Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 35960 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 35960 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/09/2025
SENTENZA GLYPH –
sul ricorso proposto da:
NOME NOME, nato a Sarno il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 17/04/2025 del Tribunale di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procura generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo la declaratoria d inammissibilità del ricorso;
lette per l’imputato le conclusioni scritte dell’AVV_NOTAIO, ch concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 17/04/2025, il Tribunale di Napoli, in riforma dell’ordinanza emessa in data 28/3/2025 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torre Annunziata – con la quale era stata applicata a COGNOME NOME la misura cautelare degli arresti domiciliari in relazione al reato di cui agli artt. 81 cpv. 110, 349, comma 2, cod.pen.-, sostituiva nei confronti dell’indagato la misura degli arresti domiciliari con quella del divieto di dimora nel Comune di Striano.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME NOME, a mezzo del difensore di fiducia, articolando quattro motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce violazione dell’art. 292, lett c e c-bis cod.proc.pen.e difetto di motivazione.
Argomenta che il ricorrente, nel proporre istanza di riesame dell’ordinanza cautelare, aveva eccepito, in via preliminare, che il provvedimento coercitivo difettava dell’essenziale momento della autonoma valutazione del compendio indiziario, richiesto dall’art. 292 lett. c) cod.proc.pen., quale ineludibile passaggio argomentativo idoneo a segnalare in termini non meramente adesivi o stereotipati e denotare l’esercizio del dovere critico da parte del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di rispetto alla richiesta del Pm; su tale aspetto la motivazione del Tribunale era del tutto mancante.
Con il secondo motivo deduce violazione degli artt. 247 e 360 cod.proc.pen. e vizio di motivazione.
Argomenta che il ricorrente aveva eccepito con l’istanza di riesame e con i motivi nuovi una serie di violazioni in relazione alla inutilizzabilità delle immagini del sistema di videosorveglianza estrapolate dalla Pg operante, senza formalità, trattandosi di attività tecnica non ripetibile a cui il difensore e l’indagato avevano il diritto di assistere; i video dai quali erano state estrapolate le immagini non erano presenti agli atti nè erano stati acquisiti dal PM, ponendosi, in tal modo, dubbi anche sulla sequenza temporale dei frame; lamenta che era stato violato il disposto dell’art, 247, comma 1-bis cod.proc.pen. che prevede che venga formalmente disposta la perquisizione di un sistema informatico e telematico quando vi è fondato motivo che contengano dati, informazioni, programmi informatici o tracce comunque pertinenti al reato; deduce, infine, che al fine di procedere all’acquisizione ovvero al duplicato delle immagini del sistema di videosorveglianza, si deve procedere con le forme dell’art. 360 cod.proc.pen., pena l’inutilizzabilità di quanto acquisito e tanto non era avvenuto nella specie.
Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Argomenta che il Tribunale aveva omesso di considerare che il sequestro – in ordine al quale si sarebbe estrinsecata la condotta contestata – aveva ad oggetto solo lo stabilimento industriale della società RAGIONE_SOCIALE sita in Striano e non anche le aree di pertinenza dello stesso, in particolare la zonetta di terreno segnalata con due nastrini bianchi e rossi, oggetto dell’attività violativa contestata al ricorrente
Con il quarto motivo deduce violazione degli artt. 273 e 274 cod.proc. pen.e vizio di motivazione.
Argomenta che il Tribunale aveva ritenuto sussistente il pericolo di recidivanza con una valutazione negativa della personalità dell’indagato, senza ipotizzare la certezza o l’elevata probabilità di commissione del reato, dovendo il pericolo non solo concreto ma anche attuale.
Chiede, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Il PG ha depositato requisitoria scritta; il difensore del ricorrente h depositato memoria di replica ex art. 611 cod.proc.pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Va ricordato che questa Corte ha affermato, in tema di motivazione delle ordinanze cautelari personali, che la prescrizione della necessaria autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, contenuta nell’art. 292, comma primo, lett. c), cod. proc. pen., come modificato dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, è osservata anche quando il giudice riporti nella propria ordinanza le acquisizioni e le considerazioni svolte dagli investigatori e dal pubblico ministero, pure mediante il rinvio per relationem al provvedimento di richiesta, purché, per ciascuna contestazione e posizione, svolga un effettivo vaglio degli elementi di fatto ritenuti decisivi, senza il ricorso a formule stereotipate spiegandone la rilevanza ai fini dell’affermazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari nel caso concreto; fermo restando che, in presenza di posizioni analoghe o di imputazioni descrittive di fatti commessi con modalità “seriali”, non è necessario che il giudice ribadisca ogni volta le regole di giudizio alle quali si è ispirato, potendo ricorrere ad una valutazione cumulativa purchè, dal contesto del provvedimento, risulti evidente la ragione giustificativa della misura in relazione ai soggetti attinti e agli addebiti, di volta in volta, consider per essi sussistenti (Sez.3, n. 840 del 17/12/2015, dep.12/01/2016, Rv.265645; Sez.6,n.47233 del 29/10/2015, Rv.265337; Sez.6,n.45934 del 22/10/2015, Rv.265068; Sez. 3, n. 28979 del 11/05/2016, Rv.267350).
L’obbligo del vaglio critico delle risultanze investigative tramite un’attivit ricostruttiva ed esplicativa non implica, infatti, con riferimento all’esposizione dell
parte narrativa del provvedimento, la necessità di una riscrittura originale del testo della richiesta del PM (Sez.3,n.48962 del 01/12/2015, Rv.265611).
Va anche ricordato che questa Corte ha affermato che ove l’eccezione di nullità sia generica e consista nel lamentare l’assenza di autonoma valutazione del G.I.P., senza indicare i passaggi dell’ordinanza genetica che ricalcano o richiamano la richiesta cautelare, o senza indicare le ragioni per cui tale omissione avrebbe impedito valutazioni alternative di tale rilevanza da condurre a conclusioni diverse da quelle adottate, non si rende necessario per il Tribunale fornire una motivazione più articolata, indicando in modo specifico le pagine e i passaggi in cui è dato rinvenire la detta valutazione autonoma, poiché una diversa interpretazione finirebbe con il porre a carico del Tribunale un onere motivazionale eccessivamente gravoso e ingiustificato (Cfr. Sez.1, n. 333 del 28/11/2018, dep.07/01/2019, Rv.274760 – 01; Sez.2, n.42333 del 12/09/2019; Rv.278001 – 01; Sez.1, n. 46447 del 16/10/2019, Rv. 77496 – 01).
Nella specie, il Collegio cautelare, nel disattendere le doglianze qui riproposte, ha fatto buon governo dei suesposti principi di diritto, evidenziando, con motivazione congrua, che il Giudice per le indagini preliminari aveva operato una valutazione complessiva del compendio indiziario fornito dall’accusa, elaborando una propria autonoma valutazione, con specifico riferimento alla posizione del COGNOME, mostrando di aver esaminato in maniera critica gli elementi posti a fondamento dell’ipotesi accusatoria.
La doglianza proposta, inoltre, presenta anche profili di genericità in quanto l’eccezione qui riproposta, consiste essenzialmente nel lamentare l’assenza di autonoma valutazione del G.I.P., senza indicare i passaggi dell’ordinanza genetica che ricalcano o richiamano la richiesta cautelare, e senza indicare ‘le ragioni per cui tale omissione avrebbe impedito valutazioni alternative di tale rilevanza da condurre a conclusioni diverse da quelle adottate (cfr Sez.2, n.42333 del 12/09/2019,dep.15/10/2019, Rv.278001 – 01, cit).
2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Secondo il dictum delle Sezioni Unite, le videoregistrazioni in luoghi pubblici ovvero aperti o esposti al pubblico, non effettuate nell’ambito del procedimento penale, vanno incluse nella categoria dei “documenti” di cui all’art. 234 cod. proc. pen. (Sez.U, n. 26795 del 28/03/2006, Rv.234267 – 01).
Inoltre, secondo il condiviso orientamento di questa Corte, l’attività di estrapolazione di fotogrammi da un supporto video e di raffronto degli stessi con le fotografie di determinate persone, finalizzata ad evidenziare eventuali somiglianze, non ha natura di accertamento tecnico irripetibile (Sez.1, n. 4895 del 02/11/2023, dep.02/02/2024, Rv.285716 – 01).
Il Tribunale, nel rigettare l’eccezione di inutilizzabilità delle immagini del sistema di video sorveglianza, ha fatto buon governo dei suesposti principi di diritto; il ricorrente, a fronte di un corretto percorso argomentativo del Collegio cautelare, ripropone doglianza meramente contestativa, priva di confronto con le ragioni in diritto contenute nell’ordinanza impugnata.
3. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.
Va ricordato che il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti relativi all’applicazione di misure cautelari personali è ammissibile soltanto se denunci la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando proponga censure che riguardano la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez.2, n.9212 del 02/02/2017, Rv.269438; Sez. 5, n. 46124 del 8/10/2008, COGNOME, Rv. 241997; Sez.6, n. 11194 del 8/03/2012, COGNOME, Rv. 252178).
Sono, pertanto, inammissibili le censure che, pur formalmente investendo la motivazione, si risolvano nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito, dovendosi in sede di legittimità accertare unicamente se gli elementi di fatto sono corrispondenti alla previsione della norma incriminatrice.
Va, poi, precisato che la giurisprudenza di questa Corte si è da tempo consolidata nell’affermare che in tema di misure cautelari personali, per gravi indizi di colpevolezza ai sensi dell’art. 273 cod.proc.pen., devono intendersi tutti quegli elementi a carico, di natura logica o rappresentativa che – contenendo in nuce tutti o soltanto alcuni degli elementi strutturali della corrispondente prova – non valgono, di per sè, a provare oltre ogni dubbio la responsabilità dell’indagato e tuttavia consentono, per la loro consistenza, di prevedere che, attraverso la futura acquisizione di ulteriori elementi, saranno idonei a dimostrare tale responsabilità, fondando nel frattempo una qualificata probabilità di colpevolezza (Sez. U, n. 11 del 21/04/1995, COGNOME ed altro, Rv. 202002; Sez. 2, n. 28865 del 14/06/2013, Rv.256657; Sez.2, n.12851 del 07/12/2017,dep.20/03/2018, Rv.272687).
La funzione di legittimità, dunque, è limitata alla verifica della adeguatezza del ragionamento e della valutazione adottata nel provvedimento sottoposto al suo esame, che deve manifestare con chiarezza ed esaustività quale argomentazione critica lo abbia sorretto nel pervenire alla ricostruzione dei fatti, tenendo conto di tutti gli elementi, sia contro che a favore del soggetto sottoposto al suo esame (Sez.6, n 40609 del 01/10/2008, Rv.241214; Sez.6, n. 18190 del 04/04/2012, Rv.253006; Sez.6,n. 27928 del 14/06/2013, Rv.256262).
Nella specie, il ricorrente propone, in sostanza, censure in fatto (errata individuazione della res sottoposta al sequestro preventivo, oggetto della condotta contestata integrante il delitto di violazione di sigilli), volte a sollecitare un rivalutazione delle risultanze istruttorie, preclusa in sede di legittimità.
Il quarto motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Il Tribunale ha ritenuto sussistente il pericolo, concreto ed attuale, di reiterazione del reato, dando rilievo alle modalità della condotta (reiterata violazione dei sigilli apposti dalla Pg in sede di esecuzione del decreto di sequestro preventivo).
Deve ricordarsi che questa Corte ha affermato che in tema di misure cautelari, il divieto previsto dall’art. 274, comma primo, lett. b) e c), cod. proc. pen., come modificato dalla I. n. 47 del 2015, non consente di desumere il pericolo di recidiva dalla astratta gravità del titolo del reato per il quale si procede, ma non osta alla considerazione della concreta condotta perpetrata, in rapporto al contenuto e alle circostanze fattuali che la connotano (Sez. 1, n. 45659 del 13/11/2015, Rv.265168). E si è precisato che ai fini della valutazione in ordine alla sussistenza dell’esigenza cautelare del pericolo di recidiva ed alla scelta della misura coercitiva in concreto adeguata a soddisfarla, la pregressa incensuratezza dell’indagato ha valenza di mera presunzione relativa di minima pericolosità sociale, che ben può essere superata valorizzando l’intensità del pericolo di recidiva desumibile dalle accertate modalità della condotta in concreto tenuta (Sez.5, n. 42784 del 23/05/2016, Rv.267956 – 01).
Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Essendo il ricorso inammissibile e, in base al disposto dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.