Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30591 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30591 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da Procuratore Europeo Delegato nel procedimento nei confronti di
COGNOME NOMECOGNOME nato a Foggia il 21/12/1981 avverso l’ordinanza del 3/12/2024 del Tribunale di Milano lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME rinvio.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 3 dicembre 2024 il Tribunale di Milano, provvedendo sulla richiesta di riesame presentata da NOME COGNOME nei confronti dell’ordinanza del 21 ottobre 2024 del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, con cui era stata applicata allo stesso COGNOME la misura cautelare degli arresti domiciliati in relazione al reato di cui agli artt. 61-bis, 81 cpv. cod. pen., 2 e 8 d.lgs. n. 74 del 2000 di cui al capo 138) della incolpazione provvisoria, ha annullato tale ordinanza a causa della mancanza nell’ordinanza applicativa di tale misura della prescritta autonoma valutazione degli elementi indiziari e delle esigenze cautelari.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Europeo Delegato, affidato a due motivi.
2.1. Con il primo motivo ha denunciato, a norma dell’art. 606, primo comma, lett. e), cod. proc. pen., la contraddittorietà e l’illogicità della motivazione.
Ha esposto che con l’ordinanza del 21 ottobre 2024, annullata dal Tribunale in accoglimento della richiesta di riesame dell’indagato NOME COGNOME il Giudice per le indagini preliminari, in parziale accoglimento della richiesta del Pubblico ministero, aveva applicato all’indagato la misura cautelare degli arresti domiciliari al reato di cui agli artt. 61-bis, 81 cpv. cod. pen., 2 e 8 d.lgs. n. 74 del 2000 di cui al capo 138).
Tale ordinanza era stata annullata dal Tribunale per difetto di motivazione, sia nella parte relativa alla sussistenza dei gravi indizi di responsabilità, sia co riferimento alla sussistenza delle esigenze cautelari, ma con motivazione contraddittoria, in quanto lo stesso Tribunale, nel pervenire alla suddetta pronuncia di annullamento, aveva riconosciuto che la motivazione dell’ordinanza applicativa della misura era graficamente esistente, in quanto il Giudice per le indagini preliminari aveva riportato integralmente la richiesta del Pubblico ministero, facendo seguire a ogni paragrafo della richiesta proprie valutazioni, connotate anche in termini graficamente diversi e denominate “valutazioni Gip”.
Nonostante ciò il Tribunale aveva, contraddittoriamente, ritenuto insufficiente tale motivazione, pur essendo stata data contezza degli elementi di fatto più significativi riportati nella richiesta cautelare, della selezione compiuta dal prim giudice di tali elementi, del parziale accoglimento della richiesta (sia in relazione alle imputazioni sia riguardo agli indagati cui applicare la misura), della graduazione delle misure da applicare rispetto a quanto richiesto dal Pubblico ministero, con la conseguente sussistenza del denunciato vizio di contraddittorietà e illogicità della motivazione.
2.2. Con il secondo motivo ha lamentato, a norma dell’art. 606, primo comma, lett. b), cod. proc. pen., l’errata applicazione degli artt. 272, 292, comma 2, lett c), e 309, comma 9, cod. proc. pen. in quanto in contrasto, a proposito della adeguatezza della motivazione e, in particolare, del requisito della autonoma valutazione del quadro indiziario e degli altri presupposti applicativi delle misure cautelari, con gli orientamenti consolidati sul punto della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, anche successivamente alla novella del 2015, la incorporazione della richiesta cautelare nel provvedimento applicativo della misura, o il rinvio alla stessa, sono possibili se siano esplicitate indipendentemente dal richiamo in tutto o in parte ad altri atti del procedimento, le ragioni che giustificano l’adozione del provvedimento cautelare e i criteri adottati dal giudice nella valutazione degli indizi e degli altri elementi da considerare.
Il Procuratore Generale ha concluso sollecitando l’annullamento dell’ordinanza impugnata, sottolineando, sulla scorta del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità in ordine alle condizioni per ritenere legittima l motivazione per incorporazione o per relationem, l’adeguatezza della motivazione dell’ordinanza applicativa della misura e la conseguente erroneità della motivazione dell’ordinanza impugnata a proposito della carenza della motivazione e della assenza della prescritta autonoma valutazione degli elementi indiziari e delle esigenze cautelari.
Con memoria del 13 marzo 2025 l’indagato si è opposto all’accoglimento del ricorso, di cui ha chiesto il rigetto, evidenziando la condivisibilità del valutazione del Tribunale circa la mancanza di autonoma valutazione delle esigenze cautelari e la carenza della motivazione, sia in ordine alla gravità indiziaria sia a proposito delle esigenze cautelari, con la conseguente manifesta infondatezza del ricorso del Pubblico ministero.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso del Pubblico ministero è fondato.
Va, in premessa, rammentato che la giurisprudenza di legittimità (cfr. Se U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera, Rv. 216664 – 01; nonché, tra le tante, S 2, n. 55199 del 29/05/2018, COGNOME, Rv. 274252 – 01; Sez. 6, n. 53420 04/11/2014, COGNOME Rv. 261839 – 01; Sez. 6, n. 48428 del 08/10/2014, Barone, Rv. 261248 – 01; Sez. 4, n. 4181 del 14/11/2007, dep. 2008, COGNOME
c•i-j
Rv. 238674 – 01), da tempo, ha chiarito che la motivazione per relationem è legittima, purché: faccia riferimento ad altro atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all’esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione; fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto delle ragioni del provvedimento di riferimento, ritenendole coerenti con la decisione; l’atto di riferimento sia conosciuto dall’interessato, o almeno sia a lui ostensibile, quanto meno quando si renda attuale l’esercizio della facoltà di valutazione, di critica ed eventualmente d gravame.
È stato poi aggiunto che l’obbligo di autonoma motivazione deve essere osservato qualora il provvedimento si discosti dalle ragioni dell’atto richiamato, mentre se l’atto richiamante condivide le ragioni di quello richiamato, è sufficiente che il contenuto del secondo sia fatto consapevolmente proprio dal primo che, solo per ragioni di economia processuale si limita a richiamarne il contenuto (Sez. 5, n. 70 del 24/09/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274403 – 01; Sez. 2, n. 25750 del 04/05/2017, COGNOME, Rv. 270662 – 01; Sez. 6, n. 51936 del 17/11/2016, COGNOME, Rv. 268523 – 01; Sez. 2, n. 6966 del 26/01/2011, COGNOME, Rv. 249681 – 01; Sez. 3, n. 2125 del 27/11/2002, dep. 2003, COGNOME, Rv. 223294 – 01).
Inoltre, in materia di misure cautelari personali non è nulla per difetto assoluto di motivazione l’ordinanza applicativa in cui risulti trasfusa integralmente e alla lettera la richiesta del Pubblico ministero, sempre che risulti che il giudice abbia preso cognizione del contenuto delle ragioni dell’atto incorporato, senza recepirlo acriticamente (Sez. 2, n. 3289 del 14/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265807 01; Sez. 1, n. 14830 del 28/03/2012, COGNOME, Rv. 252274 – 01; Sez. 2, n. 13385 del 16/02/2011, COGNOME, Rv. 249682 – 01).
Con specifico rilievo nel caso in esame, si è poi affermato che, in tema di misure cautelari personali, la necessità di un’autonoma valutazione da parte del giudice delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, richiesta dall’art. 292 comma primo, lett. c), cod. proc. pen., così come modificato dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, deve ritenersi assolta quando l’ordinanza, benché redatta con la tecnica del cosiddetto copia-incolla, accolga la richiesta del Pubblico ministero solo per talune imputazioni cautelari ovvero solo per alcuni indagati, in quanto il parziale diniego opposto dal giudice o la diversa graduazione delle misure costituiscono, di per sé, indice di una valutazione critica, e non meramente adesiva, della richiesta cautelare, nell’intero complesso delle sue articolazioni interne (Sez. 2, n. 25750 del 04/05/2017, COGNOME, Rv. 270662 – 01, cit.; Sez. 6, n. 51936, del 17/11/2016, COGNOME, Rv. 268523 – 01, cit.; Sez. 2, n. 3289 del 14/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265807 – 01, cit). Si è in proposito specificato che il diniego opposto dal Giudice che ha emesso la misura a una o più richieste formulate in sede di domanda cautelare soggettivamente od oggettivamente
cumulativa segnala univocamente, infatti, che la richiesta stessa, nell’intero complesso delle sue articolazioni interne, è stata effettivamente e materialmente esaminata e valutata in senso critico e non meramente adesivo, così che l’accoglimento della stessa per altri indagati o per altre imputazioni cautelari, sia pure negli stessi esatti termini, anche linguistici e argomentativi, formulati da Pubblico ministero, non può essere stigmatizzata in termini di mancato esercizio di quel dovere critico che la nozione di autonoma valutazione sottintende e che il rigetto di alcune richieste segnala come sicuramente esercitato.
In tema di misure cautelari personali, è configurabile, dunque, un’autonoma valutazione da parte del giudice, ex art. 292, comma 2, lett. c), cod. proc. pen., quando venga richiamato in maniera più o meno estesa il provvedimento impugnato con la tecnica di redazione “per incorporazione”, con condivisione delle considerazioni già svolte da altri, perché valutazione autonoma non vuoi dire valutazione diversa o difforme, sempreché emerga dal provvedimento una conoscenza degli atti del procedimento e, se necessario, una rielaborazione critica degli elementi sottoposti a vaglio giurisdizionale, eventualmente con la graduazione o rigetto delle misure (Sez. 5, n. 70 del 24/09/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274403 – 01, cit.).
3. Nel caso in esame il Giudice per le indagini preliminari si è attenuto a tali criteri, come, peraltro, evidenziato anche nella stessa ordinanza impugnata, laddove si sottolinea, riportando, mediante incorporazione nel testo della motivazione, ampi stralci della motivazione del provvedimento applicativo della misura oggetto della richiesta di riesame, che il Giudice per le indagini preliminari ha illustrato: lo svolgimento delle complesse indagini; gli elementi indiziari acquisiti a carico dei vari indagati (sia in ordine alla varie articolazioni associati costituenti il sodalizio unitario di cui al capo 0, operanti in diversi ambiti territo sia in ordine ai reati fine tributari, fallimentari e di riciclaggio e autoricicl contestati); quelli specifici a carico del COGNOME; gli elementi dimostrativi dell sussistenza delle esigenze cautelari.
Nonostante ciò, il Tribunale di Milano, nell’accogliere la richiesta di riesame, ha escluso l’idoneità della motivazione dell’ordinanza impugnata, ritenendola mancante della prescritta autonoma valutazione del quadro indiziario e degli elementi dimostrativi delle esigenze cautelari.
Tale conclusione risulta, però, non coerente con il ricordato orientamento della giurisprudenza di legittimità, risalente nel tempo e del tutto univoco, in quanto, come esposto nella stessa ordinanza impugnata, il Giudice per le indagini preliminari, dopo aver riportato, evidentemente per comodità espositiva, le richieste del Pubblico ministero, riepilogative anche dello svolgimento e degli esiti delle indagini, mantenendone anche la struttura e la suddivisione in capitoli e o.L•;
paragrafi, ha fatto seguire a ogni paragrafo della richiesta le proprie autonome osservazioni, connotate in termini anche graficamente diversi, denominate “valutazioni Gip”.
D’altra parte, l’accoglimento delle richieste ritenute fondate e condivisibili non postulava necessariamente una loro riscrittura o riformulazione né un percorso motivazionale diverso o alternativo, essendo consentito, come ricordato, il loro recepimento, nel caso, come quello in esame, di consapevole e argomentata condivisione.
In particolare, il giudice della cautela, come riportato nell’ordinanza impugnata, ha spiegato le modalità con le quali le società buffer venivano utilizzate dal sodalizio di cui al capo 0), con la consapevolezza dei titolari, trattandosi d operazioni prive di ragioni commerciali, e ha anche chiarito che le fatture emesse (così come quelle utilizzate, ricevute da missing trader o da altre società buffer) sottendevano a “operazioni inesistenti, certamente sul piano soggettivo (in quanto la vendita intercorre tra i soggetti giuridici posti agli estremi dei singoli deals)” tal modo dando atto in modo sufficiente del consapevole recepimento di quanto esposto in modo più diffuso nella richiesta cautelare del Pubblico ministero, con la conseguente autonomia e non apparenza della motivazione sul punto che, quindi, non versandosi in una ipotesi di motivazione del tutto priva di vaglio critico dell’organo giudicante, essendo comunque state indicate le ragioni della gravità indiziaria, o apparente, poteva essere integrata dal tribunale del riesame, in quanto il provvedimento impugnato era assistito da una motivazione che enunciava le ragioni della cautela, sia pure in forma stringata ed espressa per relationem in adesione alla richiesta cautelare (cfr. in proposito Sez. 6, n. 10590 del 13/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272596 – 01; Sez. 5, n. 3581 del 15/10/2015, dep. 2016, RAGIONE_SOCIALE Rv. 266050 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Analogamente, per quanto riguarda le esigenze cautelari, non si versa, alla luce di quanto esposto nella stessa ordinanza impugnata, in una ipotesi di motivazione assente o apparente, sia in ragione del consapevole rinvio compiuto dal primo giudice alla richiesta del Pubblico ministero; sia alla luce di quanto esposto, pur in termini generali ma comunque validi a giustificare l’imposizione della misura, a proposito della gravità dei reati, alla dimensione della attivit associativa, alla pericolosità dei coindagati e, più in generale, di tutti i sogge coinvolti negli illeciti, cosicché, anche a questo riguardo, non può utilmente discorrersi di motivazione priva di autonomia, mancante o apparente.
4. Il ricorso in esame deve, dunque, essere accolto, essendo ravvisabili i vizi della motivazione e le errate applicazioni di disposizioni di legge processuale denunciate dal Pubblico ministero ricorrente, cosicché l’ordinanza impugnata deve
essere annullata, con rinvio per nuovo esame della richiesta di riesame al Tribunale di Milano.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Milano
324- competente ai sensi dell’art.p091 comma 5, cod. proc. pen.
Così deciso il 7/4/2025