Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3743 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 3743 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/12/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME, nato a Milano il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a Pinerolo il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/12/2022 della Corte d’appello di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME, la quale ha concluso chiedendo che il ricorso di COGNOME NOME sia dichiarato inammissibile e che il ricorso di COGNOME NOME sia rigettato;
lette le conclusioni e repliche dell’AVV_NOTAIO, difensore di COGNOME NOME, il quale, nel replicare alle conclusioni del Pubblico Ministero, ha insistito per l’accoglimento dei motivi del proprio ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 19/12/2022, la Corte d’appello di Torino, in parziale riforma della sentenza del 11/12/2020 del Tribunale di Torino: a) aderendo all’accordo intercorso tra le parti ex art. 599-bis cod. proc. pen., ritenuta l continuazione tra i reati di riciclaggio in concorso di cui ai capi 1), 2) e 3 dell’imputazione e i reati oggetto della sentenza del 13/07/2020 della Corte
d’appello di Milano, divenuta irrevocabile il 29/09/2020, e più grave il reato di riciclaggio di cui al suddetto capo 3) dell’imputazione, rideterminava la pena complessiva inflitta a NOME COGNOME in tre anni e dieci giorni di reclusione ed C 5.200,00 di multa, confermando la condanna dello stesso COGNOME per i tre menzionati reati di riciclaggio in concorso di cui ai capi 1), 2) e 3) dell’imputazione; b) ritenuta la continuazione tra i reati di autoriciclaggio in concorso di cui ai capi 1), 2), 3), 4), 5) e 7) dell’imputazione e i reati oggetto della sentenza del 10/05/2017 del G.i.p. del Tribunale di Torino di applicazione della pena su richiesta delle parti, divenuta irrevocabile il 27/06/2017, e considerato più grave il reato di bancarotta fraudolenta di cui a quest’ultima sentenza, rideterminava la pena complessiva inflitta a NOME COGNOME in sei anni di reclusione, confermando la condanna dello stesso COGNOME per i sei menzionati reati di autoriciclaggio in concorso di cui ai capi 1), 2), 3), 4), 5) e 7) dell’imputazione.
Avverso l’indicata sentenza del 19/12/2022 della Corte d’appello di Torino, hanno proposto ricorsi per cassazione, con distinti atti e per il tramite dei propri rispettivi difensori, NOME COGNOME ed NOME COGNOME.
Il ricorso di NOME COGNOME è affidato a un unico motivo, con il quale il ricorrente deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza della motivazione con riguardo all’individuazione del reato più grave, tra quelli in continuazione, in quello di riciclaggio di cui al capo 3 dell’imputazione, anziché nei reati oggetto della sentenza del 13/07/2020 della Corte d’appello di Milano, divenuta irrevocabile il 29/09/2020, nonché con riguardo alla determinazione della misura degli aumenti di pena inflitti per la continuazione per ciascun reato satellite.
Quanto al primo aspetto, il ricorrente rappresenta che, poiché la continuazione è stata riconosciuta «tra due sentenze ben distinte e in secondo grado, con pena concretamente irrogata e non già astrattamente comminabile», «e deriva che individuato il reato più grave nella sentenza impugnata andava obbligatoriamente motivato in ordine a tale ultimo punto».
Quanto al secondo aspetto, il ricorrente asserisce che, sulla base dei principi affermati dalla sentenza COGNOME delle Sezioni unite della Corte di cassazione (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269-01), la Corte d’appello di Torino avrebbe dovuto motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite e che sussiste il suo interesse a dedurre la mancanza di tale motivazione.
Il ricorso di NOME COGNOME è affidato a quattro motivi.
4.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., l’inosservanza degli artt. 8, 12 e 16 dello stesso codice.
Il ricorrente, premesso che la competenza per territorio è stata individuata con riferimento al reato di autoriciclaggio di cui al capo 1) dell’imputazione,
lamenta che la Corte d’appello di Torino avrebbe erroneamente ritenuto che il suddetto reato si fosse consumato in Pinerolo «quando il denaro (in seguito bonificato in favore di COGNOME) proveniente dalle distrazioni fallimentari è stato depositato sul conto corrente acceso presso la banca Monte dei Paschi di Siena, filiale di Pinerolo, INDIRIZZO» (pag. 19 della sentenza impugnata).
Il COGNOME rappresenta in proposito che, alla luce delle condotte descritte nel capo 1) dell’imputazione: a) se si considera quale prima condotta di autoriciclaggio la costituzione di RAGIONE_SOCIALE, con il versamento del relativo capitale sociale, essa era avvenuta il 23/01/2017 in Trecate, con la conseguenza che la competenza per territorio spettava al Tribunale di Novara; b) se si considerano quale prima condotta di autoriciclaggio i finanziamenti da parte di RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE che il capo 1) dell’imputazione indica come avvenuti il 26/01/2017 e il 27/01/2017 – date nelle quali RAGIONE_SOCIALE ricevette la somma, pure indicata nel capo 1) dell’imputazione, di C 27.000,00 -, poiché dalla documentazione bancaria agli atti del procedimento risulta che tale somma proveniva da un conto corrente Intesa acceso a Milano (e intestato a NOME COGNOME, residente a Milano) e fu accreditata su un conto corrente Unipol pure acceso a Milano, la competenza per territorio spettava al Tribunale di Milano.
Il ricorrente contesta che la Corte d’appello di Torino, come già il Tribunale di Torino, avrebbero «sposta surrettiziamente indietro nel tempo la consumazione dei delitti di cui agli artt. 648 bis c.p. e 648-ter.1 c.p. travalicando l’unico strumento utile per la corretta individuazione del Tribunale territorialmente competente e cioè il capo di imputazione , facendo riferimento ad altri precedenti bonifici, diversi per importo e per date di esecuzione rispetto a quelli considerati ed indicati dal P.M.», così «aggiungendo una (precedente) frazione della condotta, che non risulta nel capo d’imputazione».
4.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’inosservanza o l’erronea applicazione dell’art. 648-ter.1, quarto comma, cod. pen.
Nell’asserire che la Corte d’appello di Torino avrebbe dato un’«applicazione formalistica» di tale disposizione codicistica, il ricorrente sostiene che, nel caso dei reati di autoriciclaggio di cui ai capi 1), 4) e 5) dell’imputazione, le somme provenienti da delitto erano state destinate all’acquisto, rispettivamente, della casa di abitazione, di automobili e di un’imbarcazione e, quindi, a un mero utilizzo o godimento personale, con la conseguente configurabilità della causa di non punibilità prevista dal quarto comma dell’art. 648-ter.1 cod. pen., il quale andrebbe interpretato in modo «sostanziale».
4.3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità
della motivazione con riguardo all’affermazione della propria responsabilità per i reati di autoriciclaggio di cui ai capi 3) e 5) dell’imputazione.
Il ricorrente espone che il reato di bancarotta fraudolenta commesso con riguardo a RAGIONE_SOCIALE indicato nei capi d’imputazione 3) e 5) quale reato presupposto dei reati di autoriciclaggio di cui agli stessi capi d’imputazione si era consumato il 06/03/2018 – data (indicata anch’essa nei due capi d’imputazione) del fallimento della suddetta società – e, quindi, dopo le date di consumazione dei reati di autoriciclaggio indicate dal pubblico ministero nei capi 3) e 5) dell’imputazione.
Da ciò i denunciati vizi della motivazione, atteso che non si comprenderebbe come la Corte d’appello di Torino abbia potuto ritenere la sussistenza dei due delitti di autoriciclaggio con riguardo all’impiego e trasferimento di somme provenienti da un delitto che non era ancora stato commesso e che si sarebbe consumato solo successivamente allo stesso impiego e trasferimento.
Con il quarto motivo, il ricorrente deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riguardo alla quantificazione della pena.
Il ricorrente lamenta in particolare che la Corte d’appello di Torino avrebbe motivato l’aumento di pena di sei mesi di reclusione per ciascuno dei sei reati di autoriciclaggio a lui attribuiti con «asserzioni astratte e generiche», atteso che: a) nel fare riferimento «all’entità delle somme riciclate», non ha specificato l’entità di tali somme, la quale era molto diversa per ciascuno dei suddetti sei reati e che la Corte d’appello di Torino ha immotivatamente giudicato essere ugualmente grave; b) nel fare riferimento «all’intensità del dolo», non ha specificato da quali elementi essa fosse stata dedotta con riguardo al dolo di ciascun reato; c) nel fare riferimento «alla durata nel tempo delle condotte criminose», non ha chiarito come essa potesse essere equiparata con riguardo ai vari reati, ben diversi tra loro.
Il ricorrente denuncia altresì la contraddittorietà della motivazione che emergerebbe dal raffronto tra i menzionati aumenti di pena di sei mesi di reclusione a lui irrogati e l’irrogazione al fratello NOME COGNOME di un aumento di pena di un mese di reclusione per ciascuno dei reati in continuazione di cui ai capi 1), 2) e 3) dell’imputazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di NOME COGNOME è inammissibile.
In tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta e al contenuto difforme della
pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative ai motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. – salvo il caso in cui sia dedotta l’estinzione del reat per prescrizione maturata anteriormente alla pronuncia della sentenza di appello (Sez. U, n. 19415 del 27/10/2022, dep. 2023, Fazio, Rv. 284481-01) – nonché ai vizi attinenti alla determinazione della pena, che non si siano trasfusi nell’illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa d quella prevista dalla legge (Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, Mariniello, Rv. 276102-01).
La Corte di cassazione ha altresì specificamente chiarito che, in tema di “patteggiamento in appello” ex art. 599-bis cod. proc. pen., è inammissibile il ricorso per cassazione proposto in relazione alla misura della pena concordata, atteso che il negozio processuale liberamente stipulato dalle parti, una volta consacrato nella decisione del giudice, non può essere unilateralmente modificato, salva l’ipotesi di illegalità della pena concordata (Sez. 3, n. 19983 del 09/06/2020, Coppola, Rv. 279504-01; Sez. 5, n. 7333 del 13/11/2018, dep. 2019, Alessandria, Rv. 275234-01).
Ciò rammentato, si deve rilevare che l’unico motivo di ricorso, con il quale il ricorrente, senza prospettare alcuna illegalità della sanzione inflittagli, si limita lamentare la mancanza di motivazione con riguardo all’individuazione del reato più grave tra quelli in continuazione e alla determinazione della misura degli aumenti di pena inflitti per ciascun reato satellite, non rientra tra i menzionati casi per quali è ammesso il ricorso per cassazione avverso la sentenza resa all’esito di concordato in appello.
Per la ragione sopra indicata, il ricorso di NOME COGNOME deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali, nonché, essendo ravvisabili profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
2. Il ricorso di NOME COGNOME deve essere rigettato.
2.1. Il primo motivo non è fondato.
In tema di riciclaggio, ai fini della determinazione della competenza territoriale, il reato realizzato con condotte frammentarie e progressive, affidate a plurimi soggetti che apportino il loro contributo in tempi e luoghi diversi, deve considerarsi consumato ove si realizza il primo atto, ancorché costituente un segmento della condotta tipica (Sez. 2, n. 38105 del 08/04/2021, Brotini, Rv. 282019-01).
1N
IN
Muovendo da tale corretta prospettiva, i giudici di merito hanno individuato il primo atto nell’impiego/trasferimento delle somme provenienti dai presupposti delitti di bancarotta fraudolenta operato mediante i bonifici delle stesse somme sul conto corrente di RAGIONE_SOCIALE acceso presso la banca Monte dei Paschi di Siena, filiale di Pinerolo, con la conseguente competenza per territorio del Tribunale di Torino. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, tale atto di impiego/trasferimento era chiaramente indicato nel capo d’imputazione («impiegavano e trasferivano somme provenienti dai citati delitti nella società RAGIONE_SOCIALE»).
Secondo lo stesso ricorrente, peraltro, vi sarebbero stati due atti di impiego/trasferimento delle somme provenienti dai delitti presupposti anteriori rispetto a quello costituito dai menzionati bonifici delle stesse somme sul conto corrente di RAGIONE_SOCIALE
Tale tesi, tuttavia, appare non fondata, atteso che: a) quanto alla costituzione di RAGIONE_SOCIALE, il capo 1 dell’imputazione, pur indicando la data e il luogo di costituzione di tale società, non indica il versamento del suo capitale sociale, in occasione della costituzione dell’ente, come atto di impiego/trasferimento delle somme provenienti dai delitti presupposti; b) quanto ai finanziamenti da parte di RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale di Torino (pag. 12 della sentenza di primo grado) ha rilevato – anche alla luce dell’annotazione della polizia giudiziaria del 07/02/2019 e della documentazione bancaria a essa allegata – come la provvista utilizzata per tali finanziamenti risultasse essere stata tratta dal menzionato conto intestato a RAGIONE_SOCIALE, con la conseguenza che gli stessi finanziamenti si dovevano ritenere successivi ai bonifici con i quali le somme provenienti dai delitti presupposti erano state impiegate/trasferite sul conto corrente di RAGIONE_SOCIALE
2.2. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
In tema di autoriciclaggio, l’ipotesi di non punibilità di cui all’art. 648-ter.1 quarto comma, cod. pen., è integrata soltanto nel caso in cui l’agente utilizzi o goda dei beni provento del delitto presupposto in modo diretto e senza compiere su di essi alcuna operazione atta a ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa (Sez. 2, n. 13795 del 07/03/2019, COGNOME, Rv. 275528-02; Sez. 2, n. 30399 del 07/06/2018, COGNOME, non massimata).
Ciò in quanto la clausola di non punibilità, prevista dal quarto comma dell’art. 648-ter.1 cod. pen., «uori dei casi di cui ai commi precedenti», deve essere interpretata e intesa nel senso fatto palese dalle citate parole, e cioè che la
fattispecie ivi prevista non si applica alle condotte che sono descritte nei commi precedenti dello stesso articolo.
In applicazione del suddetto principio, citando anche la menzionata sentenza COGNOME, la Corte d’appello di Torino ha correttamente escluso che la clausola di non punibilità prevista dal quarto comma dell’art. 648-ter.1 cod. pen. fosse applicabile alle condotte, attribuite al COGNOME, di cui al capo 1 dell’imputazione, rilevando come l’imputato non si fosse limitato a utilizzare o godere personalmente delle somme provenienti dai delitti presupposti ma avesse posto in essere, in relazione alle stesse, un’ampia attività decettiva, mediante l’utilizzazione di società straniere e di amministratori di comodo, per reimmettere il denaro distratto dalle società decotte nel circuito legale, con la conseguente impossibilità di applicare la suddetta clausola di non punibilità, ancorché le stesse somme fossero state – ma solo dopo che ne era stata concretamente ostacolata l’identificazione della provenienza delittuosa – in parte utilizzate per riacquistare la casa familiare.
Considerazioni analoghe hanno evidentemente indotto la Corte d’appello di Torino a escludere fondatamente l’applicabilità della clausola di non punibilità alle condotte di cui ai capi 4) e 5) dell’imputazione, connotate anch’esse non dal mero diretto utilizzo o godimento personale delle somme distratte dall’imputato ma da una precedente attività decettiva posta in essere dallo stesso e finalizzata a rendere non tracciabili i proventi dei delitti presupposti – la quale si era concretata, anche in tali due casi, nell’utilizzazione di società straniere e di amministratori compiacenti – per poi utilizzare il denaro per l’acquisto delle autovetture (capo 4 dell’imputazione) e dell’imbarcazione (capo 5 dell’imputazione) solo dopo, però, che lo stesso denaro era stato sottoposto a operazioni di autoriciclaggio che ne avevano concretamente ostacolato l’identificazione della provenienza delittuosa.
2.3. Il terzo motivo è manifestamente infondato.
Contrariamente a quanto mostra di ritenere il ricorrente, ai fini della consumazione del reato di autoriciclaggio riguardante i proventi del delitto presupposto di bancarotta fraudolenta patrimoniale, è irrilevante l’assenza della condizione obiettiva di punibilità della dichiarazione di fallimento (Sez. 5, n. 22143 del 14/03/2022, COGNOME, Rv. 283257-01).
La dichiarazione di fallimento si pone infatti come mera condizione di punibilità, con la conseguenza che il fatto che essa intervenga successivamente alla condotta di autoriciclaggio non incide sulla consumazione di tale reato che –
al pari di quello presupposto della bancarotta patrimoniale – è già completo in tutte le sue componenti oggettive e soggettive.
Diversamente opinando, del resto, si verrebbe a creare l’irragionevole situazione per la quale solo ove la condotta di autoriciclaggio intervenga dopo la dichiarazione di fallimento essa assumerebbe rilievo penale, laddove, invece, l’ultimo comma dell’art. 648-ter.1 cod. pen. rimanda all’ultimo comma dell’art. 648 cod. pen., il quale comma espressamente prevede che «e disposizioni di questo articolo si applicano anche quando l’autore del delitto da cui il danaro e le cose provengono non è imputabile o non è punibile ovvero quando manchi una condizione di procedibilità riferita a tale delitto»; sicché si è affermato che si deve ritenere irrilevante, per la configurabilità del reato di ricettazione – e, quindi anche per quello di autoriciclaggio che viene qui in considerazione – la presenza di una causa di non punibilità riferita al reato presupposto.
2.4. Il quarto motivo non è fondato.
Le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno chiarito che, in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre a individuare il reato più grave e a stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite (Sez. U., n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269-01). Le Sezioni unite hanno precisato che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi e tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispettati i limiti previsti dall’art. pen. e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene.
Successivamente, la Corte di cassazione ha puntualizzato che, sempre in tema di reato continuato, il giudice di merito, nel calcolare l’incremento sanzionatorio in modo distinto per ciascuno dei reati satellite, non è tenuto a rendere una motivazione specifica e dettagliata qualora individui aumenti di esigua entità, essendo in tal caso escluso in radice ogni abuso del potere discrezionale conferito dall’art. 132 cod. pen. (Sez. 6, n. 44428 del 05/10/2022, Spampinato, Rv. 284005-01).
Rammentati tali principi, si deve rilevare che, nel caso in esame, la Corte d’appello di Torino ha stabilito un aumento di pena, per ciascuno dei sei reati di autoriciclaggio attribuiti all’imputato, di sei mesi di reclusione, il quale si dev ritenere di entità esigua, tenuto conto del fatto che il delitto di autoriciclaggio è punito con la pena della reclusione da due a otto anni (oltre alla multa), con la conseguenza che l’onere di motivazione in ordine ai predetti aumenti di pena si
può ritenere sufficientemente assolto, ad avviso del Collegio, mediante il riferimento, operato dalla Corte d’appello di Torino, all’entità delle somme oggetto degli autoriciclaggi, all’intensità del dolo, alla durata nel tempo delle condotte criminose, alla spiccata capacità a delinquere, alla totale indifferenza verso le ragioni dei creditori delle società fallite.
Quanto, infine, alla lamentata asserita sperequazione rispetto agli aumenti di pena irrogati al fratello coimputato NOME COGNOME, è sufficiente rilevare la diversità delle due posizioni, che è stata sottolineata dalla Corte d’appello di Torino, la quale ha evidenziato come l’imputato NOME COGNOME si dovesse ritenere «l’ispiratore di tutti i reati a lui contestati».
2.5. Pertanto, il ricorso di NOME COGNOME deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Rigetta il ricorso di COGNOME NOME e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 19/12/2023.