Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 37723 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 37723 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SAN MARCELLO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/01/2025 della CORTE APPELLO di ANCONA Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME che conclude per il rigetto del ricorso.
Il difensore COGNOME NOME del foro di Ancona si riporta ai motivi del ricorso e insiste l’accoglimento dello stesso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza pronunciata in data 16 gennaio 2024, la Corte di appello di Ancona ha rigettato il gravame presentato da COGNOME NOME avverso la sentenza che è stata, pertanto, integralmente confermata – con la quale, il 12 luglio 2023 Tribunale di Ancona, in esito a giudizio celebrato nelle forme del rito abbreviato, avev dichiarato lo stesso responsabile del reato di bancarotta patrimoniale distrattiva (capo A), del reato di bancarotta documentale fraudolenta (capo B) e del rea autoriciclaggio (capo C), e lo aveva, pertanto, condannato alla pena ritenuta di giustizia.
In particolare, il ricorrente – nella qualità di amministratore delegato della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita dal Tribunale di Ancona con sentenza del 27 giugno 2019, n. 58: –a) aveva ceduto alla RAGIONE_SOCIALE beni strumentali ed attrezzature nonché aveva trasferito l’avviamento senza ricevere alcun corrispettivo, distraendo altresì a proprio favore, sotto forma di utili distribuiti, la somma di 99.668,30; –b) aveva omesso di tenere le scritture contabili obbligatorie, quali libr verbali delle Assemblee e libri inventari, non consentendo al curatore fallimentare la ricostruzione del patrimonio societario; –c) aveva conferito i beni e le risorse finanziarie distratte alla RAGIONE_SOCIALE in favore della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa.
Ha proposto ricorso per cassazione il suddetto imputato, a mezzo del suo difensore, formulando i motivi di censura di seguito sinteticamente esposti.
2.1. Con il primo motivo del ricorso si contesta la violazione di legge in relazio agli artt. 216 e 223 I. fall., oltre al vizio di motivazione in relazione alla sussi della bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione.
La Corte di appello erroneamente non ha ritenuto che il ricorrente abbia operato esclusivamente nell’interesse dell’impresa in vista della sua continuità aziendale, da momento che la cessione alla RAGIONE_SOCIALE dei beni strumentali ed attrezzature era conforme alla disciplina civilistica in tema di cessione di azienda.
In particolare, l’esistenza di un contratto di cessione di azienda è dimos dell’assenza di intenti dissimulatori, avendo dato massima trasparenza all’operazione attraverso la formalizzazione dell’atto.
Inoltre, la RAGIONE_SOCIALE si era accollata la somma di euro 108.211,00 a titolo di debiti non strategici, sussistendo quindi un corrispetti congruo.
Tali elementi avrebbero dovuto indurre i giudici di merito a riqualificare la condott contestata in bancarotta semplice.
2.2. Con il secondo motivo del ricorso si contesta la mancanza assoluta della motivazione in relazione alla bancarotta fraudolenta documentale.
Le asserite irregolarità contabili rinvenivano da false fatture oggetto del separat giudizio iscritto al n. NUMERO_DOCUMENTO concluso con sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, senza che la Corte di appello abbia fornito motivazione alcuna in merito alla sussistenza dell’elemento soggettivo.
2.3. Con il terzo motivo si censura violazione di legge in relazione all’art. 648 ter cod. pen., oltre al vizio di motivazione in relazione alla sussistenza del delitt autoriciclaggio.
Invero, i giudici di merito non hanno individuato alcuna condotta dissimulatoria, dal momento che tutte le operazioni sono state realizzate attraverso normali canali bancari.
Inoltre, il momento consumativo del reato viene identificato con la dichiarazione di fallimento, ma in quanto delitto istantaneo deve consumarsi in data antecedente rispetto alla dichiarazione di fallimento.
2.4. Con il quarto motivo si censura la violazione di legge in relazione agli artt. bis ed 81 cod. pen. oltre al vizio di motivazione in relazione al trattamen sanzionatorio.
Il giudice di appello, sebbene abbia concesso le circostanze attenuati generiche, ha tuttavia applicato un aumento a titolo di continuazione pari a nove mesi, senza fornire alcuna motivazione sulla sua congruità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è parzialmente fondato e deve essere accolto nei limiti indicati appresso.
Il primo motivo di ricorso è infondato.
Invero, il ricorrente richiama valutazioni meramente astratte e generiche senza confrontarsi con la motivazione della sentenza dalla quale è emerso senza alcun dubbio – con motivazione logica, articolata e del tutto priva di aporie – che l’imputato compiuto le condotte distrattive a lui contestate.
Va COGNOME ribadito COGNOME che COGNOME le COGNOME diverse COGNOME condotte COGNOME nelle COGNOME quali COGNOME si COGNOME sviluppa la bancarotta fraudolenta patrimoniale sono (quanto meno quelle di dissimulazione occultamento, distrazione e dissipazione) diverse modalità di aggressione dello stesso bene giuridico, rappresentato dall’interesse dei creditori alla conservazione dell consistenza patrimoniale dell’imprenditore, destinata, dall’art. 2740 cod. civ.,
garanzia dei debiti contratti; singole modalità di esecuzione alternative e fungibili un solo reato (Sez. 5, n. 30442 del 22/06/2006, Preziosa, n.m.), strutturato intorno al distacco di un bene dal patrimonio dell’imprenditore poi fallito (con conseguente depauperamento patrimoniale in danno dei creditori); evento in cui si concretizza l’elemento oggettivo del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, che può realizzarsi in qualunque forma e con qualunque modalità, non avendo incidenza su di esso la natura dell’atto negoziale utilizzato, né la possibilità di recupero del b attraverso l’esperimento delle azioni apprestate in favore della curatela (Sez. 5, n 4739 del 23/03/1999, Rv. 213120). Ciò che qualifica la condotta sanzionata dall’art. 216, comma 1, n. 1, I. fall., in tutte le sue alternative manifestazioni, è solo il ri ultimo, la lesione dell’interesse dei creditori alla conservazio dell’integrità patrimoniale conseguente ad un atto di disposizione che abbia determinato una diminuzione economicamente apprezzabile del compendio attivo della società fallita.
Sul punto, gioverà ricordare che qualunque operazione societaria (Sez. 5, n. 20370 del 10/04/2015, COGNOME, Rv. 264078, in materia di scissione; Sez. 5, n. 12748 del 03/03/2020, COGNOME, Rv. 279198, in materia di “sale and lease back”) può assumere valenza distrattiva o dissipativa, e ciò tanto nel caso in cui non si configurin correlativi incrementi patrimoniali o economici in favore della disponente (Sez. 5, n 44891 del 09/10/2008, P.M. in proc. Quattrocchi, Rv. 241830), quanto in quello in cui l’operazione stessa avvenga al preciso scopo di trasferire la disponibilità dei ben societari ad altro soggetto giuridico in previsione del fallimento (Sez. 5, n. 46508 d 27/11/2008, COGNOME e altri, Rv. 242614; Sez. 5, n. 3302 del 28/01/1998, COGNOME, Rv. 209947; Sez. 5, n. 11207 del 29/10/1993, COGNOME ed altri, Rv. 196456).
Tutto ciò impone, però che la diminuzione della garanzia sia stata effettiva: la bancarotta patrimoniale distrattiva sanziona il vulnus reale che l’atto determina all’integrità del patrimonio destinato (ai sensi dell’art. 2740 cod. civ.) a garanzia creditori. E, quindi, l’accertamento, non condizionato da alcuna presunzione, della previa disponibilità in capo all’imprenditore fallito dei beni mancanti (Sez. 5, n. 227 del 12/05/2010, COGNOME, Rv. 247520; conf. Sez. 5, n. 40726 del 06/11/2006, COGNOME, Rv. 235767).
È pur vero che la distrazione o l’occultamento di diritti derivanti da un rapport contrattuale rientra nella previsione di cui all’art. 216 I. fall., ma ciò solo ove tal siano già presenti nel patrimonio dell’imprenditore fallito (Sez. 5, n. 12946 d 25/02/2020, Bai, Rv. 278887). Ipotizzare il contrario significherebbe ritener suscettibile di distrazione la mera aspettativa che in futuro i clienti si rivol all’azienda in forza dei rapporti intrattenuti in passato con la stessa. Né può ritener che tali condotte si risolvano in una distrazione dell’avviamento commerciale
dell’azienda, in sé (inteso come capacità di profitto di un’attività produttiva: Cass. 2 agosto 1995, n. 8470, Rv. 493535) non suscettibile di distrazione se, contestualmente, non sia stata oggetto di disposizione anche l’azienda medesima o quanto meno i fattori aziendali in grado di generare l’avviamento (Sez. 5, n. 5357 del 30/11/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272108; Sez. 5, n. 26542 del 19/03/2014, COGNOME, Rv. 260689; Sez. 5, n. 9813 del 08/03/2006, COGNOME ed altri, Rv. 234242).
Anche la cessione a qualunque titolo di un ramo d’azienda – la quale ben può integrare la condotta distrattiva se non adeguatamente remunerata – presuppone che il trasferimento abbia ad oggetto un complesso aziendale in senso proprio inteso, ossia, secondo la definizione dell’art. 2555 cod. civ.; come il complesso dei beni organizzati per l’esercizio di una attività imprenditoriale. Né può ravvisarsi un obbligo p l’amministratore dimissionario della società cedente di assumere direttamente o per interposta persona la gestione della società cessionaria, salvo che tra le parti si stipulato uno specifico patto di non concorrenza, non operando in tal caso – nemmeno per analogia – il disposto di cui all’art. 2557 cod. civ., che vieta al cedente di concorrenza alla cessionaria e non viceversa.
2.1. Peraltro, fin dalla pronuncia di questa Quinta Sezione, imp. Sgaramella sentenza n. 38396 del 23/06/2017, Rv. 270763 – si è inteso affermare che, in tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, l’accertamento dell’elemento oggettivo della concreta pericolosità del fatto distrattivo e del dolo generico deve valorizzare la ricerca “indici di fraudolenza”, rinvenibili, ad esempio, nella disamina della condotta alla luce de condizione patrimoniale e finanziaria dell’azienda, nel contesto in cui l’impresa ha operato avuto riguardo a cointeressenze dell’amministratore rispetto ad altre imprese coinvolte, nella irriducibile estraneità del fatto generatore dello squilibrio tra attività e pas rispetto a canoni di ragionevolezza imprenditoriale, necessari a dar corpo, da un lato, alla prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell’integrità del patrimonio dell’impresa, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori, e, dall’altro, all’accertamento in ca all’agente della consapevolezza e volontà della condotta in concreto pericolosa.
2.2. Deve precisarsi che la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, ad opera dell’amministratore, della destinazione dei suddetti beni (Sez. 5, n. 7048 del 27/11/2008, COGNOME, Rv. 243295). L’imprenditore è posto dal nostro ordinamento in una posizione di garanzia nei confronti dei creditori, i quali ripongono la garanzia dell’adempimento dell obbligazioni dell’impresa sul patrimonio di quest’ultima e l’art. 87, comma terzo, I. fal (anche nella sua formulazione precedente alla sua riforma), assegna al fallito obbligo di verità circa la destinazione dei beni di impresa al momento dell’interpello formulato dal curatore al riguardo, con espresso richiamo alla sanzione penale.
Osservazioni che giustificano l’apparente inversione dell’onere della prova ascritta al fallito nel caso di mancato rinvenimento di cespiti da parte della procedura e di assenza di giustificazioni a proposito (o di giustificazione resa in termini di spese, perdite ed o attinenti o compatibili con le fisiologiche regole di gestione). Trattasi, invero sollecitazione al diretto interessato della dimostrazione della concreta destinazione dei beni o del loro ricavato, risposta che (presumibilmente) soltanto egli, che è (oltre che responsabile) l’artefice della gestione, può rendere (Sez. 5, n. 8260 del 22/09/2015, dep. 2016, Aucello, Rv. 267710; Sez. 5, n. 2732 del 16/12/2021, dep. 2022, Ciraolo, Rv. 282652).
2.3. I giudici di appello hanno evidenziato che: –a) tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018 la RAGIONE_SOCIALE ha ceduto i beni, compreso l’avviamento, alla RAGIONE_SOCIALE; –b) a partire dall’inizio del 2018 la società fallita ha dimesso la propria attività produttiva, attraverso il blocco della stessa ed interruzione di t rapporti di lavoro; –c) l’attività aziendale è proseguita da parte della RAGIONE_SOCIALE, il cui capitale sociale era detenuto dal ricorrente e dalla madre; –d) nulla era stato corrisposto per la cessione dell’avviamento.
Pertanto, il contratto traslativo dei beni dell’impresa commerciale è intercorso tra parti strettamente correlate, con la costituzione ad hoc di una società riconducibile al medesimo vertice imprenditoriale e contesto organizzativo, facente capo all’imputato medesimo; in altre parole, il management dell’impresa poi fallita si è risolto, in una fase di dissesto, a dismettere integralmente i fattori produt dell’attività di cui facevano parte attrezzatture e beni strumentali – in pregiudizio ceto creditorio, distaccandoli a proprio favore attraverso la creazione di persona giuridica destinata a proseguirne, nello stesso sito e con i medesimi dipendenti e macchinari, per quanto possibile, la parte “buona”, potenzialmente foriera di utili.
Nel caso di specie, tutti i fattori aziendali, potenzialmente idonei generare avviamento – che ne incorpora, a sua volta, la complessiva attitudine a creare reddito – sono stati oggetto di distacco, in assenza di adeguata contropartita, sicché ben si configura il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione ex ar 216, primo comma n. 1, I. fall.
Indubbio, in definitiva, che anche la perdita di godimento di un bene, in cambio di nulla, ove pure nella disponibilità della fallita in virtù di contratto traslativo godimento, costituisca distrazione ai danni della stessa che viene comunque depauperata del menzionato diritto di godimento senza alcuna prestazione corrispettiva: tanto più laddove, come nella specie, sia pacifico che esso si traduca nel sostanziale trasferimento dell’intero compendio aziendale (come noto costituito anche dall’avviamento commerciale) e nel contestuale azzeramento, senza alcun utile o alcuna contropartita, della capacità produttiva dell’impresa cedente.
La sentenza impugnata ha operato buon governo del consolidato e costante principio indicato da questa Corte secondo cui integrano il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione tutte le operazioni economiche che, esulando dagli scopi dell’impresa, determinano, senza alcun utile per il patrimonio sociale, un effettivo depauperamento di questo in danno dei creditori, anche attraverso il distacco di beni da detto patrimonio senza immettervi alcun corrispettivo, così da impedirne l’apprensione da parte degli organi fallimentari (Sez. 5, n. 36850 del 06/10/2020, Piazzi, Rv. 280106).
I giudici di merito hanno, altresì, dato conto di cointeressenze dei ricorren rispetto a varie imprese coinvolte e, dunque, di “indici di fraudolenza” dell’element oggettivo della concreta pericolosità del fatto distrattivo e del dolo generico che de sorreggerlo (Sez. 5, n. 38396 del 23/06/2017, Sgaramella, Rv. 270763).
2.4. Al riguardo il ricorrente – invocando la riqualificazione in bancarot semplice – non tiene in conto della puntuale motivazione della sentenza gravata che precisa come il contratto di cessione di azienda era unitariamente caratterizzato da un disegno spoliativo di lampante rilevanza penale, attraverso il quale la società è stat definitivamente “parcheggiata” senza futuro e abbandonata al destino del fallimento.
Inoltre, la difesa non spende una parola sulla distrazione a titolo di distribuzion di utili, sebbene la società fosse sottocapitalizzata, ulteriore circostanza ostat all’invocata riqualificazione.
Il ricorrente insiste sulla deduzione che la RAGIONE_SOCIALE si sarebbe accollata la somma di euro 108.211,00 a titolo di debiti non strategici.
La deduzione non coglie nel segno. In una fattispecie in cui l’imputato risultava coinvolto nella gestione della società fallita e di quella affittuaria e in cui d’azienda aveva determinato la sostanziale inattività della società in decozione, questa Corte ha avuto modo di affermare che integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione il contratto di affitto d’azienda stipulato in previsione del fallimento scopo di trasferire la disponibilità di tutti o dei principali beni aziendali ad altro so giuridico (Sez. 5, n. 16748 del 13/02/2018, COGNOME, Rv. 272841; conf., ex plurimis, Sez. 5, n. 14394, del 23/01/2024, Meo, n.m.), ossia la cessione di un ramo d’azienda che renda non più possibile l’utile perseguimento dell’oggetto sociale senza garantire contestualmente il ripiano della situazione debitoria della società (Sez. 5, n. 10778 de 10/01/2012, COGNOME, Rv. 252008).
E’ questa, in buona sostanza la situazione in cui – nella ricostruzione operata dalle conformi sentenze di merito – si è venuta a trovare la società fallita, priv dell’unico stabilimento produttivo che ne aveva determinato il dissesto: una situazione, all’evidenza, destinata a sfociare nel fallimento.
Tuttavia, relativamente a tale circostanza unitamente alla deduzione del mero accesso alla rateizzazione del debito fiscale, il ricorso non indica quali risulta processuali comproverebbero tali deduzioni.
3. Infondato è il secondo motivo di ricorso.
L’imprenditore che esercita un’attività commerciale è obbligato personalmente alla regolare tenuta dei libri e delle scritture contabili della sua azienda, ai sensi artt. 2214 e segg. cod. civ. Il precetto deve essere esteso agli amministratori dell società e, in particolare, per le società a responsabilità limitata, tale dover disciplinato dagli artt. 2475 e segg. cod. civ., da cui discende uno specifico obbligo garanzia a che i dati contabili siano correttamente annotati ed aggiornati e che la contabilità sia resa costantemente ostensibile agli organi di vigilanza e di controll interni ed esterni, che devono essere posti in condizione di ricostruire gli accadiment aziendali. In caso di Fallimento, l’art. 16 n. 3 della legge fallimentare prevede l’obbligo per il fallito (penalmente sanzionato ove disatteso, art. 220 L.F.), stabi con la sentenza dichiarativa di Fallimento, di depositare i bilanci e le “scritture conta e fiscali obbligatorie, nonché l’elenco dei creditori”. È pertanto da escludere che, caso di omissione di tali stringenti e rigorosi adempimenti da parte dell’imprenditore gravi sul curatore del Fallimento un onere “surrogatorio” di adoperarsi personalmente per colmare le lacune determinate dall’inottemperanza altrui.
Nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale l’interesse tutelato non è circoscritto ad una mera informazione sulle vicende patrimoniali e contabili della impresa, ma concerne una loro conoscenza documentata e giuridicamente utile, sicché il delitto sussiste, non solo quando la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari del fallito si renda impossibile per il modo in cui le scritture contabil state tenute, ma anche quando gli accertamenti, da parte degli organi fallimentari, siano stati ostacolati da difficoltà superabili solo con particolare diligenza (Sez. 5 1925 del 26/09/2018, Cortinovis, Rv. 274455; Sez. 5, n. 45174 del 22/05/2015, COGNOME e altro, Rv. 265682; Sez. 5, n. 21588 del 19/04/2010, COGNOME, Rv. 247965; Sez. 5, n. 24333 del 18/05/2005, NOME, Rv. 232212; Sez. 5, n. 10423 del 22/05/2000, Piana, Rv. 218383).
3.1. La bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2 R.D. n. 267 del 1942 (oggi art. 322 comma 1 lett. b) d.lgs. n. 14 del 2019, (il c. Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza) prevede due fattispecie alternative: quella di sottrazione o distruzione (cui è parificata l’omessa tenuta) dei libri e d altre scritture contabili, che richiede il dolo specifico; quella di tenuta della cont in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita che, diversamente dalla prima ipotesi, presuppone un
accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dagli organi fallimentari e richiede il dolo generico (Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020 COGNOME, Rv. 279838; Sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019, COGNOME, Rv. 276650; Sez. 5, n. 43966 del 28/06/2017, COGNOME, Rv. 271611; Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, COGNOME, Rv. 269904).
L’indirizzo in esame ha superato quello risalente, che tendeva ad equiparare – a riguardo delle condotte riconducibili alla fattispe di bancarotta fraudolenta documentale nella duplice declinazione, specifica e generica – l’omissione della tenuta della contabilità alla sua conservazione irregolare o incompleta; l’omissione’ connota l'”inesistenza” degli adempimenti contabili, ritenuta equivalente alla sottrazione o all’occultamento di scritture esistenti e n consegnate al curatore, purché accompagnata dalla prova dello scopo di trarne un ingiusto profitto o di recare nocumento alla massa creditizia; invece, la cura (non omessa ma) irregolare o incompleta di un impianto contabile messo a disposizione della curatela, per assurgere all’integrazione del più grave delit di bancarotta fraudolenta documentale nella forma di cui all’art. 216 comma primo n. 2, seconda ipotesi, R.D. n. 267 del 1942 rispetto a quello di bancarotta semplice di cui all’art. 217 comma 2 del R.D. n. 267 del 1942, deve essere caratterizzata – quanto all’elemento soggettivo – dal dolo generico di “fraudolenza”, inteso quantomeno come compiuta rappresentazione che le scritture consegnate alla curatela del Fallimento non renderanno possibile la puntuale ricostruzione del patrimonio o dell’andamento degli affari (cfr. Sez. 5, n. 18634 del 1/2/2017, COGNOME, Rv. 269904, cit.; Sez. 5, n. 2637 del 5/3/2019, COGNOME, Rv. 276650, cit.).
Pertanto, l’ipotesi di omessa tenuta dei libri contabili può rientrare – in que termini – nell’alveo della bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216 comma 1 n. 2, prima ipotesi, del R.D. n. 267 del 1942, ma solo qualora si accerti (e si d conto) che scopo dell’omissione sia stato quello di recare pregiudizio ai creditori, atte che altrimenti risulterebbe impossibile distinguere tale fattispecie da quella, analog sotto il profilo materiale, prevista dall’art. 217 L. Fall, (per quanto quest’ultim riferita alla sola contabilità obbligatoria e l’omissione della tenuta, penalme rilevante, sia caratterizzata da una cornice temporale predeterminata: Sez. 5, n. 44886 del 23/09/2015, COGNOME, Rv. 265508), punita sotto il titol della bancarotta semplice documentale (Sez. 5, n. 25432 del 11 aprile 2012, COGNOME e altri, Rv. 252992).
3.2. Rientra allora nella prima fattispecie delineata dall’art. 216, comma 1, n 2, legge fall, e richiede il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori o di proc a sé o ad altri un ingiusto profitto, l’omessa tenuta, anche parziale, delle scrit contabili; ma occorre precisare che essa comprende non solo la mancata istituzione di
uno o più libri contabili, ma anche l’ipotesi della materiale esistenza dei libri in t in parte “lasciati in bianco” e si differenzia dal caso, caratterizzato in da dolo generico perché relativo all’altra ipote di bancarotta fraudolenta documentale (“in guisa da non rendere possibile la ricostruzione”) dell’omessa annotazione di dati veri allorché l’omissione consista non nella totale mancanza di annotazioni, ma nell’omessa annotazione di specifiche operazioni (sez.5, n. 42546 del 07/11/2024, COGNOME, Rv. 287175).
3.3. Sul versante dell’elemento soggettivo del reato, si è chiarito che gl elementi dai quali desumere la sussistenza del dolo specifico nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale specifica e del dolo generico nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale generica non possono coincidere con la scomparsa dei libri contabili o con la tenuta degli stessi in guisa tale da non render possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, che rappresentano semplicemente gli eventi fenomenici, dal cui verificarsi dipende l’integrazione dell’elemento oggettivo del reato.
Dovendo, piuttosto, consistere in circostanze di fatto ulteriori, in grado illuminare la ratio dei menzionati eventi alla luce della finalità di procurare a sé o altri un ingiusto profitto ovvero di recare pregiudizio ai creditori, nel della bancarotta fraudolenta documentale specifica; della consapevolezza che l’irregolare tenuta della documentazione contabile è in grado di arrecare pregiudizio alle ragioni del ceto creditorio, nel ca della bancarotta fraudolenta documentale generica.
Appare, pertanto, evidente che tra le suddette circostanze assume un rilievo fondamentale la condotta del fallito nel suo concreto rapporto con le vicende attinenti alla vita economica dell’impresa (cfr., in questo senso, Sez. 5, n. 2228 del 04/11/2022, COGNOME, Rv. 283983; Sez. 5, n. 33575 del 08/04/2022, COGNOME, Rv. 283659; Sez. 5, n. 33114 del 8/10/2020, COGNOME, Rv. 279838)e
Sugli COGNOME indicatori COGNOME della COGNOME prova COGNOME del dolo specifico COGNOME del COGNOME reato di bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216 comma 1 n. 2), prima parte, R.D. n. 267/42 si sono soffermati i diversi arresti giurisprudenziali che hanno sottolineato la necessità di privilegiare una chiave di lettura che esalti la specularit talune evidenze probatorie – come la dimostrazione dell’esistenza di risorse finanziarie o di un patrimonio positivo resi inaccessibili agli organi fallimentari o la sproporzi tra l’entità del passivo e l’inesistenza di attivo – che orientino sull’intenziona ostacolarne il tracciamento attraverso la mancata consegna delle scritturazioni (cfr. sez. 5, n. 10968 del 31/01/2023, COGNOME, Rv.284304, che si è soffermata ad esempio sull’ingentissima esposizione debitoria per crediti privilegiati e chirografari); ch focalizzino sul contegno del fallito, nel suo concreto rapporto con le vicende attinent
alla vita economica dell’impresa, nel senso che, una volta in ipotesi accertati fat distrattivi, sia possibile ragionevolmente collegare, anche in virtù di inferenze logic l’omessa tenuta della contabilità, o le condotte ad essa equivalenti, come strumentali alla dissimulazione di atti depauperativi, allo scopo di arrecare un pregiudizio a creditori o di procurare un vantaggio al fallito o a terzi (tra le altre, Sez. 5, n. del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276910; Sez. 5, n. 23251 del 29/04/2014, COGNOME, Rv. 262384).
Debbono quindi essere indagate ed approfondite le specifiche circostanze della vicenda in scrutinio, come, ad esempio, la corrispondenza tra l’omissione della cura contabile e il delinearsi o l’aggravarsi di una condizione di insolvenza o l’emersione d un’ingiustificata diminuzione delle consistenze patrimoniali (sez.5, n. 2228 del 04/11/2022, COGNOME, Rv. 283983).
In tali evenienze è ben possibile argomentare l’inconciliabilità del quadro ncostruttwo con un coefficiente psicologico di semplice superficialità o trascuratezza, di natura eminentemente colposa.
3.4. Orbene nel caso in esame il motivo di ricorso – con il quale si contesta l’assenza di motivazione da parte del giudice di merito sull’elemento soggettivo – è inammissibile sia per la sua manifesta infondatezza, sia perché l’argomento non risulta essere stato oggetto di appello.
La difesa – nel richiamare la circostanza che l’imputato è stato assolto per i reato di emissione di false fatture per operazioni soggettivamente ed oggettivamente false – si è limitata ad affermare che tale circostanza ha ricadute anche per il deli di cui al capo B, senza null’altro contestare.
Invero, nell’atto di appello così si legge: i motivi di gravame sopra riportati valgono anche per Io sviluppo di quelli riferiti al capo riguardante la bancarot documentale stante l’identità della motivazione della sentenza sul capo in questione.
Su questo secondo punto, è sufficiente richiamare il disposto dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., secondo cui il ricorso è inammissibile se proposto per violazioni di legge non dedotte con i motivi di appello, né può essere censurata una omessa motivazione su capi e punti della sentenza di primo grado non appellati.
Questa Corte ha stabilito, infatti, che non sono deducibili con il ricorso p cassazione questioni che non abbiano costituito oggetto di motivi di gravame, dovendosi evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il provvedimen impugnato con riferimento ad un punto della decisione rispetto al quale si configura “a priori” un inevitabile difetto di motivazione per essere stato intenzionalmente sottrat alla cognizione del giudice di appello (Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, Galdi, Rv. 270316).
Il motivo di ricorso, peraltro, è manifestamente infondato, in quanto l’assoluzione dal reato di emissione di false fatture per operazioni soggettivamente ed oggettivamente false non riverbera effetti nel presente processo, giacché oggetto di contestazione è l’omessa tenuta delle scritture contabili obbligatorie, quali libri verb delle Assemblee e libri inventari, avendo la Corte di appello riportato i rilievi sollevat curatore nel corso delle sue attività di verifica, valorizzando l’incompletezza delle scritt contabili, le errate rilevazioni contabili in sede di chiusura dei bilanci, gli artifici c privi di giustificazione, finalizzati alla rappresentazione di una situazione economico patrimoniale migliore di quella effettiva.
E’ tato valorizzato l’arco temporale ampio della mancata tenuta delle scritture contabili da consentire agevolmente di qualificare il “vuoto” dell’aggiornamento della contabilità come di per sé dimostrativo dell’impraticabilità, per la curatela Fallimento, di una rielaborazione puntuale e completa delle vicende gestionali dell’impresa.
In particolare, i giudici di merito si sono concentrati sui marcati profili ogget dell’assenza e/o della frammentarietà dei dati contabili e sui rispettivi rifless lapalissiana impossibilità di ricostruzione degli avvenimenti gestionali della società.
Inoltre, la stessa difesa non ha precisato analiticamente per quali fatture ritenute false dal curatore è intervenuta sentenza assolutoria nel diverso processo.
4. Fondato il terzo motivo.
Il ricorrente si richiama alla sentenza Sez. 5, n. 20152 del 2024, secondo cui non integra la condotta di autoriciclaggio il mero trasferimento di somme, oggetto di distrazione fallimentare, a favore di imprese operative, occorrendo, a tal fine, un quid pluris che denoti l’attitudine dissimulatoria della condotta rispetto alla provenienza delittuosa d bene.
Si contesta la configurabilità del reato di autoriciclaggio , traendo spunto da una evocazione di una pronuncia di legittimità, che richiama la necessità di un elemento ulteriore, rispetto al mero trasferimento di somme, oggetto di distrazione fallimentare, a favore di imprese operative: un quid pluris che denoti l’attitudine dissimulatoria della condotta rispetto alla provenienza delittuosa del bene; la cesura della continuità temporale tra condotta distrattiva e condotta dissimulatoria; la natura del profitto, costituit proventi dell’impiego dei beni provenienti dal reato presupposto (vale a dire la bancarotta distrattiva).
Invero, tale pronuncia ha affermato che, in tema di autoriciclaggio, il legislator ha tenuto distinti i due momenti, quello di commissione del primo reato che ha generato i beni, il denaro o le altre utilità e quello in cui queste ultime veng impiegate, sostituite o trasferite in attività economiche, finanziarie, imprenditoria
speculative. Depongono in questo senso l’utilizzo del gerundio passato nella frase “avendo commesso o concorso a commettere un delitto” e del participio presente nell’ulteriore sintagma “provenienti dalla commissione di tale delitto”, termini c segnano la precisa volontà di individuare un “prima” logico-giuridico – la commissione del reato che genera la risorsa – e un “dopo” – l’impiego di quest’ultima nell’attività economica, finanziaria, imprenditoriale o speculativa.
D’altra parte, una lettura diversa del dato normativo porrebbe il problema della reciproca delimitazione delle condotte tipiche ex artt. 216 legge fall. e 648-ter.1 co pen. e della possibilità che i reati concorrano, con particolare riferimento ai casi in la distrazione del denaro sia avvenuta a beneficio di società operative, aggregati che, per loro stessa natura (salvo ipotizzare la creazione di una riserva alimentata con i denaro distratto e non immediatamente utilizzata), adoperano le risorse provento della distrazione nella quotidiana attività imprenditoriale.
Alla luce di tale ricostruzione, la difesa ritiene che erroneamente siano stat contestati e ritenuti sussistenti dai giudici di merito – simultaneamente i reati di bancaro fraudolenta per distrazione (capo 1) e quello di autoriciclaggio ascritti al ricorrente al c 3 in relazione ad operazioni avvenute senza soluzione di continuità temporale: la contestualità tra le condotte distrattive e quelle di autoriciclaggio impedirebbe configurabilità dei delitti di cui all’art. 648-ter.1 cod. pen., mancando uno iato tempora tra esse e risolvendosi l’operazione fraudolenta in un’unica operazione.
La sola consumazione del delitto presupposto, in altre parole, non può integrare ex se anche la diversa ipotesi di autoriciclaggio: nel caso di specie, la condotta distrattiva n può costituire base di configurabilità del reato di bancarotta per distrazione contemporaneamente, di quello di autoriciclaggio.
4.1. L’attività dell’interprete non è agevole, in quanto inevitabilment suggestionata dalla costruzione della fattispecie di cui all’art. 648-ter.1 cod. pen., vede come uno dei possibili momenti consumativi quello dell’impiego della risorsa, tra l’altro, in attività imprenditoriali, impiego cui un’esegesi poco meditata potreb ricondurre ogni fatto di distrazione a favore di una società – quindi di un’attività impresa – che fisiologicamente utilizzi quanto viene immesso nelle sue disponibilità.
Sul tema questa Corte si è più volte pronunziata, recependo, sviluppando e puntualizzando un’interpretazione che richiede, affinché sia integrata una condotta di autoriciclaggio che sia distinta dal momento distrattivo – e quindi, da quello in cu si realizza l’attività predatoria ai danni dell’impresa fallita che costituisce della bancarotta fraudolenta per distrazione – un quid pluris, cioè un’attività ulteriore rispetto alla sottrazione della risorsa all’impresa fallita, che eviti ind sovrapposizioni applicative tra le due disposizioni.
Proprio intorno alla centralità di tale connotato ulteriore si sono sviluppa diverse decisioni, nello sforzo di delimitare i confini applicativi dell’autoriciclaggi individuare i casi in cui tale norma incriminatrice possa trovare applicazione accanto alla bancarotta fraudolenta distrattiva; si è così affermato che non integra il reato cui all’art. 648-ter.1 cod. pen. il mero trasferimento di somme oggetto di distrazione fallimentare a favore di imprese operative, occorrendo a tal fine un quid pluris che denoti l’attitudine dissimulatoria della condotta rispetto alla provenienza delittuosa d bene (Sez. 5, n. 8851 del 01/02/2019, COGNOME, Rv. 275495; Sez. 5, n. 38919 del 05/07/2019, PM proc. De COGNOME, Rv. 276853).
In seno a questo orientamento si è poi precisato (Sez. 2, n. 13352 del 14/03/2023, Pm c Carabetta, Rv. 284477) che è configurabile la condotta dissimulatoria tipica dell’autoriciclaggio nel caso in cui, successivamente all consumazione del delitto presupposto, il reinvestimento del profitto illecito in attiv economiche, finanziarie o speculative sia attuato attraverso il mutamento dell’intestazione soggettiva del bene, in quanto la modifica della formale titolarità d profitto illecito è idonea a ostacolare la sua ricerca, l’individuazione dell’origine il e il successivo trasferimento.
In motivazione si è operato un distinguo tra il caso in cui l’autoriciclaggio identifichi nella distrazione di sole somme di denaro dalla fallita ad altre società cui si è ritenuta l’effettiva coincidenza delle due condotte con violazione del princip di doppia incriminazione – da quella in cui oggetto della contestazione ex art. 648ter.1 cod. pen. non sia la sola attività distrattiva di somme dalla società fallita be anche, le attività successivamente poste in essere con il denaro distratto dalle società beneficiarie dei pagamenti per cassa.
Sulla stessa linea si colloca Sez. 2, n. 16059 del 18/12/2019, dep. 2020, Fabbri, Rv. 279407-02, che in motivazione precisa: deve conseguentemente essere escluso che l’avvenuta identificazione delle operazioni di dissimulazione del denaro o del bene illecito, frutto della consumazione del delitto presupposto da parte dello stesso autore di detto reato, escludano la punibilità della condotta perché prive di “concreta” capacit decettiva; una tale interpretazione radicale finirebbe per escludere la punibilità qualsiasi condotta per il solo fatto della successiva verificazione e ricostruzione del stessa e comporterebbe la irragionevole conseguenza di dovere affermare la non applicabilità della norma penale di cui all’art. 648 ter.1 c.p. a qualsiasi fatto accert Proprio in applicazione dei sopra indicati principi deve essere escluso che l’esistenza di operazioni tracciabili, l’emissione di fatture da parte delle diverse societ l’identificazione delle transazioni tra società, comporti automaticamente l’esclusione della punibilità della condotta ex art. 648 ter.1 c.p Il criterio da seguire è pert quello della idoneità ex ante della condotta posta in essere a costituire ostacolo
all’identificazione della provenienza delittuosa del bene; e ciò significa che l’interpre postosi al momento di effettuazione della condotta, deve verificare sulla base di precisi elementi di fatto se in quel momento l’attività posta in essere aveva tale astratt idoneità dissimula toria e ciò indipendentemente dagli accertamenti successivi e dal disvelamento della condotta illecita che non costituisce mai automatica emersione di una condizione di non idoneità della azione per difetto di concreta capacità decettiva. Se si collegano infatti strettamente e direttamente i tre verbi con i quali esordisc comma 1 dell’art. 648-ter.1. c.p. alle voci che descrivono la ‘destinazioni’ dei beni, facile avvedersi che /’ubi consistam della norma è rappresentato dalla reimmissione nel circuito dell’economia legale di beni di provenienza delittuosa (beninteso: ostacolandone la tracciabilità). L’idea di fondo, che sembra giustificare l’incriminazion dell’autoriciclaggio, riposa infatti sulla considerazione di congelare il profitto in al soggetto che ha commesso il reato-presupposto, in modo da impedirne la sua utilizzazione maggiormente offensiva, quella che espone a pericolo o addirittura lede “l’ordine economico”. La ratio dell’autoriciclaggio è appunto quella di evitare inquinamenti dell’economia legale. Il Giudice penale dovrà pertanto valutare l’idoneità specifica della condotta posta in essere dall’agente ad impedire l’identificazione dell provenienza delittuosa dei beni Il trasferimento o la sostituzione penalmente rilevante al cospetto dell’autoriciclaggio sono quindi comportamenti che importano un mutamento della formale titolarità del bene o delle disponibilità o che diano altres luogo a una utilizzazione non più personale, ma riconducibile a una forma di reimmissione del bene nel circuito economico.
Tali modalità comportamentali integrano il distinto delitto di autoriciclaggio ex ar 648-ter.1 cod. pen., come del resto affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, nelle sentenze PMT c. Carabetta e Fabbri, prima richiamate, secondo cui “sussiste concorso tra il reato di bancarotta per distrazione e quello di autoriciclaggio nel caso in cui alla condo distrattiva di somme di denaro faccia seguito un’autonoma attività dissimulatoria di reimpiego in attività economiche e finanziarie di tali somme, in quanto si verifica in ta ipotesi la lesione della garanzia patrimoniale dei creditori, sia la lesione autonoma successiva dell’ordine giuridico economico, mediante l’inquinamento delle attività legali”; e “in tema di autoriciclaggio, è configurabile la condotta dissimulatoria nel caso in c successivamente alla consumazione del delitto presupposto, il reinvestimento del profitto illecito in attività economiche, finanziarie o speculative sia attuato attraverso il mutamen dell’intestazione soggettiva del bene, in quanto la modifica della formale titolarità profitto illecito è idonea a ostacolare la sua ricerca, l’individuazione dell’origine illec successivo trasferimento” (nello stesso senso Sez. 2, n. 47 del 27/11/2024, dep. 2025, NOME, n.m.).
In tali ipotesi si verifica la lesione della garanzia patrimoniale dei creditori, s lesione autonoma e successiva dell’ordine giuridico economico, mediante l’inquinamento delle attività legali.
L’esegesi di Sez. 5, n. 1203 del 14/11/2019, dep. 2020, Hu Shaojing, Rv., 277854-01, infine, è centrata sull’idoneità della condotta a fungere da ostacolo all’identificazione della provenienza delittuosa del bene distratto, quale trat caratterizzante dell’autoriciclaggio rispetto alla bancarotta che ne è presupposto; tratto ravvisato in un’ipotesi in cui vi era stata “polverizzazione” del patrimo dell’impresa fallita, reimpiegato nella creazione di diverse società “cloni” intestat prestanome.
4.2. Sotto altro aspetto, il reato di autoriciclaggio ha natura istantanea e si consuma nel momento in cui vengono realizzate le condotte di impiego, sostituzione o trasformazione di beni costituenti l’oggetto materiale del delitto presupposto (Sez. 2, n 38838 del 04/07/2019, COGNOME, Rv. 277098; Sez. 2, n. 27023 del 07/07/2022, COGNOME, Rv. 283681), il denaro proveniente dalle distrazioni contestate al ricorrente risulta che si stato utilizzato proprio per operazioni successive, realizzate mediante l’utilizzo di scherm giuridici societari diversi e di altri soggetti, per acquistare attività che costituivano stesse trasformazioni del bene distratto, tentando di evitare la riconducibilità formale tali operazioni ai responsabili delle condotte di bancarotta, configurate come reat presupposto.
D’altra parte, accanto alle condotte rilevanti (ossia, l’impiegare, il sostituire il trasferire il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione del de presupposto in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative) destinate reimmettere le utilità provenienti ex delicto nei canali economici legali, occorre che emerga anche l’esistenza degli ulteriori elementi caratterizzanti la fattispecie e segnatamente l’idoneità delle prime ad ostacolare concretamente l’identificazione della provenienza delittuosa delle utilità stesse.
Come rilevato da Sez. 2, n. 36121 del 24/05/2019, PM in proc Drabing, Rv. 276974, ai fini dell’integrazione del reato di autoriciclaggio, non occorre che l’agente ponga in esser una condotta di impiego, sostituzione o trasferimento del denaro, beni o altre utilità che comporti un assoluto impedimento alla identificazione della provenienza delittuosa degli stessi, essendo, al contrario, sufficiente una qualunque attività, concretamente idonea anche solo ad ostacolare gli accertamenti sulla loro provenienza.
Pertanto, non ricorrono ragioni ostative a che astrattamente il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione concorra, in qualità di reato presupposto, con il delit di autoriciclaggio di cui all’art. 648 ter.1 cod. pen., in presenza di tutti gli el costitutivi di tale ultima fattispecie: ciò sia nel caso di bancarotta per distrazione p fallimentare che in quella prefallimentare.
4.3. Nel caso di specie, i giudici di merito non hanno evidenziato il quid pluris dissimulatorio, vale a dire la dimostrata finalità di occultamento della provenienza dell provvista dal reato presupposto.
La Corte di appello non ha individuato la realizzazione da parte del ricorrente di un’attività ulteriore rispetto alla sottrazione della risorsa all’impresa fallita, a evitare indebite sovrapposizioni applicative tra le due disposizioni.
In altri termini, non è stata dimostrata l’idoneità ex ante della condotta posta in essere a costituire ostacolo all’identificazione della provenienza delittuosa del bene manca la verifica se al momento di effettuazione della condotta, sulla base di precisi elementi di fatto, l’attività posta in essere aveva tale astratta idoneità dissimulator
Invero, in assenza della verifica della concreta idoneità dell’operazione distrattiv ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del bene, si determinerebbe un’ingiustificata sovrapposizione punitiva tra la norma sulla bancarotta e quella ex art 648-ter.1 cod. pen.
4.4. Infondata è la questione dedotta dal ricorrente che attiene alla individuazione del momento di consumazione del reato presupposto, costituito dalla bancarotta per distrazione.
E’ pacifico che il delitto di bancarotta fraudolenta prefallimentare si consuma nel momento in cui interviene la sentenza dichiarativa di fallimento e non con le singole condotte distrattive precedenti a tale declaratoria (cfr., tra le tante, Sez. 5, n. 45288 11/05/2017, COGNOME, Rv. 271114; Sez. 5, n. 572 del 16/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268600; Sez. 5, n. 26548 del 19/03/2014, COGNOME, Rv. 260577); si è tuttavia chiarito che il delitto di autoriciclaggio deve a sua volta ritenersi configurabile nell’ipote distrazioni fallimentari compiute prima della dichiarazione di fallimento, in tutti i casi tali distrazioni qualificabili come appropriazione indebita, ai sensi dell’art. 646 c pen. (Sez. 5, n, 1203 del 14/11/2019, Hu, Rv. 277854; Sez. 5, n. 572 del 16/11/2016, PM in proc. COGNOME, Rv. 268600; Sez. 2, n. 33725 del 19/04/2016, COGNOME, Rv. 267497), in considerazione del rapporto in cui si trovano il delitto di appropriazione indebita e quello bancarotta patrimoniale, per cui il secondo assorbe il primo, divenendo l’appropriazione un elemento costitutivo della bancarotta (Sez. 5, n. 2295 del 03/07/2015, COGNOME, Rv. 266018), quando la società, a danno della quale l’agente ha realizzato la condotta appropriativa (che diviene distrattiva), sia dichiarata fallita all’esito della progres criminosa.
Contrariamente a quanto mostra di ritenere il ricorrente, ai fini della consumazione del reato di autoriciclaggio riguardante i proventi del delitto presupposto di bancarot fraudolenta patrimoniale, è irrilevante l’assenza della condizione obiettiva di punibilità de dichiarazione di fallimento (Sez. 5, n. 22143 del 14/03/2022, COGNOME, Rv. 283257).
Anche ove si aderisse alla tesi – non univoca in giurisprudenza – secondo cui la dichiarazione di fallimento si pone come mera condizione di punibilità, il fatto che essa intervenga successivamente alla condotta di autoriciclaggio non incide sulla configurazione come reato della condotta antecedente che è già completa in tutte le sue componenti oggettive e soggettive. Diversamente opinando, comunque, si verrebbe a creare l’irragionevole situazione per la quale solo ove la condotta di autoriciclaggio intervenga dopo la dichiarazione di fallimento essa assumerebbe rilievo penale, laddove, invece, l’ultimo comma dell’art. 648-ter.1 cod. pen. rimanda all’ultimo comma dell’art. 648 cod. pen., il quale comma espressamente prevede che “(I)e disposizioni di questo articolo si applicano anche quando l’autore del delitto da cui il danaro e le cose provengono non è imputabile o non è punibile ovvero quando manchi una condizione di procedibilità riferita a tale delitto”; sicché si è affermato che si deve ritenere irrilevante, per la configurab del reato di ricettazione – e, quindi, anche per quello di autoriciclaggio che viene qui considerazione – la presenza di una causa di non punibilità riferita al reato presupposto.
Sul punto, la sentenza impugnata ha recepito l’orientamento giurisprudenziale secondo cui in tema di bancarotta fraudolenta prefallimentare per distrazione, la sentenza dichiarativa di fallimento costituisce una condizione obiettiva di punibilità, poiché si p come evento estraneo all’offesa tipica e alla sfera di volizione dell’agente (tra le tante veda Sez. 5, n. 2899 del 02/10/2018, COGNOME, Rv. 274610; in motivazione Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, COGNOME, Rv. 266804).
Ad ogni buon contO, il drenaggio di merci e risorse liquide da parte dell’amministratore della società – integrativo del delitto di bancarotta per distrazione u volta dichiarato il fallimento della società – si sarebbe comunque sostanziato, in assenza della declaratoria di fallimento, nel reato di appropriazione indebita, che rappresenta pertanto segmento di un fenomeno di consunzione ed elemento costitutivo di un reato complesso in senso lato (art. 84 cod. pen.), a sua volta delitto presupposto di quello di autoriciclaggio.
Quanto detto consente di affermare che il reato di bancarotta fraudolenta, essendo consistito nella distrazione dei beni societari dalla RAGIONE_SOCIALE tra il 2017 e luglio 2019, è stato correttamente ritenuto commesso precedentemente rispetto al successivo autoriciclaggio.
L’accoglimento del terzo motivo di ricorso rispetto al delitto di autoriciclaggi comporta l’assorbimento del quarto motivo – ma non precluso nel giudizio di rinvio relativo al trattamento sanzionatorio.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato sub c), con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Perugia.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma il 18 settembre 2025
Il Presidente
Il Consigliere estehsore