (pacifica) di autorizzazione.
La prima parte della censura, pertanto, è manifestamente infondata.
Di seguito, l’ordinanza ha qualificato come pratiche invasive rischiose che, dunque, richiedono comunque l’autorizzazione amministrativa – le iniezioni di filler e botulino, alla luce dei caratteri già sopra richiamati al paragrafo 4.1 ed i cui accertamento costituisce valutazione in fatto che non può essere contestata in questa sede, specie a fronte dei rigidi confini fissati dall’art. 325 cod. proc. pen., che ammette il ricorso per cassazione contro le ordinanze cautelari reali soltanto per violazione di legge. Ne consegue, dunque, che non possono essere qui valutate le ulteriori considerazioni svolte dal ricorso, secondo le quali – anche richiamando giurisprudenza amministrativa – le iniezioni di botulino non comporterebbero, in realtà, alcun rischio per i pazienti e la loro somministrazione non richiederebbe una particolare specializzazione (essendo sufficiente la qualifica di medico), così come le iniezioni di filler riempitivi potrebbero comportare solo lievi effetti indesiderati, comunque metabolizzati nel giro di 6-8 mesi e, ancora, somministrabili in ogni caso da un medico. Si tratta, all’evidenza, di argomenti di merito il cui esame è precluso a questa Corte.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2023
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