Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13425 Anno 2019
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13425 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/02/2019
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a CERCOLA il 11/02/1951
avverso la sentenza del 04/05/2018 del TRIBUNALE di NOLA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Noia ha dichiarato NOME COGNOME responsabile dei reati di cui agli artt. 137 d.lgs. 152/2006 (capo A della rubrica) 279, in relazione all’art. 269, comma 6, d.lgs. 152/2006 (capo B della rubrica), accertati il 28 maggio 2013, condannandolo alla pena complessiva di euro 2.000,00 di ammenda.
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando la violazione e l’erronea applicazione degli artt. 137 e 279 d.lgs. 152/2006, i considerazione della mancanza di accertamenti tecnici idonei a consentire di qualificare come reflui industriali gli scarichi provenienti dall’attività d’impresa esercitata d RAGIONE_SOCIALE amministrata dall’imputato, né in ordine al superamento dei limiti stabilit per le immissioni in atmosfera, alla idoneità del sistema fognario e al sistema di tiraggi delle immissioni esistenti nell’impianto di tale società.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, consistendo in doglianze prive delle necessaria specificità, sia intrinseca, sia estrinseca, in ordine agli accertamenti di fatto compiuti Tribunale, non censurabili sul piano del merito nel giudizio di legittimità se, come ne caso in esame, compiuti in modo logico e giustificati mediante motivazione adeguata e immune da vizi.
Il Tribunale è, infatti, pervenuto alla affermazione di responsabilità dell’imputato in relazione a entrambi i reati contestati, sulla base di quanto accertato in occasione de sopralluogo eseguito il 28 maggio 2013 presso la sede della RAGIONE_SOCIALE, amministrata dal ricorrente, nella quale venivano svolte operazioni di lavorazione del ferro e saldatura, produttive di fumi emessi in atmosfera e le cui acque di lavorazione, il carburante e i materiale di risulta (tra cui segatura di legno) venivano sversati nella fognatura pubblic in assenza di autorizzazione (essendo scaduta nel 2012 quella rilasciata a tale società).
L’accertamento di tali circostanze di fatto, pienamente idonee a consentire di ritenere configurabili entrambi i reati addebitati al ricorrente, è stato da quest’ul censurato in modo del tutto generico, lamentando la mancanza di accertamenti sulle caratteristiche dei reflui, sull’idoneità dell’impianto fognario e sul superamento dei li per le emissioni in atmosfera, senza alcuna specificazione delle ragioni di tali doglianze e omettendo qualsiasi confronto, tantomeno critico, con la sentenza impugnata, nella quale è stata evidenziata la inequivoca natura industriale delle acque di lavorazione convogliate nella fognatura pubblica e dei fumi immessi in atmosfera, in quanto provenienti da lavorazioni eseguite in uno stabilimento industriale, come tali richiedenti le prescrit autorizzazioni, la cui mancanza integra i reati addebitati all’imputato.
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, stante la genericità, intrinseca ed estrinseca, e il contenuto non consentito nel giudizio di legittimità del censure cui è stato affidato.
L’inammissibilità originaria del ricorso esclude il rilievo della eventua prescrizione verificatasi successivamente alla sentenza impugnata, giacché detta inammissibilità impedisce la costituzione di un valido rapporto processuale di impugnazione innanzi al giudice di legittimità, e preclude l’apprezzamento di una eventuale causa di estinzione del reato intervenuta successivamente alla decisione impugnata (Sez. un., 22 novembre 2000, n. 32, COGNOME, Rv. 217266; conformi, Sez. un., 2/3/2005, n. 23428, COGNOME, Rv. 231164, e Sez. un., 28/2/2008, n. 19601, COGNOME, Rv. 239400; in ultimo Sez. 2, n. 28848 del 8.5.2013, Rv. 256463; Sez. 2, n. 53663 del 20/11/2014, COGNOME, Rv. 261616).
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2019 Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente