Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 6851 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 6851 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME, nato in Albania il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 10/8/2023 del Tribunale di L’Aquila visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 10 agosto 202311 Tribunale di L’Aquila ha rigettato la richiesta di riesame presentata da NOME COGNOME nei confronti dell’ordinanza del 29 luglio 2023 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Teramo, con la quale gli è stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere in relazione a due contestazioni di detenzione e cessione illecita di sostanze stupefacenti del tipo cocaina (capi C e F della rubrica provvisoria).
Avverso tale ordinanza l’indagato ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite dell’AVV_NOTAIO, che lo ha affidato a un unico articolato motivo, mediante il quale ha denunciato la violazione di disposizioni di legge processuale e un vizio della motivazione, ribadendo la doglianza formulata con i motivi posti a fondamento della richiesta di riesame in ordine alla mancanza di autonoma valutazione dei gravi indizi di responsabilità per entrambe le ipotesi accusatorie da parte del giudice per le indagini preliminari, che si era limitato a recepire la richiesta del pubblico ministero, allegandone copia alla ordinanza applicativa della misura cautelare, senza compiere il prescritto e necessario autonomo vaglio critico delle risultanze investigative, richiesto anche in caso di motivazione per relationem, ma riportandosi in modo acritico alle richieste del pubblico ministero per tutte le posizioni oggetto delle richieste, senza distinguerle tra loro.
Il Tribunale, investito di tale doglianza con la richiesta di riesame, la aveva disattesa con motivazione generica, fondata sulla mera rielaborazione stilistica della richiesta di applicazione della misura cautelare compiuta dal giudice per le indagini preliminari e sulla sottolineatura della ricostruzione della condotta di cui al capo C e dell’esame complessivo della vicenda da parte del giudice per le indagini preliminari e, in particolare, della condotta di interramento di due fusti in acciaio nei quali erano stati occultati circa 29 chilogrammi di cocaina, senza, però, spiegare il coinvolgimento del ricorrente in tale condotta (contestata al capo F).
Tali rilievi erano stati ribaditi con la richiesta di riesame, ma il Tribunale aveva disattesi con argomenti generici e congetturali, limitandosi a richiamare le risultanze investigative sulla base delle quali il ricorrente era stato individuat come uno dei partecipi alle condotte di cui al capo C e sull’arresto in flagranza del ricorrente e di COGNOME COGNOME in data 29/04/2023, dopo il rinvenimento di circa 4 chilogrammi di cocaina (custoditi in buste di plastica), desumendone in modo illogico la partecipazione del ricorrente anche alla detenzione della sostanza stupefacente custodita in fusti d’acciaio interrati e sequestrata il 19/05/2023.
Ha censurato anche il giudizio di inadeguatezza della misura degli arresti domiciliari, che, tra l’altro, gli erano stati applicati dal medesimo giudice per l
indagini preliminari del Tribunale di Teramo per il precedente episodio del 29/4/2023, in considerazione della condizione di incensuratezza del ricorrente.
Il AVV_NOTAIO Generale ha concluso sollecitando la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, sottolineando la genericità del ricorso, l’autonoma valutazione compiuta dal giudice per le indagini preliminari nella ordinanza applicativa della misura cautelare, l’ampia motivazione con la quale il tribunale aveva illustrato in modo logico gli elementi indiziari a carico del ricorrente e la lor univoca valenza dimostrativa della sua partecipazione alle condotte contestategli e la sussistenza delle esigenze cautelari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Va, anzitutto, osservato che la denuncia di mancanza di autonoma valutazione degli elementi indiziari da parte del giudice per le indagini preliminari e della conseguente violazione dell’art. 292, comma 2, cod. proc. pen., risulta generica, in quanto è priva della analisi della vicenda sottostante l’applicazione della misura cautelare, delle risultanze investigative, delle condotte contestate, degli elementi a carico, del contenuto del provvedimento impositivo della misura cautelare, delle ragioni poste a fondamento della richiesta di riesame e del contenuto dell’ordinanza impugnata, con la quale il ricorrente ha omesso il necessario confronto critico, con la conseguente impossibilità di apprezzare la fondatezza del rilievo di mancanza di autonoma valutazione delle esigenze cautelari.
Costituisce, infatti, principio già affermato in tema di impugnazioni avverso i provvedimenti cautelari personali quello secondo cui il ricorrente per cassazione che denunci la nullità dell’ordinanza cautelare per omessa autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza ha l’onere di indicare gli aspetti della motivazione in relazione ai quali detta omissione abbia impedito apprezzamenti di segno contrario di tale rilevanza da condurre a conclusioni diverse da quelle adottate (Sez. 1, n. 46447 del 16/10/2019, Firozpoor, Rv. 277496).
Qualora, come nel caso in esame, la nullità dell’ordinanza cautelare per omessa autonoma valutazione, da parte del giudice per le indagini preliminari, dei requisiti previsti dall’art. 292 cod. proc. pen. sia solo genericamente eccepita, in assenza di indicazioni relative ai passi dell’ordinanza che richiamano o ricalcano la richiesta cautelare o alle ragioni per cui la dedotta omissione avrebbe impedito apprezzamenti di segno contrario tali da condurre a conclusioni diverse, il tribunale
del riesame, nel rigettare tale eccezione, non è tenuto a fornire una motivazione più articolata e ad indicare specificamente le pagine ed i passaggi del provvedimento impugnato in cui rinvenire detta autonoma valutazione (così Sez. 2, n. 42333 del 12/09/2019, Devona, Rv. 278001).
In ogni caso il Tribunale di L’Aquila, nel disattendere la doglianza di mancanza di autonoma valutazione delle risultanze investigative da parte del giudice per le indagini preliminari, ha dato atto che nell’ordinanza applicativa della misura coercitiva il giudice della cautela non si è limitato a un pedissequo o acritico recepimento della richiesta del pubblico ministero, ma ha rielaborato il materiale investigativo da un punto di vista stilistico e contenutistico, enucleando e sottolineando gli aspetti più significativi emersi e indicando gli elementi di prova a sostegno delle contestazioni di cui ai capi C e F mosse al ricorrente, con metodologia espositiva indicativa di una autonoma valutazione e di conoscenza approfondita degli atti del procedimento, desumibile, tra l’altro, dal richiamo alla precedente ordinanza cautelare emessa nei confronti del coindagato NOME COGNOME e ai vari provvedimenti autorizzativi di intercettazioni di conversazioni emessi nel corso delle indagini preliminari, oltre che dall’analisi della condotta di interramento dei fusti metallici contenenti sostanza stupefacente del tipo cocaina di cui al capo F.
Il Tribunale ha anche dato atto della adeguatezza della motivazione dell’ordinanza genetica nella parte relativa alla adeguatezza della misura della custodia in carcere, giustificata con la gravità della condotta e la protrazione di condotte illecite per un periodo rilevante.
Si tratta di motivazione idonea a dar conto della autonoma valutazione delle risultanze investigative e delle esigenze cautelari da parte del giudice per le indagini preliminari, che il ricorrente non ha considerato in modo critico, con la conseguente manifesta infondatezza della censura di mancanza di autonoma valutazione delle risultanze investigative e delle esigenze cautelari, risultando chiaramente insussistenti, sulla base della lettura del provvedimento impugnato, le violazioni di disposizioni di legge processuale prospettate dal ricorrente.
Il Tribunale ha anche giustificato adeguatamente la conferma della sussistenza degli indizi di responsabilità e delle esigenze cautelari e anche il giudizio di adeguatezza della custodia in carcere applicata al ricorrente, sottolineando, quanto al capo C, quanto emergente dalle riprese video, dalle intercettazioni, dai pedinamenti e dalle successive perquisizioni e sequestri (a proposito della partecipazione del ricorrente al trasporto illecito di circa 40 chilogrammi di cocaina in data 11/03/2023), e, quando al capo F, gli esiti dei servizi di osservazione iniziati il 29/04/2023, eseguiti anche avvalendosi di un
drone, le perquisizioni eseguite dalla polizia giudiziaria nei luoghi nei quali i ricorrente e NOME erano più volte stati notati dalla polizia giudiziaria (che hanno consentito il ritrovamento di due fusti in acciaio, interrati, contenenti circa 2 chilogrammi di cocaina), traendone, in modo logico, la riconducibilità al ricorrente e al NOME di tale ultimo quantitativo di stupefacente, nonostante il tempo trascorso tra il primo arresto del ricorrente e il sequestro del 19/05/2023, evidenziando l’identità dei loghi presenti sulle confezioni di plastica contenenti stupefacente sequestrati il 29/04/2023 e quelli presenti nelle confezioni interrate e sequestrate il 19/05/2023.
Quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale, a sostegno del giudizio di pericolosità e di adeguatezza della custodia in carcere, ha sottolineato la gravità delle condotte, la loro sistematicità e il loro svolgimento in forma organizzata, mediante, appunto, la partecipazione al trasporto di quasi 40 chilogrammi di cocaina (capo C) e l’occultamento di ingenti quantità di cocaina in fusti d’acciaio interrati in aperta campagna a 80 cm. di profondità (capo F), affermando anche che le condotte accertate successivamente al 29/04/2023, dimostrative del carattere organizzato del traffico di stupefacenti e della sua entità, rendevano necessaria l’imposizione di una misura di maggior rigore rispetto agli arresti domiciliari applicati al ricorrente a seguito delle condotte accertate il 29/04/2023, proprio in considerazione della maggior gravità delle condotte e del giudizio negativo formulato sulla personalità del ricorrente (considerazioni che privano di rilevanza la sottolineatura da parte del Tribunale della mancanza della disponibilità di un domicilio, avendo il Tribunale medesimo adeguatamente illustrato l’inidoneità della misura degli arresti domiciliari).
Si tratta, sotto entrambi i profili, di motivazione idonea e non manifestamente illogica, essendo stati indicati gli elementi ritenuti, in modo logico, dimostrativi de concorso del ricorrente nella partecipazione al trasporto di stupefacenti in data 11/03/2023 (capo C) e nella detenzione dell’ingente quantitativo di stupefacente sequestrato il 19/05/2023 (capo F), e anche quelli posti a fondamento del giudizio di adeguatezza della sola custodia in carcere, che il ricorrente ha censurato in modo generico, omettendo di considerare tutto quanto esposto nella ordinanza impugnata, e, soprattutto, sul piano delle valutazioni di merito, dunque in modo non consentito nel giudizio di legittimità, in quanto il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio e ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la corrispondenza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non anche il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella
prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976; Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628).
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, a cagione della genericità e della manifesta infondatezza delle censure alle quali è stato affidato.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell’Istituto Penitenziario competente, a norma dell’art. 94, comma 1 ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 13/12/2023