Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 43201 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 43201 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME NOME, nato a Sant’Agata Militello il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 30/04/2024 del Tribunale per il riesame di Messina visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato
inammissibile
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe indicata, il Tribunale per il riesame di Messina ha rigettato la richiesta di riesame presentata NOME COGNOME, così confermando il provvedimento con cui il Giudice per le indagini preliminari di Messina aveva disposto il sequestro preventivo di 93 titoli AGEA di proprietà della RAGIONE_SOCIALE, di cui il ricorrente è legale rappresentante.
Il vincolo è stato apposto in relazione al reato di impiego di denaro, beni o utilità provenienti dai delitti di truffa e falso, aggravato ai sensi dell’art. 416bis. 1 cod. pen.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME denunciando un unico motivo di annullamento, di seguito sintetizzato conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Viene dedotto il vizio di violazione di legge in relazione agli artt. 324, 309, 292 cod. proc. pen. per difetto di autonoma valutazione da parte del Giudice per le indagini preliminari del fumus commissi delicti, in quanto l’ordinanza genetica è la mera riproposizione testuale della istanza cautelare del pubblico ministero e, come tale, avrebbe dovuto essere annullata e non integrata dal Tribunale del riesame.
Priva di pregio, poi, è l’affermazione secondo cui la difesa si sarebbe limitata a dolersi della riproposizione dell’istanza cautelare mediante la tecnica del copiaincolla, senza altro dedurre, in quanto il ricorrente aveva censurato l’omessa valutazione degli elementi dai quali dedurre che NOME COGNOME, e non NOME COGNOME, fosse gestore di fatto dell’azienda, e delle modalità attraverso le quali costui si sarebbe interessato per l’attivazione dei titoli AGEA. La difesa, inoltre, aveva censurato l’omessa motivazione in ordine alle circostanze da cui desumere la consapevolezza della provenienza illecita dei titoli da parte del ricorrente.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto meramente reiterativo di quello già proposto al Tribunale del riesame e da questo respinto con motivazione logica e immune da vizi.
Il Tribunale, dopo aver richiamato la giurisprudenza di legittimità secondo cui in tema di motivazione delle ordinanze cautelari personali, la previsione di “autonoma valutazione” delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, introdotta all’art. 292, comma primo, lett. c), cod. proc. pen. dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, impone al giudice di esplicitare, indipendentemente dal richiamo in tutto o in parte di altri atti del procedimento, i criteri adottati a fondamento del decisione e non implica, invece, la necessità di una riscrittura “originale” degli elementi o circostanze rilevanti ai fini della disposizione della misura (Sez. 6, n. 13864 del 16/03/2017, Marra, Rv. 269648), ha ritenuto che nel caso di specie
nell’ordinanza genetica vi fosse un principio di motivazione, integrabile in sede di riesame.
È stata, quindi, fatta corretta applicazione del principio ripetutamente affermato dalla questa Corte secondo cui, anche a seguito delle modifiche apportate dalla legge 16 aprile 2015, n. 47 agli artt. 292 e 309, cod. proc. pen., sussiste il potere-dovere del Tribunale del riesame di integrare le insufficienze motivazionali del provvedimento impositivo della misura qualora questo sia assistito da una motivazione che enunci le ragioni della cautela, anche in forma stringata ed espressa “per relationem” in adesione alla richiesta cautelare, a meno che non si sia in presenza di una motivazione del tutto priva di vaglio critico dell’organo giudicante mancando, in tal caso, un sostrato su cui sviluppare il contraddittorio tra le parti.
Nel caso di specie il giudice per le indagini preliminari aveva sottoposto a vaglio complessivo il materiale sottoposto alla sua attenzione «rigettando la richiesta di misura sia personale per numerosi indagati sia reale avendo, ad esempio, sottoposto a sequestro in relazione alle truffe aggravate i cd. titoli tossici e il profitto del reato ma non ha anche le RAGIONE_SOCIALE ritenute scatole vuote e meri schermi». Inoltre, a fronte di una imponente attività investigativa nei confronti di sessanta indagati e otto RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE” attive nelle richieste di contributi pubblici, il giudice per le indagini preliminari aveva richiamato i dati riportati nell richiesta relativi alle vicende della RAGIONE_SOCIALE e agli esiti di altro procedimento penale, da cui emergeva che NOME COGNOME, fratello del ricorrente, era stato riconosciuto amministratore solo di diritto della RAGIONE_SOCIALE, di cui era amministratore di fatto, dal 2014 al 2016, NOME COGNOME (fatto accertato con sentenza di merito in primo grado).
Il Tribunale rileva, ulteriormente, che la difesa ha censurato l’utilizzo della tecnica del copia-incolla in riferimento ad alcuni elementi fattuali (costituzione e titolarità formale della RAGIONE_SOCIALE, compravendita dei titoli tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, identità di sede sociale, pattuizione di un prezzo vile mai pagato), che nel merito non ha contestato.
Le ulteriori doglianze difensive, reiterate in questa sede, sono puntualmente esaminate, e respinte, nell’ordinanza impugnata, con motivazione logica e immune da vizi. Il provvedimento precisa che è emerso in altro procedimento penale che NOME COGNOME aveva presentato domanda unica di pagamento per la campagna 2014 per conto della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, di fatto inattiva, ottenendo a titolo originario, ai sensi dell’art. 24 del regolamento PAC, i titoli ricognitivi del diritto agli aiuti.
Tali titoli, ottenuti dichiarando falsamente la sussistenza dei presupposti per il diritto all’aiuto, dopo essere stati utilizzati dal 2014 al 2016 dalla RAGIONE_SOCIALE, sono sta ceduti a prezzo vile alla RAGIONE_SOCIALE, rappresentata dal ricorrente, che li ha utilizzati nei successivi anni 2018-2021. La sorgente RAGIONE_SOCIALE ha la sede sociale nello stesso luogo della RAGIONE_SOCIALE, è rappresentata dal ricorrente, fratello del legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE. Per questo «la consapevolezza in capo al prevenuto della natura tossica deli titoli utilizzati non può essere messa in discussione, ove si consideri non solo e non tanto il rapporto di parentela con il dante causa, ma anche la continuità aziendale tra le due compagini, cedente e cessionaria, che hanno significativamente la stessa sede sociale, convincimento ulteriormente avvalorato dalla mancata corresponsione del prezzo».
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16/10/2024.