Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 29631 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 29631 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Catania il 03/06/1969 avverso l’ordinanza del 17/03/2025 del Tribunale del riesame di Catania Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
È stata impugnata da COGNOME Vincenzo l’ordinanza del Tribunale del riesame di Catania, che ne ha rigettato l’istanza ex art. 309 cod. proc. pen. avverso l’ordinanza di misura cautelare della custodia in carcere emanata dal giudice per le indagini preliminari distrettuale in data 28 gennaio 2025, perché gravemente indiziato del delitto di cui all’art. 416 bis cod. pen. , a lui ascritto in veste di partecipe della famiglia mafiosa di Ramacca, facente capo a Cosa Nostra catanese.
Il ricorso, a firma di due difensori abilitati, si è affidato a due motivi, di seguito enunciati a norma e nei limiti dell’art. 173 comma 1 disp. att. cod. proc. pen..
2.1. Il primo motivo ha denunciato la nullità del provvedimento coercitivo e, di conseguenza, dell’ordinanza impugnata a cagione dell’assenza di un’autonoma valutazione del materiale indiziario da parte del giudice per le indagini preliminari, che si sarebbe appiattito sulla richiesta del pubblico ministero, sostanzialmente ‘copiata’ salvo che nella parte relativa alla elencazione delle intercettazioni. Le ‘chiose’ menzionate dal Tribunale del riesame, che dimostrerebbero l’effettuazione di un’ autonoma valutazione, in realtà non sarebbero rinvenibili. Né il giudice del riesame avrebbe potuto sostituirsi al giudice per le indagini preliminari nella descrizione dei gravi indizi di colpevolezza, perché è possibile un’integrazione di una motivazione , purché quest’ultima sia almeno esistente. Il giudice per le indagini preliminari non avrebbe preso in considerazione gli elementi rilevanti, a discarico, che il ricorso per cassazione ha proceduto ad individuare singolarmente e che avrebbero condotto ad esito decisorio differente.
2.2. Il secondo motivo ha lamentato la ricorrenza dei vizi di cui all’art. 606 lett. c) ed e) cod. proc. pen., perché la difesa dell’indagato ha depositato una memoria difensiva dinanzi al Tribunale del riesame, che i giudici avrebbero totalmente ignorato, con cui avrebbe dimostrato che -avendo subito Fresta una serie di atti intimidatori, denunciati alle autorità -egli non potrebbe essere ritenuto un appartenente al sodalizio mafioso.
Il ricorso, proposto successivamente al 30 giugno 2024, è stato trattato – ai sensi dell’art. 611, come modificato dal d.lgs. del 10.10.2022 n. 150 e successive integrazioni -in assenza di richiesta di trattazione orale, senza l’intervento delle parti.
Il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso, con requisitoria scritta, chiedendo il rigetto del ricorso.
È stata respinta l ‘ istanza del difensore di differimento della trattazione del ricorso, giacché non è stata depositata richiesta tempestiva di trattazione orale.
Considerato in diritto
Il ricorso, a tratti inammissibile, è nel complesso infondato.
Il primo motivo è in parte generico e comunque infondato, per più ordini di ragioni.
1.1. Con enunciati condivisibili, la giurisprudenza di questa Corte ha affermato, in tema di motivazione delle ordinanze cautelari personali, che la prescrizione della necessaria autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, contenuta nell’art. 292, comma 2, lett. c), cod. proc. pen., come modificato dalla legge
16 aprile 2015, n. 47, è osservata anche quando il giudice ripercorra gli elementi oggettivi emersi nel corso delle indagini e segnalati dalla richiesta del pubblico ministero, potendo egli condividere integralmente le argomentazioni del pubblico ministero stesso, purché dia conto, in motivazione, del proprio esame critico dei predetti elementi, e delle ragioni per cui egli li ritenga idonei a supportare l’applicazione della misura (Sez. 2, n. 5497 del 29/01/2016, Rv. 266336).
1.2. Si è evidenziato, perciò, che il difetto di originalità linguistica o espositiva del contenuto del provvedimento cautelare emesso dal giudice per le indagini preliminari rispetto alla richiesta del pubblico ministero non implica automaticamente la violazione dell’obbligo di autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, ma rileva soltanto come uno degli elementi da cui desumere l’insussistenza di un effettivo vaglio da parte del giudice (Sez. 2, n. 43676 del 07/10/2021, Rv. 282506; Sez. 3, n. 35720 del 06/10/2020, Rv. 280581). In altre parole, imponendo la regola dell’autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza soltanto che il giudice espliciti le ragioni sottese all’adozione della misura, gli è certamente consentito trascrivere nel provvedimento di adozione della misura cautelare gli elementi fattuali come indicati nella richiesta del pubblico ministero anche senza alcuna aggiunta, perché costituenti il dato oggettivo posto alla base della richiesta (Sez. 6, n. 46792 del 11/09/2017, Rv. 271507). Non essendo previsto uno schema rigido, la cui osservanza permetta di ritenere soddisfatto il requisito dell’autonoma valutazione, il giudice è, dunque, libero di adottare le formule più opportune a giustificare la decisione assunta.
1.3. La ratio della disposizione di cui all’art. 292, comma 2, lett. c) cod. proc. pen., ossia l’obbligo del giudice, correlato ai principi di terzietà ed imparzialità che sovrintendono alla funzione giudicante, di manifestare all’esterno in modo percepibile il proprio convincimento (Sez. 1, n. 5787 del 21/10/2015, dep. 2016, Rv. 265983), ne ha, quindi, suggerito un’interpretazione non formalistica, di modo che se ne è riconosciuto il rispetto ove il giudice, pur in assenza di una riscrittura “originale” degli elementi indizianti o di quelli riferiti alle esigenze cautelari, abbia dato conto delle ragioni per cui abbia ritenuto di poter attribuire al compendio indiziario un significato coerente all’integrazione dei presupposti normativi per l’adozione della misura (Sez. 5, n. 11922 del 02/12/2015, dep. 2016, Rv. 266428): e ciò, anche nell’ipotesi in cui il giudice abbia richiamato in maniera più o meno estesa il provvedimento impugnato con la tecnica di redazione “per incorporazione”, con condivisione delle considerazioni già svolte da altri, «poiché valutazione autonoma non vuol dire valutazione diversa o difforme, sempreché emerga dal contenuto del provvedimento la padronanza degli atti del procedimento e, se necessario, una rielaborazione critica degli elementi sottoposti a vaglio giurisdizionale,
eventualmente con la graduazione o rigetto delle misure» (Sez. 5, n. 70 del 24/09/2018, dep. 2019, Rv. 274403).
1.4. In conclusione, e per un verso, il requisito dell’autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza impone al giudice l’obbligo del vaglio critico delle risultanze investigative tramite un’attività ricostruttiva ed esplicativa che, tuttavia, non implica la necessità di una loro riscrittura originale (Sez. 3, n. 48962 del 01/12/2015, Rv. 265611) rispetto all’esposizione offerta dal pubblico ministero nella richiesta di applicazione di misura cautelare e che la verifica del rispetto del detto obbligo deve riferirsi alla motivazione del provvedimento nel suo complesso e non a ciascuna contestazione e ad ogni singolo indagato, poiché con esso si esprime l’esito finale della verifica compiuta dal giudice sulla richiesta cautelare (Sez. 5, n. 11985 del 07/12/2017, dep. 2018, Rv. 272939).
1.5. Per altro verso, il collegio si riconosce altresì nell’indirizzo giurisprudenziale, invero costante, in virtù del quale, ove il ricorrente per cassazione avverso un provvedimento di natura cautelare denunci la nullità dell’ordinanza cautelare per omessa autonoma valutazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari -accanto all’allegazione in forma integrale della richiesta e dell’ordinanza genetica – è tenuto ad indicare gli aspetti della motivazione in relazione ai quali la dedotta omissione abbia impedito apprezzamenti di segno contrario, di rilievo tale da condurre a conclusioni diverse da quelle adottate, onde consentire al giudice di legittimità il vaglio dell’eccezione (sez. 3, n. 10400 del 19/11/2024, Business Management s.r.l., Rv.287827; Sez. 1, n. 46447 del 16/10/2019, Firozpoor, Rv. 277496; Sez. 1, n. 333 del 28/11/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274760); in altre parole, è onere del ricorrente non solo dare dimostrazione appagante della sovrapponibilità delle valutazioni formulate dal pubblico ministero e dal giudice (cfr. anche sez. 2, n. 42333 del 12/09/2019, Devona, Rv. 278001), ma dare evidenza che tale ‘modus operandi’ abbia precluso di tenere in considerazione elementi a discarico decisivi, che avrebbero potuto disarticolare il ragionamento espositivo che si assume puramente tralaticio.
Premesse le linee esegetiche, il motivo di ricorso non coglie nel segno, perché, da un lato, il Tribunale, con proposizioni immuni da censure di pertinenza del giudice di legittimità, ha spiegato come nel percorso logico-argomentativo del provvedimento adottato dal giudice per le indagini preliminari risaltino i singoli profili dimostrativi dell’autonomo vaglio degli elementi illustrati dalla poderosa richiesta cautelare del pubblico ministero; e come, in ogni caso, l’ordinanza del giudice in armonia con i principi tracciati dalla giurisprudenza di legittimità, sopra menzionati -abbia
legittimamente utilizzato la richiesta dell’ufficio inquirente come ‘piattaforma di lavoro’
ed abbia esposto ‘in modo pregevole e puntuale tutte le emergenze investigative’. Dall’altro lato, il ricorrente non ha adempiuto all’onere di indicare gli aspetti della motivazione in relazione ai quali il presunto, mancato rispetto dell’obbligo del giudice delle indagini preliminari di autonoma valutazione abbia impedito apprezzamenti di segno contrario di tale rilevanza da condurre a conclusioni diverse da quelle adottate (Sez. 1, n. 46447/2019, cit.), dal momento che la mera elencazione di una serie di dati confutativi (pagg. 5-7 del ricorso) vale ad opporre una diversa interpretazione di taluni elementi indiziari e del quadro esigenziale, con riferimento ai quali è tuttavia pretermesso qualsiasi approfondimento attinente all’efficacia demolitiva che, nel complesso, essi produrrebbero sulla solidità del compendio gravemente indiziario e della c.d. doppia presunzione relativa, sottesa al requisito delle esigenze cautelari.
3. Il secondo motivo è aspecifico e manifestamente infondato.
3.1. Mette conto ribadire l’orientamento costante della giurisprudenza di legittimità in tema di impugnazione di misure cautelari personali, in virtù del quale l’omessa valutazione di una memoria difensiva da parte del giudice del riesame determina la nullità del provvedimento nel solo caso in cui siano in essa articolate specifiche deduzioni che non si limitino ad approfondire argomenti a fondamento di quelle già prospettate ex art. 309, comma 6, cod. proc. pen., ma contengano autonome e inedite censure del provvedimento impugnato, che rivestano carattere di decisività ( ex multis , sez. 5, n. 11579 del 20/02/2022, Adiletta, Rv. 282972); ne consegue che l’omessa decisione su una richiesta può determinare il vizio di omessa pronuncia, mentre l’omessa trattazione di un argomento può fondare il vizio di omessa motivazione, ma soltanto se esso rivesta potenzialità disgregante della tenuta logica del provvedimento (in questo senso, Sez. 6, n. 3724 del 25/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 267723).
3.2. Orbene, per un verso, le scarne note di dissenso agitate dal motivo di ricorso nulla puntualizzano in tale direzione e, per altro verso, nemmeno consentono di cogliere l’assunta lacuna del corredo motivazionale dell’ordinanza , che ha replicato, anche in modo circostanziato, alle deduzioni della memoria difensiva (pagg.9-11, a riguardo della ‘memoria’ menzionata nel § 5), con la trattazione anche dello specifico profilo degli atti di ‘intimidazione’ in danno del ricorrente, come l”umiliazione’ da lui subita ad opera di NOME COGNOME figlio di un ‘personaggio di spicco’ della malavita organizzata ; e l’ha congruamente ritenuto di impatto inconsistente in ottica difensiva, in quanto riconducibile ad un fisiologico contesto di conflittualità tra esponenti di distinti aggregati mafiosi.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., alla declaratoria di rigetto del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Deve essere disposta la trasmissione di copia del provvedimento alla Direzione dell’istituto penitenziario per gli adempimenti e le annotazioni di competenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così è deciso, 17/06/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME