Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11080 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 11080 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/12/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Larnezia Terme
NOME NOME nato a Sant’Antimo il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/06/2023 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lamezia Terme;
visti gli atti del procedimento a carico di COGNOME NOME nato a Sant’Antimo il DATA_NASCITA e COGNOME NOME, nata a Reggio Calabria il DATA_NASCITA;
visti il provvedimento impugnato, i ricorsi e le memorie difensive depositate dai difensori del ricorrente COGNOME in data 13 e 15 novembre 202:3;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
lette le conclusioni del difensore del ricorrente COGNOME, AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso del proprio assistito e dichiararsi inammissibile il ricorso proposto dal AVV_NOTAIO Ministero.
lette le conclusioni del difensore del ricorrente COGNOME, AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso del proprio assistito e dichiararsi inammissibile il ricorso proposto dal AVV_NOTAIO Ministero.
RITENUTO IN FATTO
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lamezia Terme e l’imputato NOME COGNOME, a mezzo dei propri difensori, propongono ricorso avverso la sentenza con cui, in data 21 giugno 2023, il Giudice dell’udienza
preliminare del Tribunale di Lamezia Terme ha applicato, su concorde richiesta delle parti, la pena di anni 1, mesi 11 e giorni 10 di reclusione ed euro 14.000 di multa in relazione ai reati di cui agli artt. 110 cod. pen., 5-septies d.l. 167/1990, 648-bis, 648-ter.1 cod. pen. e disposto la confisca della somma di 585.000,00 euro quale profitto del reato di cui al capo 13) e della somma di 680.000,00 quale profitto dei reati di cui ai capi C) e D).
Il Procuratore della Repubblica lamenta, con il primo motivo di impugnazione, la contraddittorietà della motivazione nella parte in cui il giudice ha disposto, in relazione al reato di cui al capo B), la confisca della somma di euro 585.000,00 euro e non della somma di euro 609.866,00.
Il Giudice dell’udienza preliminare COGNOME erroneamente indicato in euro 480.000 la somma oggetto del primo trasferimento ai coniugi COGNOME, somma che invece ammonterebbe ad euro 504.866,00.
Il Procuratore della Repubblica lamenta, con il secondo motivo di impugnazione, la violazione dell’art. 648-quater cod. pen. conseguente all’omessa confisca del profitto del reato di cui al capo F) pari ad euro 1.432.070 euro.
Il giudice di merito COGNOME erroneamente affermato che il profitto di tale reato non sarebbe confiscabile essendosi la «condotta finalizzata ai riciclaggio fermata al tentativo» senza tenere conto che la somma in contanti pari ad euro 1.432.070, rinvenuta presso l’abitazione del ricorrente, risulterebbe oggetto di una condotta di autoriciclaggio la cui programmazione era già predisposta nel dettaglio ed idonea a produrre un profitto per i coniugi COGNOMECOGNOME.
In particolare, l’avvenuta conclusione del contratto tra il ricorrente ed il COGNOME volto all’emissione di fatture per operazioni inesistenti da parte della società RAGIONE_SOCIALE– permetteva all’NOME di «godere della serenità dell’imminente reimpiego della cospicua quantità di denaro detenuto in contanti, somma altrimenti radicalmente indisponibile» in quanto provento di delitti tributari per i quali non era intervenuta confisca stante l’avvenuta declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione (vedi pag. 12 del ricorso del AVV_NOTAIO Ministero).
Il ricorrente COGNOME lamenta, con l’unico motivo di impugnazione dedotto nel ricorso a firma dell’AVV_NOTAIO, l’illegalità della confisca disposta in relazione al capo C).
La difesa ha rimarcato che il co-imputato COGNOME COGNOME COGNOME dato seguito agli accordi intercorsi finalizzati all’attività di riciclaggio, trattenendo l’intera som pari a 380.000,00 euro consegnatagli dai coniugi COGNOME e COGNOME; di conseguenza, l’ipotizzata condotta riciclatoria non si sarebbe realizzata con
conseguente ravvisabilità delle fattispecie tentate di autoriciclaggio a carico del ricorrente e riciclaggio a carico del COGNOME.
La confisca sarebbe, in ogni caso, possibile esclusivamente in relazione alla somma di euro 40.000,00 in quanto il COGNOME COGNOME girato ai coniugi COGNOMECOGNOME esclusivamente tale somma e trattenuto il resto, con conseguente uscita dal potenziale circolo riciclatorio della somma di 340.000 euro. Anche in questo caso si tratterrebbe, pertanto, di un mero tentativo di autoriciclaggio non perfezionatosi per il «furto» commesso dal COGNOME.
NOME COGNOME, a mezzo del suo difensore AVV_NOTAIO, propone ulteriore ricorso con il quale deduce le seguenti doglianze.
5.1. Il ricorrente lamenta, con il primo motivo di impugnazione, erronea applicazione degli artt. 648 -ter.1 cod. pen. e 448, comma 2-bis cod. proc. pen. conseguente all’erronea qualificazione giuridica del fatto descritto al capo B) nel reato di cui all’art. 648 -ter.1 cod. pen.
La difesa ha segnalato che la condotta descritta nel capo B), punto 1, lett. A) non sarebbe idonea a perfezionare il reato di autoriciclaggio perché le somme utilizzate per l’acquisto dell’immobile sito in Lamezia Terme deriverebbero da operazioni bancarie che mai COGNOMEro provocato una sostituzione o confusione con le somme provenienti da Malta ed oggetto della procedura di collaborazione volontaria descritta nel capo A) dell’imputazione.
Secondo la prospettazione difensiva il reimpiego di denaro proveniente da una procedura di collaborazione volontaria sarebbe incompatibile con la finalità di ostacolarne l’identificazione della provenienza delittuosa in quanto l’agente potrebbe liberamente disporre di tali somme fatte irreversibilmente «emergere» ed immesse nel canale bancario nazionale su un conto dichiarato dall’RAGIONE_SOCIALE delle Entrate.
5.2. Il ricorrente lamenta, con il secondo motivo di impugnazione, erronea applicazione degli artt. 648 -ter.1, 648 -quater cod. pen. e 125, 448, comma 2 – bis cod. proc. pen. e carenza di motivazione in ordine alla sussistenza dei presupposti legittimanti la confisca delle somme indicate al capo B), punto 1, lett. a) e b).
L’operazione di emersione delle somme detenute all’estero dal ricorrente dovrebbe ritenersi assolutamente incompatibile con la condotta richiesta per l’integrazione del reato di autoriciclaggio; il versamento delle somme occultate all’estero sui conti correnti italiani dell’NOME non potrebbe costituire operazione di reinvestimento diretta ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del provento del reato presupposto di cui al capo A) in considerazione della richiesta di collaborazione volontaria e del conseguente tracciamento della provenienza di tali somme.
L’adesione alla procedura di collaborazione non comporterebbe, infatti, un divieto di spendibilità delle somme dichiarate, ma sok) l’obbligo per il contribuente, in caso di mancato accoglimento della procedura, di far fronte alle maggiori imposizioni calcolate dall’amministrazione finanziaria.
Di conseguenza la motivazione sarebbe illogica e contraddittoria, non solo stante l’assenza di condotte di occultamento, ma anche e soprattutto in assenza di alcun investimento delle somme «emerse» nell’acquisto dell’immobile di cui al capo di imputazione.
5.3. Il ricorrente lamenta, con il terzo motivo di impugnazione, erronea applicazione degli artt. 648-ter.1, 648-quater cod. pen., 125, 448, comma 2-bis cod. proc. pen. e carenza di motivazione in ordine alla quantificazione del profitto del reato.
Il giudice non COGNOME potuto disporre la confisca delle somme stante l’impossibilità di individuare il profitto autonomo dell’ipotizzato autoriciclaggi inteso come vantaggio economico derivante in via diretta ed immediata dalla commissione del reato.
A giudizio della difesa la confisca delle somme che costituiscono il reinvestimento del profitto del reato presupposto comporterebbe una duplicazione della confisca del denaro che il soggetto COGNOME percepito dalla commissione del primo reato laddove, come nel caso di specie, il profitto del reato presupposto coincida con quello del delitto di autoriciclaggio.
Secondo la giurisprudenza di legittimità il profitto del reato di cui all’artico 648-ter.1 cod. pen. consisterebbe nei proventi conseguiti dall’impiego del prodotto, del profitto e del prezzo del reato presupposto in attività economiche, finanziarie imprenditoriali o speculative, attività che costituirebbero il quid pluris necessario per integrare la condotta materiale tipica del reato di autoriciclaggio.
Per aversi integrazione del reato di autoriciclaggio sarebbe necessario, quindi, che dal reato presupposto derivi come effetto diretto della condotta criminosa, un vantaggio patrimoniale economicamente apprezzabile ed idoneo ad essere riciclato.
Nel caso di specie il giudice, senza accertare l’entità dell’imposta evasa, si sarebbe limitato a riportare a quanto riferito dagli imputati in ordine all provenienza delle somme di denaro (provento dei reati tributari commessi tra il 2003 ed il 2007 per un ammontare complessivo di 3.000.000 di euro).
Di conseguenza, il giudice COGNOME disposto la confisca senza previa determinazione del profitto del reato presupposto e dell’incremento patrimoniale che si sarebbe realizzato in ragione dell’autoriciclaggio di tale profitto pervenendo quindi ad una quantificazione delle somme da confiscare in palese violazione dell’articolo 648-quater cod. pen.
In data 13 novembre 2023 l’AVV_NOTAIO ha depositato memoria con la quale ha chiesto di rigettare o dichiarare inammissibile il ricorso del AVV_NOTAIO Ministero ed ha insistito nell’accoglimento dei propri motivi di ricorso.
Il giudice di merito COGNOME correttamente ritenuto che i coniugi COGNOME COGNOMEro posto in essere condotte idonee a perfezionare il reato di autoriciclaggio esclusivamente per un importo pari ad euro 480.000,00.
In relazione alla mancata confisca della somma in contanti rinvenuta nell’abitazione dell’NOME, la difesa ha rimarcato che tali somme non potrebbero essere considerate profitto confiscabile ex art. 648-quater cocl. pen., ravvisandosi una incompatibilità ontologica tra la nozione di profitto del reato e il reato tentato
In data 15 novembre 2023 l’AVV_NOTAIO ha depositato memoria con la quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso proposto dal AVV_NOTAIO Ministero.
7.1. Con riferimento al primo motivo di ricorso della parte pubblica, il Giudice per l’udienza preliminare COGNOME dato contezza delle ragioni per le quali ha ritenuto di disporre la confisca della somma di euro 585.000,00 e non, come richiesto dall’accusa, di euro 609.866,00.
7.2. Con riferimento al secondo motivo di ricorso della parte pubblica, la difesa ha ritenuto che il giudice della confisca COGNOME correttamente affermato che «si deve escludere l’esistenza del profitto quando la condotta finalizzata all’autoriciclaggio si sia fermata al tentativo», facendo corretta applicazione del costante orientamento della giurisprudenza di legittimità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo del ricorso proposto dalla parte pubblica è manifestamente infondato.
Il Giudice dell’udienza preliminare ha correttamente sottoposto a confisca la somma pari a 585.000,00 quale profitto del reato di cui all’art. 648-ter.1 cod. pen.; il decidente, con percorso argomentativo privo di illogicità ed aporie, ha individuato con precisione i proventi del reato di cui al capo A) che sono stati successivamente reimpiegati dall’NOME (230,000 euro utilizzati per l’acquisto dell’immobile sito a Lamezia Terme, 40.000 euro consegnati in contanti a NOME COGNOME, 250.000, euro bonificati sul conto corrente della RAGIONE_SOCIALE e 65.000 euro consegnati in contanti alla società RAGIONE_SOCIALE per l’acquisto di una imbarcazione) rispetto alla maggior somma oggetto di voluntary disclosure.
Il giudice di merito ha correttamente applicato il principio di diritto in virtù d quale il prodotto, il profitto o il prezzo del reato di cui all’art. 648-ter.1 cod. non è costituto da tutto il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dal re
presupposto, ma esclusivamente dai proventi conseguiti all’effettivo impiego in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative (Sez. 2, n. 30401 del 07/06/2018, Ceoldo, Rv. 272970; Sez. 2, n. 27228 del 15/09/2020, COGNOME, Rv. 279650-02; da ultimo Sez. 2, n. 47331 del 05/10/2023, Albanese, non massi mata).
In sentenza è stato, quindi, correttamente ritenuto di non sottoporre a confisca l’ulteriore somma trasferita dal conto corrente maltese in quanto non adoperata dall’RAGIONE_SOCIALE in operazioni di autoriciclaggio con conseguente manifesta infondatezza della doglianza in esame.
Il secondo motivo del ricorso proposto dalla parte pubblica è al contempo aspecifico e manifestamente infondato.
2.1. Il Giudice dell’udienza preliminare, con motivazione esente da illogicità manifeste e coerente con le risultanze processuali, ha rigettato la richiesta di confisca della somma in contanti, pari ad euro 1.432.070, rinvenuta presso l’abitazione del ricorrente, in considerazione del fatto che, rispetto a tali somme, la condotta di autoriciclaggio si è fermata alla fase del tentativo.
La mera detenzione di somme di provenienza delittuosa non è, infatti, condotta idonea a perfezionare il reato consumato di autoriciclaggio in quanto il trasferimento del denaro in favore del COGNOME (necessario per “ripulirne” la provenienza delittuosa) non si è realizzato a causa della reticenza dell’RAGIONE_SOCIALE ad inviare altro denaro dopo il controllo effettuato dalla Guardia di Finanza in data 20 febbraio 2022.
Il ricorrente chiede a questa Corte di entrare nella valutazione dei fatti e d privilegiare, tra le diverse ricostruzioni, quella a lui più gradita, senza confrontar con le emergenze probatorie determinanti per la formazione del convincimento del giudice di merito con conseguente aspecificità del motivo di ricorso.
2.2. La censura è, inoltre, manifestamente infondata in quanto il giudice ha correttamente affermato che, allorquando la condotta finalizzata all’autoriciclaggio si sia arrestata alla fase del tentativo, non è ravvisabile l’esistenza di un profit confisca bile.
L’art. 648-quater cod. pen. è, infatti, una norma speciale che prevede una ipotesi di confisca obbligatoria del profitto, confisca che può essere disposta esclusivamente in relazione alle fattispecie delittuose consumate espressamente indicate nella norma citata (648-bis, 648-ter e 648-ter.1). Deve essere ribadito, in proposito, che ogniqualvolta il legislatore “indica nominativamente un determinato delitto, intende riferirsi solo al delitto consumato mentre, quando richiama una categoria di delitti non specificati, si riferisce sia a quelli consuma
che a quelli tentati” (Sez. U. n. 40985 del 19 aprile 2018, Rv 273752, in motivazione).
L’unico motivo del ricorso a firma dell’AVV_NOTAIO è manifestamente infondato.
Deve essere, in proposito, rimarcato che il giudice di merito ha correttamente ritenuti perfezionatosi i reati di riciclaggio e di autoriciclaggio rispettivamen contestati al COGNOME ed all’COGNOME nel capo C) dell’imputazione in considerazione dell’avvenuta consegna al co-imputato COGNOME COGNOME una somma complessiva pari a 380.000,00 euro di incontestata provenienza delittuosa e del conseguente accredito sui conti correnti della società svizzera RAGIONE_SOCIALE, società costituita proprio al fine di reimpiegare i proventi dei reati tributari commessi dall’RAGIONE_SOCIALE con contestuale fittizia intestazione delle quote al COGNOME.
La circostanza che il COGNOME, venendo meno all’impegno assunto, abbia trattenuto le somme senza procedere alle successive operazioni di ripulitura non può certo rilevare ad escludere la consumazione del reato in quanto i reati contestati si sono perfezionati al momento del trasferimento delle somme in Svizzera nella disponibilità del COGNOME, condotta sicuramente idonea ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa di tali valori.
Deve essere ribadito che, ai fini della consumazione del reato di autoriciclaggio, il trasferimento o la sostituzione dii valori sono comportamenti che importano un mutamento della titolarità dei beni con conseguente illecita reimmissione nel circuito economico idonea ad ostacolare la tracciabilità della loro origine delittuosa.
La norma incriminatrice in esame, infatti, considera sufficiente all’integrazione del reato la mera realizzazione di un ostacolo, e non già un assoluto impedimento rispetto alla identificazione della provenienza delittuosa; da ciò consegue la configurabilità dell’autoriciclaggio anche nel caso in cui il trasferimento del denaro avvenga in favore di soggetti diversi dal disponente (nel caso di specie del coimputato COGNOME) mediante l’utilizzo di conti correnti di destinazione aperti presso istituti di credito ubicati in terzi paesi esteri (Sez. 2, n. 36121 del 24/05/201 Draebing, Rv. 276974 – 01; Sez. 2, n. 1:3352 del 14/03/2023, COGNOME, Rv. 284477 – 01; da ultimo Sez. 2, n. 10572 del 21/02/2023, Scalzo).
Il primo motivo del ricorso a firma dell’AVV_NOTAIO è proposto al di fuori dei casi previsti dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. e comunque manifestamente infondato.
Il giudice, nell’applicare la pena ex art. 444 cod. proc. pen., si è adeguato all’accordo intervenuto tra le parti, escludendo sulla base degli atti, che ricorressero i presupposti di cui all’art. 129 cod. proc. pen., e ritenendo l
correttezza della proposta qualificazione giuridica dei fatti contestati con motivazione coerente Mle risultanze processuali ed esente da illogicità manifeste.
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Deve essere, in proposito, ricordato che la possibilità di ricorrere per cassazione, deducendo l’erronea qualificazione giuridica del fatto contenuto in sentenza, deve essere limitata ai casi di errore manifesto, vale a dire quando tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione; la verifica sul punto, pertanto, deve essere compiuta esclusivamente sulla base dei capi di imputazione, della succinta motivazione della sentenza e dei motivi dedotti nel ricorso (Sez. 3, n. 23150 del 17/04/2019, COGNOME, Rv. 275971; Sez. 1, n. 15553 del 20/03/2018, COGNOME Rv. 272619; Sez. 6, n. 3108 del 08/01/2018, COGNOME, Rv. 272252; Sez. 6, n. 2721 del 08/01/2018, COGNOME, Rv. 272026).
Questa Corte ha affermato, in particolare, che «la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo l’erronea qualificazione giuridica del fatto è limitata ai casi in cui tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione e la verifica va compiuta esclusivamente sulla base dei capi di imputazione, della succinta motivazione della sentenza e dei motivi dedotti in ricorso” (Sez. 3, n. 23150 del 17/04/2019, COGNOME, Rv. 275971; Sez. 5, n. 33145 del 08/10/2020, Cari, Rv. 279842) con conseguente inammissibilità della denuncia di errori valutativi in diritto che, come nel caso di specie, non risultino evidenti dal testo del provvedimento impugnato.
Si deve trattare, cioè, di un errore che emerge dalla stessa sentenza impugnata perché espressivo di una palese svista del giudice, espressamente escludendosi l’ipotesi in cui il preteso errore sia individuabile per mezzo di una specifica attivi di verifica degli atti del procedimento (in proposito Sez. 7, n. 39600 del 10/9/2015 ha dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione che richiama, quale necessario passaggio logico del motivo di ricorso, aspetti in fatto e probatori che non risultano con immediatezza dalla contestazione).
In sostanza, ogni volta che la questione, da cui vorrebbe trarsi l’argomento per sostenere l’erronea qualificazione giuridica, presenti -come nel caso in esamemargini di opinabilità, il giudice di legittimità ne ha sempre escluso la rilevanza i sede di verifica della sentenza di patteggiamento Sez. 1, n. 15553 del 20/03/2018, COGNOME, Rv. 272619 – 01).
In ragione dei principi indicati, nel caso di specie, l’esame del contenuto del capo d’imputazione e soprattutto della motivazione della sentenza impugnata non rivela alcuna manifesta erroneità della valutazione compiuta dal decidente in ordine alla qualificazione giuridica del fatto.
Il Collegio ritiene, pertanto, che non possa trovare ingresso nel giudizio di legittimità tale denuncia dell’erronea qualificazione giuridica poiché essa risulta
incompatibile con la descrizione del fatto contenuta nel capo di imputazione e con le caratteristiche del rito speciale (con riguardo alla impossibilità per il giudice merito di sostituirsi alla determinazione delle parti) e perché si pone in conflit con i postulati del giudizio rescindente che ha per oggetto il risultato final raggiunto con il provvedimento impugnato, sicché è inammissibile la denuncia di presunti errori valutativi che non risultano palesi dal provvedimento impugnato.
5. Il secondo motivo del ricorso a firma dell’AVV_NOTAIO è generico e manifestamente infondato.
Il ricorrente, con argomentazioni del tutto apodittiche, sostiene che l’adesione alla procedura di emersione delle somme detenute all’estero sarebbe incompatibile con l’integrazione degli elementi costitutivi del reato di autoriciclaggio i considerazione della tracciabilità delle operazioni successive alla voluntary disclosure.
Tale affermazione è del tutto destituita di fondamento, anche e soprattutto perché nel caso di specie la procedura di emersione si è conclusa con il rigetto della richiesta a seguito delle dichiarazioni non veritiere rese clall’NOME all’RAGIONE_SOCIALE delle Entrate.
L’RAGIONE_SOCIALE, mentre era in corso la procedura di regolarizzazione dei redditi posseduti all’estero – nel dubbio che quest’ultima, poiché fondata su dati falsi, fosse ritenuta inammissibile-, ha fatto ricorso ad un articolato meccanismo economico che gli ha permesso di utilizzare parte delle somme fatte emergere nell’acquisto dell’immobile di proprietà della società RAGIONE_SOCIALE e nel trasferimento di denaro in favore della società RAGIONE_SOCIALE, con conseguente immissione nel circuito economico imprenditoriale e configurabilità del reato di autoriciclaggio.
6. Il terzo motivo del ricorso a firma dell’AVV_NOTAIO è manifestamente infondato.
Il Giudice ha sottoposto a confisca tutte le somme provenienti dai reati tributari (nei termini indicati dagli stessi imputati NOME e nel COGNOME) che sono state oggetto di autoriciclaggio, dando così seguito al principio di diritto affermato da questa Corte secondo cui, allorquando l’intera operazione sia ammantata da illiceità, può essere sottoposto a confisca ogni valore direttamente ricollegabile al reato contestato, senza operare alcuna distinzione fra “profitto lordo” e “profitto netto” e senza che possa rilevare se l’autore del reato abbia goduto di questa somma in tutto o in parte (vedi in proposito Sez. 2, n. 7503 del 07/12/2021, COGNOME, Rv. 282957-01: “dal momento che il riciclaggio ha per oggetto somme di denaro, il profitto del reato è costituito dall’intero ammontare delle somme che sono state “ripulite” attraverso le operazioni di riciclaggio compiute dall’imputato: le operazioni connesse assicurano, invero, certamente un profitto del reato
rappresentato esattamente dal valore delle somme di danaro oggetto del operazioni dirette ad ostacolare l’individuazione della provenienza delittuosa la conseguenza che il denaro di provenienza illecita, viene sostituito con d pulito che può liberamente circolare e che, per un periodo più o meno lungo nella disponibilità del riciclatore chiamato a svolgere proprio questo ruol autore del reato presupposto e che di norma restituisce in tutto o in pa somme dopo un periodo di durata incerta”).
Nel caso di specie, il giudice di merito, in conformità a tali principi di d alle previsioni della normativa sovranazionale, ha correttamente individuat profitto del contestato reato di autoriciclaggio nella somma corrispondent vantaggio economico conseguito dalle società riconducibili all’RAGIONE_SOCIALE conseguente manifesta infondatezza delle doglianze difensive.
All’inammissibilità dei ricorsi proposti dall’NOME consegue, ai sensi d 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione de causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende de somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del P.M.; dichiara inammissibili i ricorsi di NOME e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e de somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 01 dicembre 2023
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