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Autoriciclaggio e crediti: la competenza è a Roma

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un commercialista contro un sequestro preventivo per autoriciclaggio e truffa sui crediti edilizi. La sentenza chiarisce un punto cruciale sulla competenza territoriale: per i reati di autoriciclaggio realizzati tramite piattaforme telematiche, il foro competente è quello in cui si perfeziona la condotta, ovvero il luogo in cui il cessionario accetta il credito, monetizzandolo. Nel caso di specie, la competenza è stata radicata a Roma, sede legale del cessionario che ha liquidato i crediti inesistenti. La Corte ha inoltre confermato la solidità degli indizi a carico del professionista, respingendo le sue difese.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Autoriciclaggio e Cessione di Crediti Fiscali: la Cassazione Fa Chiarezza sulla Competenza Territoriale

In una recente e significativa sentenza, la Corte di Cassazione Penale ha affrontato un caso complesso di autoriciclaggio e truffa legato ai crediti d’imposta per interventi edilizi, fornendo chiarimenti fondamentali sulla determinazione della competenza territoriale nei reati finanziari commessi tramite piattaforme telematiche. La decisione respinge il ricorso di un commercialista, indagato come figura centrale in un vasto schema fraudolento, e conferma la validità di un sequestro preventivo milionario.

I Fatti del Caso: Una Truffa su Larga Scala

Il caso ha origine da un’indagine su una presunta associazione a delinquere finalizzata alla creazione e monetizzazione di crediti d’imposta fittizi, derivanti da lavori di ristrutturazione edilizia mai eseguiti. Al centro della vicenda vi è un commercialista, accusato di aver pianificato e attuato, su larghissima scala, l’utilizzo fraudolento di tali benefici. Il suo ruolo consisteva nel trasmettere telematicamente all’Agenzia delle Entrate le comunicazioni di opzione per la cessione del credito da parte dei presunti beneficiari.

Successivamente, questi crediti inesistenti venivano ceduti a una primaria società di servizi finanziari, che li liquidava, immettendo così ingenti somme di denaro nel circuito economico. L’indagato è accusato di autoriciclaggio per aver contribuito a trasferire e reinvestire questi proventi illeciti. A fronte di tali accuse, il GIP del Tribunale di Roma aveva disposto un sequestro preventivo finalizzato alla confisca per un valore di oltre 3,6 milioni di euro, provvedimento confermato anche dal Tribunale del Riesame.

La Questione della Competenza Territoriale nell’Autoriciclaggio

Uno dei principali motivi di ricorso in Cassazione riguardava l’eccezione di incompetenza territoriale. La difesa sosteneva che il tribunale competente non fosse quello di Roma, bensì quello del luogo di residenza dei cedenti (dove erano partite le comunicazioni telematiche) o, in subordine, quello del luogo di residenza del professionista.

La Cassazione ha rigettato questa tesi, stabilendo un principio chiave per i reati informatici e finanziari. Il reato più grave contestato era l’autoriciclaggio. Secondo la Corte, questo reato non si consuma con la mera comunicazione di cessione del credito (un atto unilaterale privo di effetti giuridici vincolanti), ma nel momento in cui la condotta di ‘ripulitura’ del denaro si perfeziona. In questo schema, il momento cruciale è stata l’accettazione della cessione da parte della società acquirente, che ha sede legale a Roma. È solo con tale accettazione, comunicata telematicamente dalla sua postazione remota, che i crediti sono stati monetizzati e il denaro illecito è stato effettivamente impiegato. Di conseguenza, il luogo di consumazione del reato è stato correttamente individuato in Roma.

La Motivazione del Sequestro: Fumus Boni Iuris e Periculum in Mora

Il ricorrente contestava anche la sussistenza del fumus boni iuris (la parvenza del reato) e del periculum in mora (il pericolo di dispersione dei beni). La Corte ha ritenuto le motivazioni del Tribunale del Riesame pienamente valide e logiche. Gli elementi a carico del professionista andavano ben oltre il semplice ruolo di intermediario:

* Consapevolezza: La vastità dell’operazione (comunicazioni per circa 52 milioni di euro di crediti inesistenti) e la sua professionalità rendevano inverosimile l’ipotesi di una mera negligenza.
* Interesse diretto: L’indagato aveva percepito direttamente somme ingenti, non giustificabili come semplice compenso professionale, in coincidenza con l’erogazione del denaro da parte della società acquirente.
* Mancanza di pezze d’appoggio: L’assenza totale di fatture per i lavori edili o di documenti contabili che attestassero i pagamenti da parte dei committenti costituiva un forte indizio della natura fittizia dell’intera operazione.

Anche il periculum in mora è stato ritenuto sussistente, data la comprovata abilità degli indagati nel movimentare e reinvestire le utilità economiche ottenute illecitamente, rendendo concreto il rischio di dispersione del profitto del reato.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutti i motivi di doglianza. Oltre alla già citata questione sulla competenza territoriale, ha ribadito importanti principi. In primo luogo, ha affermato che nei procedimenti di riesame avverso sequestri, i termini per la trasmissione degli atti hanno natura ordinatoria e non perentoria come per le misure sulla libertà personale. In secondo luogo, ha riaffermato il principio solidaristico nel concorso di persone nel reato: il sequestro finalizzato alla confisca può essere disposto per l’intero importo del profitto nei confronti di uno solo dei concorrenti, a prescindere dalla ripartizione interna delle somme illecite.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza offre due importanti lezioni. La prima, di natura processuale, consolida l’orientamento secondo cui la competenza territoriale per i reati finanziari complessi, realizzati tramite canali digitali, si radica nel luogo dove l’operazione illecita produce il suo effetto finale, ovvero la concreta disponibilità del denaro ‘ripulito’. La seconda è un monito per i professionisti: il dovere di controllo e la diligenza professionale non possono essere aggirati, specialmente di fronte a operazioni palesemente anomale per dimensioni e modalità. La Corte ha chiarito che il coinvolgimento attivo, supportato da gravi indizi, trasforma il professionista da mero intermediario a concorrente nel reato, con tutte le conseguenze patrimoniali e penali che ne derivano.

In un reato di autoriciclaggio commesso tramite cessione telematica di crediti, quale tribunale è competente?
È competente il tribunale del luogo in cui si perfeziona l’operazione di riciclaggio. Secondo la sentenza, questo corrisponde al luogo in cui il cessionario accetta il credito e lo liquida, perché è in quel momento che il denaro illecito viene effettivamente impiegato e monetizzato. Nel caso specifico, la competenza è stata radicata a Roma, sede del cessionario accettante.

Può un commercialista essere ritenuto responsabile in una truffa sui crediti d’imposta se si limita a trasmettere i dati forniti dal cliente?
Sì, se esistono elementi che dimostrano la sua consapevolezza e il suo coinvolgimento attivo nel disegno fraudolento. La Corte ha ritenuto che la vastità dell’operazione, la percezione di somme sproporzionate e non giustificate, e la totale assenza di documentazione a supporto dei lavori (fatture, pagamenti) fossero indizi sufficienti a superare la tesi difensiva del mero ruolo di intermediario inconsapevole.

In caso di concorso di persone nel reato, il sequestro può colpire un solo indagato per l’intero profitto del reato?
Sì. La sentenza ribadisce il principio solidaristico che governa il concorso di persone. Ciò significa che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca può essere disposto per l’intero importo del prezzo o profitto del reato nei confronti di uno qualsiasi dei concorrenti, a prescindere da come le somme illecite siano state effettivamente divise tra loro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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