Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 37708 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 37708 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/09/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a Torino il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a Caluso il DATA_NASCITA
COGNOME NOME nata a Torino il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/12/2024 della Corte di appello di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIOCOGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi;
udito l’AVV_NOTAIO per la parte civile COGNOME NOME e, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, per le parti civili COGNOME NOME e COGNOME NOME, nonché l’AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, per la parte civile RAGIONE_SOCIALE, che hanno concluso per il rigetto dei ricorsi;
uditi i difensori, AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO per COGNOME NOME e AVV_NOTAIO, per COGNOME NOME e COGNOME NOME, che hanno concluso per l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 03/12/2024 la Corte di appello di Torino – in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Torino del 13/07/2022, che aveva
condannato NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME per i reati loro rispettivamente ascritti – dichiarava non doversi procedere nei confronti del COGNOME e del COGNOME per essere diversi dei reati loro ascritti estinti pe prescrizione, rideterminava la pena e revocava la confisca nei confronti della COGNOME.
NOME COGNOME, a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione, affidandolo ad un unico motivo con cui deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione all’art. 648-ter.1 cod. pen., nonché vizio di motivazione, con riferimento al reato di cui al capo 22). Osserva che il riciclaggio richiede che il reato presupposto sia consumato e che l’autore ponga in essere una condotta successiva ed autonoma, volta a dissimulare o ostacolare l’individuazione dell’origine delittuosa della cosa; che, invece, la Corte territoriale ha ricompreso nella medesima condotta materiale (il prelievo di somme dai conti correnti dei clienti e l’utilizzo per acquisti personali sia il reato presupposto (furto aggravato), che la condotta di autoriciclaggio, venendo così a contraddire i principi più volte affermati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di necessaria autonomia e successività della condotta autoriciclatoria rispetto al reato presupposto; che, in particolare, i giudici appello hanno ritenuto integrato l’autoriciclaggio già con l’acquisto dei beni, senza che sia stato dimostrato un impiego successivo in una attività economica, finanziaria o imprenditoriale, né una finalità effettivamente decettiva.
NOME COGNOME, a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione.
3.1. Con il primo motivo deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 42 e 648-ter cod. pen. Osserva che la volontà di cercare nuovi finanziamenti dopo che la banca gli aveva chiuso i canali di accesso, ammessa dal ricorrente, non prova la conoscenza della provenienza illecita degli stessi, specie se si considera che detti finanziamenti sono stati cercati presso un soggetto abilitato alla raccolta di credito e hanno comportato la sottoscrizione di plurimi riconoscimenti di debito; che, invero, se il COGNOME avesse avuto consapevolezza della provenienza illecita dei finanziamenti ricevuti dal COGNOME, mai avrebbe sottoscritto i riconoscimenti di debito, che avrebbero portato all’attribuzione a lui di condotte illegali; che del resto, l’art. 648-ter pen., pur richiedendo solo un dolo generico, impone che in capo all’agente vi sia la conoscenza della provenienza illecita dei beni reimpiegati; che, inoltre, la stessa consapevolezza di illiceità della ricerca dei finanziamenti posta in essere dall’imputato non avrebbe potuto in alcun modo integrare il richiesto dolo del
reimpiego, atteso che in tal modo si confonderebbe il dolo del reato presupposto con quello di un reato sussidiario.
3.2. Con il secondo motivo eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 110 e 648-ter cod. pen. Rileva ch “la partecipazione consapevole e volontaria di NOME all’operatività illecita di COGNOME“, ritenuta dalla Corte di merito, integra il concorso del ricorrente ne reato presupposto posto in essere dal COGNOME, dovendo di conseguenza essere escluso il reato di cui all’art. 648-ter cod. pen.
3.3. Con il terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., con riferimento alla contraddittorietà della motivazione. Evidenzia che il provvedimento impugnato in maniera evidentemente contraddittoria, da un lato, afferma che il COGNOME è rimasto estraneo alle operazioni depauperatorie poste in essere dal solo COGNOME in danno dei clienti della banca e, dall’altro, che “la documentazione delle operazioni … sottende per un verso l’autoria o quantomeno la coautoria di COGNOME con COGNOME nelle operazioni predatorie in danno dei clienti”; che, dunque, la motivazione è contraddittoria, in quanto, mentre attribuisce al ricorrente comportamenti che costituiscono concorso morale o materiale nel reato presupposto al reimpiego di denaro di provenienza illecita, esclude poi l’applicazione della clausola di sussidiarietà nei confronti del coautore del reato presupposto.
NOME COGNOME, a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione.
4.1. Con il primo motivo deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione all’art. 648-bis cod. pen. Osserva che, al fine di valutare la sussistenza dell’elemento oggettivo del reato, occorre seguire il criterio della idoneità ex ante della condotta posta in essere a costituire ostacolo all’identificazione della provenienza delittuosa del bene, dunque, è necessario accertare se al momento della condotta l’attività posta in essere aveva astratta idoneità dissimulatoria, indipendentemente dagli accertamenti successivi; che il comportamento tenuto dalla ricorrente non ha alcuna idoneità ex ante a costituire ostacolo alla identificazione dell’asserita provenienza delittuosa del denaro, atteso che con una sola operazione la COGNOME ha versato sul suo conto corrente la somma di 100.000 euro e, senza che vi fosse alcun frazionamento, la stessa cifra è stata bonificata alla RAGIONE_SOCIALE nell’arco di pochi giorni; che appare evidente che detta condotta, per la linearità e la semplicità che la contraddistingue, non è portatrice di alcuna forma di confusione, per cui è inidonea ad occultare la provenienza della somma versata alla RAGIONE_SOCIALE, tenuto conto che la ricorrente è socia di detta società; che al più detta condotta
avrebbe potuto configurare il reato di autoriciclaggio, introdotto nell’ordinamento in un momento successivo ai fatti per cui si procede.
4.2. Con il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione all’art. 648-bis cod. pen. Rileva, con riferimento all’elemento soggettivo del reato, che deve escludersi che il versamento di 100.000 euro sul conto della ricorrente (poi trasferiti a mezzo bonifici al marito NOME COGNOME ed alla RAGIONE_SOCIALE) potesse essere motivato dalla volontà di schermare la provenienza del predetto denaro, tenuto conto che la stessa attenzione non è stata prestata per gli oltre 5.000.000 euro che sono stati versati direttamente al COGNOME o alle sue società; che in ogni caso, l’imputata ha fornito una chiara indicazione della provenienza delle somme di denaro accreditate sul suo conto corrente – costituenti un finanziamento ottenuto dal marito per le sue società – e le sue dichiarazioni sono state confermate dai due coimputati; che gli elementi indicati per affermare la sussistenza dell’elemento psicologico non sono univoci, atteso che, da un lato, il comportamento tenuto dimostra solo il completo affidamento rispetto a quanto indicatole dal marito e, dall’altro, la laurea in giurisprudenza avrebbe suggerito ben altra accortezza nel dissimulare la provenienza del denaro, qualora avesse avuto contezza della sua origine delittuosa; che, invece, plurimi sono gli elementi che dimostrano che la COGNOME è stata tenuta all’oscuro della provenienza dei finanziamenti riversati in società, come, ad esempio, la falsità della sottoscrizione, apparentemente apposta dalla ricorrente, sulla documentazione giustificativa dei bonifici emessi dal conto di NOME COGNOME.
4.3. Con il terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 648 e 648-bis cod. pen. Evidenzia che il fatto ascritto alla COGNOME non solo non integra una particolare capacità dissimulatoria, ma non costituisce alcun ostacolo alla tracciabilità, tenuto conto delle modalità concrete del passaggio di denaro, avvenuto senza frazionamento delle somme, senza utilizzo di denaro contante ed entro un brevissimo lasso temporale; che, dunque, il fatto avrebbe dovuto essere inquadrato più correttamente nella fattispecie di cui all’art. 648 cod. pen.
In data 11/07/2025 è pervenuta articolata memoria difensiva della parte civile RAGIONE_SOCIALE, con cui si conclude per l’inammissibilità dei ricorsi.
In data 21/07/2025 sono pervenute conclusioni scritte delle parti civili NOME COGNOME e NOME COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di NOME COGNOME è inammissibile, per non essere consentito l’unico motivo cui è affidato, perché aspecifico, tenuto conto che ignora la articolata motivazione del provvedimento impugnato sullo specifico punto della ritenuta configurabilità del reato di autoriciclaggio di cui al capo 22).
Va, innanzitutto, premesso che, in punto di responsabilità per le condotte di cui al capo 22), la sentenza di appello oggetto di ricorso costituisce una c.d. doppia conforme della decisione di primo grado, con la conseguenza che le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente costituendo un unico corpo decisionale, essendo stato rispettato sia il parametro del richiamo da parte della sentenza d’appello a quella del Tribunale sia l’ulteriore parametro costituito dal fatto che entrambe le decisioni adottano i medesimi criteri nella valutazione delle prove (Sez. 2, n. 6560 del 8/10/2020, dep. 2021, Capozio, Rv. 280654 01; Sez. 2, n. 37295 del 12/6/2019, E., Rv. 277218 – 01).
Ciò posto, rileva il Collegio che entrambe le sentenze di merito hanno evidenziato come il COGNOME svolgesse con una certa professionalità l’attività di commercio di orologi di lusso, monete preziose ed oggetti di numismatica, circostanza questa desunta dalle numerose testimonianze – tutte convergenti, di cui la sentenza di primo grado, richiamata da quella di appello, ha riportato il contenuto (cfr. pagg. 194-201) – che hanno trovato anche formidabile conferma documentale; come, dunque, la sottrazione del denaro ai clienti dell’istituto di credito cui l’odierno ricorrente faceva capo costituisse il reato presupposto, mentre l’autoriciclaggio venisse posto in essere con l’acquisto dei beni suddetti, che poi venivano sistematicamente rivenduti a terzi, nell’ambito dell’attività imprenditoriale parallela che l’imputato svolgeva, in tal modo concretamente ostacolando l’identificazione della provenienza delittuosa del denaro utilizzato per l’acquisto; come, in altri termini, la trasformazione del profitto del rea presupposto, ovvero il denaro, in beni recasse con sé la dissimulazione dell’origine illecita della provvista.
Trattasi di motivazione congrua e priva della denunziata illogicità, con la quale la difesa non si confronta affatto, limitandosi a reiterare sterilmente l stesse doglianze proposte in appello.
Come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (cfr., Sez. 6, n. 23014 del
29/04/2021, B., Rv. 281521 – 01; Sez. 3, n. 50750 del 15/06/2016, Dantese, Rv. 268385 – 01; Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, COGNOME, Rv. 253849 – 01).
2. Il ricorso di NOME COGNOME è inammissibile.
2.1. Il primo motivo, con cui si contesta la sussistenza dell’elemento soggettivo, non è consentito, in quanto aspecifico. Invero, non si misura con le articolate motivazioni delle sentenze di merito, che hanno evidenziato come il reato di cui all’art. 648-ter cod. pen., contestato al capo 23), sia stato limita solo ai finanziamenti derivati dai due furti aggravati commessi dal COGNOME in danno di NOME COGNOME per 2.840.000 euro e di NOME COGNOME per 100.000 euro; come, rispetto ad essi, il ricorrente – in considerazione degli strett rapporti delinquenziali instaurati con il COGNOME, con il quale ha commesso plurimi reati in concorso nell’ambito del presente procedimento, tutti finalizzati a finanziare le sue imprese – avesse la consapevolezza della loro provenienza illecita, tenuto conto che, essendogli precluso l’accesso ai canali di finanziamento bancari, aveva a tal fine individuato nel COGNOME il soggetto che, con i suoi metodi scaltri ed illeciti, avrebbe potuto sostituire i canali ufficiali per far f alla carenza di liquidità, impeditiva per la RAGIONE_SOCIALE di proseguire nella gestione dell’impresa; come, dunque, il COGNOME ben conoscesse le illecite modalità operative del COGNOME poste in essere nei confronti dei clienti della Banca Leonardo, per cui operava, di talchè è del tutto inverosimile che abbia potuto ritenere di aver conseguito la considerevole somma di 2.940.000 euro per effetto di regolari e lecite operazioni di finanziamento; come, ad ulteriore riprova della consapevolezza della provenienza illecita del denaro ricevuto e reinvestito, risultasse significativo il dato per cui nell’operazione in danno dell’COGNOME la provvista portata dai due assegni circolari fosse transitata direttamente sul conto della COGNOME, acceso presso un diverso istituto, dunque, fosse pervenuta in prima battuta ad una persona fisica che non aveva titolo per acquisirla, essendo estranea ai rapporti intercorsi tra il coniuge, il COGNOME ed i client quest’ultimo; come, infine, la documentazione sottoscritta dal ricorrente servisse unicamente a giustificare formalmente le operazioni illecite poste in essere. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Tale percorso logico argomentativo del provvedimento impugnato è del tutto ignorato dalla difesa, che ha riproposto pedissequamente le stesse doglianze avanzate ai giudici dell’appello.
Orbene, la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce; tale revisione critica si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità, debbono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale del ricorso in cassazione è,
pertanto, il confronto puntuale con le argomentazioni del provvedimento oggetto di impugnazione (per tutte, Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822 – 01). Ne consegue che, se il ricorso si limita, come nel caso di specie, a riprodurre sostanzialmente il motivo di appello, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso, posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento impugnato, lungi dall’essere destinatario di specifica critica argomentata, è di fatto del tutto ignorato.
Dunque, non si ravvisa la denunziata violazione di legge, né la pretesa contraddittorietà della motivazione, trattandosi di situazioni diverse (quella del concorso del COGNOME in alcuni reati predatori, che esclude la configurabilità del reato di cui all’art. 648-ter cod. pen. e le due ipotesi di impiego di denaro d provenienza illecita, in quanto costituente il profitto dei furti commessi da COGNOME). In altri termini, quando il provvedimento impugnato evidenzia “l’autoria o quantomeno la coautoria di COGNOME con COGNOME nelle operazioni predatorie in danno dei clienti” fa riferimento alle diverse ipotesi in cui ritenuto il concorso di persone nel reato.
3. Il ricorso di NOME COGNOME è inammissibile.
3.1. Il primo ed il terzo motivo – che, avendo entrambi ad oggetto l’elemento oggettivo del reato, possono essere trattati congiuntamente – sono
manifestamente infondati. Invero, entrambi i giudici dì merito hanno fatto buon governo del principio di diritto più volte affermato da questa Corte di legittimità secondo il quale l’efficacia dissimulatoria dell’azione rispetto all’origine del somma non deve essere necessariamente assoluta, tenuto conto che l’art. 648bis cod. pen., utilizzando – tra gli altri – il termine «ostacolare», consente d ritenere integrato il delitto di riciclaggio anche con il compimento di operazioni volte non solo ad impedire in modo definitivo, ma anche a rendere difficile l’accertamento della provenienza del denaro, dei beni o delle altre utilità; ciò anche attraverso operazioni che risultino tracciabili, in quanto l’accertamento o l’astratta individuabilità dell’origine delittuosa del bene non costituiscono l’event del reato (cfr., Sez. 2, n. 41517 del 13/09/2024, COGNOME, Rv. 287183 – 01, in motivazione; Sez. 5, n. 21925 del 17/04/2018, COGNOME, Rv. 273183 – 01; Sez. 2, n. 26208 del 09/03/2015, COGNOME, Rv. 264369 – 01). Così, è stato condivisibilmente ritenuto che integri di per sé un autonomo atto di riciclaggio essendo il delitto in parola, a forma libera e attuabile anche con modalità frammentarie e progressive – qualsiasi prelievo o trasferimento di fondi successivo a precedenti versamenti e, dunque, anche il mero trasferimento di denaro di provenienza delittuosa da un conto corrente bancario ad un altro diversamente intestato e acceso presso un diverso istituto di credito (Sez. 2, n. 10939 del 12/01/2024, Di Mario, Rv. 286140 – 01; Sez. 2, n. 43881 del 09/10/2014, COGNOME, Rv. 260694 – 01; Sez. 6, n. 13085 del 03/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259487 – 01). Dunque, correttamente la Corte di merito ha ritenuto configurato, nel caso di specie, il reato di cui all’art. 648-bis co pen., avendo la COGNOME ricevuto due assegni circolari provento di furto, apparentemente emessi da NOME COGNOME, per l’importo complessivo di 100.000 euro, poi versati sul proprio conto corrente, messo a tal fine a disposizione e successivamente trasferiti mediante bonifico sul conto corrente della RAGIONE_SOCIALE Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3.2. Il secondo motivo non è consentito, in quanto reitera pedissequamente le doglianze proposte con i motivi di appello, che sono state affrontate in termini precisi e concludenti dalla Corte territoriale, che – quanto all’elemento soggettivo del reato – ha evidenziato i) come rispetto all’andamento del conto corrente intestato alla ricorrente l’accredito della provvista di ben 100.000 euro appaia del tutto distonico, ii) come si tratti di versamenti recanti l’indicazione nominativa del finanziatore, soggetto del tutto sconosciuto alla COGNOME, iii) come manchi qualsivoglia documento giustificativo dell’emissione dei due assegni circolari di rilevante entità e, nonostante ciò, gli stessi siano stati versati sul conto corrent dall’imputata, il cui importo complessivo risulta poi bonificato in favore della società del di lei marito, iiii) come sia del tutto inattendibile la versione difensiva, secondo la quale alla COGNOME sarebbe stato fatto credere che tale somma di
denaro sarebbe servita per un aumento di capitale, sol che si consideri la sproporzione rispetto alla partecipazione alla società, pari ad appena il 2%, //m) come le dichiarazioni del COGNOME – secondo cui la somma in discorso sarebbe servita per un aumento della partecipazione della COGNOME dal 2% al 20% risulti smentita dalle altre acquisizioni probatorie.
In conclusione, rispetto alla trama motivazionale del provvedimento impugnato, che si sviluppa in maniera piana, esaustiva e convincente, il ricorso glissa, riproponendo sterilmente doglianze già poste all’attenzione della Corte territoriale, senza argomentare criticamente in ordine ad eventuali illogicità del percorso argomentativo seguito nel provvedimento impugnato, rivelandosi sotto tale profilo anche aspecifico.
All’inammissibilità dei ricorsi segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento, nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila ciascuno, così equitativamente fissata.
Dall’esito del giudizio discende anche la condanna dei ricorrenti in solido alla rifusione delle spese di costituzione e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili COGNOME NOME (in proprio e nella qualità), COGNOME NOME, COGNOME NOME, CA RAGIONE_SOCIALE in persona del leg. rappr. p.t., che si liquidano per ciascuna in complessivi euro 3.686/00, oltre accessori di legge.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, gli imputati in solido alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili COGNOME NOME (in proprio e nella qualità), COGNOME NOME, COGNOME NOME, CA RAGIONE_SOCIALE in persona del leg. rappr. p.t., che liquida per ciascuna in complessivi euro 3.686/00, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il giorno 30 settembre 2025.