Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3101 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 3101 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di: NOME NOME, nato a San Luca il DATA_NASCITA, contro l’ordinanza del Tribunale di Reggio Calabria dell’1.6.2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della ordinanza impugnata;
uditi gli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, in sostituzione, quest’ultimo, dell’AVV_NOTAIO, in difesa di NOME COGNOME, che hanno concluso per l’accoglimento del ricorso.
Con ordinanza dell’1.6.2023, il Tribunale di Reggio Calabria, in parziale accoglimento della istanza di riesame proposta nell’interesse di NOME COGNOME, ha annullato l’ordinanza resa dal GIP in data 13.3.2023 relativamente ai capi 2) e 4) della provvisoria incolpazione e, per quanto concerne il capo 3), ha disposto la sostituzione della misura degli arresti donniciliari con quella dell’obbligo di dimora presso il Comune di Benestare;
ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo del difensore che deduce:
2.1 violazione di legge quanto alla ritenuta gravità indiziaria per il concorso del delitto di autoriciclaggio: rileva che l’ordinanza impugnata ha individuato il delitto di cui all’art. 512-bis cod. proc. pen., ancorché prescritto, quale delitto presupposto di quello di autoriciclaggio nonostante lo stesso Tribunale avesse escluso i presupposti per la adozione della misura personale come di quella reale; evidenzia come non possa essere adottata una misura cautelare sulla scorta di un reato già prescritto;
2.2 violazione di legge in ordine al fumus del delitto di cui all’art. 512-bis cod. pen. ed al delitto di cui all’art. 4 D. Ly.vo 74 del 2000: segnala che l’ordinanza impugnata confonde il piano della intestazione fittizia con quello della gestione dell’attività imprenditoriale; aggiunge che l’elemento distintivo del delitto di trasferimento fraudolento è il dolo specifico evidenziando la incompatibilità tra la posizione di intestatario fittizio e quella di gestore della contabilità della società che si vorrebbe ritenere in capo a NOME COGNOME e, per altro verso, tra il ruolo di dominus occulto attribuito a NOME COGNOME e l’assenza di ogni suo coinvolgimento nella gestione contabile; insiste sul carattere neutro delle conversazioni intercettate con riguardo, in particolare, alla disponibilità di denaro contante, invece coerente con la natura dell’attività imprenditoriale e richiama il contenuto della memoria difensiva con cui era stata dedotta l’impossibilità di configurare il delitto di interposizione fittizia attraverso un atto di donazione e che il ricorrente era rimasto, sino a poco tempo prima, socio in diverse iniziative imprenditoriali comuni, tuttora titolare di beni a lui intestati, assunto all dipendenze di RAGIONE_SOCIALE sin dal 2016 disponendo, unitamente alla moglie, di capacità economiche e patrimoniali lecite compatibili con gli investimenti effettuati tra cui l’acquisto del terreno in Ardore; ribadisce l’orientamento della giurisprudenza circa la necessità di accertare la provenienza delle risorse utilizzate per la acquisizione di beni o attività fittiziamente intestate a terzi;
2.3 violazione di legge con riguardo al periculum in mora ed omessa motivazione: lamenta il carattere di stile della motivazione utilizzata nel provvedimento impugnato per giustificare l’esistenza del ravvisato pericolo di
recidiva; evidenzia come il Tribunale abbia fatto riferimento al rischio di prosecuzione dell’attività di gestione secondo schemi fittizi e sottolinea la irrilevanza, ai fini della integrazione del delitto di cui all’art. 512-bis cod. pen della mera “gestione” e come difetti anche la prova della concretezza del rischio di reiterazione;
3. in data 23.11.2023 la difesa ha trasmesso una memoria con ampia allegazione documentale a sostegno dei motivi di ricorso: in particolare, ha prodotto copia dell’ordinanza del Tribunale di Reggio Calabria che, in data 23.6.2023, ha annullato il sequestro disposto d’urgenza dal PM sui beni immobili e mobili registrati di proprietà ed intestati al COGNOME; copia dell’ordinanza del medesimo Tribunale reggino che, in data 31.10.2023, ha annullato il provvedimento di sequestro dei beni di proprietà della moglie convivente del COGNOME; sottolinea che detti provvedimenti, adottati nell’ambito del medesimo procedimento penale, corroborano la tesi della disponibilità, in capo al COGNOME, di risorse economiche e patrimoniali autonome e lecite rilevando, perciò, sulla provvista indiziaria relativa al delitto di autoriciclaggio ipotizzato con riferimento alternativo ai fatti di denuncia infedele e di intestazione fittizia;
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è, complessivamente, infondato.
1. Il GIP del Tribunale di Reggio Calabria aveva adottato, nei confronti di NOME COGNOME, la misura della custodia cautelare in carcere avendo ravvisato, a suo carico, gravi indizi di colpevolezza in ordine: capo 2): al delitto di cui agli 110, 512-bis cod. pen. perché, al fine di eludere le misure di prevenzione e di realizzare fatti di 648, 648-bis e 648-ter, NOME COGNOME e NOME COGNOME avrebbero attribuito fittiziamente a NOME COGNOME e NOME COGNOME le quote della RAGIONE_SOCIALE, titolare del RAGIONE_SOCIALE, in Roma, realizzando, nella conduzione di quella attività, fatti riconducibili al delitto di c all’art. 4 del D. Lg.vo 74 del 2000; capo 3): al delitto di cui all’art. 648-ter.1 cod pen. in quanto NOME COGNOME, quale intestatario delle quote della RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali gestori e soci occulti, dopo aver commesso i delitti di 512 -bis cod. pen. e 4 D. Lg.vo 74 del 2000, avrebbero reimpiegato i proventi degli stessi nella RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE mentre NOME COGNOME, in data 21.10.2021, avrebbe acquistato un terreno in Ardore, per 470.000 euro, d’intesa con i correi, per realizzarvi un resort; capo 4): al delitto di cui all’art. 64 ter.1 cod. pen. in quanto NOME COGNOME, dopo aver commesso i fatti di cui agli
artt. 512-bis cod. pen. e 4 D. Lg.vo 74 del 2000, avrebbe reimpiegato i proventi di tali condotte delittuose per l’acquisto dei beni immobili ivi descritti.
Il Tribunale di Reggio Calabria, in parziale accoglimento dell’istanza di riesame proposta nell’interesse del COGNOME, ha annullato l’ordinanza genetica con riguardo alle incolpazioni provvisorie di cui ai capi 2) e 4) e, avendo confermato la esistenza di gravi indizi del reato di cui al capo 3), ha tuttavia sostituito al misura custodiale di maggior rigore con quella degli arresti domiciliari.
I giudici del riesame hanno dato conto del quadro fattuale delineato dal GIP a partire dall’esistenza di un sodalizio (capo 1, non costituente titolo cautelare) dedito a reati di trasferimento fraudolento di beni e/o valori nel cui contesto NOME COGNOME e NOME COGNOME sarebbero emersi come soci occulti della società RAGIONE_SOCIALE, società che è titolare del RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE” d Roma, oltre che di nove società portoghesi titolari di numerosi ristoranti in Portogallo.
Dalla attività di indagine e, in particolare, dalle intercettazioni telefoniche, sarebbe emerso che NOME COGNOME e NOME COGNOME sarebbero, cioè, gli effettivi titolari, oltre che gestori, occupandosi di tutto quanto attiene alla condizione dell’attività di impresa in realtà intestata a NOME COGNOME, figlio del ricorrente, avendo entrambi ragione di temere di essere destinatari di provvedimenti di prevenzione natura patrimoniale.
Era altresì emerso, secondo i giudici della cautela, che la RAGIONE_SOCIALE avrebbe realizzato profitti in larga parte non dichiarati al fisco e che erano stati oggetto di reinvestimento o autoriciclaggio.
Con l’istanza di riesame, la difesa aveva eccepito la insussistenza delle condizioni per ipotizzare il delitto di cui all’art. 512-bis cod. pen. atteso che l società era stata oggetto di donazione in favore dei figli e, pertanto, di trasferimento attraverso uno schema contrattuale a suo avviso radicalmente inidoneo a realizzare una interposizione fittizia; l’insussistenza del dolo specifico della fattispecie; la diversa derivazione delle somme di denaro oggetto delle conversazioni telefoniche intercettate; l’esito degli accertamenti eseguiti sulla RAGIONE_SOCIALE; quanto al capo 3, l’assenza di prova della provenienza del denaro utilizzato per l’acquisto del terreno dai proventi derivanti dalle condotte di evasione fiscale.
2.1 Il Tribunale, vagliando l’aspetto relativo ai gravi indizi di colpevolezza, ha spiegato, in primo luogo, che il delitto di trasferimento fraudolento di cui al capo 2) è certamente prescritto atteso che l’atto traslativo risaliva alla data del 29.9.2016.
2.2 Quanto alla ipotesi delittuosa compendiata al capo 4), ha fatto presente che non vi è prova che i fondi utilizzati dal RAGIONE_SOCIALE per gli acquisti immobiliari iv indicati provenissero dalla attività del RAGIONE_SOCIALE e, in particolare, dai fatti trasferimento fraudolento e di omessa dichiarazione di cui all’art. 4 D. Lg.vo 74 del 2000.
2.3 In merito, quindi, al capo 3), il Tribunale, sulla scorta di una analitica e puntuale verifica degli elementi investigativi acquisiti, ha reputato pacifica la sostanziale titolarità delle quote della società in capo all’odierno ricorrente (ed al COGNOME): a tal proposito, ha valorizzato la (ritenuta) pacifica gestione operativa ad esclusivo appannaggio del ricorrente riportando il testo delle conversazioni intercettate da cui ha potuto desumere, in termini non manifestamente illogici o arbitrari, la posizione di “dominus” del NOME e, per altro verso, la cointeressanza di NOME COGNOME (cfr., pagg. 7-8 in cui spiccano, peraltro, le parole del figlio NOME che riconosceva lui stesso la riconducibilità della società all’odierno ricorrente).
In diritto, d’altra parte, si è chiarito che proprio 1″assunzione della gestione della attività imprenditoriale riferibile alla società, ben può essere valutata e considerata quale indice univoco della fittizia intestazione delle quote ad un terzo soggetto che, dal canto suo, sia risultato estraneo alla sua condizione e che tuttavia risponde a titolo di concorso nel reato (cfr., Sez. 2, n. 2243 del 11/12/2013, NOME, Rv. 259822 – 01; Sez. 2, n. 2244 del 11/12/2013, COGNOME Diaz Rv. 259423 – 01).
Il Tribunale ha inoltre motivato, in fatto, sull’elemento soggettivo del delitto di cui all’art. 512-bis cod. pen. consistente, com’è noto, nella finalità di eludere gli effetti della adozione di misure di prevenzione patrimoniale (cfr., pag. 9 dell’ordinanza) risultando, peraltro, non decisivo che la intestazione fittizia fosse intervenuta in favore di familiari.
Sul primo aspetto, è opportuno ribadire che, ai fini della configurabilità del delitto di trasferimento fraudolento di valori, previsto dall’art. 512-bis cod. pen. non occorre la preventiva emanazione delle misure di prevenzione, né la pendenza del relativo procedimento, bastando soltanto che l’autore ne possa temere l’instaurazione (cfr., tra le tante, Sez. 2, n. 22954 del 28/03/2017, D’Agostino, Rv. 270480 – 01); sul secondo profilo, questa Corte ha più volte ribadito che il delitto è configurabile anche nel caso in cui i beni del soggetto sottoposto o sottoponibile a misura di prevenzione patrimoniale siano stati fittiziamente intestati a persone (quali il coniuge, i figli, i conviventi nell’ultimo quinquennio, ecc.) per le quali opera la presunzione d’interposizione fittizia ex art. 26, comma 2, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, non potendosi tuttavia prescindere,
in tali casi, dalla verifica della capacità elusiva dell’operazione patrimoniale, alla luce di elementi di fatto ulteriori rispetto all’atto del trasferimento, idonei consentire la ricostruzione dell’elemento soggettivo della fattispecie (cfr., tra le altre, Sez. 1 – , n. 39846 del 23/05/2023, Salerno, Rv. 285368 – 02).
In definitiva, il Tribunale, pur a fronte della ritenuta prescrizione del delitto di cui al capo 2), ne ha ritenuto sussistenti tutti gli elementi sia oggettivo che soggettivo.
Tanto premesso, si è affermato, in dottrina e, anche, da questa Corte, che il delitto di ricettazione (ma lo stesso vale per quello di riciclaggio e d autoriciclaggio) ben può riposare e fondarsi sulla provenienza del bene da un delitto estinto per prescrizione.
È stato chiarito, a tal proposito, che il disposto di cui all’art. 170, comma 1, cod. pen. (secondo cui “quando un reato è il presupposto di un altro reato, la causa che lo estingue non si estende all’altro reato”) non consente, infatti, di distinguere tra estinzione “sopravvenuta” (alla condotta di ricettazione/riciclaggio) ed estinzione “originaria” (ovvero già perfezionatasi al momento della condotta di ricettazione/riciclaggio) (cfr., (cfr., Sez. 2, n. 56379 del 12/10/2018, Zannpieri, Rv. 276300 – 01; conf., tra le non massimate, Sez. 2, n. 56378 del 2018, COGNOME; conf., sulla portata “generale” della norma predetta, Cass. Pen., 2, 19.11.2013 n. 7.795, COGNOME e, in tempi risalenti, Cass. Pen., 2, 28.1.1970 n. 160, COGNOME, che ha giudicato manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale dell’art 170 cod. pen. nella parte in cui per l’appunto si dispone che, quando un reato e il presupposto di un altro reato, la causa che lo estingue non si estende all’altro reato).
Il problema del rapporto tra il delitto di trasferimento fraudolento e quello di riciclaggio riguarda, semmai, la idoneità del primo a rappresentare ed integrare il delitto “presupposto” del secondo (cfr., sul punto, infatti Sez. 2, n. 20684 del 09/03/2017, Simeoli Rv. 269993 – 01, in cui la Corte ha chiarito che, per il carattere strumentale della fattispecie di trasferimento di valori, la natura derivata dei profitti oggetto di interposizione e la dichiarata caratterizzazione finalistica rispetto all’agevolazione delle condotte di riciclaggio e di reimpiego non è possibile individuare un rapporto di presupposizione giuridica in senso stretto tra il trasferimento fraudolento di valori e le condotte di cui all’art. 648-ter cod. pen.).
E, tuttavia, dalla lettura del provvedimento impugnato è agevole ricavare che proprio la sostanziale riconducibilità della società RAGIONE_SOCIALE all’odierno
ricorrente ha consentito al Tribunale di riferire al COGNOME le condotte di omessa dichiarazione di cui all’art. 4 D. Lg.vo 74 del 2000.
In tal senso sono state congruamente e puntualmente richiamate la conversazione dell’1.10.2021, in cui NOME COGNOME e NOME COGNOME commentavano il volume di affari e le perdite subite a causa della pandemia da COVID, su cui l’ausiliario di COGNOME ha potuto calcolare l’ammontare della omessa dichiarazione per euro 1.179.120 nel 2018, per una imposta IRES evasa, pari a euro 282.988,80 ed IVA per euro 117.912,00; nel 2019, euro 512,213 di omessa dichiarazione, di cui euro 122.931,12 per imposta IRES evasa; nel 2020, omessa dichiarazione per euro 824.263,00 per un’imposta IRES evasa pari ad euro 197.823,12.
Il Tribunale ha inoltre replicato alle considerazioni difensive articolate sul tenore e l’oggetto dei dialoghi intercettati spiegando che il riferimento alle entrate riguarda certamente il RAGIONE_SOCIALE di Roma e non già l’intero gruppo atteso che i ristoranti portoghesi avevano prodotto redditi per (soli) 60.000 euro dopo la nomina dell’amministratore giudiziario e, quindi, non avevano un giro d’affari cui potevano essere riferite le cifre di cui si discuteva.
Per altro verso, fermo che NOME COGNOME ritirava personalmente denaro contante all’interno delle buste (cfr., pag. 11), ha spiegato che la interpretazione alternativa sostenuta dalla difesa comporterebbe che le somme cui i conversanti facevano cenno nei dialoghi intercettati erano addirittura inferiori a quelle dichiarate all’Erario.
Di qui, pertanto, secondo il Tribunale, la conclusione concludere secondo cui gli importi reimpiegati nell’acquisto del terreno di cui al capo 3) provenivano (anche) dal delitto di cui all’art. 4 D. Lg.vo 74 del 2000 di cui doveva ritenersi responsabile, in primo luogo, NOME COGNOME, quale intestatario formale della società, ma dei cui presupposti l’odierno ricorrente non poteva non essere perfettamente consapevole perché “… al NOME dovessero essere chiari quali fossero i reali introiti della RAGIONE_SOCIALE in e, successivamente, che nessuna dichiarazione infedele avrebbe potuto aver luogo se l’odierno ricorrente non avesse dato il proprio benestare a tale modalità di gestione fiscale della società italiana” (cfr., pag. 11 dell’ordinanza).
Va rilevato, d’altra parte, che, in tema di reati tributari, l’amministratore di fatto risponde, quale autore principale (nel caso specificamente esaminato dalla Corte, del delitto di indebita compensazione di cui all’art. 10-quater d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74), in quanto titolare effettivo della gestione sociale e, pertanto, nelle condizioni di poter compiere l’azione dovuta, mentre l’amministratore di
diritto, come mero prestanome, è responsabile del medesimo reato a titolo di concorso per omesso impedimento dell’evento, ai sensi degli artt. 40, comma secondo, cod. pen. e 2932 cod. civ., a condizione che ricorra l’elemento soggettivo richiesto dalla norma incriminatrice (cfr., Sez. 3 – , n. 1722 del 25/09/2019, dep. 2020, Passoni, Rv. 277507 – 01; Sez. 3, n. 23425 del 28/04/2011, COGNOME, Ceravolo, Rv. 250962 – 01; Sez. 3, n. 38780 del 14/05/2015, Rv. 264971 – 01; Sez. 2 – , n. 8632 del 22/12/2020, COGNOME, Rv. 280723 – 01).
Correttamente, perciò, il Tribunale ha potuto confermare, nei limiti dell’apprezzamento proprio di questa fase incidentale, la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in merito al delitto di cui al capo 3), con specifico riguardo alla condotta di autoriciclaggio delineata con riferimento al reimpiego dei proventi da evasione fiscale.
3. Il secondo motivo del ricorso è manifestamente infondato.
La difesa, in definitiva, finisce con il reiterare la doglianza fondata su una alternativa ricostruzione della vicenda e, in particolare, del ruolo rivestito da NOME COGNOME all’interno della società RAGIONE_SOCIALE che si vorrebbe di mera “gestione” ma che, con motivazione ampia, congrua ed in questa fase assolutamente adeguata, ha ritenuto in termini di interposizione fittizia nella vera e propria titolarità delle quote societarie.
D’altra parte, è pacifico che l’apprezzamento della pericolosità dell’indagato sottoposto alla misura coercitiva ed in merito alla adeguatezza o meno di una misura rispetto ad altra al fine di garantire il pur ravvisato pericolo di reiterazione nel reato, è un giudizio riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se congruamente e logicamente motivato (cfr., Sez. 3 -, n. 7268 del 24/01/2019, COGNOME NOME, Rv. 275851 – 01; Sez. 6, n. 17314 del 20/04/2011, COGNOME, Rv. 250093 – 01).
Si è inoltre chiarito che la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., è prevalente, in quanto speciale, rispetto alla norma generale stabilita dall’art. 274 cod. proc. pen.; ne consegue che se il titolo cautelare riguarda i reati previsti dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. detta presunzione fa ritenere sussistente, salvo prova contraria, non desumibile dalla sola circostanza relativa al mero decorso del tempo, i caratteri di attualità e concretezza del pericolo (cfr., Sez. 2 – , n. 6592 del 25/01/2022, Ferri, Rv. 282766 – 02, in cui la Corte ha aggiunto che, nella materia cautelare, il
decorso del tempo, in quanto tale, possiede una valenza neutra ove non accompagnato da altri elementi COGNOME circostanziali COGNOME idonei a COGNOME determinare un’attenuazione COGNOME del COGNOME giudizio COGNOME di COGNOME pericolosità; COGNOME conf., Sez. 1 – , n. 21900 del 07/05/2021, COGNOME COGNOME, COGNOME Rv. 282004 COGNOME 01; Sez. 5 – , n. 4321 del 18/12/2020, COGNOME COGNOME, COGNOME Rv. 280452 COGNOME 01; Sez. 5 – , n. 33139 del 28/09/2020, COGNOME, Rv. 280450 – 02).
4. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagament delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali.
Così deciso in Roma, il 28.11.2023