Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 8228 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 8228 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Monaco di Baviera (Germania) il 04/03/1975
avverso l’ordinanza del 29/10/2024 del Tribunale di Reggio Calabria visti gli atti del procedimento, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso. lette le conclusioni del difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha chiesto di accogliere il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME con atto dei propri difensori, impugna l’ordinanza in epigrafe indicata, che ha respinto l’appello da lui proposto a norma dell’art. 322bis, cod. proc. pen., avverso il provvedimento di rigetto della sua istanza di revoca del sequestro preventivo di due ditte individuali e delle quote di una società commerciale, tutte a lui riferibili ed esercenti in Germania attività di autolavaggio.
Egli è imputato dei delitto di autoriciclaggio (art. 648-ter.1, cod. pen.) e, secondo l’ipotesi accusatoria, tali imprese sarebbero cose destinate alla
commissione dello stesso, avendo egli fatto figurare come incassi per contanti delle relative attività, mediante false fatturazioni, somme in realtà da lui prelevate periodicamente da una cassaforte situata nel paese di San Luca, in Calabria, e provenienti dalla sua attività di narcotraffico.
Il ricorso consta di due motivi.
2.1. Il primo consiste nella violazione di legge processuale in materia d’intercettazioni e nella conseguente inutilizzabilità del dialogo del ricorrente valorizzato dal provvedimento impugnato, nel quale egli spiega alla propria madre il meccanismo utilizzato per “ripulire” il denaro contante attraverso quelle aziende.
Deduce la difesa che le informative di polizia giudiziaria, richiamate dai relativi provvedimenti autorizzativi, non contenessero l’indicazione di sufficienti indizi di reato, ma solo ipotesi investigative, peraltro a carico di persone diverse dal ricorrente, senza alcun riferimento ad episodi delittuosi specifici.
2.2. Il secondo motivo consiste nella violazione di legge e nel vizio di motivazione in punto di gravità indiziaria.
L’ipotesi accusatoria della falsa contabilizzazione delle fatture non è sorretta da un’indagine contabile, risultando perciò apodittica l’affermazione della opacità della contabilità di quelle aziende. Inoltre, illogica è la deduzione del Tribunale per cui sarebbe sufficiente a realizzare il riciclaggio anche la semplice fatturazione, senza la necessità di riversare le relative somme su un conto corrente bancario, poiché – sostiene la difesa – non si comprende come queste ultime, in tal caso, sarebbero spendibili.
Ha depositato requisitoria scritta il Procuratore generale, concludendo per l’inammissibilità del ricorso.
Ha depositato memoria di replica la difesa ricorrente, insistendo particolarmente sul primo motivo di ricorso e chiedendo l’accoglimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Nessuno dei due motivi di ricorso può essere ammesso.
Il primo è generico, oltre che manifestamente infondato.
È generico, perché si limita a riproporre l’analogo motivo d’appello, senza una puntuale critica delle ragioni per le quali il provvedimento impugnato l’ha disatteso.
È, poi, manifestamente infondato, anzitutto perché è indiscusso accennandolo lo stesso ricorso – che le informative di polizia richiamate e poste a
fondamento dei relativi provvedimenti autorizzativi facessero riferimento proprio ad un’attività di riciclaggio dei proventi del narcotraffico su scala internazionale, condotta da tale COGNOME, socio in affari di Galluzzo; ed inoltre, in secondo luogo, perché la difesa si limita a dedurre la mancata indicazione di alcun episodio specifico (si presume di compravendita di stupefacenti, poiché di più non si dice), che tuttavia non è essenziale per la configurabilità di un reato associativo e, a maggior ragione, per l’esistenza del quadro indiziario minimo, sufficiente per disporre l’intercettazione delle conversazioni: che – è bene ricordarlo – costituisce pur sempre un mezzo di ricerca della prova e che, dunque, sarebbe inutile se quest’ultima fosse già sufficientemente concludente.
Da ultimo, sul punto, va rilevato che correttamente l’ordinanza impugnata ha precisato che gli indizi di reato, presupposto per il ricorso alle intercettazioni, attengono all’esistenza dell’illecito penale e non alla colpevolezza di un determinato soggetto: sicché, per procedere legittimamente ad intercettazione, non è necessario che essi siano a carico di persona individuata o del soggetto le cui comunicazioni debbano essere captate a fine di indagine (così, tra moltissime altre, Sez. 1, n. 2568 del 18/09/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280354).
3. Il secondo motivo non è consentito in questa sede.
Stabilisce l’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., che il ricorso per cassazione avverso le ordinanze – come quella impugnata — emesse a norma dell’art. 322bis, stesso codice, è consentito soltanto per violazione di legge; e, per giurisprudenza unanime, le lacune motivazionali possono farsi rientrare in tale vizio dell’atto soltanto nei casi in cui la motivazione manchi del tutto ovvero sia meramente apparente, ma non anche allorquando essa sia affetta da illogicità, pur se manifesta (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226710; Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, COGNOME, Rv. 224611).
Nello specifico, invece, al di là del richiamo di maniera ad una violazione di legge, contenuto nel titolo del motivo, quest’ultimo deduce esclusivamente ipotetici vizi della motivazione, come viene esplicitato sia in esordio («la motivazione.., appare del tutto incongrua per illogicità e contraddittorietà in relazione all’apprezzamento delle risultanze probatorie»: pag. 9) che in conclusione («la motivazione del provvedimento impugnato è palesemente inficiata dai vizi lamentati e per tali motivi se ne chiede l’annullamento»: pag. 11).
Il che supera pure la manifesta infondatezza della doglianza, essendo la tenuta logica della motivazione ampiamente assicurata dagli esiti degli accertamenti contabili, lumeggiati dalle parole dello stesso COGNOME nel corso della conversazione intercettata con la propria madre, valorizzati dal Tribunale nel proprio provvedimento e, quanto meno allo stato, non bisognosi di altre verifiche, q7
tanto più in assenza di specifiche e concludenti allegazioni contrarie provenienti dalla difesa.
L’inammissibilità del ricorso comporta obbligatoriamente – ai sensi dell’art. 616, cod, proc. pen. – la condanna del proponente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi una sua assenza di colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità (vds. Corte Cost., sent. n. 186 del 13 giugno 2000). Detta somma, considerando la manifesta assenza di pregio degli argomenti addotti, va fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Cosi deciso in Roma, l’11 febbraio 2025.