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Autorizzazione emissioni: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del titolare di un’azienda condannato per aver operato senza la prescritta autorizzazione emissioni. La Corte ha confermato che, data la vastità dell’impianto industriale, non era applicabile la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. L’impugnazione è stata ritenuta inammissibile in quanto contestava valutazioni di merito non sindacabili in sede di legittimità.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Autorizzazione Emissioni: No Sconti per Grandi Impianti

Operare senza la necessaria autorizzazione emissioni in atmosfera costituisce un reato ambientale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 5670/2024) ribadisce un principio fondamentale: la dimensione dell’attività produttiva è un fattore cruciale per valutare la gravità del danno ambientale e, di conseguenza, per escludere l’applicazione di benefici come la non punibilità per particolare tenuità del fatto. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il titolare di un’azienda di calzature veniva condannato dal Tribunale di Napoli Nord al pagamento di un’ammenda per aver esercitato la propria attività industriale senza la prescritta autorizzazione emissioni in atmosfera, violando così gli articoli 269 e 279 del Testo Unico Ambientale (D.Lgs. 152/2006).

L’imputato, tramite il suo difensore, presentava un’impugnazione (qualificata come appello) lamentando che il giudice di primo grado non avesse considerato la particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). A sostegno della sua tesi, evidenziava la cessazione dell’attività inquinante e la successiva rimozione dei macchinari dall’opificio. Inoltre, chiedeva il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

L’Impugnazione e la Riqualificazione del Ricorso

La Corte di Cassazione, prima di entrare nel merito, ha dovuto affrontare una questione procedurale. L’impugnazione era stata proposta come ‘appello’, ma la legge (art. 593, comma 3, c.p.p.) stabilisce che le sentenze che condannano alla sola pena dell’ammenda non sono appellabili. Pertanto, la Corte ha riqualificato l’atto come ‘ricorso per cassazione’, come previsto dall’art. 568, comma 5, c.p.p. Questo passaggio è cruciale, perché il ricorso per cassazione permette solo di contestare violazioni di legge e non di rivalutare i fatti, a differenza dell’appello.

La Decisione della Cassazione sulla Mancata Autorizzazione Emissioni

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I motivi presentati dalla difesa sono stati ritenuti censure generiche, dirette a contestare valutazioni fattuali che il giudice di merito aveva già adeguatamente motivato. Questo tipo di contestazione non rientra tra i motivi ammessi per il ricorso in cassazione (art. 606 c.p.p.).

Le motivazioni

La Corte ha specificato che il giudice di primo grado aveva correttamente rigettato la richiesta di applicazione dell’art. 131-bis c.p. (particolare tenuità del fatto). La decisione si fondava sulla gravità del reato, desunta dall’entità della lavorazione. L’attività si svolgeva infatti in un capannone industriale di grandi dimensioni, come documentato dalle fotografie in atti. Tale circostanza, secondo i giudici, escludeva a priori che il danno all’ambiente potesse essere considerato di ‘particolare tenuità’.

Per ragioni analoghe, è stato negato anche il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, data la mancanza di elementi positivi di giudizio a favore dell’imputato.

Infine, la Corte ha osservato che la successiva regolarizzazione dell’impianto, invocata dalla difesa, era già stata positivamente valutata dal Tribunale, che aveva infatti deciso di irrogare la sola pena pecuniaria (l’ammenda), la sanzione più mite prevista.

Le conclusioni

La sentenza ribadisce che, in materia di reati ambientali, la dimensione e la capacità produttiva di un impianto sono elementi determinanti per valutare la gravità della condotta. Un’attività industriale su larga scala, anche se esercitata senza la dovuta autorizzazione emissioni per un periodo limitato, non può essere considerata un ‘fatto di particolare tenuità’. La dichiarazione di inammissibilità ha comportato per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, a conferma della temerarietà dell’impugnazione.

Quando un’impugnazione contro una condanna alla sola pena dell’ammenda è appellabile?
Secondo l’art. 593, comma 3, del codice di procedura penale, le sentenze che condannano alla sola pena dell’ammenda non sono appellabili. L’impugnazione può essere tuttavia proposta direttamente come ricorso per cassazione.

Perché la Corte ha escluso l’applicazione della ‘particolare tenuità del fatto’ per la mancata autorizzazione emissioni?
La Corte ha confermato la decisione del giudice di merito, il quale ha ritenuto che la gravità del fatto non fosse lieve. La valutazione si è basata sull’entità della lavorazione, svolta in un capannone industriale di grandi dimensioni, elemento che esclude che il danno all’ambiente possa essere considerato di particolare tenuità.

Cosa comporta per il ricorrente la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
A norma dell’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma, fissata equitativamente (nel caso di specie in € 3.000,00), in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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