Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 31608 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 31608 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Civitavecchia il DATA_NASCITA
avverso la ordinanza del 02/10/2023 del Tribunale del riesame di Roma visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; sentite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procurat generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarat inammissibile;
udite le conclusioni dei difensori, AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO, quali hanno insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.11 Tribunale del riesame di Roma, con ordinanza in data 24 ottobre 2022, rigettava l’appello avanzato dal Procuratore della Repubblica di Roma avverso l’ordinanza del Giudice delle Indagini Preliminari dello stesso Tribunale che avev
respinto la richiesta di sequestro preventivo ex artt. 321 cod. proc. pen. e 648quater cod. pen. sino alla somma di euro 218.606,50 nei confronti di COGNOME NOME, indagato dei reati di bancarotta per distrazione ed autoriciclaggio (perché impiegava e trasferiva nelle attività economiche e imprenditoriali esercitate dalle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE il denaro proveniente dal delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione della RAGIONE_SOCIALE, società tutte amministrate dallo stesso COGNOME, in modo da ostacolare la identificazione della provenienza delittuosa).
Riteneva il Tribunale che il trasferimento della predetta somma dalla RAGIONE_SOCIALE, poi dichiarata fallita, ad altre società del gruppo di NOME integrasse unicamente l’ipotesi di bancarotta fraudolenta.
Proponeva ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma, e la Seconda Sezione di questa Corte annullava con rinvio l’ordinanza impugnata sottolineando che, ai fini di evitare la doppia punibilità della medesima condotta, il legislatore, con la introduzione della fattispecie di cui all’art. 648-ter 1. cod. pen., ha richiesto che, a seguito della consumazione del delitto presupposto, vengano poste in essere ulteriori condotte aventi natura decettiva, le quali posso consistere anche semplicemente OW3 I ‘ impiego del denaro in ulteriori attività economiche o finanziarie.
Il Tribunale del riesame di Roma, in sede di rinvio, conformandosi al principio di diritto dettato da questa Corte, ha disposto il sequestro preventivo sino al valore della somma complessiva di euro 218.606,50, individuando il profitto del reato di autoriciclaggio proprio nel denaro “ripulito” attraverso le operazioni di investimento nelle società diverse dalla fallita, e nella ricchezza illecitamente conseguita pari all’importo complessivo di euro 218.606,50.
Avverso l’ordinanza ricorre per cassazione NOME, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo la violazione degli artt. 648-ter 1. cod. pen. e 627 cod. proc. pen., nonché il vizio di motivazione rispetto al devoluto nel giudizio di rinvio.
Non solo non risulta provato neppure il mero fumus del reimpiego delle somme nelle società indicate, ma, in ogni caso, il Tribunale non ha indicato in cosa sia consistita l’attitudine dissimulatoria che, per costante giurisprudenza deve essere concreta.
La condotta di autoriciclaggio deve essere fondata su un segmento ulteriore rispetto alla condotta del reato presupposto e, quindi, il prodotto il profitto o prezzo dell’auto riciclaggio non coincide con il denaro e beni o le altre utilità provenienti dal reato presupposto.
Il Collegio della cautela, nel caso in questione, si è limitato ad affermare apoditticamente che le somme provento del reato di bancarotta sono state reimpiegate nelle due società amministrate dal COGNOME, senza indicare da quale altro elemento abbia ricavato il quid pluris richiesto, ovverosia la concreta idoneità di simulatoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
Occorre ribadire che la ratio della norma di cui all’art. 648-ter.1. cod. pen. è rappresentata dalla reimmissione nel circuito dell’economia legale di beni di provenienza delittuosa, ostacolandone la tracciabilità. Il legislatore ha, in altre parole, voluto “congelare” il profitto in mano al soggetto che ha commesso il reato-presupposto, in modo da impedirne la sua utilizzazione maggiormente offensiva, e cioè quella che espone a pericolo o addirittura lede “l’ordine economico”, inquinando l’economia legale.
Il Giudice penale dovrà, pertanto, valutare l’idoneità specifica della condotta posta in essere dall’agente ad impedire l’identificazione della provenienza delittuosa dei beni. Attraverso la connotazione in termini di idoneità concreta all’ostacolo, la determinazione delle condotte punibili viene circoscritta a quei comportamenti che, seppur non necessariamente artificiosi in sé, esprimano un contenuto decettivo, capace cioè di rendere obiettivamente difficoltosa la identificazione della provenienza delittuosa del bene. Il trasferimento o la sostituzione penalmente rilevante, ai fini della configurazione dell’autoriciclaggio sono quindi comportamenti che importano un mutamento della formale titolarità del bene o delle disponibilità o che danno, altresì, luogo a una utilizzazione non più personale, ma riconducibile a una forma di reimmissione del bene nel circuito economico.
2.1.Proprio applicando detti principi, questa Corte ha avuto modo di affermare che non integra la condotta di autoriciclaggio il mero trasferimento di somme oggetto di distrazione fallimentare a favore di imprese operative, occorrendo a tal fine un quid pluris che denoti l’attitudine dissimulatoria della condotta rispetto alla provenienza delittuosa del bene (Sez. 5, n. 8851 del 01/02/2019, Rv. 275495). In motivazione è stato precisato che «sostengono detta scelta ermeneutica, da una parte, il dato letterale, laddove il legislatore ha inteso rimarcare non solo l’impiego in attività imprenditoriali – che è l’ipotesi che potrebbe ricorrere nella specie – e l’idoneità dissimulatoria della condotta, ma ha anche preteso, come sopra osservato, che tale idoneità dissimulatoria sia
“concreta”, il che costituisce un indicatore che la volontà legislativa richieda un contegno che vada oltre la mera ricezione della somma proveniente da reato, dall’altro, i rapporti della fattispecie con il reato di bancarotta, laddove ritener punibile come autoriciclaggio il mero trasferimento delle somme distratte verso imprese (sul solo presupposto della fisiologica destinazione delle medesime all’operatività aziendale di queste ultime), finirebbe per sanzionare penalmente due volte la stessa condotta quando le somme sottratte alla garanzia patrimoniale dei creditori sociali siano dirette verso imprenditori, generando, rispetto a tale situazione specifica, un’ingiustificata sovrapposizione punitiva tra la norma sulla bancarotta e quella ex art. 648-ter.1 cod. pen.».
Quindi, la capacità dissimulatoria deve essere individuata in condotte non ricollegabili al puro e semplice trasferimento di somme e il fatto di autoriciclaggio ha natura autonoma e successiva rispetto alla consumazione del delitto presupposto così che le due fattispecie non possono essere ravvisate a fronte di un’unica contestuale azione.
2.2.Pertanto, ove attraverso il trasferimento ad altre imprese si attui il reinvestimento successivo dei profitti illeciti in attività economiche, finanziarie o speculative, è aggredito il bene giuridico protetto dalla norma di cui all’art. 648ter.1 cod. pen., che è costituito dall’ordine pubblico economico, poiché appare evidente che, in ragione della possibilità di utilizzare profitti illeciti da part imprese operative il mercato viene a subire l’effetto inquinante del reinvestimento del profitto illecito.
E deve anche ritenersi che, se il trasferimento ad altre imprese è attuato con l’intestazione del profitto illecito ad un soggetto giuridico diverso – sia esso una persona fisica ovvero una società di persone o di capitali – vi è la possibilità di identificare una condotta dissimulatoria proprio perché, mutando la titolarità giuridica del profitto illecito, la sua apprensione non è più immediata e richiede la ricerca ed individuazione del successivo trasferimento.
Al proposito, occorre ricordare che questa Corte di cassazione ha affermato (Sez. 2, n. 33074 del 14/07/2016, Babuleac, Rv. 267459) che non integra il delitto di autoriciclaggio il versamento del profitto di furto su conto corrente o su carta di credito prepagata, intestati allo stesso autore del reato presupposto. In motivazione si precisa che tale soluzione vale nei casi in cui vi sia identità soggettiva tra autore del delitto presupposto e soggetto titolare del medesimo bene a seguito della condotta di sostituzione; ove, cioè, autore del delitto presupposto e titolare del bene poi movimentato coincidano può affermarsi non esservi condotta concretamente idonea ad occultare l’origine illecita del bene. Ove, invece, la titolarità del bene, anche attraverso successivi contratti, sia mutata, tale interpretazione non può trovare applicazione; difatti, la modifica
della formale intestazione comporta condotta di sostituzione del proprietario o utilizzatore del bene idonea ad ostacolare l’origine illecita dello stesso e si profila quale ipotesi astrattamente punibile (Sez. 2, n. 16059 del 18/12/2019 -dep. 2020-, Fabbri, Rv. 279407 – 02).
3.Sulla base dei predetti principi deve essere risolta la problematica proposta con l’atto di impugnazione al proposito della sussistenza del fumus del delitto di cui all’art. 648-ter.1 cod. pen.
Conformandosi al principio di diritto indicato nella sentenza di annullamento con rinvio, il Tribunale del riesame ha sottolineato che la condotta contestata all’indagato è diversa e successiva rispetto a quella di bancarotta fraudolenta, ed è consistita, non nei pagamenti per cassa effettuati “svuotando” il patrimonio di RAGIONE_SOCIALE, ma in relazione ad altre e successive attività descritte come: «impiegava e trasferiva nelle attività economiche e imprenditoriali esercitate da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE” la somma complessiva già citata di euro 218.606,50».
Si è quindi accertato che, dopo la consumazione del reato presupposto, delle somme profitto di tale illecito si è operato il successivo trasferimento ad altre due compagini sociali, con conseguente imputazione soggettiva ad altri enti.
Il Tribunale del riesame, conformandosi alla regula iuris dettata da questa Corte di legittimità, ha, correttamente ritenuto che tali operazioni, abbiano assunto concreta capacità dissimulatoria proprio perché era mutata la titolarità ed il luogo concreto di conservazione del profitto illecito attraverso il reinvestimento in attività economiche.
L’ordinanza impugnata ha, in altre parole, riconosciuto l’esistenza di una “divaricazione soggettiva”, in ordine al fatto che le tre società in questione erano, comunque, soggetti distinti, pur essendo tutte amministrate dall’indagato, e ha valorizzato il fatto che le due società cessionarie, anche grazie al denaro della fallita, loro conferito senza alcuna giustificazione nel 2015, hanno potuto proseguire negli anni successivi ad esercitare l’attività di impresa, continuando ad accumulare ingenti debiti verso l’Erario, con l’effetto di inquinare il mercato immettendo nel circuito economico legale capitali illeciti.
Il ricorso deve essere pertanto, rigettato, con condanna dell’indagato al pagamento delle spese processuali.
Rigetta ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 16 aprile 2024
Il Presi ente,