Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1822 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1822 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA presso il TRIBUALE DI ENNA Nel procedimento a carico di: COGNOME nato il 17/04/1964 a NICOSIA avverso l’ordinanza in data 17/07/2024 del TRIBUNALE DI ENNA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentita la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
sentito l’Avvocato NOME COGNOME che, nell’interesse di COGNOME ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Enna impugna l’ordinanza in data 17/07/2024 del Tribunale di Enna che, in parziale accoglimento dell’istanza di riesame proposta da NOME COGNOME NOME, ha annullato il decreto in data 5.6.2024. del G.I.p. del Tribunale di Enna, che aveva disposto il sequestro preventivo dei beni meglio descritti nell’ordinanza impugnata in relazione ai reati di cui agli artt. 2, 8 e 10 del decreto legislativo n. 74 del 2000, 512-bis, 648-bis e 648ter.1 cod. pen, rubricati nei capi d’imputazione numerati dall’i al 15. Per quello che
qui interessa, il Tribunale, annullava il decreto limitatamente ai capi 6, 14 e 15, in relazione ai reati di autoriciclaggio quivi contestati.
Il pubblico ministero impugna l’ordinanza del tribunale in relazione ai capi 14 e15 entrambi rubricati in relazione al reato di cui all’art. 648-ter.1 cod. pen..
Deduce:
Violazione di legge.
Il pubblico ministero ricorrente premette che il tribunale ha annullato il decreto di sequestro preventivo in relazione ai capi 14 e 15, con i quali veniva contestato il delitto di autoriciclaggio; che il tribunale ha ritenuto l’insussistenza del reato di autoriciclaggio perché COGNOME COGNOME non poteva ritenersi concorrente nel reato presupposto, individuato nell’art. 8 del decreto legislativo n. 74 del 2000 (emissione di fatture per operazioni inesistenti), a ciò ostandovi quanto disposto dall’art. 9 del decreto legislativo n. 74 del 2000, visto che allo stesso COGNOME, per le medesime fatture, veniva altresì contestato di avere utilizzato delle fatture emesse per operazioni inesistenti.
Secondo il ricorrente, nel caso in esame non trova applicazione quanto disposto l’art. 9 del decreto legislativo n. 74 del 2000, perché la deroga al concorso di persone nel reato non si applica al soggetto che cumuli in sé la qualità di emittente e quella di amministratore della società utilizzatrice delle medesime fatture per operazioni inesistenti.
«Ciò che rileva ai fini dell’esclusione del divieto di cui all’art. 9 -scrive il pubblico ministero ricorrente-, è che la medesima persona operi sotto la duplice veste, ossia come amministratore del soggetto giuridico che emette le fatture e come amministratore che quelle fatture utilizza, situazione, quella, pacificamente acclarata nel caso in esame a proposito del Lo Faro».
La difesa di COGNOME ha fatto pervenire memorie, con le quali si sostiene l’infondatezza del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
GLYPH Il ricorso è inammissibile perché aspecifico e perché manifestamente infondato.
1.1. Il pubblico ministero sostiene che ricorrono le condizioni per applicare il seguente principio di diritto “in tema di reati tributari, la disciplina in deroga al concorso di persone nel reato prevista dall’art. 9 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, non si applica al soggetto che cumula in sé le qualità di emittente e di amministratore della società utilizzatrice della autofattura mendace, configurandosi in tal caso sia il delitto di cui all’art. 8 che quello di cui all’art. 2 del d.lgs. citato” (Sez. 3, n. del 30/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284067 – 01).
Va tuttavia rilevato come il ricorrente si limiti alla mera enunciazione del
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principio di diritto, ma non specifica gli elementi fattuali e/o giuridici da cui poter evincere la sua applicabilità al caso in esame e l’eventuale erroneità del contrario convincimento dei giudici, non essendo a tal fine sufficiente affermare apoditticamente- che la doppia qualità cumulativamente vestita da COGNOME risulta “pacificamente” dagli atti.
Il ricorso, perciò, si mostra generico per indeterminatezza, perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato.
1.1. A ciò si aggiunga la manifesta infondatezza dell’assunto, in quanto la sussistenza del requisito di che trattasi è tutt’altro che pacifica, per come condivisibilmente osservato dal procuratore generale presso la Corte di cassazione che, nella requisitoria scritta inoltrata in relazione al ricorso in esame, evidenzia come -al contrario di quanto dedotto dal pubblico ministero ricorrente- risulti pacifica -invece- la non sussistenza del cumulo della doppia veste in capo a Lo Faro, atteso che «non vi è alcuna evidenza circa la sussistenza del cumulo in capo a quest’ultimo della qualità di soggetto emittente e di soggetto utilizzatore delle fatture indicate ai capi 4 e 5 della provvisoria contestazione. Al contrario, risulta che le fatture di cui al capo 4 siano state emesse da COGNOME NOME e quelle di cui al capo 5 da COGNOME NOME quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE. In entrambi i casi le fatture sono state emesse al fine di consentire alla società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE l’evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto. Al capo 6 è contestato il delitto di utilizzazione delle fatture, fra gli altri, a COGNOME quale amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE, oltre che anche all’amministratore di diritto» (cfr. requisitoria in atti).
2. Segue la declaratoria d’inammissibilità del ricorso.