Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 5734 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 5734 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/01/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOMECOGNOME nato il 30/07/1965 NOME COGNOME nato il 15/09/1982
avverso l’ordinanza del 16/10/2024 del TRIBUNALE del riesame di LODI
visti gli atti, letti i ricorsi e la memoria difensiva;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, nella persona del sostituto P.G. NOME
COGNOME il quale ha chiesto rigettarsi iericorsi4L EL6AZ ABALL.pf E i , ghz inA tiz kAR44T
Ricorso trattato ai sensi dell’art. 611, commi 1 e 1-bis, cod. proc. pen.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME NOME COGNOME ed NOME COGNOME a mezzo del loro difensore, ricorrono con due distinti atti avverso l’ordinanza del 16 ottobre 2024, con la quale il Tribunale del Riesame di Lodi ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lodi in data 20 aprile 2023.
In particolare, il provvedimento di sequestro risulta essere stato emesso:
nei confronti di NOME COGNOME NOME COGNOME in relazione al profitto del delitto di cui all’art. 648-ter cod. pen. (capo 2 della rubrica) ovvero di altre somme, titol quote sociali o beni che sino nella sua titolarità sino alla concorrenza della somma di euro 597.350,00;
nei confronti di NOME COGNOME in relazione al profitto del delitto di cui all’art. 6 ter.1 cod. pen. (capo 3 della rubrica contestato in concorso con altri correi) ovvero di altre somme, titoli, quote sociali o beni che sino nella sua titolarità sino a concorrenza della somma di euro 608.410,09.
I ricorrenti, con il primo motivo di impugnazione, lamentano mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza del fumus commissi delicti dei reati ai medesimi rispettivamente ascritti.
In particolare:
NOME COGNOME NOME COGNOME, lamenta che i giudici del riesame, con percorso argomentativo fondato su congetture ed illazioni, avrebbero travisato i fatti ed erroneamente affermato che NOME COGNOME NOME COGNOME avrebbe consegnato ingenti somme di denaro in contante ai coindagati, affinché lo trasportassero in Italia per poi versarlo sui conti intestati al predetto.
Tale affermazione sarebbe smentita dai documenti prodotti dalla difesa in occasione del primo riesame proposto il 30 maggio 2023, documentazione che dimostrerebbe la provenienza del denaro dalla legittima attività imprenditoriale svolta dal ricorrente, nonché la circostanza che era lo stesso NOME COGNOME NOME a portare il denaro in Italia per poi consegnarlo a suoi amici e parenti, incaricandoli di versare tali somme presso gli istituti bancari di Castelpusterlengo.
La documentazione in atti comproverebbe che:
NOME COGNOME NOME è titolare di un’impresa in Egitto che si occupa di ricondizionare auto acquistate in Italia per poi rivenderle in territorio egiziano, n pieno rispetto della normativa italiana e dei limiti di importo previsti dalla legge;
NOME COGNOME NOME, in occasione di 54 ingressi in Italia, avrebbe importato una cifra di circa 540.000,00 euro;
che la somma pari a 155.000 euro che, secondo la Guardia di Finanza, NOME COGNOME NOME avrebbe trasferito in Egitto, in realtà sarebbe stata bonificata dall’Egitto verso un conto corrente italiano per l’acquisto di un immobile.
La motivazione, inoltre, sarebbe illogica nella parte in cui ipotizza che il profit dell’attività illecita di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sarebbe stato portato all’estero per poi farlo rientrare in Italia, in considerazione dell’assol carenza di elementi indiziari attestanti un coinvolgimento di COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME nel reato presupposto contestato ai coindagati;
NOME COGNOME lamenta che i giudici del riesame non avrebbero preso in considerazione l’ampia documentazione prodotta in sede di riesame e volta a giustificare i flussi di denaro che si ritengono asseritamente illeciti.
Inoltre, si evidenzia come l’applicazione della pena l’attività di sfruttamento dell’immigrazione clandestina per cui il ricorrente era imputato non fosse in alcun modo collegata con l’attività imprenditoriale lecita svolta dal fratello NOME COGNOME quale ne era sempre stato all’oscuro.
Si precisa, altresì, come il trasferimento di denaro pari ad euro 16.300,00 al fratello non fosse altro una caparra per l’acquisto di un’abitazione in Egitto della cui compravendita il germano si sarebbe dovuto occupare.
NOME COGNOME NOME COGNOME (con il secondo motivo di impugnazione) ed NOME COGNOME (con il terzo motivo di impugnazione) lamentano carenza e contraddittorietà della motivazione in ordine alla quantificazione del profitto del reato oggetto di sequestro preventivo.
A giudizio della difesa, non sussisterebbero elementi sufficienti a dimostrare che i proventi del reato presupposto di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina siano stati reinvestiti nell’attività imprenditoriale di NOME COGNOME NOME COGNOME
Il Tribunale, in particolare, avrebbe trascurato di considerare le numerose evidenze fornite dalla difesa, le quali attesterebbero come il ricorrente conduca da 27 anni un’impresa lecita e non avrebbe tenuto conto del fatto che i proventi dell’attività di favoreggiamento dell’immigrazione di cittadini egiziani sarebbero nettamente inferiori alle somme asseritamente riciclate da NOME COGNOME NOME
La difesa di NOME COGNOME ha, di conseguenza, rimarcato che il sequestro nei confronti del ricorrente sarebbe applicabile solo alla somma pari ad euro 16.300,00 e non all’intero importo sequestrato.
NOME COGNOME NOME COGNOME con il terzo motivo di impugnazione, lamenta inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 648-ter cod. pen. nonché carenza di motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento oggettivo e soggettivo del reato.
I giudici del riesame avrebbero erroneamente ritenuta integrata la condotta dissimulatoria, finalizzata ad ostacolare l’astratta individuabilità dell’origine delittu del denaro, senza tenere conto che tutti i pagamenti effettuati risulterebbero tracciabili ed effettuati, a seguito di regolari deleghe, mediante bonifici bancar regolarmente registrati.
La difesa contesta, inoltre, la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di riciclaggio, non considerando che il ricorrente sarebbe stato pienamente consapevole della provenienza lecita del denaro trasferito, poiché era lo stesso COGNOME a consegnarlo ai propri congiunti affinché lo depositassero nei conti a lui riferibili.
NOME COGNOME con il secondo motivo di impugnazione, lamenta inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 648-ter,1 cod. pen. nonché carenza della motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato di autoriciclaggio.
I giudici del riesame avrebbero erroneamente affermato l’idoneità della condotta posta in essere dal ricorrente ad ostacolare concretamente l’identificazione della provenienza delittuosa del denaro, senza tenere conto della tracciabilità dei pagamenti effettuati dal ricorrente, utilizzando i suoi dati personali.
Con requisitoria del 4 gennaio 2025, il RG. presso questa Corte ha concluso per il rigetto dei ricorsi.
Con nota del 23 gennaio 2025, la difesa degli indagati, nel replicare alle conclusioni del P.G., ha insistito per l’accoglimento dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
Ricorso di Elbaz Raafat.
2.1. Il primo motivo è inammissibile, in quanto le censure che il ricorrente muove all’ordinanza impugnata con riferimento al fumus commissi delicti (concorso nel delitto di autoriciclaggio delle somme provento dei delitti di favoreggiamento della permanenza illegale di cittadini extracomunitari nel territorio italiano e falsificazio e contraffazione di documenti al fine di determinare il rilascio del permesso di soggiorno) sono generiche e prive di argomenti concreti, suscettibili di confrontarsi e confutare la motivazione del provvedimento.
Il ricorso non fa altro che ripercorrere la giurisprudenza in punto di sequestro e di controllo di legittimità, senza confrontarsi specificamente con la tenuta logica del provvedimento del Tribunale del riesame e senza evidenziare con puntualità e precisione quali specifici aspetti in fatto collidono con la decisione impugnata, fino a dedurre genericamente l’assenza di qualsiasi elemento a carico del ricorrente, pur a fronte dell’intervenuta applicazione della pena in ordine ai reati in materia di immigrazione clandestina.
2.2. Il secondo motivo è manifestamente infondato per le ragioni esposte a proposito del motivo dedotto da NOME COGNOME COGNOME COGNOME
2.3. Il terzo motivo, orientato contro la quantificazione della somma sequestrata, è inammissibile in quanto del tutto generico, omettendosi qualsiasi confutazione delle spiegate e diffuse ragioni spese dall’ordinanza impugnata a corredo dell’esatta individuazione della somma sequestrata e della comune riconducibilità della provvista ai soggetti unitariamente coinvolti con il ricorrente nel trasferimento delle somme di provenienza delittuosa.
Ricorso di COGNOME COGNOME.
3.1. Il primo e terzo motivo di ricorso, con cui si contesta il fumus commissi delicti, sono inammissibili poiché ridondano in censure di vizio di motivazione non consentite in questa sede.
L’ordinanza impugnata, mediante il richiamo agli esiti delle indagini (v. pagg. 914 ove sono riportati gli esiti dell’attività di indagine), ha dato conto dell’esistenza un’associazione a delinquere finalizzata alla commissione di una pluralità di delitti, tra i quali quello di favoreggiamento della permanenza illegale nel territorio dello Stato di cittadini extracomunitari, mediante la contraffazione dei documenti necessari ad ottenere il rilascio del permesso di soggiorno, a fronte dei quali gli autori individuati nel Elbaz Rafaat e in altri correi, percepivano rilevanti somme di denaro che provvedevano, poi, a trasferire sui conti del ricorrente, sui quali erano delegati ad operare, il quale, a sua volta, le impiegava per l’acquisto di macchinari a servizio delle imprese di cui è titolare. Il tutto al fine di ostacolare la provenienza delittu di tali introiti.
L’estraneità del ricorrente agli addebiti penali relativi al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina risulta, quindi, del tutto coerente con il delitto reimpiego del denaro al medesimo contestato al capo 2) della rubrica ex art. 648ter, commi 1 e 2, cod. pen., posto a fondamento della disposta cautela.
Nell’impostazione accusatoria, infatti, i conti correnti al medesimo intestati avrebbero svolto la funzione di salvadanaio per i profitti illeciti dei reati in materia immigrazione clandestina, con le scopo di ripulire il denaro in questione, investendolo nella realizzazione dell’oggetto sociale delle sue società, a nulla valendo il rilievo dell difesa secondo cui si giungerebbe ad affermare l’esistenza di una anomala ipotesi di “riciclaggio per importazione”, in quanto la provvista di origine delittuosa, seppur transitata in Italia mediante il deposito sui conti correnti dell’indagato, accesi presso banche e istituti di credito italiani, era destinata ad alimentare l’acquisto di macchinar destinati a supporto dell’esercizio dell’attività di impresa di import-export svolta dal sue società aventi sede in Egitto e ad esclusivo vantaggio del mercato Nordafricano, con fuoriuscita, dunque, dal Paese in cui la provvista era stata in forma di liquidità inizialmente allocata.
Il ricorrente assume che tali somme non derivavano dagli illeciti posti in essere dai partecipanti all’associazione e autori dei reati fine, ma erano risorse economiche frutto dell’attività imprenditoriale esercitata dallo stesso attraverso la vendita d macchinari in Egitto, somme reimportate in Italia dall’Egitto e funzionali allo svolgimento della peculiare attività imprenditoriale dal medesimo svolta.
Tuttavia, di tale meccanismo, per come sottolineato dal Tribunale del riesame, non vi è alcuna effettiva conferma documentale, se non qualche marginale e assai limitata dimostrazione del trasferimento di assai inferiori somme dichiarate all’ingresso nel Paese.
Peraltro, non affatto sfornito di rilievo ai fini della confutazione difensiva, quanto si legge a pag. 18 dell’ordinanza impugnata: «inverosimile e illogico è che l’indagato, al fine di trasferire in Italia il denaro da reinvestire sempre nella soci di cui è titolare, si sia servito di NOME, NOME, e COGNOME per il materiale deposito delle somme in contanti sui propri conti correnti. In disparte gli evidenti risc connessi al trasporto fisico di denaro contante – che quindi già di per sé appare un’operazione poco credibile, oltre che macchinosa – non si comprende il motivo per cui una volta aggiunto in Italia, NOME COGNOME non procedesse autonomamente al deposito sui conti, servendosi, invece, degli altri tre indagati. Il limite normativo versamento di contante invocato a difesa permane, infatti, anche se effettuato da soggetti differenti che attiene al conto corrente in sé, non alla persona che lo effettua. Coincidenza alquanto singolare che poi i soggetti cui NOME COGNOME aveva affidato questo delicato compito, autorizzati anche a operare sui suoi conti correnti, fossero esattamente gli stessi implicati nel giro di falsificazione e compravendita dei permessi di soggiorno in cui era coinvolto il fratello, NOME COGNOME.
La circostanza che i denari collocati e gestiti sui conti dell’attività imprenditoria del ricorrente fossero ivi versati e movimentati proprio dai soggetti autori e partecipi all’attività illecita relativa al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina realizzat dal fratello e dai suoi sodali appare estremamente significativa, anche se si considera che costoro, all’epoca dei fatti, sono risultati tutti privi di occupazione lavorativa che allorché prese avvio il procedimento penale nei loro confronti ) le i dagini I patrimoniali avessero evidenziato una netta flessione dei trasferimenti di denaro (v. pag. 19 ove è motivatamente confutato quanto sostenuto a discarico della difesa).
E, l’esclusione della rilevanza degli allegati documentali difensivi a dimostrazione che i denari ricevuti e transitati non fossero altro che quelli che lo stesso ricorrent aveva in precedenza personalmente consegnato ai suoi congiunti per farli depositare presso i conti correnti intestati alle sue società, avvalora la sussistenza del dolo.
Tutte le considerazioni che sostengono il ricorso non risultano affatto idonee a rendere mancante o apparente il percorso motivazionale espresso dal Tribunale, il quale si confronta più che adeguatamente con le deduzioni del ricorrente, ampiamente oggetto di valutazione nel corso del tortuoso iter procedimentale che ha caratterizzato il riesame e di cui si è dato atto nella premessa dell’ordinanza impugnata.
3.2. Generico è, infine, il motivo spiegato in ordine alla quantificazione del profitto del reato.
La censura, infatti, muove anzitutto dal riconoscimento della liceità dei flussi di denaro in entrata in Italia, ipotesi che, per come in precedenza osservato, è stata motivatamente disattesa dall’ordinanza impugnata.
Quanto, poi, all’esatta quantificazione del profitto oggetto di sequestro, il motivo risulta riproduttivo di profili di censura già svolti dinanzi al Tribunale del riesam privi della necessaria novità e che omettono specificamente di confrontarsi con le argomentazioni mediante le quali il Tribunale, facendo riferimento agli esiti di indagini di carattere fiscale e agli accertamenti della G.d.F., ha determinato in misura più ampia l’oggetto del sequestro preventivo, seppur limitata all’originario minore importo vincolato dalla richiesta del pubblico ministero (v. pag. 22).
Non pertinente, poi, si rivela il riferimento al principio di sproporzione, in quant il sequestro preventivo risulta disposto in funzione del profitto del reato e, in caso d impossibilità della confisca diretta, per equivalente ai sensi del comma secondo dell’art. 648-quater cod. pen. e non quale ipotesi di confisca allargata.
In conclusione, nulla aggiungendo di decisivo ai fini di uno scrutinio positivo dei motivi di ricorso quanto evidenziato nella memoria difensiva, deve dichiararsi
l’inammissibilità dei ricorsi. Consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., l condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa per le ammende, così determinata in ragione dei profili di inammissibilità rilevati.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, il 28 gennaio 2025.