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Autoriciclaggio: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro un’ordinanza di sequestro preventivo per autoriciclaggio. Gli indagati, amministratori di fatto delle società coinvolte, non possono qualificarsi come ‘terzi interessati’ per contestare la misura, poiché la società sequestrata era considerata lo strumento stesso del reato. La Corte ha ritenuto non apparente la motivazione del Tribunale, basata su discrepanze patrimoniali e operazioni finanziarie sospette.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Autoriciclaggio e Sequestro: I Limiti del Ricorso per l’Indagato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 45573/2024, ha fornito chiarimenti cruciali sui limiti del ricorso contro un sequestro preventivo per il reato di autoriciclaggio. La decisione sottolinea una distinzione fondamentale: l’indagato, che è anche amministratore della società utilizzata per il reato, non può essere considerato un ‘terzo interessato’ e le sue possibilità di impugnazione sono strettamente limitate. Questo caso offre un’analisi approfondita su come la giustizia valuta la strumentalità di un bene nel contesto dei reati economici.

Il Contesto: Sequestro di una Società per Autoriciclaggio

Il caso trae origine da un’indagine per reati fiscali e bancarotta fraudolenta a carico degli amministratori di una prima società. Le indagini hanno portato al sequestro preventivo di una seconda società, ritenuta lo strumento utilizzato per commettere il delitto di autoriciclaggio. Secondo l’accusa, gli amministratori della prima azienda, che erano anche soci e amministratori della seconda, avrebbero utilizzato quest’ultima per ‘ripulire’ i proventi illeciti.

Gli indagati hanno proposto ricorso, sostenendo che i fondi presenti sui conti della seconda società, in particolare una somma di oltre 300.000 euro, non derivassero da attività illecite, ma fossero il frutto di legittime commesse ottenute da pubbliche amministrazioni. A loro avviso, il Tribunale del Riesame aveva errato nel confermare il sequestro con una motivazione solo ‘apparente’, ignorando i documenti difensivi presentati.

La Decisione della Corte di Cassazione sul tema dell’autoriciclaggio

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, confermando in toto la validità del provvedimento di sequestro. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi principali che definiscono i confini dell’impugnazione in materia di misure cautelari reali.

Le Motivazioni della Sentenza

In primo luogo, la Corte ha chiarito che il ricorso in Cassazione contro un sequestro preventivo è consentito solo per ‘violazione di legge’. Un vizio di motivazione può essere fatto valere unicamente se la motivazione è totalmente assente o meramente ‘apparente’, cioè così generica da non esplicitare il ragionamento del giudice.

Nel merito, la Cassazione ha stabilito un punto dirimente: gli indagati non potevano essere qualificati come ‘terzi interessati’. Essi erano accusati in concorso proprio del reato di autoriciclaggio, agendo sia come amministratori di fatto della società da cui provenivano i presunti fondi illeciti, sia come soci e amministratori della società sequestrata. Quest’ultima, quindi, non era un bene estraneo al reato, ma rappresentava lo strumento riconducibile direttamente agli indagati per commetterlo. Di conseguenza, la loro legittimazione a contestare il sequestro era limitata.

In secondo luogo, la Corte ha respinto la critica sulla motivazione ‘apparente’. Il Tribunale del Riesame aveva adeguatamente spiegato le ragioni del sequestro, evidenziando come l’analisi dei dati tributari mostrasse un quadro anomalo: la società sequestrata, dal 2003 al 2017, aveva quasi sempre registrato risultati economici negativi, ma risultava proprietaria di oltre settanta immobili. Inoltre, era stata utilizzata come veicolo per trasferire proventi illeciti, come nel caso dell’acquisto e ristrutturazione di un castello in Francia. Di fronte a questo quadro indiziario solido, le ‘importanti commesse’ menzionate dalla difesa non erano state ritenute sufficienti a scalfirlo.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale nel contrasto ai reati economici: chi è indagato per autoriciclaggio non può appellarsi alla sua posizione di ‘terzo’ per contestare il sequestro di un bene (come una società) che è direttamente strumentale alla commissione del reato stesso. La decisione conferma che, per la Cassazione, la valutazione del giudice di merito è difficilmente censurabile, a meno che non si manifesti in una motivazione palesemente inesistente o illogica. Questo rafforza gli strumenti a disposizione della magistratura per bloccare patrimoni di provenienza illecita fin dalle prime fasi delle indagini.

Chi può essere considerato ‘terzo interessato’ in un sequestro preventivo per autoriciclaggio?
Secondo la sentenza, non può essere considerato ‘terzo interessato’ l’indagato per il reato di autoriciclaggio che abbia utilizzato un bene (in questo caso, una società di cui era socio e amministratore) come strumento diretto per commettere il reato stesso. La sua posizione è quella di indagato e non di un terzo estraneo ai fatti.

Quando è possibile contestare in Cassazione la motivazione di un’ordinanza di sequestro?
In materia di misure cautelari reali, il ricorso in Cassazione è proponibile solo per violazione di legge. Un vizio di motivazione rileva solo se la motivazione è completamente mancante o ‘apparente’, cioè talmente generica, contraddittoria o illogica da equivalere a un’assenza di motivazione.

Quali elementi sono stati decisivi per confermare il sequestro della società?
Il Tribunale ha confermato il sequestro basandosi su un quadro indiziario solido che includeva: la cronica negatività dei risultati economici della società per quasi quindici anni, a fronte della proprietà di oltre settanta immobili; l’utilizzo della società per trasferire proventi ritenuti illeciti, come dimostrato dall’operazione di acquisto e ristrutturazione di un immobile di pregio all’estero.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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