Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 29956 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 29956 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/04/2024
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da:
NOME, nata a Napoli il DATA_NASCITA,
COGNOME NOME, nato a San NOME Vesuviano il DATA_NASCITA,
RAGIONE_SOCIALE NOME, nata a Napoli il DATA_NASCITA,
4) COGNOME COGNOME, nata a Napoli il DATA_NASCITA, avverso la sentenza del 14/09/2023 della Corte di appello di Napoli; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi; udita la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME; sentito il Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio per NOME
NOME e COGNOME NOME; la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi di RAGIONE_SOCIALE NOME e COGNOME NOME;
sentiti i difensori:
AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, quest’ultimo in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, per NOME,
AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO, per COGNOME NOME,
AVV_NOTAIO, per RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, che hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Napoli, parzialmente riformando la sentenza del Tribunale di Noia, emessa 1’11 settembre 2018, ha dichiarato di non doversi procedere per intervenuta prescrizione nei confronti di COGNOME NOME, COGNOME NOME NOME COGNOME NOME, in ordine ai reati di riciclaggio di cui ai capi A e D della imputazione, loro rispettivamente ascritti confermando la condanna di tutti gli imputati in ordine al reato di riciclaggio di cu al capo B e quella del solo COGNOME NOME anche per il reato di riciclaggio di cui al capo C.
I giudici di merito hanno ritenuto che i coniugi odierni imputati COGNOME NOME e COGNOME NOME, titolari di diverse società operanti nel settore della lavorazione e commercializzazione dei rottami ferrosi, avessero acquisito la disponibilità di ingenti somme di danaro di provenienza illecita, sostituendole, attraverso una serie di operazioni analiticamente descritte nelle imputazioni, con altro danaro, assegni, depositi bancari nominativi, titoli ed altri beni, tra i quali complesso immobiliare in Positano, acquistato per quasi cinque milioni di euro e ritenuto il profitto del reato di cui al capo A, bene confiscato in primo grado e restituito agli aventi diritto in esito alla declaratoria di prescrizione.
Alcune delle condotte di riciclaggio contestate al capo B, erano state effettuate da NOME e NOME con l’ausilio consapevole delle imputate COGNOME NOME e COGNOME NOME, rispettivamente cognata e zia della NOME.
Ricorrono per cassazione gli imputati, a mezzo dei loro difensori e con distinti atti.
NOME NOME.
4.1. Con i primi due motivi di ricorso si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 648-bis cod.pen., per avere la Corte di appello ed il Tribunale condannato la ricorrente per il reato di riciclaggio di cui al capo B senza l’individuazione, anche generica o almeno nella sua astratta tipologia, di un delitto presupposto dal quale era scaturita la provvista utilizzata dall’imputata per
effettuare le operazioni incriminate (nel caso specifico di cui al capo B, la sostituzione della somma complessiva di un milione di euro giacente sul conto della RAGIONE_SOCIALE, sul quale la ricorrente aveva la delega ad operare).
Tale indefettibile accertamento sull’esistenza del delitto presupposto, si sarebbe basato soltanto su una prova logico-indiziaria, che la ricorrente ritiene insufficiente, in quanto fondata esclusivamente su meri sospetti, su supposizioni tratte dalle modalità delle operazioni, dalla loro entità e dalla ricostruzione de flussi economico-finanziari personali e delle società riconducibili alla ricorrente ed al coniuge COGNOME NOME, messe a confronto con i redditi da costoro dichiarati. In sostanza, i giudici di merito avrebbero ricavato la provenienza illecita della provvista utilizzata dalla ricorrente, dall’anomala movimentazione di ingenti somme di danaro il cui possesso è stato ritenuto ingiustificato.
La mancanza di un elemento costitutivo di tipo oggettivo, costituito dall’esistenza di un delitto presupposto, si riverbererebbe anche sull’elemento soggettivo del reato di riciclaggio, escludendolo.
4.2. Con il terzo motivo si contesta, più nello specifico e sempre con riferimento al capo B, l’assenza di dimostrazione della provenienza illecita della somma di un milione di euro, poi oggetto di riciclaggio, giacente su due diversi conti corrent della RAGIONE_SOCIALE, sui quali la ricorrente era legittimata ad operare.
A tal proposito, il ricorso richiama alcuni passaggi della consulenza di parte, che ritiene erroneamente confutati dalla Corte di appello nella parte volta a fornire giustificazione della provenienza lecita del danaro, atteso il rilevante flusso di cassa e finanziario della società RAGIONE_SOCIALE, avente un “plurimilionario” volume di affari ed una rilevante considerazione presso il ceto bancario.
4.3. Con il quarto motivo si censura la sentenza impugnata per vizio di motivazione nella parte in cui la Corte di appello non ha ritenuto che la ricorrente potesse avere concorso nel reato presupposto di natura fiscale, l’unico astrattamente enucleabile, così dovendosi escludere il reato di riciclaggio per effetto della clausola di riserva di cui all’art. 648-bis cod.pen..
4.4. Con il quinto motivo si censura la sentenza impugnata per vizio della motivazione in ordine alla prova del concorso della ricorrente nelle condotte, in ipotesi illecite, commesse dal coniuge COGNOME NOME.
Sul punto, non sarebbe stata fornita alcuna risposta alle censure coltivate con l’atto di appello, in particolare a proposito della gestione da parte dell’imputata d un conto intestato a soggetto inesistente dove era stata stornata la provvista, al rapporto di parentela con le ricorrenti COGNOME e COGNOME, al fatto che si utilizzass sempre la stessa filiale di banca o che fosse stato pagato un creditore della RAGIONE_SOCIALE (Romaniello); circostanze non individualizzanti in quanto tutte riferibili
anche a COGNOME NOME e non idonee a supportare la tesi di una combutta tra i coniugi, di una comune “regia” delle operazioni.
4.5. Il sesto motivo contiene distinte censure inerenti al diniego delle circostanze attenuanti generiche ed alla nuova determinazione della pena per effetto della declaratoria di prescrizione dei reati di cui ai capi A e D, laddove, violando il divie di reformatio in peius, la Corte avrebbe inflitto, per il residuo reato di cui al capo B, la stessa pena di anni cinque, mesi sei di reclusione ed euro 6000 di multa, che originariamente era stata determinata dal primo giudice per il reato di cui al capo A, nonostante quest’ultimo fosse stato ritenuto il più grave.
La ricorrente si duole, altresì, dell’entità della sanzione, nono essendo stato motivato il discostamento dal minimo edittale.
Si dà atto che nell’interesse della ricorrente sono stati depositati motivi nuovi con i quali si è eccepita la prescrizione del reato di riciclaggio di cui al capo B.
5. COGNOME NOME.
5.1. Con due motivi di ricorso si deduce violazione di legge e vizio di motivazione per non avere la Corte adeguatamente valutato le allegazioni difensive volte a dimostrare le capacità reddituali del ricorrente e del coniuge COGNOME NOME nel periodo di riferimento delle condotte contestate ed anche in epoca pregressa, idonee a giustificare il possesso del danaro che si è ritenuto di provenienza illecita. Si denuncia, comunque, come nel precedente ricorso, la mancanza di indicazione del reato presupposto.
Il ricorrente si duole, altresì, della circostanza che, anche a voler ritener sussistente, quale delitto presupposto, il reato di evasione fiscale, la totale assenza di prova in ordine alla compromissione di soggetti terzi rispetto all’imputato, avrebbe dovuto portare i giudici di merito a ritenere il coinvolgimento di quest’ultimo nel delitto presupposto, con la consequenziale esclusione del reato di riciclaggio ed anche di autoriciclaggio, non ancora introdotto nell’ordinamento penale all’epoca di riferimento.
6. COGNOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE NOME.
6.1. Con l’articolato motivo del comune ricorso, le ricorrenti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui non ha dato conto della doglianza difensiva secondo la quale le imputate sarebbero state del tutto estranee alle operazioni indicate nel capo di imputazione, avvenute tramite movimentazioni su conti correnti a loro solo formalmente riconducibili ma interamente gestiti dalla coppia COGNOME–COGNOME, anche per quanto attiene al conto corrente di soggetto inesistente (COGNOME NOME classe DATA_NASCITA).
Non vi sarebbe prova di un loro coinvolgimento diretto nella effettuazione delle operazioni bancarie, dal momento che anche l’operato del personale dell’istituto di credito di riferimento era stato elevato a sospetto attraverso l’ipotesi che i funzionari di banca avessero agevolato la condotta della coppia COGNOMENOMECOGNOME, circostanza provata proprio dall’esistenza di un conto corrente acceso da persona inesistente e gestito dai coimputati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi proposti nell’interesse di COGNOME NOME e COGNOME NOME, che possono essere trattati congiuntamente, sono fondati in ragione di quanto segue. 1.1. I giudici di merito, con conforme giudizio, hanno ritenuto che le somme di danaro movimentate dai coniugi odierni ricorrenti (per quanto attiene, più in particolare, al reato di riciclaggio di cui al capo B, le somme, par complessivamente a un milione di euro, transitate su due conti correnti della RAGIONE_SOCIALE della quale COGNOME era amministratore e la moglie delegata ad operare su uno dei due conti) avessero provenienza illecita.
Tanto è stato ritenuto attraverso una prova logica basata su diversi elementi di fatto, esente da vizi rilevabili in questa sede.
In particolare ed in sintesi, si è sottolineata in sentenza – anche superando le obiezioni del consulente di parte, comunque considerate – l’assoluta opacità delle sistematiche movimentazioni di ingenti quantitativi di danaro da parte dei coniugi, per svariati milioni di euro in una visione complessiva della vicenda, sempre con l’uso di contante, anche attraverso l’utilizzo di conti correnti intestati a person inesistenti e senza una adeguata proporzione con i redditi leciti dichiarati dalla coppia nel periodo di riferimento.
1.2. Il concorso della COGNOME NOME nelle condotte illecite attribuite al marito NOME, considerato come dominus del gruppo societario complessivamente interessato, è stato anche in questo caso dedotto dai giudici, con conforme giudizio esente da criticità sul piano logico-ricostruttivo, non soltanto dal rapporto di coniugio, ma dal fatto che le operazioni incriminate si erano svolte con un coordinamento fattuale che ne dimostrava la comune regia, anche attraverso uno dei conti correnti della RAGIONE_SOCIALE sul quale la COGNOME era delegata ad operare ed aveva effettivamente operato, stornando la somma di 500 mila euro esattamente corrispondente a quella transitata su altro conto della società riconducibile al marito, nello stesso torno di tempo, con identiche modalità e scopi, anche attraverso il concorso delle imputate COGNOME NOME e COGNOME NOME, entrambe legate da rapporti personali e di stretta affinità/parentela con la ricorrente COGNOME.
A fronte di un quadro AVV_NOTAIO di tal fatta, le contrarie obiezioni difensive non si rivelano che mere ipotesi alternative non dotate di plausibilità.
1.3. La ricostruzione così operata dai giudici di merito, è conforme al diritto ed, in particolare, al principio secondo cui l’esistenza del reato presupposto rispetto a quello di riciclaggio può essere acclarata anche attraverso prove logiche (da ultimo, Sez. 2, n. 16012 del 14/03/2023, Scordamaglia, Rv. 284522), per di più, come nel caso in esame, quando la ricostruzione logica operata sia fondata su incontrovertibili elementi di fatto.
1.4. La sentenza impugnata, come quella di primo grado ed anche attraverso una pedissequa riproposizione di quest’ultima, ha ritenuto che il o i reati presupposto rispetto a quelli di riciclaggio – non meglio identificati diversamente – fosser quantomeno riconducibili all’alveo dei reati di natura fiscale, anche tenuto conto dell’analisi delle movimentazioni del gruppo societario di riferimento rapportate alle dichiarazioni dei redditi leciti dei ricorrenti nel periodo di interesse.
Tanto si evince dal richiamo, effettuato a fg. 21 della sentenza, alla circostanza, ribadita in punto di diritto, che “tutti i reati dolosi in materia fiscale (ivi comp quello di frode fiscale) risultano idonei a fungere da reato presupposto” e, più avanti, nell’addentrarsi a confutare una contraria tesi difensiva ritenendo sussistente il riciclaggio contestato in quanto le operazioni illecite avevano comportato un “risparmio di spesa evitando all’agente di pagare le imposte dovute”.
L’affermazione è in linea con il pacifico principio di diritto secondo il quale, ai f della configurabilità del fumus dei reati contro il patrimonio presupponenti la consumazione di un altro reato (artt. 648, 648-bis, 648-ter, 648-ter.1 cod. pen.), è necessario che il reato presupposto, quale essenziale elemento costitutivo delle relative fattispecie, sia individuato quantomeno nella sua tipologia, pur non essendone necessaria la ricostruzione in tutti gli estremi storico-fattuali (Sez. 2, n. 6584 del 15/12/2021, dep. 2022, Cremonese, Rv. 282629; Sez. 2, n. 46773 del 23/11/2021, Peri, Rv. 282433; Sez. 2, n. 29689 del 28/05/2019, Maddaloni, Rv. 277020).
La tesi che il denaro utilizzato nelle operazioni incriminate fosse provento di evasione fiscale era stata, peraltro, subordinatamente avanzata dalla stessa difesa, come si evince dal resoconto di entrambe le sentenze di merito.
Ed è qui che si coglie il vizio della sentenza impugnata, in quanto la Corte di appello, pur in assenza di qualunque prova di interventi di terzi estranei nella vicenda, di collegamenti dei ricorrenti con la criminalità organizzata o altre compagini illecite, di condotte attribuibili a chicchessia inerenti alla perpetrazion di reati fiscali, non ha adeguatamente superato – se non attraverso l’insufficiente e scarna motivazione resa a fg. 22 della sentenza – la plausibile ipotesi avanzata
dagli imputati secondo la quale costoro, in quanto diretti gestori di una attività imprenditoriale di larga scala, potessero avere essi stessi commesso i reati fiscali presupposto, così commettendo condotte illecite di autoriciclaggio, tuttavia non punibile; in quanto tale reato non era stato ancora introdotto nell’ordinamento penale all’epoca dei fatti, risalenti al 2007 e 2009 (lo sarà, proprio al fine colmare spazi di impunità come quelli all’esame, sono con la legge 15 dicembre 2014 n. 186).
Per una più puntuale valutazione nel merito di siffatta ipotesi, idonea ad escludere la responsabilità dei ricorrenti COGNOME e COGNOME per i reati loro contestati, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio quanto alla posizione di entrambi, con assorbimento dei motivi inerenti alla prescrizione, al riconoscimento di circostanze attenuanti ed al trattamento sanzionatorio.
2. RAGIONE_SOCIALE NOME e COGNOME COGNOME.
Il ricorso, comune ad entrambe le ricorrenti, deve essere dichiarato inammissibile perché proposto per motivo manifestamente infondato.
2.1. La tesi difensiva volta a sostenere la totale estraneità delle ricorrenti rispet ai fatti di causa ed alle condotte illecite commesse dai coniugi COGNOME, non tiene conto di quanto la sentenza impugnata ha sottolineato a fg. 23 della motivazione.
La Corte di appello, infatti, ha basato la decisione su elementi incontrovertibili, quali il fatto che, a fronte di una assenza di redditi percepibili, le ricorrenti solo erano risultate intestatarie formali di conti correnti sui quali erano transita parte delle somme illecitamente movimentate dai coniugi coimputati, ma avevano personalmente effettuato alcune delle operazioni fraudolente, anche recandosi in banca e successivamente, quanto tempestivamente, prelevando ingenti somme in contanti mai fornendone una giustificazione, ciò aggiungendosi all’intimo rapporto personale intercorrente con la NOME, della quale la RAGIONE_SOCIALE era cognata per averne sposato il fratello e la COGNOME era zia in quanto sorella della (di quella madre.
La statuizione della Corte di merito, volta ad individuare il consapevole concorso delle ricorrenti nelle condotte compiute dai coniugi COGNOME, risulta, pertanto, priva di vizi logico-ricostruttivi e giuridici.
2.2. La condizione di estraneità delle ricorrenti alla perpetrazione dei reati presupposto – data per pacifica anche dalla sentenza impugnata – rende la loro posizione indifferente rispetto al giudizio espresso a proposito degli altri due imputati, tenendo a mente il principio di diritto secondo il quale, in tema di autoriciclaggio, il soggetto che, non avendo concorso nel delitto-presupposto non colposo, ponga in essere la condotta tipica di autoriciclaggio o contribuisca alla
realizzazione da parte dell’autore del reato – presupposto delle condotte indicate dall’art. 648-ter.1 cod.pen., risponde di riciclaggio e non di concorso nel delitto d autoriciclaggio essendo questo configurabile solo nei confronti dell’intraneus (Sez. 2, n. 16519 del 22/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 281596; Sez. 2, n. 17235 del 17/01/2018, COGNOME, Rv. 272652).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna delle ricorrenti COGNOME e COGNOME al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla RAGIONE_SOCIALE delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa delle stesse ricorrenti nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.
Dichiara inammissibili i ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME NOME, che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 30.04.2024. /
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