Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1955 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1955 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
avverso l’ordinanza del 04/07/2024 del TRIBUNALE di ENNA, nel procedimento a carico di: COGNOME nato a NICOSIA il 02/10/1959; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentito il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio; sentiti i difensori, Avv. NOME COGNOME e Avv. NOME COGNOME che hanno concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità o comunque il rigetto del ricorso; dato atto che i difensori producono dispositivo del provvedimento emesso nel procedimento R.G. 33145/2024 Pubblico ministero contro COGNOME NOME, celebratosi innanzi a questa stessa sezione della Corte di legittimità il
17/12/2024;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Enna, in sede di riesame di provvedimenti impositivi di misure cautelari reali, ha annullato il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, in data 5 giugno 2024, nei confronti di NOMECOGNOME indagato,
per quel che qui rileva, in ordine a diversi reati di natura fiscale ed a tre reati autoriciclaggio.
Si imputa all’indagato, secondo le contestazioni ed il contenuto dell’ordinanza impugnata, di avere concorso con diversi soggetti e quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, ad emettere dichiarazioni fraudolente mediante l’uso di fatture per operazioni inesistenti ed altri reati fiscali, finalizzati ad otten indebite compensazioni con VIVA e, tramite il pagamento di fatture per operazioni inesistenti, denaro da stornare su altra attività economica occulta riferibile al medesimo Battaglia e ad altri correi.
Il sequestro preventivo aveva avuto finalità di confisca per equivalente.
Il Tribunale ha, in primo luogo, ritenuto illegittimo il sequestro operato nei confronti dell’indagato in relazione ai reati di natura fiscale; trattasi di statuizio che non è oggetto del ricorso.
In secondo luogo e per quel che qui interessa, l’ordinanza impugnata ha annullato il sequestro per equivalente disposto in relazione ai reati di autoriciclaggio di cui ai capi 13, 14 e 15 delle provvisorie imputazioni, che aveva avuto ad oggetto beni o altre utilità fino alla concorrenza degli importi a pagamento delle fatture e pari a euro 73.810 per il capo 13, 8.359,00 per il capo 14 e 53.870,00 per il capo 15.
Il Tribunale non ha ritenuto sussistente il fumus commissi delicti dei reati contestati.
Ha osservato, quanto al reato di autoriciclaggio di cui al capo 13, come non vi fosse prova agli atti del concorso dell’indagato nel reato presupposto di emissione di una fattura (n. 8/2009) da parte della società sportiva RAGIONE_SOCIALE in favore della RAGIONE_SOCIALE, riferibile ad operazioni inesistenti, pur riconoscendo che la fattura era falsa.
Infatti, l’indagato non risultava formalmente legato alla società sportiva e, in ogni caso, la fattura era riferibile ad epoca pregressa alla assunzione da parte sua della carica di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE
In ordine ai reati di autoriciclaggio di cui ai capi 14 e 15, congiuntamente esaminati, il Tribunale ha rilevato che all’indagato sono stati parallelamente contestati sia i reati fiscali di cui all’art. 8 d.lgs. 74 del 2000 (a titolo di conc nella predisposizione di fatture per operazioni inesistenti da parte di altre ditte in favore della RAGIONE_SOCIALE.IRAGIONE_SOCIALE, capi 4 e 5), sia i reati di cui all’art. 2 del medesim d.lgs. 74/2000, per essersi avvalso delle medesime fatture per operazioni inesistenti ai fini di effettuare indebite compensazioni con VIVA e l’IRES (capo 6). Tuttavia, nei due capi di imputazione di autoriciclaggio nn. 14 e 15, vengono indicati come reati presupposto quelli di cui all’art. 8 d. Igs. n. 74 del 2000, reat ai quali l’indagato non poteva avere concorso ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett.
b), del medesimo decreto 74/2000, proprio in forza della contestazione parallela di cui all’art. 2 del decreto legislativo.
Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Enna.
Deduce violazione di legge per quanto inerente all’annullamento della misura cautelare con riferimento ai reati di autoriciclaggio.
In ordine al reato di cui al capo 13, il ricorrente ritiene che il Tribunale non abbia valorizzato tutto il compendio indiziario, siccome volto a rappresentare l’esistenza di un sodalizio finalizzato alle operazioni fraudolente contestate, con la consequenziale complicità dell’indagato nella commissione del reato fiscale individuato come presupposto rispetto a quello di autoriciclaggio, ritenendosi anche illogica la valorizzazione della data di emissione della fattura una volta riconosciutane la falsità ed accertato, sulla base di conversazioni intercettate pretermesse dal Tribunale, che il COGNOME era a conoscenza della fattura.
In ordine ai reati di autoriciclaggio di cui ai capi 14 e 15, il ricorrente richiama contenuto dell’ordinanza emessa dal medesimo Tribunale in sede di riesame del provvedimento impositivo di misura cautelare personale nei confronti dell’indagato, laddove erano stati ritenuti sussistenti i gravi indizi di colpevolezza dei reati di autoriciclaggio ed era stato rilevato come l’art. 9 d.lgs. 74/2000 non fosse applicabile al Battaglia, che rivestiva “la duplice veste di amministratore del soggetto giuridico che emette le fatture e come amministratore che quelle fatture utilizza”.
Si dà atto che nell’interesse dell’indagato è stata depositata una memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivi non consentiti e, comunque, generici ed in parte manifestamente infondati.
Quanto al reato di autoriciclaggio di cui al capo 13, deve premettersi che, secondo l’art. 325, comma 1, cod.proc. pen., il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in sede di riesame avverso il provvedimento impositivo di misura cautelare reale, è ammesso solo per violazione di legge e, dunque, come anche ripetutamente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità condivisa dal Collegio, non per i vizi logici della motivazione di cui all’art. 606, comma 1, lett e) cod. proc. pen. (tra le tante, t ez.S, n. 35532 del 25/06/2010, COGNOME, conforme a Sez.U, n. 5876 del 2004, COGNOME).
La più autorevole giurisprudenza della Corte di Cassazione, condivisa dal Collegio, ritiene che in tale nozione vadano ricompresi sia gli errores in iudicando che gli errores in procedendo, ovvero quei vizi della motivazione così radicali da rendere
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l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez.U. n.25932 del 2008, Ivanov).
Nel caso in esame, quel che il ricorso censura è, testualmente, “un errore logico di valutazione” da parte del Tribunale (penultimo foglio del ricorso, non numerato), consistito nel non avere considerato tutto il quadro indiziario e fatto fede alla data della fattura sebbene ritenuta falsa.
Tuttavia, la motivazione sul punto è presente e non può dirsi apparente, non essendo stato neanche censurato tale suo aspetto patologico.
Il Tribunale, a fg. 11 del provvedimento impugnato, ha sottolineato le ragioni per le quali era da escludere la partecipazione del ricorrente al reato presupposto di emissione di fattura per operazioni inesistenti.
Eventuali vizi di illogicità o contraddittorietà, come si è precisato, non sono deducibili in questa sede.
2. Quanto ai reati di autoriciclaggio di cui ai capi 14 e 15, il pubblico ministero sostiene che ricorrono le condizioni per applicare il seguente principio di diritto “in tema di reati tributari, la disciplina in deroga al concorso di persone nel reato prevista dall’art. 9 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, non si applica al soggetto che cumula in sé le qualità di emittente e di amministratore della società utilizzatrice della autofattura mendace, configurandosi in tal caso sia il delitto di cui all’art. che quello di cui all’art. 2 del d.lgs. citato” (Sez. 3, n. 2859 del 30/11/2022, dep. 2023, Dentice, Rv. 284067 – 01).
Va tuttavia rilevato come il ricorrente si limiti alla mera enunciazione del principio di diritto, ma non specifica gli elementi fattuali e/o giuridici da cui poter evincer la sua applicabilità al caso in esame e l’eventuale erroneità del contrario convincimento dei giudici, non essendo a tal fine sufficiente affermare apoditticamente -che la doppia qualità cumulativamente rivestita da NOME risulta “pacificamente” dagli atti.
Il ricorso, perciò, si mostra generico per indeterminatezza, perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto no indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato.
A ciò si aggiunga la manifesta infondatezza dell’assunto, in quanto la sussistenza del requisito di che trattasi è tutt’altro che pacifica, poiché dal tenor dell’ordinanza e delle imputazioni provvisorie risulta -invece- la non sussistenza del cumulo della doppia veste in capo all’indagato, atteso come emerga che le fatture di cui al capo 4 siano state emesse da NOME e quelle di cui al
capo 5 da COGNOME NOME quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE. In entrambi i casi le fatture sono state emesse al fine di consentire alla società RAGIONE_SOCIALE l’evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto.
Ne consegue la declaratoria d’inammissibilità del ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Dichiara l’esecutività dell’ordinanza del Tribunale di Enna in data 04/07/2024. Dichiara la cessazione della misura cautelare del sequestro preventivo e manda alla cancelleria per l’immediata comunicazione al Procuratore generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen.. Così deciso, il 18/12/2024.