Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 4597 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 4597 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME, nato a Monaco di Baviera (Germania) il DATA_NASCITA
avverso la ordinanza del 27/06/2024 del Tribunale di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato;
udito il difensore, AVV_NOTAIO, anche in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe indicata, il Tribunale di Reggio Calabria rigettava l’appello cautelare, proposto da NOME COGNOME, avverso la ordinanza del 6 giugno 2024 del Giudice per le indagini preliminari che aveva respinto la sua istanza ex art. 299 cod. proc. pen.
Dal provvedimento del Tribunale si evince che al COGNOME era stata applicata la misura cautelare carceraria per i reati di cui agli artt. 74 d.P.R. n. 309 del 1990
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(capo C), 73 d.P.R. n. 309 del 1990 (capi C6 e C78) e 648-ter.1 cod. pen. (capo C90) e che l’istanza, al pari dell’appello, mirava a contestare la gravità indiziaria per il capo C90) e a prospettare la sopravvenuta attenuazione delle esigenze cautelari.
Il Tribunale riteneva le tesi difensive in ordine al capo 90) inidonee a superare il giudizio di superamento della soglia legale di gravità indiziaria già reso dal medesimo giudice nell’ambito di precedenti giudizi cautelari.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’indagato, denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge in relazione agli artt. 648-ter.1 cod. pen., 267 e 271 cod. proc. pen. e alle intercettazioni ambientali effettuate nell’auto Audi Q3, poste a fondamento del contestato reato di autoriciclaggio.
All’indagato è stato raggiunto dalla misura cautelare per il delitto di autoriciclaggio per aver impiegato e trasferito nelle società indicate nella imputazione il denaro proveniente dai reati di cui agli artt. 73 e 74 d.P.R. n. 309 del 1990, in modo da ostacolare l’identificazione della sua provenienza delittuosa e sostituirlo con altri valori, presenti sui conti aziendali, e di seguito trasferir utilizzarlo.
La difesa aveva contestato l’estrema genericità della imputazione e la mancanza di prova circa la provenienza del danaro dai reati presupposti (dalla descrizione del capo C6 emerge che il presunto finanziamento conferito all’organizzazione non sia stato utilizzato per la importazione ivi descritta – che comunque è stata rivenduta in proprio da altro soggetto – ma per quella di cui al capo C78, rimasta allo stadio del solo tentativo).
Unica prova è una captazione tra il ricorrente e i propri genitori del 20 ottobre 2021 (RIT 2130), effettuata su un’auto in uso al coindagato NOME COGNOME.
Si contesta l’utilizzabilità di tale intercettazione, allegando tutta documentazione processuale pertinente, poiché difetta il requisito necessario della valutazione dei “sufficienti indizi di colpevolezza” rispetto ai reati contestati.
Il P.M., nel decreto di urgenza, ipotizza mere possibilità senza fornire alcun elemento di concreto riscontro al requisito di legge. Parimenti nessun elemento concreto ulteriore si evince dalle informative di p.g. che hanno giustificato la proroga delle operazioni.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione ai gravi indizi di colpevolezza per il reato di autoriciclaggio.
Il Tribunale ha respinto la censura difensiva sul punto con motivazione incongrua ed illogica quanto all’apprezzamento delle risultanze probatorie.
In primo luogo, la imputazione non era all’epoca provvisoria, bensì già definita dal P.M. che aveva chiesto il primo marzo 2024 il rinvio a giudizio del ricorrente. Quindi impropriamente il Tribunale parla di fluidità della imputazione.
La ordinanza impugnata riconosce poi che nel marzo 2021 e nell’ottobre 2021 il ricorrente avrebbe ricevuto presso le proprie società pagamenti tracciati, sostenendo che tale prova sarebbe parziale perché relativa a due soli mesi del periodo d’imposta contestato.
Peraltro, in assenza di una consulenza contabile del P.M., non era possibile parlare di falsa contabilizzazione e di falsi introiti, non essendo stata fornita alcun prova al riguardo.
Illogica è poi l’argomentazione secondo cui l’autoriciclaggio poteva essere attuato con una fatturazione di falsi introiti senza un loro effettivo versamento sul conto corrente bancario. Non si comprende come il danaro non versato fosse reso spendibile, come contestato nella imputazione.
Viziata è anche l’affermazione che la modalità di tenuta della contabilità fosse opaca nel mese di marzo 2021, posto che lo stesso Tribunale definisce regolare tale mensilità dal punto di vista contabile e coerente ai movimenti del conto corrente aziendale.
Parimenti illogica e contraddittoria è l’argomentazione del Tribunale sulla provenienza dei profitti, ancorata a non meglio identificate attività nel narcotraffico, prive di ogni riscontro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito indicate.
Il primo motivo è formulato in modo generico.
Va premesso che l’eccezione di inutilizzabilità è stata sollevata dalla difesa per la prima volta in questa sede.
Il ricorrente, pur individuando l’unica captazione per la quale chiede la sanzione della inutilizzabilità, avanza generiche censure sul difetto di motivazione dei decreti autorizzativi, non illustrando a quale sia lo specifico provvedimento autorizzativo rilevante per essa (non essendo configurabile la inutilizzabilità “derivata”, cfr. tra tante, Sez. 2, n. 24492 del 19/04/2023, Rv. 284826) e la motivazione che lo sorregge in ordine al profilo segnalato (difetto di sufficienza indiziaria).
Va rammentato che è principio pacifico che non compete alla Corte di cassazione, in mancanza di specifiche deduzioni, verificare se esistano cause di inutilizzabilità o di invalidità di atti del procedimento che non appaiano manifest ,
in quanto implichino la ricerca di evidenze processuali o di dati fattuali che è onere della parte interessata rappresentare adeguatamente (Sez. U, n. 39061 del 16/07/2009, Rv. 244328).
Quanto al secondo motivo, vertente sulla gravità indiziaria per il capo C90), va rilevato che la medesima questione risulta già affrontata da questa Corte in due precedenti incidenti cautelari.
Una prima volta in relazione al riesame avverso la misura cautelare genetica del 13 marzo 2023. In tale sede la difesa aveva contestato la mancanza di gravi indizi sulla circostanza che i proventi dell’attività di narcotraffico svolta d sodalizio criminoso fossero stati reinvestiti nelle società del ricorrente e ciò in quanto i conti correnti aziendali sarebbero stati alimentati solo dai corrispettivi dei contratti di appalto eseguiti. La Suprema Corte ha ritenuto il relativo motivo di ricorso inammissibile (Sez. 6, n. 37350 del 10/07/2024).
Successivamente, la difesa ha proposto una prima istanza de liberate con successivo appello. Anche in tale sede la difesa aveva contestato gli indizi di colpevolezza in ordine alla esistenza del reato di autoriciclaggio di cui al capo sub C90), in quanto mancava la prova del fatto che il COGNOME avesse ricevuto il provento del reato presupposto, rilevato che la stessa ordinanza di custodia cautelare aveva atto che il conto aziendale della società di autolavaggio facente capo al COGNOME si alimentasse esclusivamente con gli accrediti relativi all’appalto in atto con la società Tesla e che la circostanza risultava inoltre docunnentalmente. La Corte di cassazione (Sez. 4, n. 30518 del 16/07/2024) respingeva il ricorso, rilevando che la prova dell’autoriciclaggio si basava sulla conversazione del COGNOME con i genitori nella quale il predetto aveva riferito loro di emettere fatture per almeno mille euro al giorno per ciascuno degli autolavaggi da lui gestiti (” fai una macchina o fai dieci macchine non fa differenza, perché la cassaforte deve essere svuotata”), spiegando i meccanismi di controllo in Germania (“basta che paghi le tasse”) e il sistema rodato di “pulizia” del denaro (“se un giorno esce veramente buono e i clienti veramente vengono e fai mille., duemila euro,. non metti niente.. se io giorno dopo esce cento euro che è venuta una macchina sola novecento li metti tu! E paghi le tasse così sei pulito davanti allo Stato.. e questi soldi li metti sul conto e puoi comprarti quello che vuoi., perché con i soldi che hai nella cassaforte non puoi comprarti solo la gingomma”). Si trattava, secondo la Corte, di dichiarazioni di inequivoco valore dimostrativo delle illecite attività de ricorrente, congruamente valorizzate dai giudici del riesame per ribadire la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato. Il Tribunale ben aveva poi argomentato in ordine al rilievo difensivo, secondo cui la società del RAGIONE_SOCIALE aveva dimostrato le prestazioni a fronte dell’ingente importo fattura ,
riguardanti servizi di lavaggio in favore della Tesla. In proposito, secondo la Corte, i giudici di merito avevano considerato che sussistevano fatture di importo ben più esiguo, intestate a soggetti diversi da Tesla, in ordine alle quali nulla aveva dedotto o chiarito il ricorrente, e che proprio tali fatture, di importi bassi (analiticamente citate dai giudici di merito) rivelavano l’attuazione del meccanismo di riciclaggio ben chiarito da COGNOME nella conversazione sopra riportata. In più, era stato specificato che la documentazione prodotta dalla difesa comprovante la regolarità della fatturazione emessa nei confronti della Tesla (di cui si è già detto) riguardava solo uno dei due autolavaggi gestiti dal NOME, e non l’altro, parimenti utilizzato per il compimento delle attività di autoriciclaggio, secondo le contestazioni contenute nella imputazione provvisoria.
Rispetto alle questioni già sollevate e decise nei precedenti incidenti cautelari, con la nuova iniziativa difensiva il ricorrente mirava a contestare l’ipotesi accusatoria sotto due profili “nuovi”: le movimentazioni anomale del marzo e ottobre 2021 e la mancanza di profitto dei reati di cui ai capi C6) e C78).
3.1. Quanto al primo profilo, la risposta del Tribunale non risulta affatto illogica, posto che la gravità indiziaria si basava, come già stabilito in precedenza, sulla inequivoca captazione in cui lo stesso ricorrente aveva spiegato il meccanismo illecito delle false fatturazioni attuato per “svuotare” la cassaforte.
Secondo il Tribunale, le modalità tracciate dei versamenti indicate dalla difesa erano solo un dato parziale in ordine al periodo in cui sarebbe stata attuata la macchinazione illecita e comunque, con riferimento al mese di ottobre, la difesa aveva soltanto analizzato i movimenti del conto corrente aziendale.
Le critiche della difesa quanto al primo aspetto sono manifestamente infondate, perché era onere della difesa allegare elementi nuovi per vincere il giudicato cautelare.
Le censure sul secondo profilo sono irrilevanti, posto che l’argomentazione del Tribunale aveva portata soltanto ulteriore e quindi non dirimente rispetto al ragionamento giustificativo. In ogni caso, il Tribunale ha inteso spiegare come l’attività di riciclaggio fosse attuabile facendo apparire con false fatturazioni acquisiti introiti, che evidentemente avevano altra provenienza (in tal senso l’ordinanza genetica a pag. 2221).
Parimenti secondaria rispetto al dato della parzialità delle allegazioni è la argomentazione spesa dal Tribunale per definire opache le modalità di tenuta della contabilità nel mese di marzo 2021.
3.2. In ordine al secondo profilo, le critiche difensive si presentano prive di evidente fondamento.
Anche a non voler considerare il giudicato cautelare nel frattempo formatosi sul punto (in tal senso cfr. Sez. 6, n. 37350 del 10/07/2024), va osservato che, oltre ai reati di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, nel capo C90) era stato contestato l’autoriciclaggio di proventi derivanti dal delitto ex art. 74 stesso decreto (capo C). In tal senso va letta la argomentazione del Tribunale che ha rilevato come il ricorrente risultasse inserito nel mondo nel narcotraffico, disponendo di ampie somme da investire nel settore, come dimostrava la vicenda di cui al capo C6 (finanziamento di 150.000 euro).
Quanto poi alla fluidità della imputazione, le censure difensive fanno riferimento a circostanze che non risultano dedotte nella fase di merito e pertanto sono in questa sede precluse.
Alla declaratoria di inammissibilità segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma a titolo di sanzione pecuniaria, che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo quantificare nella misura di euro tremila.
La Cancelleria provvederà alle comunicazioni di rito.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 17/12 2024.