Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 37219 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 37219 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Martina Franca (TA) il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 10/04/2025 del Tribunale di Bari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, con atto del proprio difensore, impugna l’ordinanza del Tribunale di Bari in epigrafe indicata, che, accogliendo l’appello proposto dal Pubblico ministero a norma dell’art. 310, cod. proc. pen., ha annullato l’ordinanza del Tribunale di Trani del 20 gennaio 2025, con cui era stato autorizzato ad allontanarsi dal luogo nel quale si trova agli arresti domiciliari, per svolgere attivit lavorativa.
Egli deduce che il Tribunale, per negare l’esistenza del presupposto dell’assoluta indigenza, richiesto dall’art. 284, comma 3, cod. proc. pen., si
sarebbe acriticamente ripiegato sulle considerazioni del Pubblico ministero appellante, tuttavia fondate su una nota di polizia risalente ad un anno e mezzo addietro, senza tener conto del mutamento del quadro indiziario e cautelare intervenuto nel frattempo e confermato dalla documentazione invece valorizzata dal provvedimento annullato.
Ha depositato la propria requisitoria scritta il Procuratore generale, concludendo per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’impugnazione è inammissibile, perché generica e priva di qualsiasi fondamento.
Per un verso, relativamente al profilo dell’indigenza assoluta, essa elude qualsiasi confronto con la motivazione dell’ordinanza e con gli elementi di fatto sulla base dei quali questa ha motivatamente escluso detto presupposto normativo.
Vero è, infatti, che è stata da quei giudici valorizzata una nota di polizia risalente al 2023, la quale, però, dava conto dell’esercizio, da parte della moglie del ricorrente, dell’attività di dottore commercialista e della titolarità, da pa dell’uno e dell’altra, di numerosi beni immobili e di svariati autoveicoli, comprese diverse automobili di lusso, che costoro non risultano aver dismesso. Né è corretto sostenere che il Tribunale non abbia tenuto in considerazione la documentazione difensiva, avendone invece rilevato, con indiscutibile plausibilità logica, la total non conferenza, trattandosi di alcune mail dal contenuto generico.
L’impugnazione pecca di genericità, inoltre, nella parte in cui tace del tutto sull’ulteriore profilo valorizzato dal Tribunale per annullare il provvedimento di autorizzazione all’attività lavorativa e rappresentato dall’elusione, per l’effett delle ritenute esigenze cautelari, grazie alle possibilità per l’indagato, di fat incontrollabili, di contatti con terze persone, sia per via telematica che in presenza, e proprio nel luogo – quello di lavoro – dov’egli incontrava i propri sodali per l consegne delle partite di droga.
L’inammissibilità del ricorso comporta obbligatoriamente – ai sensi dell’art. 616, cod. proc. pen. – la condanna del proponente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi una sua assenza di colpa nella determinazione della causa
d’inammissibilità (yds. Corte Cost., sent. n. 186 del 13 giugno 2000). Det somma, considerando la manifesta assenza di pregio degli argomenti addotti, va fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28, reg. esec. c proc. pen..
Così deciso in Roma, il 24 settembre 2025.