Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 30550 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 30550 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nata a Calvatone il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/11/2023 della Corte d’appello di Brescia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME AVV_NOTAIO, il quale ha chiesto che la sentenza impugnata venga annullata con rinvio quanto al diniego della sospensione condizionale della pena e che il ricorso sia rigettato nel resto;
lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, in difesa della parte civile COGNOME NOME, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso e la condanna dell’imputata alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalla suddetta parte civile, come da allegata nota spese;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 14/11/2023, la Corte d’appello di Brescia, per quanto qui ancora interessa, confermava la sentenza del 24/11/2022 del G.i.p. del Tribunale di Cremona, emessa in esito a giudizio abbreviato, di condanna di NOME COGNOME alla pena di due anni e quattro mesi di reclusione ed € 4.000,00 di multa per i reati, unificati dal vincolo della continuazione, di furto pluriaggravato (dal
cosiddetta minorata difesa e dall’avere cagionato alla persona offesa un danno patrimoniale di rilevante gravità) ai danni del cognato NOME COGNOME (capo “a” dell’imputazione) e di autoriciclaggio (capo “b” dell’imputazione).
Avverso tale sentenza del 14/11/2023 della Corte d’appello di Brescia, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore, NOME COGNOME, affidato a tre motivi.
2.1. Con il primo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e l’erronea applicazione dell’art. 648-ter.1 cod. pen., con riguardo all’affermazione di responsabilità per il reato di autoriciclaggio.
La COGNOME rappresenta che la propria condotta era consistita nell’impiegare il denaro proveniente dalla commissione del delitto di furto ai danni del cognato NOME COGNOME – denaro che era stato bonificato dal conto corrente del COGNOME COGNOME proprio conto corrente – in delle polizze vita a sé intestate, le quali erano stat acquistate tramite tale proprio conto corrente e con il denaro in esso presente.
Ciò rappresentato, la ricorrente – posto che, perciò, «non cambia l’intestazione del denaro sottratto, e non cambia neppure istituto di credito» -, sostiene l’insussistenza di un qualsiasi concreto ostacolo all’identificazione della provenienza delittuosa delle somme che erano state sottratte a NOME COGNOME e, quindi, la non configurabilità del delitto di autoriciclaggio, atteso che « riferibilità alla NOME COGNOME delle somme provenienti dal conto del Sig. COGNOME è stata di immediata evidenza e riscontro documentale già nella fase delle indagini. Nessun concreto ostacolo è stato rilevato dagli accertatori».
La ricorrente contesta poi che, contrariamente a quanto è stato reputato dalla Corte d’appello di Brescia, si possa ritenere integrare un concreto ostacolo all’identificazione della provenienza delittuosa delle somme che erano state sottratte a NOME COGNOME il fatto che vi fosse un «sensibile discostamento» (così la sentenza impugnata, alla pag. 10) tra le suddette somme e quelle che erano state reinvestite nelle polizze vita.
2.2. Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la mancanza della motivazione in ordine al diniego della sospensione condizionale della pena.
La ricorrente, sulla premessa che ella aveva commesso i reati quando aveva già compiuto settant’anni, deduce che, diversamente da quanto affermato dalla Corte d’appello di Brescia – secondo cui «’entità della pena inflitta [… incompatibile con il beneficio della sospensione condizionale della pena» (pag. 11 della sentenza impugnata) -, a norma del terzo comma dell’art. 163 cod. pen., la pena inflitta di due anni e quattro mesi di reclusione ed C 4.000,00 di multa, «anche tenendo conto della conversione della pena pecuniaria», non è incompatibile con l’invocato beneficio della sospensione condizionale.
La COGNOME deduce altresì che, qualora l’incompatibilità fosse stata ritenuta «non per il superamento del limite normativo, bensì sulla base di valutazioni discrezionali, le stesse dovevano essere esplicitate ai sensi degli artt. 132 e 133 C.p.», con la conseguenza che la Corte d’appello di Brescia avrebbe omesso di motivare in proposito.
2.3. Con il terzo motivo, la ricorrente deduce la violazione degli artt. 132, 133, 163, terzo comma, e 164 cod. pen., sempre con riguardo al diniego della sospensione condizionale della pena.
Nel richiamare quanto esposto nel precedente motivo, la COGNOME lamenta che la Corte d’appello di Brescia, offrendo, quale unica motivazione, «una generica “incompatibilità” tra l’entità della pena ed il beneficio della sospensione» condizionale della stessa, avrebbe omesso di dare conto dell’esercizio del potere discrezionale che, con riguardo alla concessione di detto beneficio, è attribuito al giudice dall’art. 164 cod. pen. e avrebbe in particolare trascurato l’elemento di valutazione costituito dal fatto che la somma che era stata sottratta a NOME COGNOME era stata restituita alla persona offesa il 27/06/2022.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è manifestamente infondato.
1.1. La condotta tipica del delitto di autoriciclaggio consiste nell’impiegare, sostituire, trasferire in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali speculative il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione del reato presupposto (delitto, a decorrere dal 15 dicembre 2021. anche colposo, o, sempre a decorrere dal 15 dicembre 2021, anche contravvenzione punita con l’arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi) in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa.
Due elementi concorrono perciò alla delimitazione dell’area di rilevanza penale del fatto: a) i beni provenienti dal reato presupposto devono essere tassativamente destinati ad attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative; b) le condotte menzionate devono essere idonee a ostacolare concretamente l’identificazione della provenienza da reato del loro oggetto.
Ai fini dell’individuazione della condotta di dissimulazione, il criterio da seguire è quello dell’idoneità ex ante, sulla base degli elementi di fatto sussistenti nel momento della sua realizzazione, a ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del bene, senza che il successivo cilisvelamento dell’illecito per effetto degli accertamenti compiuti determini automaticamente una condizione di inidoneità dell’azione per difetto di concreta capacità decettiva (Sez. 2, n. 16059 del 18/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279407-01. In senso analogo: Sez. 2. n. 16908 del 05/03/2019, COGNOME, Rv. 27641.9-01, la quale ha precisato che
l’intervenuta tracciabilità, per effetto delle attività di indagine effettuate dop consumazione del reato, delle operazioni di trasferimento delle utilità provenienti dal delitto presupposto non esclude l’idoneità ex ante della condotta a ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa).
Ai fini dell’integrazione del reato, non occorre che l’agente ponga in essere una condotta di impiego, sostituzione o trasferimento del denaro, beni o altre utilità che comporti un assoluto impedimento all’identificazione della provenienza delittuosa degli stessi, essendo, al contrario, sufficiente una qualunque attività, concretamente idonea anche solo a ostacolare gli accertamenti sulla loro provenienza (Sez. 2, n. 36121 del 24/05/2019, Draebing, Rv. 276974-01).
La condotta di dissimulazione è configurabile allorché, successivamente alla consumazione del reato presupposto, il reinvestimento del profitto illecito in attività economiche, finanziarie o speculative sia attuato attraverso la sua intestazione a un terzo, persona fisica ovvero società di persone o di capitali, poiché, mutando la titolarità giuridica del profitto illecito, la sua apprensione no è più immediata e richiede la ricerca e individuazione del successivo trasferimento (Sez. 2, n. 16059 del 18/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279407-02. Successivamente, in senso analogo: Sez. 2, n. 13352 del 14/03/2023, COGNOME, Rv. 284477-01).
La Corte di cassazione ha altresì statuito che sia operazioni di movimentazione bancaria, sia plurimi acquisti di beni mobili e immobili anche a sé intestati, ostacolano l’accertamento dell’origine illecita delle somme di denaro impiegate (Sez. 2, n. 4885 del 22/12/2022, dep. 2023, Guido, Rv. 284390-01).
1.2. Ai sensi del quarto (ora quinto) comma dell’art. 648-ter.1 cod. pen., «uori dei casi di cui ai commi precedenti», non sono punibili le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o a godimento personale.
La Corte di cassazione ha chiarito che la citata clausola «uori dei casi di cui ai commi precedenti» «va intesa ed interpretata nel senso fatto palese dal significato proprio delle suddette parole e cioè che la fattispecie ivi prevista non si applica alle condotte descritte nei commi precedenti. Di conseguenza, l’agente può andare esente da responsabilità penale solo e soltanto se utilizzi o goda dei beni proventi del delitto presupposto in modo diretto e senza che compia su di essi alcuna operazione atta ad ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa» (così: Sez. 2, n. 30:399 del 07/06/2:018, COGNOME, non massimata. Successivamente, nello stesso senso: Sez. 2, n. 13795 del 07/03/2019, COGNOME, Rv. 275528-02).
1.3. Le conformi sentenze dei giudici di merito, nell’affermare (il Tribunale di Cremona) e nel confermare (la Corte d’appello di Brescia) la responsabilità
dell’imputata per il delitto di autoriciclaggio a lei attribuito hanno rappresentat come la COGNOME avesse impiegato la totalità della somma (C 233.400,00) proveniente dalla commissione del presupposto delitto di furto ai danni di NOME COGNOME e ormai presente sul proprio conto corrente bancario nell’acquisto di polizze vita a sé intestate, quindi, in attività finanziarie, sottolineando anche come il fatto che l’imputata avesse investito nel suddetto acquisto delle polizze vita, oltre alle somme che erano state sottratte al COGNOME, anche somme di cui era legittimamente titolare (per un importo complessivo di C 280.000,00) – con il conseguente «discostamento» tra le somme provenienti dal delitto di furto e quelle reinvestite – concorresse a ostacolare la tracciabilità dell’origine delittuosa de denaro.
Tale motivazione appare avere fatto corretta applicazione dell’art. 648-ter.1 cod. pen. e dei ricordati principi che sono stati affermati dalla Corte di cassazione al riguardo, avendo in particolare evidenziato il comportamento decettivo realizzato dall’imputata mediante l’indicato impiego delle somme costituenti il profitto del presupposto delitto di furto nell’acquisto di polizze vita a sé intestat tanto più che, in occasione di tale impiego, le stesse somme erano state “confuse” con altre di cui l’imputata era legittimamente titolare.
Impiego, questo, idoneo, ex ante, a ostacolare concretamente l’identificazione della provenienza delittuosa delle stesse somme, senza che potesse rilevare, perciò, l’intervenuta tracciabilità, per effetto delle attività di indagine effett dopo la consumazione del reato, del menzionato impiego di esse (Sez. 2, n. 16059 del 18/12/2019, dep. 2020, cit.; Sez. 2. n. 16908 del 05/03/2019, cit.), né il fatto che le suddette polizze vita fossero state acquistate con il denaro presente sul conto corrente sul quale erano state bonificate le somme sottratte alla persona offesa e fossero state intestate alla stessa imputata (Sez. 2, n. 4885 del 22/12/2022, dep. 2023, Guido, cit.).
Avendo evidenziato il compimento, da parte della COGNOME, di operazioni atte a ostacolare concretamente l’identificazione della provenienza delittuosa delle somme profitto del presupposto delitto di furto, la stessa Corte d’appello di Brescia, correttamente non ha, di conseguenza, reputato che potesse ricorrere la causa di non punibilità prevista dal quarto (ora quinto) comma dell’art. 648-ter.1 cod. pen., la quale, come si è detto, può trovare applicazione solo quando, in assenza di operazioni atte a ostacolare concretamente l’identificazione della provenienza delittuosa dei beni, l’agente li utilizzi o ne goda in modo diretto, senza compiere su di essi operazioni decettive del tipo indicato (Sez. 2, n. 13795 del 07/03/2019, cit.; Sez. 2, n. 30399 del 07/06/2018, cit.).
2. Il secondo motivo è fondato.
L’art. 163 cod. pen. stabilisce l’ambito oggettivo di applicazione della sospensione condizionale della pena, con riguardo alla natura e all’entità della pena inflitta, il cui limite è fissato anche in relazione all’età del reo.
Nel caso in esame, è pacifico che – come è stato del resto indicato anche dalla Corte d’appello di Brescia nel riportare il relativo motivo di appello dell’imputata (pag. 8 della sentenza impugnata: «la sig.ra COGNOME è incensurata e all’epoca dei fatti aveva 74 anni») -, al momento della commissione, nel 2020, dei due reati a lei attribuiti, l’imputata (che è nata il DATA_NASCITA) aveva compiuto i settant’anni di età.
Ciò posto, si deve osservare che il terzo comma dell’art. 163 cod. pen., per il caso in cui il condannato, al momento della commissione del reato, avesse compiuto – come nella specie – i settant’anni di età, fissa il limite di pena per l concessione del beneficio in due anni e sei mesi.
La Corte d’appello di Brescia, nel rigettare il relativo motivo di appello dell’imputata, ha ritenuto che «’entità della pena inflitta alla medesima è incompatibile con il beneficio della sospensione condizionale della pena».
Tale affermazione viola il terzo comma dell’art. 163 cod. pen.
Infatti, anche ragguagliando, a norma dell’art. 135 cod. pen., richiamato dal terzo comma dell’art. 163 cod. pen. (e, quindi, calcolando C 250,00 di pena pecuniaria per un giorno di pena detentiva), la pena pecuniaria di C 4.000,00 inflitta alla COGNOME alla pena di sedici giorni di reclusione, la pena due anni quattro mesi di reclusione ed € 4.000,00 di multa che è stata irrogata all’imputata non supera il limite di due anni e sei mesi stabilito dal suddetto terzo comma dell’art. 163 cod. pen. Con la conseguenza che, diversamente da quanto è stato affermato dalla Corte d’appello di Brescia, la stessa irrogata pena non è incompatibile con la concessione del beneficio, il quale, invece, avrebbe potuto essere concesso – ferma restando, ovviamente, la valutazione che dovrà essere compiuta in sede di rinvio con riguardo alla sussistenza dei requisiti soggettivi che sono previsti dall’art. 164 cod. pen. – sia per la pena detentiva sia per la pena pecuniaria che sono state inflitte all’imputata.
L’esame del terzo motivo è assorbito dall’accoglirnento del secondo motivo.
Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente alla sospensione condizionale della pena, con rinvio a un’altra sezione della Corte d’appello di Brescia per un nuovo giudizio sul punto.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile nel resto.
L’imputata deve quindi essere condannata alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile NOME COGNOME, che si liquidano in complessivi € 3.686,00, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 624, comma 2, cod. proc. pen., nel dispositivo, deve essere dichiarata l’irrevocabilità dell’affermazione di responsabilità.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla sospensione condizionale della pena con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Brescia per nuovo giudizio sul punto. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso e irrevocabile i giudizio di responsabilità. Condanna, inoltre, l’imputata alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile COGNOME NOME che liquida in complessivi euro 3.686,00, oltre accessori di legge.
Così deciso il 31/05/2024.