Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22658 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22658 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 10/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Reggio Calabria il giorno DATA_NASCITA rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO – di fiducia
avverso l’ordinanza n. 949/2023 in data 20/12/2023 del Tribunale di Reggio Calabria in funzione di giudice del riesame;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che con atto datato 9.4.2024 è stata richiesta dal difensore dell’imputato /indagato la trattazione orale ai sensi degli artt. 611, comma 1- bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5duodecíes del d.l. 31 ottobre 2022, n. L.62 , convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del di. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore dell’indagato, AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 20 dicembre 2023, a seguito di giudizio di riesame, il Tribunale di Reggio Calabria, in parziale accoglimento della richiesta di riesame avverso l’ordinanza in data 6 novembre 2023 del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale della medesima città con la quale era stata applicata a NOME COGNOME la misura cautelare personale della custodia in carcere in relazione ad una serie di reati, tutti pluriaggravati, di violazione della legge sulle armi (capi 7 8 della rubrica RAGIONE_SOCIALE imputazioni), ricettazione (capo 9), violazione RAGIONE_SOCIALE prescrizioni imposte a seguito di applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno (capo 16), associazione di tipo mafioso in qualità di promotore, dirigente ed organizzatore (capo 23), violazioni della legge sugli stupefacenti (capi 24 e 25), associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico con il ruolo di promotore, dirigente organizzatore e finanziatore (capo 57) e usura (capo 59), ha annullato la predetta ordinanza con riferimento al solo delitto di cui al capo 16, limitatamente alle condotte precedenti al 30 luglio 2020, confermando nel resto il provvedimento impugnato.
Ricorre per cassazione avverso la predetta ordinanza il difensore dell’indagato, deducendo:
2.1. Violazione degli artt. 606, lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione agl artt. 177 e 292, comma 2, lett. c) stesso codice con riferimento a tutti i reati d cui ai capi di imputazione.
Rileva, al riguardo, la difesa del ricorrente che il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare la nullità dell’ordinanza di custodia cautelare per la mancanza di autonoma valutazione degli indizi che giustificavano la disposta misura, essendosi il G.i.p. limitato a riprodurre il contenuto della richiesta del pubblico ministero e a chiosarla con RAGIONE_SOCIALE espressioni di rito.
2.2. Violazione degli artt. 606, lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 273 e 192 stesso codice con riguardo ai reati di porto, detenzione e ricettazione di armi comuni da sparo anche clandestine di cui ai capi 7, 8 e 9.
Lamenta la difesa del ricorrente che il Tribunale del riesame, dopo avere acquisito le dichiarazioni rese al G.i.p. dal COGNOME e quelle del coimputato NOME COGNOME (relative, peraltro, alle sole imputazioni riguardanti il traffico sostanze stupefacenti), non ha dato risposta né ai chiarimenti offerti dall’indagato, né alle osservazioni contenute in una memoria depositata dal difensore, il tutto
con particolare riferimento al fatto che è emerso che le armi di cui ai capi 7 e 8 della rubrica RAGIONE_SOCIALE imputazioni avrebbero sostituito quelle di cui ai capi 2, 3, 4, e 6 RAGIONE_SOCIALE quale l’indagato NOME COGNOME ha rivendicato la proprietà. In sostanza, non vi sarebbe prova – secondo la difesa del ricorrente – di un concorso penalmente rilevante del COGNOME nei predetti reati. Il Tribunale sul punto, al fine di giungere a diversa conclusione nei confronti del COGNOME, avrebbe operato una valutazione tendenziosa del contenuto RAGIONE_SOCIALE conversazioni intercettate.
2.3. Violazione degli artt. 606, lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione agl artt. 273 e 192 stesso codice con riguardo al reato di cui all’art. 73 legge stupefacenti di cui ai capi 24 e 25.
Sulla premessa che la posizione COGNOME è strettamente connessa a quella del coimputato NOME COGNOME, che ha reso confessione al riguardo, rileva la difesa del ricorrente che i giudici della cautela non avrebbero adeguatamente comparato il contenuto RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni del COGNOME con gli esiti RAGIONE_SOCIALE operazioni di intercettazione, ciò in quanto dal predetto compendio probatorio emerge da un lato che il ruolo del COGNOME si è esaurito esclusivamente nel porre in contatto il COGNOME con tale Familiari, soggetto interessato ai trasporti da parte di terzi e, dall’altro, che il COGNOME era interessato all’attività del COGNOME solo perché quest’ultimo potesse acquisire risorse economiche per estinguere i debiti che aveva nei suoi confronti. In sostanza, da una corretta lettura del compendio probatorio, non emergerebbe che il COGNOME ha ottenuto un profitto diretto dal traffico di sostanza stupefacente operato dal COGNOME.
2.4. Violazione degli artt. 606, lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 273 e 192 stesso codice con riguardo al reato di cui all’art. 74 legge stupefacenti di cui al capo 57.
Rileva sul punto la difesa del ricorrente che la condotta del COGNOME, limitata alla presentazione del COGNOME al fornitore di sostanza stupefacente, non può essere considerata alla stregua di uno stabile inserimento nella struttura organizzativa dell’associazione con assunzione di un ruolo finalizzato all’adempimento degli scopi funzionali della stessa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. E’ doveroso premettere che i motivi di ricorso, fatta eccezione per il primo che interessa globalmente la struttura del provvedimento cautelare genetico sotto il profilo della corretta applicazione del disposto dell’art. 292, comma 2, lett c), cod. proc. pen. e che nell’immediato prosieguo si andrà ad esaminare, non riguardano le contestazioni dei fatti-reato di cui al capo 16 (violazione RAGIONE_SOCIALE prescrizioni imposte a seguito di applicazione della misura di prevenzione della
sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno), di cui al capo 23 (associazione di tipo mafioso con il ruolo di promotore, dirigente ed organizzatore (capo 23) e di cui al capo 59 (usura).
Al di là della asserita violazione processuale, non è quindi contenuta nel ricorso alcuna contestazione in fatto circa la sussistenza dei predetti fatti-reato e circa il coinvolgimento negli stessi dell’odierno ricorrente.
Il primo motivo di ricorso nel quale la difesa del ricorrente lamenta, in relazione a tutti i reati in contestazione al COGNOME, la violazione del disposto dell’art. 292, comma 2, lett. c), cod. proc. pen. è manifestamente infondato.
In punto di diritto, sul presupposto che l’art. 292, comma 2, lett. c) cod. proc. pen., come novellato dalla legge n. 47 del 2015, prevede che il Giudice debba non solo esporre le specifiche esigenze cautelari e gli indizi, ma anche compiere su tali punti una «autonoma valutazione», la cui mancanza impone l’annullamento del provvedimento cautelare, va ricordato che questa Corte Suprema ha già avuto modo di chiarire (cfr. Sez, 6, n. 1897 del 29/10/2015) che ciò significa che il Giudice non può richiamare per intero la richiesta del P.M. o altri atti RAGIONE_SOCIALE indagini preliminari, quand’anche contenga l’esposizione di tutti gli elementi idonei a sorreggere un quadro indiziario grave e la configurabilità RAGIONE_SOCIALE esigenze cautelari, ma deve comunque dar conto della propria valutazione di quegli elementi, sottoponendoli ad esame critico e indicando le ragioni per cui gli stessi risultano tali da corroborare la richiesta e fondare l’applicazione di una misura cautelare.
E’ però evidente che,con la novella legislativa di cui alla I. 47/2005,non si è inteso imporre in tal modo un unico modus procedendi, essendo molteplici le modalità con cui il Giudice può dar conto dell’autonomo percorso valutativo seguito: in particolare,non è esclusa la possibilità di richiamare passi della richiesta di avviamento del trattamento cautelare od anche di atti di polizia giudiziaria dalla stessa a loro volta richiamati, dovendosi comunque ritenere che il mero richiamo sia insufficiente, in assenza della necessaria valutazione critica da parte del Giudice. Ciò perché il contenuto essenziale della motivazione non è costituito dalla mera elencazione di elementi, bensì dalla spiegazione del loro significato in rapporto ai vari punti della decisione: in tale prospettiva, la valutazione autonoma cui è chiamato il Giudice postula,da un lato, l’individuazione degli elementi rilevanti e dall’altro, l’attribuzione agli stessi di un significato preciso, che non può essere semplicemente rappresentato attraverso l’illustrazione operata dal Pubblico Ministero.
Ciò doverosamente premesso, deve però anche essere evidenziato che le censure difensive nei caso in esame risultano – come detto -manifestamente infondate.
Il Tribunale del riesame nel respingere la doglianza difensiva de qua ha, infatti, correttamente e condivisibilnnente osservato che il Giudice per le indagini preliminari, nell’esaminare la specifica posizione dell’odierno ricorrente (così come quella degli altri indagati), risulta avere operato una altrettanto specifica e autonoma valutazione degli elementi acquisiti durante le indagini in riferimento ad ognuno dei fatti contestati, partendo da una esposizione dei fatti legata alle acquisizioni RAGIONE_SOCIALE indagini e, poi, differenziando la posizione di ciascun indagato.
In sostanza, osserva l’odierno Collegio, il Giudice che ha emesso il provvedimento cautelare, dopo avere riportato i passaggi ritenuti decisivi contenuti nella richiesta del Pubblico Ministero con riguardo alle emergenze investigative, ha evidenziato di aver vagliato criticamente i dati salienti dell vicenda, spiegando la rilevanza degli elementi emersi, la capacità degli stessi a costituire un grave indizio del reato in contestazione al COGNOME e, altrettanto adeguatamente, ha illustrato le esigenze cautelari ritenute sussistenti a carico del predetto.
Tornando ai concreti profili contenutistico-motivazionali del provvedimento impugnato, è, poi, di tutta evidenza che il Giudice nel provvedimento cautelare ben può ripercorrere gli elementi oggettivi emersi nel corso RAGIONE_SOCIALE indagini e segnalati nella richiesta del Pubblico Ministero non potendosi certo pretendere che egli ne debba individuare di diversi (che potrebbero anche non esistere), così come ben può anche condividere in toto le argomentazioni espresse dall’Autorità Inquirente: il concetto di “autonoma” valutazione espresso dal Legislatore, infatti, non può che essere inteso come valutazione “non condizionata” che è cosa ben diversa da una valutazione “non conforme” in quanto, se così non fosse, si dovrebbe giungere al paradosso di sostenere che il Giudice potrebbe dimostrare la propria “autonomia” (così da evitare vizi dell’ennittendo provvedimento cautelare) solo non accogliendo (in tutto od in parte) la richiesta del Pubblico Ministero o ricorrendo, pur in presenza di fatti di palese evidenza e di univoca interpretazione, a motivazioni distoniche rispetto a quelle del Pubblico Ministero che però portino comunque al medesimo condiviso risultato.
Anche il secondo motivo di ricorso che riguarda le contestazioni di cui ai capi 7 8 e 9 relativi a violazioni della legge sulle armi ed alla ricettazione del armi di cui al capo 8 e di altre, provento dei delitti di furto e di rapina è da ritene manifestamente infondato.
Giova preliminarmente evidenziare che le Sezioni Unite di questa Corte Suprema hanno già avuto modo di chiarire che «in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei
)DATA_NASCITA
gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità ed ai limiti che ad ess ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto RAGIONE_SOCIALE ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi d diritto che governano l’apprezzamento RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie» (In motivazione, la S.C., premesso che la richiesta di riesame ha la specifica funzione, come mezzo di impugnazione, sia pure atipico, di sottoporre a controllo la validità dell’ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti formali enumerati nell’art. 292 cod. proc. pen. e ai presupposti ai quali è subordinata la legittimità del provvedimento coercitivo, ha posto in evidenza che la motivazione della decisione del tribunale del riesame, dal punto di vista strutturale, deve essere conformata al modello delineato dal citato articolo, ispirato al modulo di cui all’art. 546 cod proc. pen., con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente all’accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di colpevolezza) (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Rv. 215828).
Tale orientamento, dal quale l’odierno Collegio non intende discostarsi, ha trovato conforto anche in pronunce più recenti di questa Corte Suprema (ex ceterís: Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, Rv. 255460).
Ne consegue che «l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. e RAGIONE_SOCIALE esigenze cautelari di cui all’art. 274 stesso codice è rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato» (In motivazione, la S.C. ha chiarito che il controllo di legittimità non concerne né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità RAGIONE_SOCIALE fonti e la rilevanza e concludenza de dati probatori, onde sono inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito) (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Rv. 276976; Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, Rv. 261400; Sez. 3, n. 40873 del 21/10/2010, Rv. 248698).
Ciò doverosamente prospettato in punto di diritto, va detto che il Tribunale del riesame alle pagg. 21-26 ha dettagliatamente ricostruito i fatti in contestazione e, per quanto in questa sede maggiormente interessa, il ruolo dell’indagato negli stessi.
Parte ricorrente rileva che le armi RAGIONE_SOCIALE quali parla l’indagato NOME nelle conversazioni intercettate nel 2020 e RAGIONE_SOCIALE quali lo stesso ha rivendicato la
proprietà coincidono con quelle sequestrate il 3 maggio 2021 e di cui alle imputazioni qui in esame. Il che, sempre secondo parte ricorrente, dimostrerebbe che il COGNOME era al più a conoscenza dell’esistenza RAGIONE_SOCIALE stesse ma non avrebbe concorso con NOME COGNOME nei reati in contestazione.
Fermo restando che non vi è comunque prova assoluta di tale coincidenza, osserva il Collegio che, se anche quanto asserisce parte ricorrente fosse fondato, la valutazione della posizione del COGNOME non cambierebbe alla luce di quanto emerso alla luce RAGIONE_SOCIALE indagini compiute nei momenti immediatamente successivi a tale sequestro.
Risultano, infatti, ben descritte dal Tribunale del riesame, una serie di condotte e di frasi intercettate (v. in particolare pagg. da 22 a 25 dell’ordinanza impugnata) che ben delineano il pieno ruolo concorsuale (con NOME COGNOME e con gli altri soggetti indicati nei capi di imputazione in esame) del COGNOME, personaggio di vertice della consorteria criminale, nei fatti-reato di cui ai capi 7, e 9.
I riferimenti che i Giudici della cautela hanno tratto dalle emergenze investigative con riguardo alle circostanze che il COGNOME faceva riferimento alle forze di polizia sui luoghi, si allarmava per quanto accaduto, faceva commenti sulla sicurezza del luogo di occultamento RAGIONE_SOCIALE armi, si soffermava sul comportamento del concorrente COGNOME (colui che avrebbe provveduto allo spostamento RAGIONE_SOCIALE armi ed al loro occultamento nel terreno dove sono state rinvenute e sequestrate) al fine di analizzarne i sospetti di tradimento e comunque criticando la sua condotta, l’esplicitata paura di un possibile arresto e la conseguente ricerca di possibili elementi per giustificare la propria condotta unita ad espressioni intercettate e testualmente richiamate nel provvedimento (« e non mi hanno sentito, ed hanno trovato le armi, e da NOME, li ha bruciati ormai …») non consentono, allo stato degli atti, ricostruzioni alternative a quella del pieno coinvolgimento dell’odierno ricorrente nei fatti-reato de quibus.
Sul punto deve solo aggiungersi che il Tribunale del riesame risulta aver preso in esame le questioni contenute nella memoria difensiva depositata in udienza (v. pag. 25 dell’ordinanza impugnata), peraltro chiarendo che le stesse non sono meritevoli di accoglimento proprio alla luce degli inequivoci elementi probatori evidenziati in precedenza nell’ordinanza stessa.
Il terzo ed il quarto motivo di ricorso relativi ai fatti di cui ai capi 24 e 57 appaiono-ratione materiaemeritevoli di trattazione congiunta e sono anch’essi manifestamente infondati.
Si è detto come la difesa del ricorrente, in detti motivi di ricorso, sostiene che il COGNOME in relazione alle vicende che hanno portato ai traffici di
stupefacente di cui ai capi 24 e 25 si sarebbe limitato ad indicare a NOME COGNOME il canale di approvvigionamento ed avrebbe agito con la sola finalità che il COGNOME potesse, con i proventi economici che ne sarebbero conseguiti, saldare i debiti che aveva nei suoi confronti, condotta questa che escluderebbe un concorso in tali reati e che comunque avrebbe caratteristiche di occasionalità da escludere una partecipazione stabile dell’odierno ricorrente all’associazione di cui all’art. 74 del d.P.R. n. 309/90 (e succ. modif.).
Non v’è chi non veda come il ruolo che la difesa cerca di attribuire al COGNOME nelle vicende in esame è assolutamente riduttivo rispetto all’imponente materiale probatorio richiamato dai Giudici della cautela e sintetizzato nelle pagg. da 28 a 38 dell’ordinanza impugnata che, a loro volta, legittimamente richiamano per relationem centinaia di pagine dell’ordinanza genetica, materiale dal quale si evince che il COGNOME ha rivestito un ruolo di vertice anche nel sodalizio criminale descritto in tutte le sue articolazioni al capo 57 della rubrica RAGIONE_SOCIALE imputazioni ed ha concorso anche nelle condotte di cui ai capi 24 e 25.
Nell’ordinanza impugnata, con motivazione congrua che si dipana in una ricostruzione logica dei fatti supportata dagli esiti RAGIONE_SOCIALE operazioni d intercettazione, dalle videoriprese e dai tracciati dei GPS RAGIONE_SOCIALE autovetture degli indagati, si ricostruisce come il COGNOME è stato parte ideativa ed attiva in ordine alle modalità realizzative dei traffici di stupefacente tra la Calabria e la Sicil essendo pienamente conscio RAGIONE_SOCIALE dinamiche per la loro realizzazione anche attraverso l’utilizzazione di NOME NOME come corriere.
Il fatto poi, emergente dagli atti, che il COGNOME avesse dei debiti a livello di usura nei confronti dell’odierno ricorrente e di altri non incide minimamente sul ruolo concorsuale del COGNOME nei traffici di stupefacente ed anzi rafforza l’idea di utilizzazione dello stesso al fine di consentirgli di ripianare la propria posizion debitoria.
A ciò si aggiunge che è emerso dalle intercettazioni che il COGNOME e gli altri concorrenti nei reati de quibus non solo avevano fornito al COGNOME tutte le istruzioni per mantenere i contatti con fornitori ed acquirenti della droga ma, a tal fine, gli avevano anche consegnato un telefono cellulare criptato.
Sempre COGNOME e COGNOME,fornivano al COGNOME le indicazioni sui quantitativi di droga e sulle modalità di effettuazione dei viaggi.
In sostanza, emerge ed è ampiamente esplicitato nel compendio probatorio analizzato dai giudici della cautela che il COGNOME è stato protagonista fin dall’inizio ed unitamente a NOME ed NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE descritte dinamiche criminose anche discutendo con i COGNOME sull’affidabilità del corriere COGNOME.
La gravità indiziaria in ordine ai reati di cui ai capi 24, 25 e 57 a carico del COGNOME emerge quindi in modo evidente dalle motivazioni dei provvedimenti cautelari che appaiono privi di qualsiasi vizio rilevabile in questa sede.
Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del procedimento nonché, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186) al versamento della somma ritenuta equa di euro tremila a favore della RAGIONE_SOCIALE.
Poiché dalla presente decisione non consegue la rinnessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1-ter, RAGIONE_SOCIALE disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto per provveda a quanto stabilito dal comma 1-bis del citato articolo 94.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila a favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti dì cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 10 maggio 2024.