Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30190 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30190 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/03/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da ;
COGNOME NOMECOGNOME nata a Napoli il 12/10/1977
COGNOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 19/09/1974
avverso l’ordinanza emessa il 27/11/2024 dal Tribunale di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Sostituto Procuratore Generale, dott.ssa NOME chiedendo il rigetto dei ricorsi; COGNOME che ha concluso COGNOME NOMECOGNOME cha ha
udito l’Avv. NOME COGNOME difensore di fiducia di COGNOME chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
4 COGNOME NOME e a COGNOME NOME, in concorso tra loro e, in alcuni casi, anche con altri, sono stati attinti da misura cautelare in relazione:
al delitto di cui agli artt. 110, 81 cpv., 512-bis, 416-bis.1 cod. pen., per avere fine di eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniali e/o agevolare la commissione dei delitti di cui agli artt. 648-bis e 648-ter cod. pen attribuito fittiziamente a NOME COGNOME (moglie di COGNOME) la società RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE, che esercitava attività di ristorazione, mediante la pizzeria Presidente” (capo 1 della rubrica delle imputazioni), la società RAGIONE_SOCIALE (capo 2), laboratorio di produzione e vendita di prodotti da forno sito in INDIRIZZOa il punto vendita dei prodotti da forno/pub sito in INDIRIZZO (capo 3), nonc una serie di immobili siti in Napoli (capo 4);
per il solo COGNOME anche per il delitto di cui agli artt. 512-bis, 416-bis.1 cod. p per avere, al fine di eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzion patrimoniali e/o di agevolare la commissione dei delitti di cui agli artt. 648-bis e 6 ter cod. pen., intestato fittiziamente a NOME COGNOME la titolarità della ditta indivi “RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME” (capo 5);
per entrambi i ricorrenti, anche per il delitto di cui agli artt. 110, 81 cpv., 648416-bis.1 cod. pen. perché, dopo aver commesso i delitti di cui all’art. 512-bis cod. pen. di cui ai capi 1, 2, 3 e 5, reimpiegavano il denaro proveniente da tali delitti pari a c 412.435,00 euro nelle società “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE” (capo
I fatti-reato in contestazione risalgono ad un arco temporale ricompreso tra il 9 dicembre 2013 al 31 marzo 2022 e per tutti i reati era stata contestata, come detto, la circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen.
La Corte di cassazione con la sentenza n. 41863 del 2024 aveva annullato il provvedimento del Tribunale del riesame che aveva confermato la misura della custodia in carcere per COGNOME e sostituito, quanto a Capasso, la misura della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari.
L’annullamento aveva avuto ad oggetto tre profili specifici.
2.1. Il primo aveva riguardato il rapporto tra il delitto di cui all’art. 512 bis e di cui all’art. 648 ter.1 cod. pen.
Sul punto la Corte di cassazione aveva testualmente osservato:
“Dalla lettura del capo 6 della rubrica delle imputazioni si evince che la condotta i contestazione è quella di avere reimpiegato il provento dei delitti di trasferimento valori ex art. 512-bis cod. pen. di cui ai capi 1, 2, 3 e 5 “nelle” società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in modo tale da ostacolarne concretament l’identificazione della provenienza delittuosa. Dalla lettura della motivazio dell’ordinanza impugnata si forniscono sostanzialmente…due prospettazioni dell’attività di autoriciclaggio che appaiono tra loro in parte dissonanti e comunque non totalmente in linea con il contenuto del capo 6 della rubrica delle imputazioni. Si fa, infatti, d lato riferimento a “ricavi non contabilizzati” (si immagina delle attività delle società cui ai capi 1, 2, 3, e 5), ma poi si afferma in un passaggio immediatamente successivo (pag. 22) che «non si comprende come sia stato possibile accumulare l’ingente somma di denaro proprio nel periodo di lockdown, dove era in crisi la stabilità organizzativa di conseguenza economica delle imprese sempre più in difficoltà» e, ancora, che
«l’esame della documentazione … ha permesso altresì di appurare che i coniugi COGNOME hanno utilizzato gran parte della citata provvista derivante dagli accrediti denaro contante per l’acquisto degli immobili intestati a Capasso NOME» … una motivazione che non solo denota incertezza circa la effettiva provenienza del flusso di denaro dalla gestione delle predette società ma che indica un utilizzo diverso di “gran parte” delle somme di denaro nell’acquisto degli immobili intestati alla Capasso…. La situazione, descritta in maniera incerta, presenta -a questo punto – uno stretto collegamento con la problematica dei rapporti tra il reato di cui all’art. 512- bis cod. pe e quello di cui all’art. 648-ter.1 cod. pen. sui quali, come detto, non si ravvis presenza di alcuna motivazione nell’ordinanza impugnata nonostante la specifica doglianza sollevata dalla difesa. … con la conseguenza che non è dato comprendere se ci si trova in presenza di una situazione di fatto che consente di ritenere le condotte cui all’art. 512-bis cod. 11 pen. assorbite nel reato di riciclaggio oppure di condot integranti reati che, mantenendo una propria autonomia, possono tra loro concorrere».
2.2. Il secondo profilo per il quale la Corte di cassazione aveva annullato l’ordinanza del Tribunale del riesame, riguardava la circostanza aggravante di cui all’art. 416 bis.1. cod. pen.
La indicata circostanza è testualmente contestata ai capi 1, 2 e 3 come segue: «per avere commesso il fatto avvelandosi delle condizioni previste dall’art. 416-bis cod. pen., ed in particolare avendo agito con metodo mafioso facendo affidamento sul diffuso senso di assoggettamento e sulla conseguente omertà scaturente dalla ben nota consapevolezza della esistenza e predominio sul territorio di una pericolosa organizzazione criminale di tipo mafioso di cui faceva parte COGNOME Vincenzo, al fine di acquistare l’attività in oggetto nonché per agevolare il raggiungimento delle finalit illecite dell’associazione di tipo mafioso denominata “clan RAGIONE_SOCIALE“, per il sostentamento dei detenuti e delle rispettive famiglie» ed invece, in forma più ridotta – senza il richia al “metodo mafioso” – ai capi 4, 5 e 6.
In particolare, quanto alla agevolazione mafiosa, aveva rilevato la Corte come l’essere indicato il COGNOME, concorrente in alcuni di detti reati, come appartenente a sodalizio mafioso denominato clan COGNOME non poteva essere di per sé decisivo per affermare che le attività oggetto del presente procedimento siano finalizzate ad agevolare il raggiungimento delle finalità illecite dell’associazione e per il sostentament dei detenuti; secondo la Corte non era stato in particolare dimostrato che le azioni illecit oggetto delle imputazioni avessero travalicato l’interesse personale di COGNOME per realizzare la finalità sottesa alla circostanza aggravante.
In al senso la Corte aveva precisato come: a) le conversazioni intercettate non avessero decisiva valenza perché relative a questioni intrafamiliari e contrasti fra i nucle COGNOME/COGNOME; b) il metodo mafioso non fosse deducibile né dalle dichiarazioni di COGNOME e neppure dalla frase pronunciata da NOME COGNOME correa anch’essa, in una
conversazione intercettata con la stessa COGNOME in cui la prima affermava, parlando di COGNOME, “perché non racconta come si è preso la pizzeria da NOME COGNOME e come praticamente si è fatto fare la protezione”.
Aveva aggiunto la Corte come l’originario provvedimento del Tribunale di riesame fosse viziato anche nelle parte relativa alla ritenuta sussistenza del metodo mafioso nonché per la ritenuta sussistenza dell’aggravante per il capo 5).
2.3. Il terzo profilo in ragione del quale era stato disposto l’annullamento riguardava la sussistenza dell’elemento psicologico della COGNOME in ordine ai reati e alla ritenut aggravante.
Il Tribunale del riesame di Napoli, in sede di giudizio di rinvio, esclusa l’aggravant di cui all’art. 416 bis.1. cod. pen. in relazione ai capi 2- 3- 4 (art. 512 bis cod. pen (648 ter.1 cod. pen.) i ha confermato l’originario titolo cautelare per quel che riguarda la compartecipazione criminosa della COGNOME, per il concorso tra i due delitti per cui si procede e per la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 416 bis.l.cod. pen., per i s capi 1 – 5), ma ha sostituito la misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari nei confronti di COGNOME NOME e quella degli arres domiciliari con quella dell’obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria nei riguard COGNOME NOME
Ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME articolando tre motivi.
4.1. Con il primo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al tema del rapporto tra 512 bis e 648 ter.1 cod. pen.
Il Tribunale avrebbe sostanzialmente omesso di dare seguito al principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione e assertivamente affermato che i ricavi non dichiarati nei bilanci delle società sarebbero stati fatti “rientrare” nelle stesse tramite versamen in moneta liquida e non per vie legali, ovvero, in alternativa, sarebbero stati versati s conti della COGNOME e, successivamente, impiegati per l’acquisto di immobili intestati a questa.
Dunque, si argomenta, per il Tribunale, il delitto presupposto del delitto di cui all’a 648 ter.1 cod. pen. sarebbe costituito dal reato di falso in bilancio.
Evidenzia tuttavia il ricorrente che non solo di detto delitto non si avrebbe menzione nelle imputazioni, ma, soprattutto, che il Tribunale non avrebbe tenuto conto del dato oggettivo per cui le provviste oggetto di rimessa sui conti della societ rappresenterebbero i frutti della originaria – ipotizzata- interposizione fittizia ex art. bis cod. pen., di talchè non sarebbe comunque ipotizzabile un autonomo delitto di cui all’art. 2621 cod. civ. quale presupposto di quello di autoriciciaggio.
In tal senso deporrebbe anche l’imputazione.
Sotto altro profilo sarebbe viziata anche l’affermazione secondo cui non vi sarebbe sovrapposizione tra l’autoriciclaggio operato attraverso il transito del denaro sui cont dei ricorrenti e gli investimenti da questi effettuati.
Assume l’indagato invece che nel capo 4) sarebbero indicati una serie di beni immobili intestati alla COGNOME e alla figlia di COGNOME per il cui acquisto sarebbero st impiegate le totalità delle provviste oggetto della imputazione di auto riciclaggio di c al capo 6) “pari a circa 412.435,00 euro”.
Dunque: a) il capo 4 avrebbe ad oggetto tre immobili acquistati tra il 2018 e il 2020; b) i due immobili intestati alla COGNOME sarebbero stati acquistati per un importo superiore a quello di 412.435 euro, cioè al complesso dei versamenti in contante sui conti correnti delle società tra il 2018 e il 2021. Ne consegue, si aggiunge, la no riconducibilità degli acquisti degli immobili alle condotte di cui all’art. 648 ter.1 cod. – tenuto conto che il prezzo degli stessi sarebbe addirittura superiore agli import oggetto della imputazione di cui al capo 6: ciò avrebbe dovuto indurre ad annullare il
titolo cautelare quanto al capo in questione.
Si aggiunge, da una parte, che, secondo la stessa ricostruzione investigativa, vi sarebbe incertezza sulla origine del denaro versato sui conti correnti delle società, e, dall’altra, che, ove pure si ritenesse che il denaro contante provenisse da ricavi non contabilizzati dell’attività di ristorazione, non vi sarebbe comunque l’effet dissimulatorio necessario per configurare l’auto riciclaggio in quanto la rimessa del contante sui conti della società – dalla cui attività avrebbero avuto origine tali intr assumerebbe valore neutro (i versamenti cioè sui conti personali e della società direttamente riferibili agli indagati e la successiva emissione di assegni e bonifici assegni, sarebbero operazioni inidonee ad ostacolare la identificazione della loro provenienza illecita).
Si aggiunge che sarebbe al più configurabile un concorso apparente tra 512 bis e 648 ter.1 sicchè, essendo l’auto riciclaggio commesso attraverso la intestazione fittizia di u bene, sarebbe configurabile solo quest’ultimo reato.
4.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione,: il tema attiene alla ritenuta sussistenza, quanto al capo 1), dell’aggravante di cui all’ar 416 bis.1 cod. pen.
Assume il ricorrente che, secondo il Tribunale, COGNOME, con modalità proprie degli ambienti camorristici e “forte della copertura del cognato”, aveva offerto il suo aiut economico a COGNOME, salvo poi, a fronte della impossibilità di questi a far fronte a impegni, rilevare l’intera attività e gestirla con COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Si tratterebbe di una motivazione viziata che non avrebbe tenuto conto delle indicazioni fornite dalla Corte di cassazione.
Le intercettazioni utilizzate per dimostrare il coinvolgimento di COGNOME nella vicenda dell’acquisizione della pizzeria “Del presidente” non avrebbero significato univoco e
anche la dichiarazioni del collaboratore COGNOME, pur valorizzate per il giudizio indiziario: a) avrebbero escluso il coinvolgimento di COGNOME in organizzazioni camorristiche; b) avrebbero chiarito come il dichiarante non fosse a conoscenza del coinvolgimento di COGNOME e che il debito contratto da COGNOME fosse in real riconducibile a forniture di droga.
Sotto altro profilo, quanto al capo 5), l’aggravante sarebbe stata ritenuta solo sull base del contenuto di alcune captazioni da cui emergerebbe che il precedente titolare dell’agenzia di viaggio fosse stato più volte minacciato e percosso da COGNOME.
Si evidenzia tuttavia come l’aggravante non sarebbe stata contestata sotto il profilo del metodo mafioso.
4.3. Con il terzo motivo4i deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto alle ritenute esigenze cautelari.
Ha proposto ricorso per cassazione anche COGNOME NOME articolando tre motivi.
5.1. Il primo attiene al tema del rapporto tra 512 bis e 648 ter.1 cod. pen., di cui è sostanzialmente detto.
5.2. Il secondo attiene alla aggravante mafiosa relativa al capo 1) (intestazione fittiz della titolarità della società ” la Regina dei Tribunali”).
Il Tribunale non avrebbe fornito risposte e non avrebbe tenuto conto delle indicazioni fornite dalla Corte di cassazione (si fa riferimento alle dichiarazioni di COGNOME e alla frase intercettata tra COGNOME e COGNOME, di cui si è già detto).
Il Tribunale avrebbe fatto derivare i gravi indizi della sussistenza dell’aggravante d ulteriori due circostanze: la prima attiene al fatto che COGNOME NOME, figlia di NOME fratello di NOME, elemento, questo, di spicco del clan COGNOME, sarebbe stat percettrice di reddito della RAGIONE_SOCIALE; la seconda riguarda invece l’affitto di un immobile in favore di NOME NOME, affiliato al clan COGNOME.
Si tratterebbe di circostanze che, tuttavia, non sarebbero state sviluppate e approfondite e, dunque, non è chiaro perché da esse sarebbe formulabile il giudizio di gravità indiziaria.
Sotto altro profilo, si aggiunge, la motivazione, pur volendo ragionare con i Tribunale, sarebbe nondimeno viziata per avere fatto riferimento il Tribunale a due clan diversi e in contrasto.
5.3. Il terzo motivo attiene alle ritenute esigenze cautelari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono fondati.
Quanto al primo motivo di entrambi i ricorsi e, soprattutto quanto al tema del possibile concorso tra i delitti di autoriciclaggio e quello di cui all’art. 512 bis cod è utile, sul piano del metodo, fare ordine nell’ambito della intricata vicenda in esame fine di evidenziare una serie di dati destinati ad assumere valenza paradigmatica per la valutazione del ragionamento del Tribunale:
quanto al delitto di cui all’art. 512 bis cod. pen. l’oggetto delle intestazioni sarebbe costituito dalla “titolarità” di una serie di imprese alla Capasso (capi 1-2-3nonché da una serie di immobili sempre intestati alla ricorrente (Capo 4);
il delitto di autoriciclaggio sarebbe costituito dal reimpiego del denaro provenien dall’attività delle imprese fittiziamente intestate a COGNOME NOME ma sostanzialmente riconducibili e gestite da COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME Guido, nonché nell’acquisto degli immobili di cui al capo 4.
la Corte di cassazione, come detto, aveva annullato il precedente provvedimento del Tribunale del riesame per non essere stato chiarito in punto di fatto quali sarebbero state le condotte, quali i moduli operativi, cosa in concreto gli indagati avrebbero fat a tale incertezza sarebbe conseguita l’impossibilità di delineare il rapporto tra condotte e i reati in esame, perché, da una parte, il Tribunale si era riferito attraversi una trama motivazionale coerente, quanto al riciclaggio, a “ricavi non contabilizzati” (quelli derivanti dalle attività delle società e di cui ai capi 1, 2, ma, dall’altra, alla circostanza che dall’esame della documentazione si era appurato che i coniugi COGNOME avessero utilizzato gran parte della citata provvista derivante dag accrediti di denaro per l’acquisto degli immobili intestati a COGNOME NOME (capo 4).
proprio in tale contesto la Corte di cassazione aveva segnalato il tema del rapporto tra le fattispecie di cui agli artt. 512 bis e 648 ter.1 cod. pen. e della configurabili concorso da detti delitti, segnalando sul punto una serie di principi;
in particolare, si era evidenziato come, secondo alcuni indirizzi giurisprudenziali: il delitto di autoriciclaggio sia in rapporto di specialità reciproca con quel trasferimento fraudolento di valori, essendo accomunate le fattispecie dalla generica provenienza da delitto dei beni oggetto di trasferimento e dall’utilizzo di modali dissimulatorie tese a rendere difficoltosa l’identificazione di detta provenienza, sicch quando l’intestazione fittizia di un bene costituisca la principale modalità commissiva dell’autoriciclaggio, è configurabile solo quest’ultimo, più grave, delitto, in forza d clausola di riserva contenuta nell’art. 512-bis cod. pen.; b) il delitto di trasferi fraudolento di valori non sussiste quando cioè la finalità dell’agente è quella di agevolar la commissione del delitto di autoriciclaggio, in quanto tale finalità non rientra tra elementi costitutivi del delitto di cui all’art. 512-bis cod. pen.; c) l’applicazion clausola di riserva in favore del solo delitto di autoriciclaggio presuppone in fatto che condotta di intestazione fittizia riguardi il “medesimo” bene della condotta autoriciclaggio e sia riconducibile alla finalità complessivamente prevista da tal
incriminazione, sicché l’esistenza di più momenti in cui si segmenta – di regola – l condotta dell’autore dell’autoriciclaggio (acquisizione di quote sociali, immissione d capitali nell’azienda, attività posteriori) possa essere integralmente ricondotta, sul pi funzionale e volitivo alla disposizione incriminatrice di cui all’art. 648-ter.1 cod. (cfr. sentenza di annullamento della Corte di cassazione).
Questo costituiva il perimetro entro il quale il Giudice del rinvio avrebbe dovut muoversi e avrebbe dovuto ricostruire in modo “accurato” i fatti e “il modus operandi”.
Il Tribunale ha ritenuto configurabili entrambi i reati affermando che:
non vi è prova che le imprese oggetto di intestazione fittizia siano state costituite rilevate con denaro di illecita provenienza;
le società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, pur a fronte di bilanci grevemente negativi, avevano continuato ad operare e ad incrementare il loro patrimonio;
la disponibilità economica di COGNOME, rispetto al quale non vi è prova de compimento di ulteriore attività illecita, sarebbe giustificabile solo ipotizza “evidentissimi falsi in bilancio” nelle imprese oggetto di intestazione fittizia;
il delitto di cui all’art. 512 bis cod. pen. può fungere da delitto presupposto rispe a quello di autoriciclaggio;
nel caso di specie, “riciclare o reimpiegare il prodotto dell’opera di fitt intestazione integra la contestata fattispecie di cui all’art. 648 ter cod. pen.” (c Tribunale testualmente a pag. 10 della ordinanza impugnata).
Si tratta di un ragionamento assertivo, sviluppato su premesse fattuali instabili poco chiaro nel suo sviluppo giuridico.
4.1. Sotto un primo profilo non è stato chiarito se nella specie il reato presuppost del delitto di autoriciclaggio sia costituito in concreto da quello di cui all’art. cod. pen., cioè dalla intestazione fittizia della “titolarità” delle imprese alla Cap f ovvero da quello di false comunicazioni sociali e, cioè, dal provento non contabilizzato dell’attività delle imprese oggetto di intestazione fittizia: si tratta di un delitto, false comunicazioni sociali, non menzionato nella imputazione provvisoria.
Né, come si dirà, è stato chiarito con precisione come siano stati utilizzati i proven delle attività delle imprese fittiziamente intestate, se cioè siano stati riversati stesse imprese ovvero impiegati in altro modo.
4.2. Sotto altro profilo, pur volendo ipotizzare che il reato presupposto sia quello cui all’art. 512 bis cod. pen., occorre riflettere sul fatto che il delitto di cui all’ ter.1 cod. pen. è ravvisabile solo allorché, dopo la commissione di un delitto non colposo, il soggetto impiega, sostituisce, trasferisce in attività economiche, finanziar imprenditoriali o speculative il denaro, i beni o le altre utilità provenienti
commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa.
Un delitto, cioè, che presuppone la provenienza delittuosa del bene che si “impiega”. In più occasioni è stata riconosciuta dalla giurisprudenza la possibilità di individua nel delitto di intestazione fraudolenta il delitto presupposto del delitto di riciclag impiego di beni di provenienza illecita di cui agli artt. 648-bis e 648- ter cod. pen. ragione di condotte di riciclo e reimpiego di beni effettuate in ambito societario e vol a schermare le disponibilità facenti capo all’imputato e a sottrarle al pericolo di confi (sul punto Sez. 2, n. 33076 del 14/07/2016, COGNOME, Rv. 267694; Sez. 2, n. 39756 del 05/10/2011, COGNOME, Rv. 251193)
E tuttavia, si è evidenziato anche come, da una parte, la struttura del delitto di c all’art. 512-bis cod. pen. sia imperniata sul significato qualificante del dolo specif avente ad oggetto il fine di eludere le misure di prevenzione ovvero di commettere i delitti di ricettazione, di riciclaggio o di reimpiego e, dall’altra, che mentre la mis prevenzione non implica, in positivo, la prova specifica della provenienza illecita, delitto di auto riciclaggio presuppone invece che la cosa, il denaro o l’utilità proven specificamente da delitto non colposo.
Dunque, può non esservi un rapporto di presupposizione necessaria e completa tra il delitto di intestazione fraudolenta e quello di reimpiego di cui all’art. 648-ter.1 pen., atteso che le condotte di reimpiego richiedono una derivazione causale materiale dal delitto delle sostanze che, invece, nel delitto di cui all’art. 512 bis cod. pen. mancare.
Può accadere, in astratto, che il trasferimento fraudolento sia un segmento di una più ampia operazione di occultamento, tale da creare solo un’apparente alterità, che di per sé prelude alla persistente conservazione dei beni o al loro sfruttamento, ma ciò può anche non rientrare tra le finalità contemplate dall’art. 512-bis cod. pen.
Se nel delitto di cui all’art. 512 bis cod. pen. può assumere rilievo la finalità latame elusiva, cioè l’intento di sfuggire a misure ablatorie che postulano l’illecita provenienz l’eventuale autoriciclaggio è ravvisabile solo nel caso in cui il bene, di cui la condo O GLYPH I, fraudolenta ha consentito la disponibilità, provenga effettivamente da delitto aliunde connotato e non anche quando la intestazione fittizia abbia ad oggetto, come sembrerebbe essere accaduto nella specie, beni di provenienza lecita (così testualmente e in modo condivisibile, Sez. 6, n. 22417 del 16/03/2022, COGNOME, Rv. 283319 / secondo cui il delitto di intestazione fraudolenta di valori non può costituire re presupposto del delitto di auto riciclaggio ex art. 648-ter.1 cod. pen., il quale richi l’autonoma provenienza illecita dei beni che ne sono oggetto e in cui la Corte ha precisato che, non rientrando tra le finalità contemplate dall’art. 512-bis cod. pen. commissione del delitto di auto riciclaggio, i rapporti tra i due reati sono regolati criterio di consunzione, in applicazione della clausola di sussidiarietà contenuta nell’ar
512-bis cod. pen., salvo il caso in cui l’intestazione fraudolenta abbia finalità elu delle disposizioni in materia di prevenzione).
Deve aggiungersi che nel caso di trasferimento fraudolento di partecipazioni societarie o di attività imprenditoriali, il bene oggetto di trasferimento non coincide i flussi finanziari che discendono dallo svolgimento dell’attività e che potrebbero formar oggetto di riciclaggio.
In tale contesto, la motivazione della ordinanza impugnata rivela la sua instabilit strutturale.
Pur volendo ritenere che nella specie il delitto di intestazione fittizia di cui all’ar bis cod. pen. costituisca il presupposto di quello di auto riciclaggio, non è stato aff chiarito quale sia stata la finalità della intestazione fittizia, e se, in particola fosse volta a eludere l’applicazione della disciplina in materia di prevenzione o a ricicla l con conseguente configurabilità, solo in detto ultimo caso, del reato di cui all’art. ter. 1 cod. pen. in forza della clausola di riserva contenuta nell’art. 512-bis cod. pen.
4.3. Nè il Tribunale sembra aver tenuto conto che l’oggetto della intestazione fittizi come detto, non coincide con quello dell’auto riciclaggio, perché ciò che si sarebbe riciclato è, forse, il profitto non contabilizzato dell’attività delle imprese ogg intestazione; dunque, il bene oggetto dei due reati non solo non è il medesimo, ma, come detto, non vi è prova che le imprese oggetto di intestazione fittizia siano state costituite o rilevate con denaro di illecita provenienza.
4.4. Non è stato nemmeno chiarito in concreto se davvero nelle società non sia stato riversato denaro dall’esterno e neppure, soprattutto, come sia stato utilizzato il profi non contabilizzato dell’attività delle imprese oggetto di intestazione fittizia particolare, se detto profitto sia stato riversato, in tutto o in parte, nelle stesse im ovvero se sia stato impiegato per l’acquisto degli immobili di cui al capo 4).
Il tema non è irrilevante e riguarda la estensione della fattispecie di autoriciclaggi Insomma non è chiaro quale fosse l’intendimento sotteso alle operazioni di cui si discute.
L’assenza di motivazione sui molteplici profili segnalati impedisce di asseverare le conclusioni cui è giunto il Tribunale; l’ordinanza deve essere annullata con rinvio su punto per nuovo giudizio.
Il Tribunale accerterà i fatti e sulla base dei principi indicati verificherà se e i limiti è configurabile il concorso tra i due reati contestati.
Non diversamente l’ordinanza impugnata deve essere annullata anche quanto alla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen.
Quanto al capo 1), il Tribunale ha ritenuto configurabile la circostanza aggravante sul piano indiziario perchè: a) “l’insinuamento da parte del COGNOME in un momento di
difficoltà dell’impresa, il falso finanziamento e la conseguente cessione di attività so modalità proprie delle organizzazioni criminali che certo non guardano i rapporti di parentela” ; b) “COGNOME forte del cognato (COGNOME) avrebbe offerto il suo aiut economico a COGNOME, salvo poi, a fonte di impossibilità a far fronte agli impegni, rilev l’intera fiorente attività”; c) perché, come detto, COGNOME NOME, figlia di NOME fratello di NOME, elemento, questo, di spicco del clan COGNOME, sarebbe stat percettrice di reddito della RAGIONE_SOCIALE e perché risulterebbe l’affitto di un dato immo in favore di NOME NOME, affiliato al clan COGNOME.
Si tratta di una motivazione che obiettivamente non pare aver tenuto conto di quanto la Corte di cassazione aveva evidenziato e cioè:
che non poteva escludersi che COGNOME e COGNOME avessero operato per interessi diversi da quelli personali e familiari;
come non fosse affatto provato che l’eventuale arricchimento di COGNOME, concorrente nel reato, fosse strumentale, in quanto componente di un sodalizio mafioso, ad agevolare anche il gruppo criminale;
che la sussistenza del metodo mafioso non potesse farsi derivare dalla conversazione tra COGNOME e COGNOME, di cui si è già detto;
che, soprattutto, le modalità di insinuazione tipiche dei sodalizi mafiosi in impres “pulite” non potessero di per sé rivelare la prova in concreto dell’uso del metodo mafioso come strumento di coartazione sulla persona offesa.
Su detti profili, l’ordinanza è rimasta obiettivamente silente.
Né è chiaro qual sia la concreta rilevanza rispettoai fatti specifici per cui si proce delle due circostanze indicate dal Tribunale al punto sub c), di cui si è in precedenza detto.
Una motivazione viziata che impone l’annullamento sul punto della ordinanza impugnata.
Non diversamente, quanto al capo 5), il Tribunale ha ritenuto sussistenze l’aggravante nella forma del metodo mafioso, in realtà, come già evidenziato dalla Corte di cassazione, non contestata (cfr., imputazione riportata dallo stesso Tribunale)
Una motivazione tanto sbrigativa quanto gravemente viziata.
Anche sul punto l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio.
I residui motivi sono assorbiti.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Napoli, competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 ter, disp. att.
cod. proc. pen..
Così deciso in Roma, il 13 marzo 2025.